CAPITOLO I: I MINORI DETENUTI: ASPETTI E PROBLEMI DEL
1.9. Progetti di ordinamento penitenziario minorile presentati e dimenticati
1.9.1. Il progetto Martinazzoli
Il progetto Martinazzoli, presentato nel marzo del 1986, voleva colmare la lacuna lasciata dal legislatore, in sede di emanazione dell’ordinamento penitenziario degli adulti,che, dopo dieci anni, si faceva pesante. Il progetto, tenuto conto dell’interesse del minore alla continuazione di un processo educativo anche in sede penale, si faceva carico di una serie di innovazione particolarmente significative per quel tempo. La proposta decadde alla fine della legislatura e solo pochi mesi dopo fu emanata la legge 663/1986 contenente “Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” (meglio conosciuta come Legge Gozzini) che estese alcune previsioni del progetto anche agli adulti, rendendolo, quindi, già obsoleto. Tuttavia, esso presentava indicazioni importanti sulla filosofia del carcere minorile. Pur mantenendo l’equazione pena-carcere, esso tendeva a modificare aspetti rigidi previsti nella normativa per gli adulti adattandoli alla condizione giovanile in modo da valorizzare la funzione risocializzante della pena. Già la scelta, puramente formale, di trattare primariamente la disciplina delle misure limitative della libertà personale e solo in seguito le norme sull’organizzazione degli istituti, evidenziava un’impostazione
71
culturale, necessaria per i minori, che tende ad utilizzare il carcere come ultima risorsa.
La normativa proposta introduceva modifiche significative per quanto riguardava le misure alternative alla detenzione. Si proponeva all’art. 5, per l’applicazione dell’affidamento in prova ai servizi sociali, di escludere qualsiasi preclusione in ordine al tipo di reato, prevista al tempo, dal comma secondo dell’art. 47 della legge 354/1975 poi modificata dalla Legge Gozzini. Inoltre il beneficio poteva essere concesso ai condannati entro limiti più ampi, quando la pena inflitta o il residuo di maggior pena non superava i cinque anni. La concessione della misura era, comunque, sempre subordinata alla conoscenza del minore e solo se si riteneva che le linee direttive dell’affidamento fossero idonee per il reinserimento sociale del giovane.
Anche il regime di semilibertà era modificato da questa proposta prevedendo anche in questo caso nessuna preclusione sul tipo di reato. Se la pena superava i cinque anni, però, l’accesso alla misura sarebbe stato consentito solo dopo aver scontato in carcere un quinto della pena inflitta.
Inoltre, si estendeva la durata complessiva nell’anno delle licenze concesse ai detenuti in semilibertà e al regime di libertà vigilata concesso agli adulti durante le licenze si sostituiva quello dell’affidamento in prova.
La seconda sezione trattava, invece, le norme relative alla vita all’interno dell’istituto. Le innovazioni culturali espresse nella relazione presentata alla Camera che si riferivano alla necessità di privilegiare istituti di tipo comunitario che potessero favorire il dialogo tra l’istituto e il territorio non sembrano però soddisfatte in pieno nel testo della proposta. Una importante innovazione sembra essere la previsione di un Consiglio di Istituto, “organo propulsore di tutte le iniziative e centro motore della vita
72
in istituto117,” a cui era affidata la programmazione delle attività educative, di corsi scolastici e formazione professionale e delle attività ricreative, nonché la formulazione del regolamento interno e le proposte circa i trasferimenti e le applicazioni delle misure alternative. Ritengo molto importante e significativo il fatto che si sia voluto evidenziare, dedicandole una norma apposita, l’importanza del lavoro coordinato di tutte le personalità dell’istituto, dal Direttore agli operatori dell’area trattamentale e il personale di custodia. L’art.11, ricalcando l’art. 17 della legge 354/1975, prevedeva la partecipazione della comunità esterna alle attività trattamentali, senza però specificare la necessità di un coordinamento tra i volontari e il consiglio d’istituto. L’art. 13 si occupava dei rapporti con i familiari evidenziandone l’importanza come figure di riferimento educativo, si proponeva di favorirne la collaborazione per le attività educative e formative secondo le modalità stabilite dal regolamento interno, rilegando così un aspetto fondamentale del trattamento per i giovani ad una fonte regolamentare rischiando differenze enormi tra i vari istituti.
Degna di nota positiva è la norma che permetteva la fuoriuscita, con autorizzazione del Direttore, dei detenuti in gruppo accompagnati dal personale dell’Istituto per partecipare ad attività culturali, religiose e ricreative. In più si specificava la possibilità per i minori di essere autorizzati ad uscire per recarsi a scuola o a lavoro. La norma, al tempo innovativa, è stata solo in parte poi superata dall’art. 21 ord. pen. come sostituito dalla legge Gozzini che prevede per tutti, non solo per i minori, la possibilità di uscire per recarsi a lavoro, ma non fa riferimento a uscita per scuola o attività culturali. Solo con il nuovo regolamento 230/2000 si è previsto la possibilità di uscire dal carcere ex art.21 per frequentare corsi professionali e in particolare per i minori l’art. 48/7 prevede la possibilità di accompagnamento da parte del personale dell'amministrazione penitenziaria
117
Relazione del Disegno di Legge n.3594 presentato alla Camera dei Deputati il 18 marzo 1986 (IX Legislatura) “Norme per l’esecuzione penale nei confronti dei minorenni”.
73
appartenente a ogni qualifica, qualora sia necessario per motivi di sicurezza. Già nel 1986 era chiara l’idea, quindi, dell’importanza degli interventi verso l’esterno, l’idea che per il minore la scuola da frequentare è quella fuori con gli altri ragazzi e non una classe speciale dentro118. Ancora nel 2011, però, non è prevista una norma ad hoc e si fa ricorso, per ovviare a questa lacuna legislativa, a un’interpretazione estensiva della nozione di lavoro e corso professionale presente nel regolamento d’esecuzione.