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La pronuncia della Cassazione n. 1739/2014: un dibattito ancora aperto

CAPITOLO IV – AMMISSIBILITA’ DEL FALLIMENTO PER UNA SOCIETA’

2. Il difficile rapporto tra le misure di prevenzione antimafia e la nuova liquidazione

2.1. La pronuncia della Cassazione n. 1739/2014: un dibattito ancora aperto

Volendo ricostruire in ordine cronologico le vicissitudini normative della materia, cercando di riavvolgere il c.d. file rouge, il punto di partenza può rinvenirsi in una delle pronunce della

Cassazione, la n. 1739 del 2014, la quale rappresenta una risposta circa il problema della convivenza tra la misura di prevenzione ed il fallimento.

In particolare, con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha pronunciato, per la prima volta, l’ammissibilità della dichiarazione di fallimento di una società il cui patrimonio era stato oggetto di un sequestro di prevenzione antimafia.

Nella fattispecie in esame la curatela fallimentare ricorreva per Cassazione contro la sentenza della Corte d'appello di Bari, che aveva disposto la revoca della dichiarazione di fallimento di una società sottoposta alla misura ablatoria del sequestro preventivo antimafia. La Corte territoriale aveva osservato come vi fosse una radicale incompatibilità tra il fallimento e il decreto di sequestro preventivo, riguardante l'intera società e tutti i beni facenti parte del suo patrimonio; ne conseguiva un'impossibilità per il curatore fallimentare di procedere ad attività di liquidazione, in quanto alla massa attiva del fallimento non sarebbe residuato alcun bene utile ai fini della ripartizione e del soddisfacimento dei creditori concorsuali.

Il tema centrale è il rapporto tra la misura di prevenzione e il fallimento, due procedure giudiziali basate su presupposti e finalità divergenti, come già approfondito in precedenza.

Nel caso di specie182, la Corte d'appello aveva revocato il fallimento sull'assunto che la misura di prevenzione, avendo attinto l'intera società, oltre che l'intero complesso patrimoniale, avrebbe determinato non solo la necessità di devolvere l'intera gestione dei beni all'amministrazione giudiziaria, ma si sarebbe anche posta come fattore ostativo alla prosecuzione della procedura concorsuale.

Motivazione quest’ultima non condivisa dalla Cassazione, la quale ha osservato come l'insussistenza di una massa attiva da ripartire tra i creditori concorsuali non sia da ostacolo alla declaratoria di fallimento, per il quale si prevede la chiusura e non la revoca. È lo stesso art.

182 Cass., sentenza n. 1739/2014.

63183 del Codice antimafia a disporre la chiusura del fallimento quando nella massa attiva siano ricompresi beni oggetto della misura preventiva, e analoga disposizione è prevista nell’art.64184. A sua volta sempre l’art. 63 prevede che quando venga dichiarato il fallimento, i beni già oggetto di sequestro e di confisca siano sottratti alla massa fallimentare; mentre l'art. 64 prevede che, disposto il sequestro, il giudice del fallimento debba disporre con decreto la separazione di tali beni dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all'amministratore giudiziario.

Nel caso in esame la Cassazione ha sottolineato come la Corte d'appello di Bari si sia riferita genericamente alla sola circostanza che i beni della massa attiva fossero interamente oggetto del provvedimento di sequestro, non considerando che al curatore spetta la legittimazione attiva all'esercizio di eventuali azioni giudiziarie integrative dell'attivo fallimentare.

La stessa Corte sottolinea come la natura provvisoria del provvedimento di sequestro non risulti ostativa ad un concorso con la procedura fallimentare, posto che un'eventuale revoca, anche

183 La disposizione in esame disciplina l’ipotesi della dichiarazione di fallimento successiva al sequestro di prevenzione patrimoniale. Oltre ai creditori e allo stesso debitore, il PM, su segnalazione dell’amministratore giudiziario, può richiedere al Tribunale la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, i cui beni siano sottoposti a misura di prevenzione. Una volta dichiarato il fallimento, i beni assoggettati a sequestro o confisca sono esclusi dalla massa attiva fallimentare, per cui la procedura concorsuale acquisirà gli eventuali altri beni dell'imprenditore e potrà porre in essere azioni recuperatorie o risarcitorie volte ad acquisire denaro che confluirà nella massa attiva del fallimento. Nulla toglie che, a tutela dei creditori, il curatore fallimentare possa intentare un'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore giudiziario che abbia male amministrato e aggravato il dissesto dell'impresa.

Prosegue poi la disposizione prevedendo che spetti al giudice fallimentare provvedere all'accertamento del passivo, verificando la sussistenza delle condizioni ex art.52, comma 1, lett. b, c e d) e comma 3.

Inoltre, quando nella massa attiva del fallimento siano ricompresi esclusivamente beni già sottoposti a sequestro, il tribunale dichiara chiuso il fallimento. Infatti, in questo caso spetta al giudice della prevenzione compiere l'accertamento del passivo e la formazione del progetto di riparto.

Il sequestro e la confisca possono anche essere oggetto di revoca. In questa fattispecie il curatore può procedere all’acquisizione dei beni secondo le norme fallimentari; anche nel caso in cui la revoca dovesse intervenire dopo la chiusura del fallimento, il tribunale fallimentare può ordinare la riapertura del fallimento, anche su iniziativa del PM, laddove si dimostri che nel patrimonio del fallito vi siano attività utili alla riapertura della procedura concorsuale. In questo caso, il giudice fallimentare è chiamato ad effettuare una nuova verifica dei crediti, vecchi e nuovi, in forza delle sole norme fallimentari, ed in forza di tali norme dovrà verificare i crediti sorti in pendenza della misura di prevenzione. I creditori già ammessi al passivo, in pendenza del fallimento, dovranno chiedere la conferma del provvedimento di ammissione.

Incertezze permangono rispetto alla sorte delle azioni intraprese dall'amministratore giudiziario nel caso in cui, successivamente, il sequestro fosse revocato. La risposta corretta è che il curatore debba intraprendere una nuova azione, non potendosi sostituire all'amministratore giudiziario.

184 L'art.64, invece, disciplina il caso del sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento. La norma dispone che il giudice fallimentare dichiari, con decreto non reclamabile, la separazione dei beni, sottoposti a sequestro, dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all'amministratore giudiziario. Spetta al giudice fallimentare individuare i beni ad oggetto del solo sequestro.

Tutti i crediti e i diritti vantati nei confronti del fallimento sono sottoposti alle condizioni di verifica ex art.52, comma 1, lett. b, c e d) e comma 3.

Alla ripartizione dell’attivo concorrono solo i crediti ammessi in sede fallimentare, il progetto di pagamento viene però redatto dall'amministratore giudiziario, tenuto conto di quanto già eventualmente ottenuto dai singoli creditori in sede fallimentare.

Nel caso in cui il sequestro e la confisca di prevenzione abbiano per oggetto l'intera massa attiva fallimentare, il tribunale dichiara chiuso il fallimento e alla verifica dei crediti provvede il giudice della misura di prevenzione ex artt.52 e ss.

In quest'ultimo caso vi è il dubbio se i creditori debbano presentare nuovamente la domanda di ammissione al giudice della prevenzione e se possano farlo i creditori il cui credito sia stato definitivamente rigettato in sede fallimentare, viene soddisfatto dalla lettera della norma propendendo per una nuova ed autonoma fase di accertamento del passivo ad opera del giudice della prevenzione.

solo del sequestro, comporterebbe la riapertura del fallimento, consentendo ai creditori di accedere di nuovo alla procedura concorsuale.

La Corte di Cassazione conclude per l'ammissibilità della dichiarazione di fallimento di una società il cui patrimonio sia oggetto di sequestro antimafia.

La particolarità di questa pronuncia sta, però, nel porre la Cassazione in una posizione mediana tra le due procedure giudiziali; infatti, piuttosto che schierarsi a favore della supremazia dell'una o dell'altra, opta per una convivenza tra i due procedimenti.