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Tre prospettive critiche: Mario De Micheli, Luciano Caramel, Marco Meneguzzo

Un dibattito plurale: le posizioni della critica, le voci degli artist

2.2 Tre prospettive critiche: Mario De Micheli, Luciano Caramel, Marco Meneguzzo

L’analisi delle mostre dedicate alla scultura contemporanea in Italia, nell’arco cronologico compreso fra la metà degli anni Sessanta e il primo decennio del nuovo millennio, così come è stato profilato nel paragrafo precedente, è stata l’occasione per mettere in evidenza le diverse voci che hanno caratterizzato il dibattito critico sulla scultura contemporanea, che, almeno fino alla fine degli anni Ottanta, non è stato univoco, anzi è stato contraddistinto da due posizioni nettamente diverse. Posizioni che vedono da una parte i sostenitori di un’ideologia ‘progressista’ della scultura, caratterizzata dall’innovazione delle tecniche e dalla ricerca di nuovi materiali, dell’altra quelli legati ad una concezione tradizionalista, fortemente ancorata alle pratiche accademiche del fare plastico. Ma a rendere ancora più ampia e articolata la ricostruzione critica di tale dibattito sopraggiungono differenti approcci metodologici che rivelano diverse prospettive di indagine critica. Pertanto fra gli studiosi che hanno animato tale dibattito, in quest’ultimi cinquant’anni, per la complessità e per la varietà degli argomenti trattati ma anche per la continuità dell’indagine critica, meritano sicuramente attenzione gli scritti sulla scultura di Mario De Micheli, di Luciano Caramel e di Marco Meneguzzo; tre studiosi distanti fra loro per generazione e per prospettiva di indagine ma che, in qualche modo, anche se in maniera parziale, ci restituiscono il quadro composito del pensiero critico italiano.

Pertanto, entrando immediatamente nel vivo della questione, parto dall’analisi del pensiero critico di Mario De Micheli136, che se fosse ancora vivo sarebbe il più anziano fra i tre studiosi appena citati; pensiero sull’arte che si formò alla fine degli anni Trenta dalla frequentazione degli ambienti artistici di dissidenza in cui venivano elaborate alternative riflessioni sul ruolo dell’arte e degli artisti rispetto alle dominanti ideologie culturali nell’Italia fascista. È noto, infatti, che quando De Micheli si trasferì nel 1938 da Genova a Milano per iscriversi alla Facoltà di Magistero dell’Università Cattolica, entrò subito in contatto coi giovani

intellettuali e con gli artisti di ideologia antifascista riuniti nel capoluogo lombardo attorno alle iniziative editoriali ed espositive di Corrente.Il movimento si costituì intorno alla rivista “Vita giovanile”, divenuta poi “Corrente di vita giovanile” e infine “Corrente”, edita a Milano nel gennaio 1938 dal diciassettenne Ernesto Treccani, che fu punto di incontro per Arnaldo Badodi, Renato Birolli, Bruno Cassinari, Renato Guttuso, Giuseppe Migneco, Ennio Morlotti, Aligi Sassu, Italo Valenti ed Emilio Vedova. E sempre nel 1938, nell’ambito del movimento creato dalla rivista, il gruppo di giovani pittori inaugurò, sotto la direzione del critico Duilio Morosini, la Bottega di Corrente in via Spiga 9 a Milano, con il sostegno del collezionista Alberto della Ragione.

La Bottega rappresentò ben presto non soltanto la sede di aggregazione di quelle frange artistiche che ne condividevano le medesime istanze politiche ma anche il luogo di dibattito e scambio di idee fra gli artisti137 e fra i critici, di cui, oltre il già

citato Morosini, ricordiamo anche Raffaele De Grada. Essa inoltre fu il punto di incontro con gli intellettuali di ideologia antifascista, tra cui ricordiamo il filosofo Antonio Banfi, i poeti Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo e gli scrittori Elio Vittorini e Carlo Emilio Gadda, solo per citarne alcuni. Nell’ambito di Corrente fu denunciata la gravità della situazione politica e la minaccia di eventi ancor più catastrofici, nonché la gravità delle offese recate alla dignità della persona umana e alla libertà della cultura, come ricorda Pia Vivarelli: “La novità delle posizioni di “Corrente” nasce anche da larghe capacità aggregative, che per la prima volta, coscientemente, rifiutano gli schemi di carattere regionale e favoriscono continui scambi di esperienze tra pittori, critici, filosofi e letterati di diversa formazione e provenienza. Maturano, nell’ambiente di “Corrente”, individuali scelte antifasciste che si preciseranno negli anni della guerra con la partecipazione di molti alla Resistenza”138.

Nello specifico dell’arte, gli artisti rifiutarono tanto il conformismo di Novecento quanto lo sperimentalismo della Metafisica e il formalismo degli astrattisti, per affermare un’arte densa di contenuti umani e seriamente impegnata sul piano

137 Mi riferisco agli artisti Luigi Broggini, Domenico Cantatore, Sandro Cherchi, Lucio Fontana,

Luigi Grosso, Dino Lanaro, Carlo Levi, Mario Mafai, Alfredo Mantica, Giacomo Manzù, Gabriele Mucchi, Giovanni Paganin, Gasatone Panciera, Luigi Pirandello, Pino Ponti, Enrico Prampolini, Scipione, Fiorenzo Tomea.

138 P. Vivarelli, Poetiche e personalità emergenti nella pittura figurativa degli anni Trenta, in Arte

italiana del XX secolo. Pittura e scultura 1900-1988, catalogo della mostra, a cura di N. Rosenthal

morale e civile, espressa attraverso un linguaggio carico di tensione emotiva maturato dalla riflessione sulla pittura di Van Gogh, di Gauguin, di Ensor, di Soutine, di Picasso e più in generale degli espressionisti tedeschi, oltre alla più recente esperienza pittorica della Scuola di via Cavour (conosciuta anche come Scuola romana). Il movimento significò la costituzione di una vera militanza politica d’opposizione al regime allo scopo di riconquistare un’indipendenza ideologica.

Per quanto fosse intensa e significativa l’attività di Corrente, essa fu relativamente breve. Infatti la rivista fu soppressa il 10 giugno 1940 per ordine del Ministero della Cultura popolare fascista, lo stesso giorno della dichiarazione di guerra di Mussolini alla Francia e all’Inghilterra, e sebbene l’azione di propaganda proseguisse con le edizioni d’arte e letteratura e con l’attività espositiva della Bottega, queste cessarono definitivamente nel 1943.

“La rivista, com’è noto, ebbe due anni e mezzo di vita (1 gennaio 1938 - 10 giugno 1940). Ma quali anni! Si deve al critico Duilio Morosini, tanto appassionato nella intuizione dei valori quanto scontroso nella valorizzazione di se stesso, a Beniamino Joppolo, eretico di lucida follia, poi a Mario De Micheli, che portò un carisma ideologico al movimento, l’aver capito che bisognava dare una struttura di galleria e di edizioni al movimento, senza affidarlo alla sola rivista che sarebbe stata inevitabilmente spazzata”139. Con queste parole Raffaele De Grada ricorda il ruolo svolto da De Micheli in seno al movimento; una partecipazione attiva e particolarmente sentita che gli costò, però nel 1940, la sospensione della borsa di studio dell’Università, comprensiva di vitto e alloggio, su espressa volontà del rettore Padre Gemelli che dichiarò nella lettera a lui indirizzata: “L’ho fatta seguire e sono venuto a conoscenza che lei frequenta personaggi tutt’altro che raccomandabili”140.

Ma è proprio nell’ambito di Corrente che De Micheli sviluppò quel notevole interesse per l’arte che segnò profondamente la sua vita e le sue scelte professionali. Infatti fu in tale conteso che egli pubblicò nel 1942 il suo primo scritto critico intitolato Manzù. 24 disegni e 1 tavola a colori. Prefazione di Mario

139 R. De Grada, Le lontane origini di Corrente, in Corrente: il Movimento di Arte e Cultura di

Opposizione 1930 1945, catalogo della mostra, a cura di M. De Micheli, Milano, Palazzo Reale 25

gennaio – 28 aprile 1985, Milano 1985, p. 26

140 G. De Micheli, Il lungo viaggio di mio padre, in Da Picasso a Guttuso. L’arte secondo Mario

De Micheli, catalogo della mostra, a cura di M. Noja, Milano, Fondazione - Biblioteca di via

De Micheli141, in occasione della mostra dedicata all’artista bergamasco presso la

Bottega in via Spiga. Ed è sempre nell’ambito di Corrente, e sempre nel 1942, che va rintracciato un passaggio importante della biografia di De Micheli, legato alla volontà di pubblicare un libro, a quattro mani con l’amico Giorgio Labò, dedicato alla scultura italiana contemporanea142; progetto che De Micheli accantonò temporaneamente sia per le difficoltà delle condizioni di vita legate alle circostanze della guerra, sia per la prematura scomparsa di Labò, fucilato a Roma nel 1944.

Bisogna però precisare che gli anni della guerra non segnarono in toto una battuta d’arresto dell’attività critica di De Micheli, anzi fu proprio in quel periodo che egli portò a compimento un importante saggio teorico intitolato Realismo e

Poesia, considerato il primo manifesto ufficiale del realismo in Italia. Il saggio

venne diffuso dapprima clandestinamente sotto forma di manoscritto attraverso i canali della Resistenza nel 1944, e successivamente pubblicato nel febbraio nel 1946 sul primo numero della rivista milanese “Il 45” diretta da Raffaele De Grada143. Negli anni del dopoguerra, e precisamente fra il 1945 e il 1948, il dibattito sulle arti in Italia verteva fondamentalmente intorno alla querelle fra realisti e astrattisti e la posizione di De Micheli fu quella di perseguire la strada del realismo al fine di promuovere un’arte di contenuto e di impegno sociale. Profondamente convinto del suo credo politico nel giugno del 1949 De Micheli accettò l’incarico da parte del “L’Unità” di istituire una rubrica settimanale denominata “Mostre d’arte” in seguito rinominata “Cronache d’arte”, di cui lascerà l’incarico anni dopo a favore di Raffaele De Grada. Nel 1950 iniziò anche la collaborazione col mensile a carattere didascalico intitolato “Il Calendario del Popolo”, nel 1952 fu il fondatore della rivista “Realismo” e nel 1954 iniziò a collaborare anche con la rivista “Il Contemporaneo”. Ed è sempre agli inizi del anni Cinquanta che gli impegni dello studioso nel campo dell’arte si intensificarono anche sul piano pratico oltre che su quello teorico come appena accennato; infatti nel 1953 De Micheli fu nominato membro del Comitato

141 Cfr., Bibliografia degli scritti, in Ibidem, p. 55

142 Come si evince dalla dedica a Giorgio Labò pubblicata nel volume Scultura italiana del

dopoguerra. Cfr., M. De Micheli, Scultura italiana del dopoguerra, Schwarz editore, Milano,

1958, pagina non numerata

143

Realismo e Poesia è stato ripubblicato integralmente nel volume di Nicoletta Misler, La via italiana al realismo. La politica culturale artistica del P.C.I. dal 1944 al 1956, Milano 1973, pp.

Organizzativo per la mostra dedicata a Pablo Picasso che si tenne in quell’anno al Palazzo Reale di Milano.

L’attività editoriale di De Micheli si intensificherà ancor di più a partire dalla fine degli anni Cinquanta e resterà costantemente attiva fino al 2004, anno della sua scomparsa. In più di sessant’anni, ed esattamente nell’arco cronologico compreso fra il 1942 e il 2004, De Micheli è stato autore di numerosissimi saggi e volumi a carattere critico, teorico e divulgativo, dedicati fondamentalmente all’arte del Novecento ma con interessanti incursioni anche in quella dell’Ottocento, oltre che a significative riflessioni critiche dedicate all’arte del grande Leonardo Da Vinci

144. Fra le sue pubblicazioni più note ricordiamo: Le avanguardie artistiche del Novecento del 1959145, Scritti di Picasso del 1964, Arte Contro 1945-1970. Dal realismo alla contestazione del 1970, Utopia, protesta e realtà nell’arte d’oggi

del 1971, Le poetiche. David Delacroix Courbet Cézanne Van Gogh Picasso:

Antologia degli scritti del 1978, Leonardo. L’uomo e la natura del 1991, L’arte sotto le dittature del 2000, solo per ricordarne alcune. Non va però dimenticato

che gli interessi di De Micheli per la letteratura e la poesia che aveva coltivato negli anni dell’Università non si affievolirono mai. Infatti parallela alla ricerca critica nel campo delle arti fu quella dedicata alla letteratura soprattutto straniera, come dimostrano interessanti scritti critici, di cui ricordiamo per esempio: Poesia

ungherese del Novecento del 1960146 e Vladimir Majakosvkij – Opere scelte.

Poesie, poemi, teatro del 1980. Notevole fu anche la sua attività curatoriale svolta

sia nell’ambito delle gallerie private che presso alcuni musei statali. Fra le più importanti mostre organizzate e curate presso i musei statali ricordiamo: Il segno

dell’uomo. Mostra di opere grafiche (1950-1970) che si tenne a Jesolo nel

1975147; David Alfaro Siqueiros e il muralismo messicano tenutasi a Firenze nel 1976148; José Clemente Orozco 1883-1949 che si tenne a Siena nel 1981149 e

144 L’intera letteratura critica di Mario De Micheli è stata recentemente pubblicata; cfr.,

Bibliografia degli scritti, in Da Picasso a Guttuso. L’arte secondo Mario De Micheli, catalogo

della mostra, a cura di M. Noja, Milano, Fondazione - Biblioteca di via Senato 25 novembre 2011 – 15 aprile 2012, Milano 2011, pp. 55-100

145 Il volume è ancora oggi uno dei suoi scritti più letti basti pensare che nel 2010 esso è giunto

alla quarantaduesima edizione

146 Il libro è stato scritto a quattro mani con Eva Rossi

147 Cfr., Il segno dell’uomo. Mostra di opere grafiche (1950-1970), catalogo della mostra, a cura di

M. De Micheli, Jesolo Lido 26 luglio – 15 settembre 1975, Milano 1975

148 Cfr., David Alfaro Siqueiros e il muralismo messicano, catalogo della mostra, a cura di M. De

Micheli, Firenze, Orsanmichele - Palazzo Vecchio 10 novembre 1976 – 15 febbraio 1977, Milano 1976

l’imponente esposizione intitolata Corrente: il Movimento di Arte e Cultura di

Opposizione 1930-1945 che si tenne a Milano nel 1985150. Interessanti le

riflessioni con cui Giorgio Seveso racchiude e definisce, in maniera chiara e significativa, la prospettiva di indagine che sta alla base del pensiero critico di Mario De Micheli; una personale visione del mondo dell’arte che caratterizzerà il campo di indagine critica dello studioso per poco più di sessant’anni: “Con tutto questo, dicevo, De Micheli appare davvero una figura insostituibile nella storia e nella cronaca della nostra cultura visiva di quest’ultimi sessant’anni. Una figura robusta, energicamente impegnata a sostenere le ragioni di un’arte di contenuti e di ‘presenza’ umana, come egli stesso l’ha chiamata, contro un’arte dell’essenza, fatta invece di opportunismi e di furbizie, concentrata sulla pura esteticità del gusto, sul mero formalismo, sulla ricerca esclusiva del consenso e del successo, solo agganciata alle ragioni delle mode culturali e dell’attualità. Una lezione che ricerca e indaga, dunque, più le qualità delle poetiche che non quella dei meri linguaggi, e che l’aveva portato, tra l’altro, a operare per fare evolvere in pittura e in scultura il concetto di realismo – affermato nei primi anni del dopoguerra – verso la continuità plurale di una serie di linee che lui stesso aveva definito come convergenti verso l’idea di una ‘tendenza nelle tendenze’: una tendenza generale, contraddistinta, da una tensione etica significativa, profonda e fondante, capace di agire al di sopra e al di là delle categorie stilistiche e linguistiche adottate da ogni singolo artista, per la quale l’interesse per il destino e lo spessore storico dell’uomo appaiono prevalenti rispetto a ogni possibile oscillazione del gusto, a ogni mozione più effimera o estetizzante”151.

Una prospettiva critica che del resto ritroviamo anche negli scritti dedicati alla scultura italiana contemporanea, come dimostra l’interessante volume intitolato

Scultura italiana del dopoguerra, pubblicato nel 1958 dalle edizioni Schwarz152.

Da solo, dopo sedici anni, De Micheli riuscì a portare a compimento il progetto di 149 Cfr., José Clemente Orozco 1883-1949, catalogo della mostra, a cura di M. De Micheli, Siena -

Palazzo Pubblico 9 maggio – 14 giugno 1981, Milano 1981

150 Cfr., Corrente: il Movimento di Arte e Cultura di Opposizione 1930 1945, catalogo della

mostra, a cura di M. De Micheli, Milano, Palazzo Reale 25 gennaio – 28 aprile 1985, Milano 1985

151 G. Seveso, Attualità e pertinenza del pensiero critico di Mario De Micheli, in Da Picasso a

Guttuso. L’arte secondo Mario De Micheli, catalogo della mostra, a cura di M. Noja, Milano,

Fondazione - Biblioteca di via Senato, 25 novembre 2011 – 15 aprile 2012, Milano 2011, p. 15

152 Il volume risulta talmente interessante nell’ambito degli studi critici sulla scultura italiana

contemporanea che ho deciso comunque di analizzarlo sebbene sia stato pubblicato nel 1958, cioè due anni prima rispetto il tema della mia ricerca il cui inizio è stato fissato per il 1960.

redazione del libro che volle dedicare all’amico scomparso Giorgio Labò che con lui aveva condiviso l’idea iniziale di redigere il suddetto volume.

Scultura italiana del dopoguerra è il risultato dell’intenso lavoro di De Micheli

volto ad indagare, per la prima volta nell’ambito degli studi critici in Italia, alcuni aspetti del variegato panorama della scultura in Italia nell’arco cronologico compreso dalla fine della seconda guerra mondiale all’anno della pubblicazione del libro. Ma bisogna subito precisare che rispetto al titolo del corposo volume, De Micheli non affrontò in toto l’analisi della produzione plastica in Italia nel periodo compreso fra il 1945 e il 1958, ma prese in esame, solamente, la produzione di alcuni scultori.

Scorrendo il lungo elenco degli artisti analizzati, cui ritroviamo, tra gli altri, Luigi Broggini, Pietro Consagra, Pericle Fazzini, Emilio Greco, Leoncillo, Marino Marini, Arturo Martini, Marcello Mascherini, Giacomo Manzù, Marino Mazzacurati, Augusto Perez, Mino Rosso e molti altri ancora, mentre risultano assenti Renato Barisani, Ettore Colla, Fausto Melotti, Bruno Munari. Entrando nel vivo dell’analisi del testo c’è da rilevare che, fatta eccezione per l’introduzione, dove De Micheli affronta a grandi linee gli sviluppi della scultura in Italia dalla fine dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento, attraverso le poetiche delle maggiori personalità scultoree che caratterizzarono quel periodo, esso si caratterizza per un insieme di riflessioni critiche dedicate alle singole personalità artistiche, per quella che potrebbe essere definita una vera e propria raccolta di appunti critici dedicati agli scultori italiani del dopoguerra, dove l’autore tratteggia le peculiarità di ogni scultore preso in esame facendone emergere la poetica sottesa. Alla luce di queste riflessioni c’è da supporre che l’autore non fosse intenzionato a tracciare in maniera completa ed esaustiva gli sviluppi della scultura italiana del dopoguerra, attraverso il confronto dei diversi movimenti che si manifestarono sulla scena dell’arte italiana a partire dalla metà degli anni Quaranta e fino alla fine degli anni Cinquanta, ma piuttosto interessato a delineare gli sviluppi professionali di alcuni scultori, accomunati dal medesimo interesse per la rappresentazione della figura umana. Risulta pertanto chiaro che la tematica che De Micheli affrontò nel volume fu quella di un’indagine approfondita sulla condizione dell’uomo, qui eletto a simbolo di un’umanità vasta che si caratterizza per una complessità di stati d’animo e per una varietà di condizioni sociali ed esistenziali. E in questa sua indagine risulta altrettanto chiaro che egli non fu

interessato ad indicarci, caso per caso, le modalità di esecuzione e i materiali adottati dai singoli artisti, ma a presentarci direttamente il risultato del loro lavoro, così da evidenziarne un complesso panorama di soluzioni visive che partono dalla rappresentazione realistica della figura umana fino a giungere a risultati estremi caratterizzati da una semplificazione e schematizzazione delle masse anatomiche, come dimostrano le opere, per esempio, di Nicola Cassani, di Lorenzo Garaveta e di Raffaello Salimbeni.

Dal punto di vista degli studi critici l’aspetto sicuramente interessante di questo scritto è dato da quel personale approccio di De Micheli all’analisi dell’oggetto artistico, volto nel rinvenire gli aspetti più intimi che uniscono l’autore al suo manufatto, rintracciando in alcuni casi le fasi di gestazione dell’opera stessa, così come risulta evidente, per esempio, nell’indagine rivolta alla produzione di Sandro Cherchi: “Umberto Silva scriveva nel ’40 che la ‘scultura di Sandro Cherchi persegue soprattutto il problema di trasferire a vivere all’esterno creazioni nell’anima raccolte a uno stato di voci’. Il giudizio ci sembra giusto in quanto mette in evidenza gli interiori valori espressivi che Cherchi riesce a mantenere attivi nell’atto della concitata operazione plastica. In questo sta essenzialmente il carattere delle sua scultura. Le sue statue talvolta grottesche, talvolta tragiche, talvolta patetiche, vivono di una dolente solitudine, quasi chiuse in un desiderio di metamorfosi, in una aspirazione a ‘mutar stato’, rapprese appena come una lava che tardi a raffreddare e che sotto la crosta nasconda ancora un flutto di materia incandescente”153.

E questo personale approccio all’opera d’arte è una costante che riscontriamo in altri elaborati critici di De Micheli dedicati alla scultura, come dimostrano sia lo scritto di presentazione alla mostra di Nado Canuti: “Poche volte ho visto un artista così interamente dedicato al confronto con le proprie immagini, così impuntato sulle proprie difficoltà. E anche ciò, senza dubbio, è un altro segno sicuro della sua vocazione di scultore, il segno della sua profonda convinzione. Oggi i risultati ottenuti dimostrano come i motivi e le ragioni che hanno sostenuto la sua ricerca fossero giusti e soprattutto corrispondenti alla sua struttura di uomo e d’artista”154; sia il saggio dedicato a Pietro Cenedella: “Legno, pietra, marmo: su

153 M. De Micheli, Cherchi, in Scultura italiana del dopoguerra, Milano 1958, p. 93