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Gli scritti critici degli artisti: l’esempio di Pietro Consagra

Un dibattito plurale: le posizioni della critica, le voci degli artist

2.4 Gli scritti critici degli artisti: l’esempio di Pietro Consagra

“Le motivazioni che hanno spinto alcuni scultori a scrivere sono svariate: momentanee inattività, l’esigenza a comunicare ad altri le proprie scoperte o il proprio pensiero, oppure una richiesta estrema di predisporre una guida didattica, come nel caso di Leonardo da Vinci; oppure un momento di incertezza e di ripensamento sulla propria professione come per Arturo Martini”276; risulta pertanto evidente che fin dal Rinascimento ci furono artisti che sentirono la necessità di fissare attraverso la parola scritta i risultati della propria ricerca artistica. Puntando l’attenzione sull’età contemporanea non vi è dubbio alcuno che il XX secolo fosse contraddistinto da una diffusa volontà di utilizzare la parola scritta per comunicare le proprie idee in campo artistico; parola che ritroviamo “sotto forma di manifesto, connaturato appunto alle avanguardie del Novecento, di trattato teorico o di riflessione personale, con più attenzione ad aspetti tecnici o a fattori ideologici, l’artista sente la necessità di aggiungere la parola alla specificità del linguaggio visivo”277. La scrittura in questo modo divenne mezzo sia per definire i propri intenti programmatici che un modo per indicare le modalità operative applicate. Oggi nell’ambito degli studi critici tali scritti rivestono un’importanza fondamentale perché permettono la conoscenza diretta del pensiero dell’artista, che viene riconnesso nel tessuto della sua produzione visiva al fine di una sempre più approfondita conoscenza del suo percorso estetico e professionale.

Fra i diversi scultori italiani del Novecento, autori di interessanti scritti critici, emblematica risulta la figura di Pietro Consagra278 che, oltre ad essere un artista celebrato nel mondo soprattutto per la sua scultura, fu autore di numerosi scritti incentrati sul significato e sul ruolo della sua arte. Una produzione letteraria che

276 P. Majerna, La parola agli scultori, in Arte scultorea. La parola agli scultori, Fabbrica dei

Segni editore, Novate Milanese (MI) 2013, p. 9

277 G. M. Accame, Quando l’artista scrive, in Parola d’artista. dall’esperienza aniconica: scritti

di artisti italiani 1960-2006, a cura di G. M. Accame e G. Vismara, Edizioni Charta, Milano 2007,

p. 7

corre parallela all’attività artistica coprendo l’arco di tempo che parte dalla seconda metà degli anni Quaranta per giungere fino alla fine degli anni Ottanta. Una produzione tanto vasta quanto varia nei contenuti e che schematicamente potremmo raggruppare sia in scritti teorici, che nascono dalla volontà di divulgare e di affermare le proprie idee nel campo della scultura, primariamente, ed anche in architettura - ulteriore campo di speculazione e di sperimentazione artistica - , sia in scritti critici scaturiti dalla riflessione sul proprio lavoro nel contesto artistico e culturale italiano della seconda metà del Novecento.

Fra gli scritti di Consagra distinguiamo le lettere, i proclami e gli interventi rilasciati a quotidiani e a riviste di settore, per la gran parte ripubblicati nel volume Consagra che scrive, scritti teorici e polemici 1947/89 del 1989279, i libri, tra cui La città frontale del 1969280, Welcome to Italy del 1974281, il racconto autobiografico Vita mia del 1980282, L’Italia non finita del 1987283; la raccolta di

poesie contenute nel testo intitolato ci pensi amo del 1985284.

Tali scritti si sono rivelati importanti fonti documentarie utili per la ricostruzione del suo percorso biografico e professionale, e per la definizione della sua poetica, come si evince dall’analisi dei saggi: La scultura di Consagra di Enrico Crispolti del 1958285, Pietro Consagra di Nello Ponente del 1960286, Pietro Consagra:

dagli esordi alla fine degli anni sessanta di Anna Imponente del 1989287,

Consagra, una scelta frontale di Giovanni Maria Accame del 1996288, Pietro

279 Consagra che scrive, scritti teorici e polemici 1947/89, a cura di, all’insegna del pesce d’oro di

Vanni Scheiwiller, Milano 1989

280 P. Consagra, La città frontale, De Donato editore, Bari 1969

281 P. Consagra, Welcome to Italy, edizioni all’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller,

Milano 1974

282 P. Consagra, Vita mia, Feltrinelli Editore, Milano 1980

283 P. Consagra, l’Italia non finita, edizioni all’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller,

Milano 1987

284 P. Consagra, Ci pensi amo, edizioni all’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller, Milano

1985

285 E. Crispolti, La scultura di Consagra, in “Notizie”, Torino, gennaio 1958, in A. Imponente,

Antologia degli scritti su Pietro Consagra, in Pietro Consagra, catalogo della mostra, a cura di A.

Imponente e R. Sigilato, Roma, GNAM, 24 maggio – 1 ottobre 1989, pp. 164, 165

286 N. Ponente, Pietro Consagra, presentazione della mostra alla galerie de Franca, Parigi, giugno

1960, in Ibidem, pp. 166, 167

287 A. Imponente, Pietro Consagra: dagli esordi alla fine degli anni sessanta, in Pietro Consagra,

catalogo della mostra, a cura di A. Imponente e R. Sigilato, Roma, GNAM, 24 maggio – 1 ottobre 1989, pp. 17-20

288 G. M. Accame, Consagra, una scelta frontale, in Pietro Consagra. Scultura e architettura,

catalogo della mostra, a cura di G. M. Accame e G. Di Milia, Milano, Accademia di Belle Arti di Brera, 26 marzo – 5 maggio 1996, pp. 47-61

Consagra di Giovanni Carandente del 2001289, La scultura frontale di Consagra e l’incommensurabilità del disegno di Manuela Kahn-Rossi del 2004290.

In questi saggi l’attenzione degli autori si focalizza sull’aspetto più importante del suo percorso professionale che riguarda il passaggio dalla rappresentazione figurativa a quella astratta, attuata in scultura in concomitanza alla pubblicazione del Manifesto del gruppo Forma 1, nel marzo del 1947; i cui membri - Accardi, Attardi, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato -, si dichiararono

formalisti e marxisti.

Un percorso linguistico che, nel 1952, lo portò alla realizzazione dei primi

Colloqui definiti dallo stesso autore, anni dopo, sculture frontali: “La mia scultura

è frontale perché nasce da considerazioni tecniche di semplificazione del punto di vista costruttivo e dei materiali, ma soprattutto perché nasce dal concetto di Spazio Differente. Differenziare lo spazio frontale da quello centrale è stato per me una presa di coscienza dei problemi sociali, un mio modo di dire che non credevo in niente. Gli elementi plastici ridotti al piano, a una semplice sovrapposizione di piani sono stati la conseguenza tecnica del mio rifiuto alla plastica modellata risolvendo con la minima spesa una scultura fatta di metallo leggero, strisce di legno o di ferro”291.

Non volendo dilungarsi nel ripercorrere le varie fasi del percorso artistico di Consagra che sono già state oggetto di analisi critica nei saggi, Pietro Consagra.

Biografia cronologia di Giuseppe Appella del 1989292 e Pietro Consagra di

Gabriella Di Milia del 2001293, si ritiene invece utile soffermarsi su due aspetti della biografia dell’artista che ad oggi non sono stati oggetto di una approfondita indagane critica. Aspetti che rivestono particolare significato nel percorso artistico di Consagra, riferibili al periodo di militanza nel P.C.I., tra il 1947 e il 1956,

289 G. Carandente, Pietro Consagra, in Pietro Consagra. Opere 1947-2000, catalogo della mostra,

a cura di G. Carandente, Il Cairo, Palazzo delle Arti del Cairo, 15 marzo – 15 maggio 2001, Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 2001, pp. 9-22

290 M. Kahn-Rossi, La scultura frontale di Consagra e l’incommensurabilità del disegno, in

Consagra. Colloquio con la vita, catalogo della mostra, a cura di M. Botta e M. Kahn-Rossi, Milano, Galleria Fonte d’Abisso, 21 ottobre – 18 dicembre 2004, Edizioni Galleria Fonte d’Abisso, Milano 2004, pp. 7-31

291 C. Lonzi, Autoritratto, De Donato editore, Bari 1969. Da me è stata consultata la ristampa del

testo curato da et al/edizioni, con la prefazione di L. Iamurri, Milano 2010, p. 76

292 G. Appella, Pietro Consagra. Biografia cronologia, in Pietro Consagra, catalogo della mostra,

a cura di A. Imponente e R. Sigilato, Roma, GNAM, 24 maggio – 1 ottobre 1989, pp. 188-217

293 G. Di Milia, Pietro Consagra, in Pietro Consagra. Opere 1947-2000, catalogo della mostra, a

cura di G. Carandente, Il Cairo, Palazzo delle Arti del Cairo, 15 marzo – 15 maggio 2001, Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 2001, pp. 97-108

contraddistinto da accese divergenze ideologiche in campo artistico – “Io e Turcato eravamo considerati nel Partito una coppia di pecore nere”294 –, e dal suo interesse per l’architettura già a partire dagli anni Cinquanta.

Entrando nel vivo dell’analisi, Consagra ricorda nella sua autobiografia che giunse a Roma nell’agosto del 1944 e fra le molte difficoltà legate alle condizioni di vita nell’Italia del periodo post-bellico, si adoperò realizzando ritratti ai militari americani per mezzo dollaro di profilo e per un dollaro frontale. A Roma ricorda inoltre di aver conosciuto Renato Guttuso, che lo presentò a Palmiro Togliatti, aprendolo così alla frequentazione della Federazione del Partito Comunista Italiano295di Roma, e lo inserì nell’ambiente artistico romano, presentandogli gli artisti Afro, Leoncillo, Mirko, Omiccioli e Turcato.

Guttuso inoltre gli fornì ospitalità, permettendogli di alloggiare in uno “stanzino” libero presso il suo studio in via Margutta 48. Lo studio del pittore si rivelò agli occhi di Consagra il luogo di incontro di diversi artisti provenienti da più parti d’Italia. Lì infatti verso la fine del ’46 giunsero da Milano Morlotti, Treccani e Birolli e poi da Venezia Vedova, Pizzinato, Santomaso e il critico Marchiori, per una riunione durante la quale furono discusse le istanze poetiche di quello che insieme definirono il Fronte Nuovo delle Arti. Fra gli artisti partecipanti alla riunione ci furono Guttuso, Franchina, Fazzini, Corpora, Turcato, Leoncillo, oltre a Consagra stesso, che non fu incluso nel raggruppamento artistico perché ritenuto troppo giovane.

Ma di lì a poco l’idillio con Guttuso si sarebbe irrimediabilmente incrinato: “Guttuso voleva rafforzare i suoi legami col Partito in quella linea e, nello stesso tempo, aspirava alla cultura di area picassiana che trasmetteva con inquietudine a noi giovani. Era al centro di una grande agitazione: da una parte attirato dalla politica e dalla voglia di essere il più fedele alla linea del Partito, e dall’altra dal richiamo che gli veniva dalla cultura europea. Una notte davanti a me, distrusse una tela che rappresentava dei contadini fucilati quasi grandi al vero. Stando dentro al ‘Fronte’ con artisti che più di lui erano alla ricerca di un’arte libera e meno dipendente da decisioni della direzione culturale, aumentava la sua voglia di non farsi sorpassare. Nessuno doveva essere più vicino al Partito di lui nei

294 P. Consagra, Vita mia, Feltrinelli Editore, Milano 1980, p. 68

295 Consagra ricorda di essersi iscritto presso la Federazione siciliana del Partito agli inizi del

contenuti e nessuno doveva, prima di lui, avanzare scelte formali. Nessuno avrebbe dovuto avere più credito di lui nel Partito e perciò aveva costruito un suo ventaglio di rapporti per diventare il pittore del Partito. Noi giovani ancora non ci rendevamo conto che si preparava una sistematica distruzione di ciò che fino a quel momento sembrava dovesse essere l’aria che avremmo respirato. Se non fossimo andati a Parigi alla fine del ’46 non avremmo saputo come sfuggire al più presto a quella operazione”296.

Durante quel viaggio a Parigi, organizzato dalla Gioventù Comunista, a cavallo delle feste natalizie del 1946, Consagra annotò di esser partito in compagnia di Maugeri, di Turcato, di Attardi e di Sanfilippo, e di aver incontrato diversi artisti, fra cui: Brancusi, Pevsner, Arp, Laurens, Gonzales, Léger, Giacometti ed Adam, e proprio grazie a quest’ultimo ebbero la possibilità di visitare lo studio di Picasso. La visione delle opere di quei maestri si rivelò foriera di cambiamenti nella loro concezione artistica: “Tornammo a Roma gonfi di gioia. Eravamo la generazione aperta all’Europa. I problemi di Guttuso non erano più i nostri. A Parigi era tutto esaltante e sconvolgente. Ci aprivano le porte travolti dal nostro entusiasmo. Eravamo i giovani più interessanti del mondo”297.

Guttuso per primo subodorò l’eventualità di una svolta nell’arte di Consagra, che evidentemente avvertiva come una minaccia nella personale corsa all’affermazione della propria visione dell’arte presso la dirigenza del Partito, come è possibile dedurre dalle parole dello scultore: “Guttuso mi disse che era molto importante che dopo Parigi continuassi il mio lavoro di prima come aveva fatto lui dopo la sua visita alcuni mesi avanti nella capitale francese”298. Ma contrariamente a quanto gli era stato suggerito, Consagra abbandonò la figurazione per imboccare la strada dell’astrazione in scultura.

Egli, infatti, durante l’assenza di Guttuso da Roma per un breve soggiorno a Parigi, nel marzo del 1947, tenne una riunione nel suo studio a cui parteciparono Turcato, Attardi, Sanfilippo, Accardi, Guerrini, Dorazio e Perilli, per definire gli intenti programmatici del nascente gruppo denominato Forma 1.

In quell’occasione fu stilato il Manifesto nel quale gli artisti si dichiararono

formalisti e marxisti, convinti che i due termini non fossero inconciliabili,

296 Ivi, pp. 48,49

297 Ivi, p. 50 298 Ibidem

sostenendo quindi un’arte astratta dai contenuti sociali e politici, contro un’arte dai medesimi contenuti ma figurativa. Il Manifesto del gruppo fu pubblicato sul primo e unico numero della rivista “Forma”, stampata in quel mese grazie al contributo economico dei singoli componenti del gruppo.

La pubblicazione del Manifesto causò non solo la rottura definitiva dell’amicizia fra Consagra e Guttuso, il quale ben presto avrebbe manifestato la sua accanita opposizione verso le ricerche astratte dello scultore, ma generò una profonda avversione all’Astrattismo nei critici militanti nelle file del Partito, primo fra tutti, Antonello Trombadori, come ricordò lo stesso Consagra: “Trombadori si rivelò subito pericoloso come critico dell’Unità. Dopo averci irrisi per ‘Forma 1’ e insinuato che la nostra mostra d’arte astratta era stata fatta in una galleria sospetta, la galleria dell’Art Club diretta dal pittore polacco Jerema, che era stato soldato del generale Andersen, presentava un mese dopo la mostra di Cagli elogiandolo come maestro, non solo perché promotore di ‘ricerche spaziali per una geometria non euclidea con delle premesse matematiche che fanno parte della cultura moderna…’, ma anche come soldato liberatore dell’Europa nell’esercito americano. Chi voleva capire capiva. Sospettato Andersen, sospettato Jerema, sospettati noi”299.

Dopo il duro intervento di Togliatti sulle pagine di “Rinascita” nel 1948300, che liquidò definitivamente l’ipotesi del neocubismo come veicolo di un’arte moderna, e dopo che le linee di ricerca artistica all’interno del Partito furono indirizzate verso il Realismo, caratterizzato da una figurazione di stampo ottocentesco, gli attacchi contro l’arte astratta, divennero ancora più pressanti, e furono riportati finanche sulla stampa, nel tentativo addirittura di condizionare negativamente l’opinione pubblica. Infatti Consagra ricorda che: “Quando mi diedero uno spazio sul ‘Calendario del Popolo’ per un referendum sull’arte che doveva appunto condannare l’Astrattismo da parte dei lettori, accettavo che l’Astrattismo e il Realismo fossero le uniche proposte importanti dell’arte contemporanea. Accettavo come ipotesi il Realismo perché volevo che loro accettassero come ipotesi l’Astrattismo. Ma neanche per sogno. Il Partito ci

299 Ivi, p. 53

300 L’intervento di Togliatti fa riferimento alla Prima mostra nazionale di arte contemporanea che

si tenne a Bologna presso la sede dell’Alleanza della Cultura, nell’ottobre e novembre del 1948, dove per l’occasione furono esposte opere del Fronte Nuovo delle Arti, ad eccezione delle sculture di Franchina, che egli definì coi termini di: mostruose, scemenze e scarabocchi.

sopportava e basta. Non potevano espellerci perché sarebbe stato scandaloso eccessivo e rivelatore. Socrate, Salinari, Alicata, Trombadori, De Grada, De Micheli: uno scempio di Partito”301.

Fu dunque nel clima di manifesta ostilità da parte della critica verso l’Astrattismo che Consagra si sentì investito del ruolo di critico in difesa della propria arte e dell’Astrattismo in generale. I suoi primi scritti, ad eccezione del Manifesto del gruppo Forma 1, nacquero, difatti, con questi propositi, come dimostra del resto l’intervento intitolato In difesa dell’Astrattismo, pubblicato sul “Calendario del Popolo” nel settembre del 1952, in cui affermò: “I nostri critici neorealisti sbagliano formulando l’accusa contro l’arte astratta di essere legata al progresso tecnico della società borghese. (…) La nozione progressiva degli astrattisti è certo più complicata di quella dei neorealisti, ma escluderne le possibilità è un errore gravissimo per la cultura figurativa”302.

I primi scritti di Consagra furono dunque veri e propri mezzi di diffusione delle idee dell’Astrattismo e di difesa dal pressante massacro attuato dalla critica militante. In quest’ottica va letto lo scritto Necessità della scultura pubblicato per conto delle edizioni Lentini di Roma nel 1952; uno scritto che a oggi è stato erroneamente recepito dalla critica come una sorta di riflessione teorica sullo stato della scultura da porre in relazione a quanto prima di lui aveva fatto Arturo Martini, nel noto scritto Scultura lingua morta del 1945, come si evince dalla riflessione condotta da Carandente303 e dalla Di Milia304.

301 P. Consagra, Vita mia, Feltrinelli Editore, Milano 1980, p. 59

302 P. Consagra, In difesa dell’Astrattismo, in “Calendario del Popolo”, Milano 1952, in Consagra

che scrive, scritti teorici e polemici 1947/89, edizioni all’insegna del pesce d’oro di Vanni

Scheiwiller, Milano 1989, p. 15

303 Carandente scrive: “Nel 1952, apparve a Roma Necessità della scultura, il testo critico che

Consagra volle contrapporre allo scritto di Arturo Martini, Scultura lingua morta. Partendo dalla constatazione che molta scultura astratta derivi fondamentalmente da elementi della natura, da immagini cioè del mondo animale, vegetale o minerale. Consagra affermava che tale relazione non era che la ‘base di garanzia’ dell’opera, rimaneva di conseguenza nei termini della ‘dialettica della deformazione’ operata sia dal Cubismo sia dal Futurismo”; cfr., G. Carandente, Pietro Consagra, in Pietro Consagra. Opere 1947-2000, catalogo della mostra, a cura di G. Carandente, Il Cairo, Palazzo delle Arti del Cairo, 15 marzo – 15 maggio 2001, Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 2001, p. 15

304 Di Milia scrive: “Ha fede nella Necessità della scultura, questo è il titolo del suo opuscolo,

apparso nel 1952, in cui si oppone al pessimismo che il vecchio Arturo Martini ha espresso nel testo Scultura lingua morta (1945). La consapevolezza che l’arte non ha più quel ruolo centrale riconosciuto dalla società nelle epoche passate diventa per Consagra un incentivo a riscattare la scultura da una situazione emblematica che ha perso senso”; cfr., G. Di Milia, Pietro Consagra, in

Pietro Consagra. Opere 1947-2000, catalogo della mostra, a cura di G. Carandente, Il Cairo,

Palazzo delle Arti del Cairo, 15 marzo – 15 maggio 2001, Edizioni Gabriele Mazzotta, Milano 2001, p. 9

Ma nel ripercorrere le parole di Consagra ci si rende subito conto che il riferimento a Martini si limita alla semplice citazione e che, nel complesso della sua riflessione sulla scultura, non assume nessuna particolare rilevanza305.

Il fulcro portante della riflessione critica espressa da Consagra in Necessità della

scultura è rappresentato dalla volontà dell’autore di affermare che la scultura

astratta sia l’unica soluzione visiva in grado di rappresentare la società moderna, l’unica in grado di essere portatrice di un messaggio, contrariamente quindi alla coeva scultura figurativa: “Finalmente: giù gambe, giù braccia, giù anche la testa che non sa più che faccia far fare. La scultura si riduce al sedere, ai seni, alla schiena, alla pancia. Ecco la scultura sensuale, chiusa in se stessa, al buio, che non sta né in cielo né in terra, distaccata dall’intelligenza dell’uomo, senza idee, senza pensiero”306. Di contro Consagra nel tracciare le peculiarità dell’arte di Boccioni, di Brancusi, di Gabo, di Pevsner, di Picasso e di Calder affermò che: “Merito di queste sculture è una rinnovata coscienza plastica verso un’arte non intimista, ma socialmente funzionante; e merito di questi artisti è di avere portato sempre alta la loro fiducia nell’arte, la loro lotta per l’intelligenza, l’ottimismo per la costruzione di un mondo migliore e di aver sostenuto la necessità della scultura nel nostro pensiero e nella nostra cultura”307.

Risulta pertanto evidente che la citazione agli scultori suddetti fu per Consagra strumentale per indicare le linee di continuità che univano l’avanguardia storica con le ricerche astratte più recenti; e che in un qualche modo, per una sorta di processo osmotico, l’esaltazione del valore di quelle sculture doveva implicitamente indurre all’esaltazione del valore delle sculture astratte prodotte in quel periodo.

Ma per quanto Consagra si prodigasse nella difesa dell’Astrattismo, i suoi rimasero tentativi vani. Infatti Corrado Maltese in un articolo intitolato Necessità

della scultura pubblicato su “L’Unità” nel 1952 stroncò il suo scritto, affermando

che: “Si torna dunque a quanto dicemmo altre volte: la tendenza astrattista oggi

305 Consagra scrive:“La necessità della scultura nel nostro pensiero e nella nostra cultura è legata

all’origine e alla natura stessa dell’uomo, tanto che noi sappiamo immaginarci un mondo senza