• Non ci sono risultati.

La scultura/l’oggetto: prospettive e ricerche negli anni della neo-avanguardia

Fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta si formarono in Italia numerosi raggruppamenti artistici sotto il nome di Gruppo N, fondato nell’inverno del 1959 a Padova, di Gruppo T, nato nello stesso periodo a Milano, di Gruppo Uno, formatosi nel 1962 a Roma e a seguire il Gruppo Atoma di Livorno, il Gruppo Tempo 3 di Genova ed altri ancora, accomunati da una medesima idea in cui l’opera d’arte nasce da un progetto che tende ad evidenziare le strutture psichiche, tecniche e ottiche dei fenomeni percettivi che l’opera stessa ricostruisce e propone di percorrere. La singolarità di questi raggruppamenti fu determinata dal fatto che le loro opere furono presentate come lavoro di gruppo, sotto la firma del raggruppamento stesso, abolendo così l’idea tradizionale e individuale dell’artista.

Sotto il profilo formale i loro lavori si caratterizzarono per l’attenzione di processi di percezione dei fenomeni visivi, volti ad un maggiore coinvolgimento emotivo del pubblico. Appare chiaro, quindi, che l’opera fu arricchita di un parametro nuovo incarnato proprio dal pubblico stesso. Questi si trasformò da fruitore passivo ad animatore attivo dell’opera d’arte in quanto, spesso, gli venne chiesto di azionare il meccanismo che l’azionava l’opera, avviando così il procedimento artistico. In questa nuova concezione dell’arte, l’opera fu quasi sempre concepita per essere in movimento, dove quindi all’immagine statica venne a sostituirsi da un fenomeno temporale in corso. Per la realizzazione di queste opere non erano richieste conoscenze delle tecniche tradizionali del fare artistico ma abili capacità tecnologiche e meccaniche, e di essere a conoscenza dei fenomeni ottici per quel ciò che riguardò le opere statiche.

Le diverse esperienze vissute dai vari gruppi vennero etichettate dalla critica sotto la dicitura di arte ottico-cinetica, nate con la precisa volontà di superare il soggettivismo insito nell’informale. Il paesaggio dell’arte che si aprì in Italia fra la fine degli anni Cinquanta e per tutto il decennio successivo vide non solo l’imporsi dell’esperienze ottico-cinetiche ma anche l’affermarsi di diversi

movimenti artistici che si incrociano tra loro. Sono proprio quelli gli anni dell’affermazione di movimenti internazionali come il New dada, la Pop e la Minimal art, la cui diffusione in Italia avvenne attraverso diversi canali di conoscenza, tra cui la Biennale di Venezia, l’attività espositiva di alcune gallerie private e la nascita di nuove riviste specializzate in arte.

Il panorama delle arti visive che si andò delineando presentava molteplici direzioni di ricerca sperimentale, tutte svincolate delle tecniche tradizionali di realizzazione, segnando l’inizio di una profonda trasformazione nel tessuto culturale in Italia. Si assistette innanzitutto alla definitiva fine dell’arte ideologica, di ‘impegno’ politico e sociale, di cui si erano nutriti i dibattiti del dopoguerra, tra i sostenitori di un’arte realista e quelli di un’arte astratta, nonché si affermò la volontà di superare le componenti romantiche, esistenziali ed estetizzanti dell’Informale.

Parallela all’esperienza ottico-cinetica nel 1959 si affermò in Italia il New dada, attraverso le opere di Jasper Johns38 e di Robert Rauschenberg, esposte rispettivamente a Milano e Roma. e nel 1960 Pierre Restany pubblicò a Milano il manifesto del “nouveau réalisme”. Tale conoscenza del neodadaismo internazionale ebbe notevoli ricadute su alcuni artisti italiani, che partendo dalla messa in discussione delle tecniche tradizionali giunsero alla formulazione di una nuova estetica che ruotava attorno l’idea di oggetto artistico. Fu subito chiaro che l’utilizzo di nuovi materiali e di nuove tecniche dovesse inevitabilmente condurre verso nuove forme e un nuovo modo di fruire l’opera d’arte. La rottura con l’arte del passato, intesa non solo nelle tecniche ma anche nei contenuti, condusse gli artisti alla sperimentazione di ogni sorta di materiale a loro disponibile e alla creazione di nuovi linguaggi visivi. In tale ambito, significative furono le opere di Manzoni, Linee (1959), Corpo d’aria (1959-60), Uova scultura (1960), Merda

d’artista (1961) che generarono grosso clamore, in quanto ai tradizionali valori

estetico-culturali del bello, dell’eterno, dell’appagante si affermavano di contro nuove concezioni per l’opera d’arte legate al transitorio e all’inconsistente. Ma il panorama dell’arte in Italia all’epoca appariva molto vario e articolato, pertanto all’esperienza neodadaista si affiancarono opere di gusto pop, come dimostra de resto l’opera di Pino Pascali intitolata Omaggio a Billie Holliday. Labbra rosse

(1964). Ma il percorso artistico di Pascali, contraddistinto da una continua sperimentazione di materiali non convenzionali, come il cartone, la plastica, le retine di metallo, il legno, la tela, la paglia, il terreno, l’acqua, come si possono rintracciare in opere come 1 Mc di Terra e 2 Mc di Terra (1967), 32 Mc di mare

circa (1967), Bachi da setola (1968), si indirizzò anche verso ricerche di stampo

poverista.

In ambito poverista si assistette ad un radicale rinnovamento del fare plastico, dove la scultura non fu più realizzata attraverso la modellazione di un solido tridimensionale bensì attraverso l’assemblaggio di elementi precostituiti, come nel caso degli Igloo di Mario Marz o della Catasta (1967) di Boetti, ottenuta dalla sovrapposizione di tubi d’eternit.

In altri casi l’arte venne concepita come un processo creativo in atto, come per Calzolari che utilizzò diversi acidi a contatto col metallo che diedero vita a reazioni chimiche attraverso la formazione di cristalli e sali, oppure utilizzando una turbina di raffreddamento dell’acqua per ottenere del ghiaccio. Per Anselmo, invece, l’arte fu rappresentazione dell’energia, espressa sottoforma di tensione che si genera tra opposte forza, che nel caso di Scultura che mangia (1968), che si caratterizza per due blocchi di granito legati insieme che trattengono delle foglie di insalata fresca. Un’energia che si esaurisce appena l’insalata marcisce, facendo perdere la tensione necessaria affinché le parti restino unite insieme.

Risulta chiaro da questa breve descrizione che con l’Arte Povera furono recisi definitivamente i legami col passato, dando avvio ad una nuova concezione del fare artistico legate agli strumenti, del procedimento, dell’azione e del comportamento.