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Prospettive d’intervento del legislatore comunitario in materia di relazioni commerciali B2B e tutela dei consumator

DE IURE CONDENDO: ALCUNI SPUNTI PER POSSIBILI INTERVENTI LEGISLATIVI E CONCLUSIONI FINAL

3. Prospettive d’intervento del legislatore comunitario in materia di relazioni commerciali B2B e tutela dei consumator

Nel paragrafo precedente si è già avuto modo di accennare alla circostanza che l’articolo 62 del decreto Crescitalia, che vieta l’adozione di comportamenti sleali nei rapporti della filiera agroalimentare, si pone in una linea di sostanziale continuità rispetto ad altre esperienze europee, nelle quali – sia pure con gradi diversi di intensità – si è ritenuto di dover intervenire a garanzia dell’equilibrio e della trasparenza degli assetti contrattuali rilevanti

Le crescenti tensioni che si sono registrate in diversi Paesi europei tra le imprese produttrici e la distribuzione hanno infatti stimolato iniziative a livello comunitario iniziative di diversa natura.

A livello UE le pratiche commerciali sleali nel settore alimentare sono state per la prima volta oggetto di discussione nel 2009, quando l’impennata dei prezzi agricoli determinò l’aumento dei prezzi al consumo. La mancanza di trasparenza del mercato, le disparità di potere negoziale e le pratiche anticoncorrenziali venivano individuate come le cause delle distorsioni di mercato, con effetti potenzialmente negativi sulla competitività dell’intera catena di fornitura alimentare e, di conseguenza, anche sui consumatori che non beneficiavano di condizioni sufficientemente corrette in termini di gamma di prodotti e di prezzi.

La Commissione europea ha pertanto avviato un esercizio di monitoraggio del mercato a seguito di una richiesta da parte del Parlamento europeo297 di uno studio e delle soluzioni all’abuso di potere dei grandi supermercati operanti nell’UE. Tale esercizio è sfociato in una Comunicazione della Commissione del 28 ottobre 2009 relativa al

Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa298, nella quale si evidenziava, tra l’altro, che “Un funzionamento efficiente della catena di

approvvigionamento alimentare è quindi essenziale per assicurare prodotti di qualità, sicuri e a prezzi abbordabili”.

297

Relazione d’iniziativa da parte della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sulle “entrate

eque per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa”, relatore José Bové.

298

A ben vedere, si trattava di un esplicito riconoscimento, sia pur limitato alla sola filiera alimentare, della rilevanza del corretto svolgimento delle relazioni commerciali nella catena di distribuzione al fine di assicurare un più elevato livello di tutela del consumatore finale sotto i profili della sicurezza e qualità dei prodotti immessi sul mercato e, aspetto non indifferente, sotto il profilo dell’adeguatezza dei prezzi al consumo praticati

Tra le problematiche esaminate, la richiamata comunicazione metteva in luce significative tensioni nelle relazioni contrattuali tra operatori della catena, dovute alla loro diversità come pure alle differenze di potere contrattuale. La medesima, evidenziava inoltre la mancanza di trasparenza dei prezzi lungo la catena di approvvigionamento come pure un’accresciuta volatilità dei prezzi delle materie prime. Al fine di risolvere i problemi identificati e di migliorare il funzionamento della catena, la Commissione proponeva di promuovere relazioni sostenibili e basate sul mercato tra i diversi soggetti che operano nella filiera distributiva, favorire l’integrazione del mercato interno e la competitività di tutti i settori all’interno della catena di approvvigionamento alimentare.

Successivamente, nel dicembre 2008, la Commissione ha pubblicato una relazione intermedia dal titolo I prezzi dei prodotti alimentari in Europa299 con una tabella di marcia indicante gli assi principali dell’intervento politico.

Anche il Parlamento europeo, si è mosso in questa direzione e nella Risoluzione sui

prezzi dei prodotti alimentari in Europa300 del 26 marzo 2009 aveva identificato, tra i fattori che influenzano il meccanismo di trasmissione dei prezzi e il divario tra il prezzo alla produzione e il prezzo al consumo, il comportamento commerciale dei dettaglianti, il maggiore coinvolgimento degli intermediari, l’aumento della quota di costi non agricoli (in particolare l’energia e la manodopera), i quadri legislativi e normativi nazionali.

Con la successiva Relazione d’iniziativa sulle entrate eque per gli agricoltori: migliore

funzionamento della filiera alimentare in Europa, approvata il 7 settembre 2010, il

299

E’ stato lanciato il 16 novembre con la Comunicazione 2010 COM(2008) 821 che rappresenta un elemento costitutivo del più ampio esercizio di sorveglianza del mercato (Internal Market Review). 300 Risoluzione sui prezzi dei prodotti alimentari in Europa, adottata il 26 marzo 2009, 2008/2175(INI), relatrice, Katarina Batzeli (PSE, Grecia).

Parlamento chiedeva inoltre alla Commissione nuove regole per assicurare il rispetto della concorrenza. In particolare, tra gli strumenti a tal fine individuati, si richiedeva l’adozione codici di buone prassi commerciali per la filiera alimentare che comprendessero meccanismi di denuncia e sanzioni per le prassi sleali. In questo quadro può ricomprendersi anche l’ulteriore richiesta di creazione di un meccanismo per il monitoraggio delle relazioni tra dettaglianti e fornitori nonchè di una nuova legislazione per limitare in maniera efficace le posizioni dominanti lungo l'intera filiera.

Limitatamente alla sfera dei rapporti prettamente contrattuali, nel medesimo provvedimento veniva altresì espresso un certo favore verso i contratti standard, visti come strumenti potenzialmente utili a combattere eventuali pratiche commerciali scorrette con la contestuale proposta di renderli obbligatori per taluni settori merceologici. Contestualmente, veniva altresì richiesto alla Commissione di esaminare gli effetti dei contratti imposti dai soggetti con maggior capacità negoziale ai fini della tutela della concorrenza e della salvaguardia dei contraenti deboli.

Alla luce delle attività svolte di propria iniziativa e delle istanze avanzate dal Parlamento europeo, la Commissione ha ampliato la partecipazione, lo status e il mandato del Gruppo ad alto livello sulla competitività del settore agroalimentare, per farne un forum di discussione sulla catena di approvvigionamento alimentare. Quest’ultimo, a sua volta, nel 2010 è stato trasformato301 in un “Forum ad alto livello

per un migliore funzionamento della filiera alimentare”, con un mandato biennale

scaduto il 31 dicembre 2012 e prorogato fino al 31 dicembre 2014, composto da 45 membri in rappresentanza di tutti gli operatori della filiera alimentare302.

In particolare, nell’ambito del suddetto Forum, è stata istituita una piattaforma di esperti sulle pratiche contrattuali tra imprese con il compito di cercare soluzioni alle problematiche elencate. La piattaforma di esperti nel B2B è stata invitata a creare un dialogo tra le diverse parti interessate che formano il nucleo centrale della piattaforma stessa (cd. “multistakeholders dialogue”). L’obiettivo di questo gruppo di associazioni, rappresentative dei diversi attori della filiera alimentare, era di definire i principi di

301

Decisione della Commissione del 30 luglio 2010. 302

In particolare, Autorità nazionali competenti, imprese dell’industria, del commercio e della distribuzione, associazioni e federazioni in rappresentanza dei settori dell’ agricoltura, dell’industria agroalimentare, del commercio e della distribuzione, organizzazioni non governative esperte della filiera.

buone pratiche presenti nelle relazioni B2B al fine di individuare soluzioni all’asimmetria informativa e al possibile abuso contrattuale da parte di alcuni attori della filiera. Il risultato è stato la formulazione di un elenco di principi e di esempi di pratiche sleali e di pratiche corrette nei rapporti verticali nella catena di fornitura alimentare, sottoscritto da undici organizzazioni che rappresentano interessi diversi in tutta la catena europea di fornitura alimentare303, che nella versione finale è stato reso pubblico il 29

novembre 2011.

Tale elenco individua alcuni principi guida cui dovrebbero ispirarsi i rapporti di filiera, identificando altresì alcune pratiche commerciali scorrette, quali: la risoluzione unilaterale, senza preavviso e giustificato motivo, di un rapporto commerciale; la modifica unilaterale e retroattiva dei costi o dei prezzi di beni e servizi; l’applicazione di clausole penali immotivate o sproporzionate rispetto al pregiudizio sofferto.

In particolare, nell’ambito dei suddetti principi di buone prassi, è interessante rilevare come uno dei tre principi generali sia dedicato ai consumatori, affermando che «le parti

devono sempre tenere in considerazione gli interessi dei consumatori e la sostenibilità generale delle filiera alimentare nelle relazioni B2B. Le parti devono assicurare una massima efficienza e ottimizzazione delle risorse nella distribuzione delle merci lungo la filiera alimentare».

Anche in questo caso, pertanto, è possibile riscontrare un ulteriore esplicito riconoscimento delle inevitabili ricadute a valle, sui consumatori finali, dei rapporti intermedi tra i diversi operatori della catena di distribuzione con la conseguenza che un corretto svolgimento dei medesimi risulta funzionale non solo al buon funzionamento del mercato ma anche ad una più efficace e completa salvaguardia degli interessi degli stessi consumatori finali.

Poiché, tuttavia, tale iniziativa non ha carattere vincolante e l’eventuale adesione può avvenire su base volontaria304, la Commissione ha cominciato a lavorare ad una

valutazione d’impatto delle diverse opzioni per affrontare il problema delle pratiche commerciali sleali, esaminando in che misura il problema possa essere risolto a livello

303 AIM, CEJA, CELCAA, CLITRAVI, CopaCogeca, ERRT, EuroCommerce, Euro Coop, FoodDrinkEurope, UEAPME e UGAL.

304

Otto delle undici organizzazioni (AIM, CELCAA, ERRT, EuroCommerce, Euro Coop, Food Drink Europe, UEAPME e UGAL) hanno annunciato l’intenzione di avviare su base volontaria l’attuazione dei principi delle pratiche corrette all’inizio del 2013.

nazionale ovvero valutando se sia invece necessaria una soluzione a livello comunitario. Questo approccio, nelle intenzioni della stessa Commissione, dovrebbe consentire di salvaguardare i risultati del Forum di alto livello nel settore alimentare e allo stesso tempo di prendere in considerazione tutte le soluzioni possibili, tra cui l’autoregolamentazione, anche attraverso l’adozione di codici di condotta vincolanti, ovvero l’emanazione di una specifica normativa in materia305.

Alcuni spunti delle discussioni e delle iniziative illustrate, limitati alla filiera alimentare, sono stati altresì ripresi nel più ampio ambito della Comunicazione della Commissione306 contenente il “Piano d’azione europeo per il commercio al dettaglio”, presentata il 31 gennaio 2013 contestualmente con un “Libro verde pratiche sulle

pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa”.

I precedenti di tale iniziativa possono farsi risalire alla relazione della Commissione

sull’esercizio di sorveglianza del mercato nel settore del commercio e della distribuzione307 nonchè nella relazione del Parlamento europeo su un commercio al dettaglio più efficace e più equo308.

La relazione della Commissione riportava un primo bilancio dei problemi che incidono o possono incidere, dal punto di vista del mercato interno, sulle prestazioni delle imprese attive nel settore del commercio e della distribuzione, in termini economici, sociali o ambientali. La soluzione dei problemi individuati, a giudizio della stessa Commissione, potrebbe portare verso un mercato interno del commercio e della

305 E’ in questo contesto che matura la scelta del legislatore italiano di approntare una tutela specifica in favore dei fornitori di prodotti alimentari, la cui applicazione è affidata all'Autorità. Nel D.M. attuativo, all’art. 4, si stabilisce infatti che “rientrano nella definizione di ‘condotta commerciale sleale’ anche il

mancato rispetto dei principi di buone prassi e le pratiche sleali identificate dalla Commissione europea e dai rappresentanti della filiera agroalimentare a livello comunitario nell’ambito del Forum di Alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare, approvate in data 29 novembre 2011” e

costituenti l’Allegato A al decreto stesso. 306 COM(2013) 36 Final.

307 Esercizio di sorveglianza del mercato nel settore del commercio e della distribuzione "Verso un

mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo all’orizzonte 2020" (COM

(2010) 355 definitivo del 5 luglio 2010.

308 Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2011 su un mercato al dettaglio più efficace e più

distribuzione più efficiente e più equo, favorendo così una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’Unione, alla luce della strategia Europa 2020309.

La scelta del commercio al dettaglio310 era legata all’importanza di tale settore per l’UE in termini di PIL, di numero di addetti, di presenza di PMI e, soprattutto, per gli stretti legami esistenti con numerose attività economiche sia a monte sia a valle. Veniva infatti riconosciuto come la vendita al dettaglio e all’ingrosso siano strettamente collegate tra loro e ad altri settori economici, come l’agricoltura, l’industria manifatturiera, i servizi informatici, l’energia, la logistica e i trasporti. Questi settori sono sempre più integrati e, considerata l’attuale esistenza di distributori al dettaglio che operano anche come grossisti o persino produttori, la distinzione tra loro è sempre meno netta.

La Commissione sottolineava inoltre la portata trasversale del settore del dettaglio e della distribuzione, che costituisce, appunto, il collegamento a valle con i consumatori – ai quali offre ad una vasta gamma di prodotti di consumo – e a monte, come descritto, con tutti gli operatori interessati lungo l’intera filiera311. Nelle relazioni tra commercianti e fornitori venivano tuttavia identificati una serie di problemi che possono ostacolare la capacità di tali operatori di investire e innovare tra i quali, in particolare, la mancanza di norme che regolino le pratiche commerciali sleali e le relazioni contrattuali tra le varie parti della catena di fornitura.

Anche la richiamata relazione del Parlamento europeo “su un commercio al dettaglio

più efficace e più equo” affrontava le tematiche illustrate suddividendole in cinque

capitoli tra i quali uno era finalizzato ad “affrontare le prassi contrattuali e commerciali

nelle relazioni tra imprese (B2B)”. Per quanto riguarda i rapporti tra imprese, infatti,

veniva ribadito che la libera concorrenza e la libertà contrattuale sono fondamentali ai fini del buon funzionamento del mercato al dettaglio. Tuttavia, i diversi attori della filiera erano invitati ad occuparsi delle pratiche sleali avviando un dialogo diretto tra

309

COM(2010) 2020. 310

In particolare, il “settore del commercio e della distribuzione” viene inteso come commercio al dettaglio, che comprende un’ampia varietà di forme (negozi, commercio elettronico, mercati all’aperto, ecc.), dimensioni (dal piccolo negozio all’ipermercato), prodotti (alimentari, non alimentari, medicinali con o senza prescrizione, ecc.), strutture giuridiche (esercizi indipendenti, affiliati, gruppi integrati, ecc.), ubicazioni (urbana/rurale, centro città/periferia, ecc.).

311

La relazione proseguiva descrivendo la modernizzazione del settore del commercio e della distribuzione, che è iniziata con l’avvento della grande distribuzione e che ha apportato miglioramenti positivi, in termini di lotta contro l’inflazione, offerta demoltiplicata ai consumatori e prezzi competitivi, innovazione e crescita dell’economia, concorrenza.

loro, sia intensificando le discussioni in seno alla Piattaforma di esperti sulle pratiche B2B del Forum ad alto livello per un miglior funzionamento della catena di approvvigionamento alimentare, sia creando un nuovo Forum che si concentri in particolare sulla distribuzione al dettaglio e che riguardi anche settori diversi da quello alimentare.

A tal fine, il Parlamento europeo richiedeva alla Commissione di adottare in materia provvedimenti di carattere non normativo, elaborando un “Piano d’Azione europeo per

il commercio al dettaglio”, prima di valutare l’opportunità di ricorrere ad una nuova

legislazione. Il predetto Piano si prefigge infatti l’obiettivo di analizzare le principali strozzature nella realizzazione del mercato unico nel settore del commercio al dettaglio che, a giudizio della Commissione, può apportare benefici a tutti i soggetti interessati. Al tal fine, vengono individuate 11 azioni concrete fondate su un giusto equilibrio tra libertà economiche e obiettivi di interesse pubblico.

Tra le svariate problematiche affrontate, anche in questo caso si evidenzia come un corretto funzionamento dei mercati non comporti benefici per le sole imprese, che trarrebbero vantaggi tangibili dall’introduzione di maggiore equità nella catena di fornitura, ma anche ai consumatori, in quanto “un migliore accesso a servizi e prodotti

al dettaglio di qualità, prezzi più competitivi e una migliore informazione sulla qualità e i prezzi, nonché sulle caratteristiche ambientali dei prodotti amplierebbero la scelta dei consumatori sia negli esercizi al dettaglio veri e propri che nel commercio elettronico”.

Al riguardo, viene altresì precisato che una migliore informazione dei consumatori implica non solo la necessità di aumentare la loro consapevolezza, in modo da sostenere la loro capacità di difesa dei propri diritti, ma anche la consapevolezza delle imprese degli obblighi loro derivanti dalla normativa in materia di protezione dei consumatori applicabile in tutto il mercato unico312.

Tra le diverse priorità d’intervento individuate nel Piano, una riguarda specificamente la catena di fornitura di prodotti alimentari e non alimentari tra imprese, il cui buon funzionamento viene ritenuto fondamentale per sfruttare al massimo il potenziale economico di tali comparti economici. In tal senso, poiché la correttezza nei rapporti tra

312

A tal fine, pertanto, una delle 11 azioni individuate riguarda proprio l’eleborazione da parte della Commissione, attraverso il dialogo con le parti interessate, di orientamenti in materia di buone pratiche e/o codici di condotta per facilitare l’accesso dei consumatori a informazioni trasparenti e affidabili, rendendo più facile confrontare i prezzi, la qualità e la sostenibilità di beni e servizi.

le imprese garantisce il corretto funzionamento delle diverse filiere, viene ravvisata la necessità di contrastare il fenomeno delle pratiche commerciali sleali imposte da una parte più forte ad una più debole in una situazione di squilibrio di potere. Affrontare questi problemi, infatti, ridurrebbe le disparità ed “aiuterebbe i distributori al dettaglio

a trasferire ai consumatori i vantaggi del mercato unico”. A tal proposito, viene

richiamata l’esperienza, illustrata in precedenza, nel settore alimentare, del Forum di alto livello per un migliore funzionamento della catena di fornitura alimentare evidenziando, tuttavia, come nonostante gli sforzi comuni, il quadro proposto non ha ottenuto il sostegno dei rappresentanti di tutta la catena di fornitura e non contiene rimedi efficaci in caso di inosservanza delle principi e delle buone prassi all’uopo predisposti.

In definitiva, al fine di individuare soluzioni realmente efficaci, la Commissione ritiene che il problema delle pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese lungo tutta la catena di fornitura debba essere affrontato in una prospettiva più ampia, estesa anche a filiere diverse da quella alimentare. L’azione concreta che nel Piano d’azione europeo per commercio al dettaglio viene individuata per rispondere a tale esigenza consiste proprio nell’adozione – come anticipato, contestuale – del richiamato Libro verde

pratiche sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa313.

Il suddetto provvedimento, infatti, già ad una prima lettura appare molto interessante ai fini dell’individuazione di potenziali adeguate soluzioni alle questioni ed alle problematiche sin qui analizzate, nell’ottica di un corretto funzionamento delle relazioni commerciali verticali lungo la filiera distributiva e di un’adeguata salvaguardia degli interessi dei consumatori che, di tale filiera, costituiscono l’anello finale.

Esaminando nel dettaglio il contenuto del Libro verde è possibile riscontrare, quale premessa su cui si fonda l’intero lavoro, l’importanza attribuita alla catena di fornitura tra imprese quale elemento dell’economia europea che «consente di convogliare i

prodotti e servizi dai fornitori ai consumatori e ha un impatto diretto sulla crescita economica e sull’occupazione».

313

A differenza dei tentativi, illustrati in precedenza, di disciplinare il funzionamento della filiera alimentare, l’oggetto di questo nuovo lavoro della Commissione è dato dalla catena di fornitura tra imprese in senso generale – alimentare e non alimentare – intesa come «la catena delle operazioni tra imprese o tra imprese e autorità pubbliche che

consentono la distribuzione di merci destinate principalmente al grande pubblico per il consumo o l’uso da parte dei singoli o delle famiglie», in tal modo garantendo la

distribuzione ai consumatori di beni e servizi provenienti dal settore agricolo, manifatturiero, della logistica, dei servizi, delle tecnologie e dell’informazione.

Di conseguenza, per sfruttare al massimo il potenziale economico di tali settori, la Commissione riconosce la fondamentale importanza del corretto funzionamento della stessa catena di fornitura nel cui ambito operano infatti diversi soggetti – produttori, trasformatori, distributori – le cui attività impattano anche sul prezzo finale pagato dal consumatore che varia in funzione del settore interessato.

Negli ultimi due decenni i mercati hanno subito notevoli cambiamenti per ragioni di ordine economico, sociale e demografico, che hanno comportato cambiamenti strutturali nell’ambito delle diverse filiere dovuti all’aumento della concentrazione e all’integrazione verticale in tutta l’Unione europea. Si è, infatti, assistito al dispiegarsi di alleanze internazionali finalizzate a realizzare economie di scala nell’approvvigionamento, grazie al maggiore potere di acquisto, a fronte di un ristretto numero di operatori relativamente forti che dispongono di un notevole potere negoziale. Questi fattori vengono individuati dalla Commissione come possibili cause di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese che, discostandosi fortemente dalla buona condotta commerciale, in contrasto con i principi della buona fede e della correttezza, sono di norma imposte in situazioni di squilibrio tra una parte più forte e una più debole e possono esistere su entrambi i lati del rapporto tra imprese e in ogni fase della filiera. Come già anticipato, l’approccio al problema adottato nel Libro verde si pone in una prospettiva più ampia rispetto ai precedenti in materia, limitati a specifici ambiti