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Rilevanza dei mercati intermedi nella filiera distributiva

IL REGRESSO DEL VENDITORE COME STRUMENTO DI EQUILIBRIO NELLA REGOLAMENTAZIONE DELLA FILIERA DISTRIBUTIVA

5. Rilevanza dei mercati intermedi nella filiera distributiva

Le moderne teorie di analisi economica del diritto189 considerano ormai acquisito il dato secondo cui il contratto non avrebbe più l’esclusiva funzione di mezzo di scambio delle risorse ma sarebbe «divenuto uno strumento per far fronte a problemi di organizzazione

nelle transazioni»190, vale a dire uno strumento per realizzare accordi ed intese tra imprese191.

Le eventuali disfunzioni del sistema concorrenziale dei mercati intermedi, rappresentati dalle relazioni contrattuali tra operatori economici professionali192, così come il diverso peso economico dei contraenti determinano squilibri normativi ed economici che ricadono nelle operazioni negoziali finali con il conseguente fallimento del mercato inteso nella sua accezione più ampia.

Le strategie commerciali dei produttori e, di riflesso, le dinamiche dei mercati intermedi incidono direttamente sul rischio contrattuale che il consumatore assume nei confronti del venditore finale. Il produttore/fornitore, infatti, normalmente esternalizza i rischi connessi ai difetti di conformità che, pertanto, nel sistema italiano ricadono direttamente sul venditore finale e, a cascata, sul consumatore finale.193

Un riconoscimento in tal senso, sul piano normativo comunitario, si può riscontrare, di recente, nell’ambito del “Libro bianco in materia di risarcimento del danno per

violazione delle norme antitrust comunitarie”194, in cui si afferma espressamente che «gli acquirenti che si trovano all'estremità, o quasi, della catena di distribuzione sono

spesso i più danneggiati dalle violazioni delle norme antitrust» perché su di loro è stato

trasferito, lungo la catena di distribuzione, un sovrapprezzo illegale frutto di tale violazione.

189

COOTER, MATTEI, MONATERI, PARDOLESI e ULEN, Il mercato delle regole. Analisi

economica del diritto civile, Bologna, 1999; PERLINGIERI, Economia e mercato, in Il diritto dei contratti tra persona e mercato, Napoli, 2003, p. 274.

190

Così COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei

contratti, Torino, 2004, p. 18.

191

CHIAPPETTA, Art. 131, in Bianca (a cura di) La vendita dei beni di consumo, Padova, 2006, p. 289. 192 COLANGELO, in op.cit., p. 152. Sul collegamento funzionale tra mercati e contratto, ex multis, cfr. RICCIUTO, Regolazione del mercato e funzionalizzazione del contratto, in Studi in onore di Giuseppe

Benedetti, Napoli, 2008, p. 1611.

193

Cfr. CHIAPPETTA, Art. 131, in op.cit., p. 290-293.

194 Commissione europea, Libro bianco in materia di risarcimento del danno per violazione delle norme

Il collegamento funzionale tra la distorsione del mercato nei rapporti “a monte” della filiera ed il contratto “a valle”, concluso tra impresa e consumatore, era tuttavia già stato espressamente riconosciuto, in ambito nazionale, anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione195 che, in una nota pronuncia a sezioni unite, ha riconosciuto che «la

legge antitrust non è la legge degli imprenditori soltanto, ma è la legge dei soggetti del mercato», tra i quali rientra a pieno titolo il consumatore in quanto «acquirente finale del prodotto offerto dal mercato» nonchè soggetto che «chiude la filiera che inizia con la produzione del bene».

Pertanto, viene ormai pacificamente riconosciuto che al fine di assicurare un’effettiva e più efficace tutela del consumatore finale non si possa prescindere da misure che garantiscano il corretto funzionamento del mercato196, ivi compresi i mercati intermedi, nel cui novero potrebbero essere ricompresi anche eventuali interventi diretti a realizzare un giusto equilibrio contrattuale nei rapporti tra i diversi operatori della filiera.

A tal proposito, l’obiezione di carattere generale secondo cui l’esigenza di tutela del consumatore, coniugandosi con la tutela del mercato, incontrerebbe il limite della libertà negoziale dell’imprenditore – da intendersi anche come libertà di adottare le scelte imprenditoriali che siano maggiormente funzionali al perseguimento delle proprie strategie di profitto197 – è superabile se si rifiuta una concezione di liberismo inteso come assoluto “laisser faire” che considera la regolamentazione del mercato come un’indebita ingerenza dello stato nell’economia198, accettando invece l’assunto secondo cui ogni legislazione antitrust si atteggia come un complesso di limiti imperativi dell’autonomia negoziale e, più in generale, dell’autonomia privata199. Limiti che trovano un riconoscimento formale anche al di fuori della disciplina sulla concorrenza

195CASS., Sez.Un., 4 febbraio 2005, n. 2207. 196

Sulla necessità di una regolamentazione del mercato anche in funzione di tutela del consumatore ROSSI CARLEO, Il mercato tra scelte volontarie e comportamenti obbligatori, in Europa e dir. priv., I, 2008, p. 155. Più in generale, sul rapporto tra regole del mercato e regole del contratto v. RICCIUTO,

Regolazione del mercato e funzionalizzazione del contratto, in op. cit., p.1615-1622.

197

Cfr. SANDULLI – SPAGNULO, Il rapporto tra la tutela della concorrenza e la tutela dei

consumatori, in Consumerism: rapporto 2009, Roma, 2009, p. 77.

198CORSO, Attività economica privata e deregulation, in Riv.trim.dir.pubbl., 1998, p. 629 199

Così OPPO, Costituzione e diritto privato nella tutela della concorrenza, in Riv.dir.civ., II, 1993, p. 543. Sul punto cfr. anche RICCIUTO, Regolazione del mercato e funzionalizzazione del contratto, in op.

cit., p. 1611; IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 2004; CASSESE, Regolazione e concorrenza, a cura di Tesauro - D’Alberti, Bologna, 2000.

in senso stretto come dimostra il moltiplicarsi di prescrizioni normative che impongono comportamenti obbligatori in capo alle imprese200.

In quest’ottica, il rilievo secondo cui la direttiva 99/44/CE ha consapevolmente rinunciato a prevedere l’inderogabilità delle discipline nazionali in materia di regresso, precisando nel richiamato considerando n. 9 che la stessa «non incide sul principio di

autonomia contrattuale» nei rapporti intrafiliera, non può certo essere inteso come un

riconoscimento della libertà del contraente forte di imporre alla controparte più debole tutte le proprie condizioni, abusando in tal modo della libertà contrattuale.

Al contrario, come si illustrerà nei capitoli successivi, i più recenti orientamenti da parte del legislatore comunitario – e, contestualmente, anche di quello italiano – sono finalizzati proprio al riconoscimento dell’imprenditore contraente debole come soggetto da tutelare nei confronti della controparte economicamente e/o contrattualmente più forte. In tal senso, infatti, si possono leggere le recenti iniziative in materia di pratiche commerciali scorrette tra imprese nella filiera alimentare e non alimentare, l’estensione alle microimprese della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette e la disciplina delle cessioni di prodotti agricoli e alimentari contenute nel decreto legge n. 1/2012 (c.d. “Crescitalia”), o la presunzione della sussistenza di abuso di dipendenza economica in caso di reiterati ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali prevista dal recente “Statuto delle imprese” (legge 180/2011) di cui si dirà più diffusamente in seguito. In ogni caso, un equo contemperamento tra il rispetto del principio di autonomia contrattuale dei privati e l’esigenza di regolamentare il mercato, tutelando al contempo il consumatore, potrebbe essere realizzato, nell’ambito della disciplina sulle garanzie postvendita, proprio attraverso il ricorso ad un’interpretazione delle disposizioni in materia di regresso che individui limiti alla facoltà di prevedere deroghe pattizie a tale diritto innanzitutto in base alle vigenti disposizioni di legge.

La dichiarazione di rinuncia e il patto contrario al diritto di regresso soggiacciono infatti ai medesimi limiti di validità ed efficacia dettati in generale dall’ordinamento per i negozi di esclusione o limitazione parziale della responsabilità. In particolare, qualora il negozio di esclusione del diritto di regresso sia contenuto nell’ambito delle condizioni generali di contratto, la sua efficacia è subordinata alla specifica approvazione per

200

iscritto ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c. A ciò deve aggiungersi l’ulteriore limite costituito dalla sanzione della nullità che l’art. 1229 c.c. commina per i patti in deroga201.

Un ulteriore forma di tutela del venditore finale viene inoltre prospettata alla luce del principio del divieto di abuso della libertà contrattuale che sarà oggetto di specifica ed approfondita trattazione nel capitolo IV che segue.

Naturalmente, la possibilità di configurare l’eventuale rinuncia o limitazione al diritto di regresso del venditore finale come una fattispecie di abuso della libertà contrattuale presupporrebbe necessariamente l’assenza di un motivo oggettivo che giustifichi l’accettazione di simili condizioni negoziali particolarmente svantaggiose.

Tale possibilità, pertanto, verrebbe automaticamente meno nel caso in cui il rischio del venditore finale di sopportare l’intero peso della disciplina sulle garanzie postvendita fosse compensato da una qualche forma di vantaggio derivante dal contratto. Il corrispettivo che giustifichi la deroga pattizia del regresso, tuttavia, non può corrispondere semplicemente con il generico vantaggio di ottenere dalla controparte la disponibilità di un bene da rivendere successivamente ai consumatori. E’ necessario, infatti, che il venditore benefici di uno specifico vantaggio che, seppur non equivalente al diritto perduto, comporti almeno una maggiore utilità quale, ad esempio, una riduzione del prezzo ovvero un’altra condizione contrattuale più conveniente rispetto a quelle normalmente praticate202.

201

Così ZACCARIA – DE CRISTOFARO, Art. 131 (Diritto di regresso), in Commentario breve, cit., p. 871.

202

CAPITOLO III

L’ASSISTENZA POSTVENDITA AI CONSUMATORI TRA RAPPORTI DI