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La pubblicità professionale nell'Unione Europea L'indirizzo dell'Unione in tema di pubblicità informativa è già emerso

Nel documento La pubblicita informativa degli avvocati (pagine 72-76)

veritiera e corretta, non

4. Confronto con le normative di altri Stat

4.5. La pubblicità professionale nell'Unione Europea L'indirizzo dell'Unione in tema di pubblicità informativa è già emerso

nei capitoli precedenti, in parte dagli estratti della c.d. Direttiva servizi, in parte dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia: degne di nota sono sicuramente le conclusioni dell'avvocato generale Philippe Léger nel caso Wouters (nel quale era stata posta alla Corte la possibile estensione ai professionisti della qualifica di imprese che presentano servizio di interesse economico generale) che asseriscono che "la pubblicità professionale consente di accrescere l'informazione degli utenti e di contribuire alla scelta del professionista ritenuto più valido. Ne consegue che la predisposizione di divieti di pubblicità

professionale, in ogni caso limitativi del livello di concorrenza nel mercato, potrà dirsi legittima solo se assolutamente necessaria a

salvaguardare la dignità e il decoro della professione"39. Inoltre a

livello europeo esiste un organo, il Consiglio degli Ordini Forensi Europei (CCBE), che ha come scopo quello di garantire la rappresentanza degli ordini forensi che ne fanno parte «in tutte le questioni di comune interesse in merito all’esercizio dell’avvocatura, al rispetto dello Stato di Diritto e alla corretta amministrazione della giustizia nonché agli sviluppi rilevanti del diritto, sia a livello europeo che internazionale» (articolo III 1.a. dello Statuto del CCBE). Il CCBE è stato ideato nel 1960 e istituito nel 1966, ma l'avvenimento da ricordare arriva 13 anni più tardi: la Corte di giustizia, nella causa AM&S Europe Limited c. Commissione delle Comunità Europee (che riguardava la questione del segreto professionale dei giuristi d’impresa), ammise il CCBE come soggetto interveniente in un giudizio in rappresentanza degli interessi della professione legale in Europa; in conseguenza di tutto questo, il CCBE costituì la sua

Delegazione Permanente presso la Corte di Giustizia.

Il 28 Ottobre 1988 venne approvato e attuato il Codice Deontologico degli Avvocati Europei, modificato già tre volte, che regola tutt'oggi le attività transfrontaliere degli avvocati degli stati membri, stilato dallo stesso CCBE. Merita menzione un altro testo normativo elaborato da quest'ente, vale a dire la Carta dei Principi Fondamentali dell’Avvocato Europeo, adottata all'unanimità a Bruxelles il 24 Novembre 2006. Si tratta di un documento che enuncia dieci principi fondamentali e che, a differenza del Codice Deontologico, è applicato in tutta Europa: due testi diversi ma tra loro complementari.

Tra i due, come intuibile, quello che affronta l'argomento "pubblicità" è il Codice di Condotta, che lo colloca nell'art. 2, dedicato ai principi generali. Nonostante il progressivo armonizzarsi delle varie normative

deontologiche negli stati membri, l'ambito di applicazione oggettivo di queste norme è fissato nelle attività transnazionali praticate dagli avvocati all’interno dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo. Cosa siano di preciso queste attività transnazionali ce lo chiarisce l'art. 1.5. dello stesso codice: «ogni rapporto professionale con un avvocato di un altro Stato membro» e tutte «le attività professionali svolte da un avvocato in un altro Stato membro, indipendentemente dalla sua presenza in tale Stato». Il mancato rispetto delle norme deontologiche, ovviamente, può dar luogo a sanzioni disciplinari.

Un'importante precisazione viene fatta dal commento all'art. 2.4. (contenuto sempre nel codice), nella lett. d, che specifica che «l’avvocato resta soggetto alle condizioni e alle regole professionali dello Stato membro di provenienza, fatto salvo il rispetto delle norme, qualunque sia la loro origine, che disciplinano la professione nello Stato membro ospitante» (tra le quali anche quelle sulla pubblicità). «Tali norme possono essere applicate solo qualora possano essere osservate da un avvocato non stabilito nello Stato membro ospitante e nella misura in cui la loro osservanza sia oggettivamente giustificata per garantire in tale Stato il corretto esercizio delle attività di avvocato, la dignità della professione e il rispetto delle incompatibilità».

Di seguito il testo, in lingua italiana, dell'articolo sulla pubblicità:

Codice Deontologico degli Avvocati Europei Articolo 2.6 - Pubblicità personale

2.6.1. Gli avvocati possono informare il pubblico dei servizi da essi offerti, a condizione che tali informazioni siano veritiere, corrette e non violino il segreto professionale e gli altri principi fondamentali della professione.

2.6.2. La pubblicità personale degli avvocati mediante mezzi di comunicazione di massa quali stampa, radio, televisione, comunicazioni commerciali elettroniche o

con altre modalità, è consentita nella misura in cui avvenga in conformità al disposto dell’articolo 2.6.1.

Come risulta evidente, si tratta di una norma abbastanza generale che, tenuto conto dell'opportunità di non stravolgere le normative nazionali, consente al professionista di informare il pubblico rispettando i principi, ripetuti un 'infinità di volte, di verità e correttezza, non violando il segreto professionale. Principi ai quali bisogna uniformarsi anche quando la pubblicità avviene per mezzo dei mass-media.

Per cercare «di spiegare l’origine delle disposizioni del Codice, di illustrare i problemi che esso intende risolvere, con particolare riguardo alle attività transnazionali, e di coadiuvare le Autorità Competenti degli Stati membri nell’applicazione del Codice» è stato redatto, su richiesta del Comitato Permanente del CCBE, un Memorandum Esplicativo (privo di ogni efficacia vincolante) da parte della commissione di lavoro sulla deontologia. Questo il commento sull'articolo sulla pubblicità:

Memorandum Esplicativo

Commento all’articolo 2.6 – Pubblicità personale

L’espressione “pubblicità personale” si riferisce sia alla pubblicità diffusa dagli studi legali che a quella effettuata dai singoli avvocati, entrambe diverse dalla pubblicità collettiva organizzata dagli ordini forensi per la generalità dei loro iscritti. Le regole che disciplinano la pubblicità personale da parte degli avvocati variano notevolmente tra i diversi Stati membri. L’articolo 2.6 stabilisce con chiarezza che non vi sono obiezioni sostanziali alla diffusione di una pubblicità personale durante l’esercizio della professione a livello transnazionale. Tuttavia gli avvocati sono soggetti non solo ai divieti e alle limitazioni previsti dalle norme professionali vigenti nei rispettivi Stati di origine, ma anche a quelli previsti dallo Stato ospitante e vincolanti per gli avvocati in virtù della Direttiva sulla libera prestazione dei loro servizi o della Direttiva sulla loro libertà di stabilimento.

Nel documento La pubblicita informativa degli avvocati (pagine 72-76)