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Il pubblico e la conversazione

Con l’avvento di una nuova tecnologia e la sua affermazione, come detto precedentemente, anche il tempo assume un ruolo diverso e viene economizzato: da risorsa che con il passare del secolo legato all’industria nel quale era sfruttato per produrre e poi per consumare, con poco spazio di libertà, ora il tempo libero è aumentato. Esso quindi viene sfruttato al massimo fino a diventare anch’esso risorsa scarsa. Si necessitano quindi processi più veloci di apprendimento e di elaborazione. Diventa necessaria la condivisione, e il trasmettere messaggi agli altri, che possono essere molto distanti dalla sfera sociale personale e ristretta di una persona.

Si prospetta quindi davanti all’individuo una riduzione della barriera tra pubblico e privato per quanto concerne la creazione e la condivisione di contenuti. Si pone davanti al soggetto una possibilità di scelta, se condividere o meno con i gruppi di appartenenza, che sono vasti e differenti, le proprie opinioni e il proprio sapere. A questo punto entrano in gioco i concetti di cultura ed educazione all’uso del mezzo, che possono essere un riflesso di come sia effettivamente una persona, dato che il Web appunto, non è un’altra realtà. Ciò che si vede e si sperimenta attraverso l’uso dei social media è uno specchio, anzi una galleria di specchi di quello che è la società, un’amplificazione di una stanza: che se riempita di specchi, appunto, sembra più grande.

39 Se vi è abbondanza di dati e informazioni, la gestione diventa più difficile che in situazione di scarsità. L’individuo davanti alla possibilità di scelta, condivide ciò che sente necessario, a discapito talvolta di un innesco di discussioni poco ponderate e di diffusione di notizie e informazioni false. Tutto in potenza può venire pubblicato senza discriminazione di sorta, perché non sta a nessuno a parte al soggetto, decidere ciò che può diventare di dominio pubblico o meno. Il costo di diffusione di un pensiero, il costo della condivisione a livello monetario è praticamente inesistente, perciò essendoci costi inferiori, vi è la tendenza a una maggiore sperimentazione e di conseguenza una circolazione più folta di dati.

Ma ciò che è importante è la rarità, il particolare, ciò chi riesce ad attirare a sé molta attenzione, per come si comunica, per come si argomenta e per come vengono esposti stralci di vita che si vogliono mostrare: il mistero come il desiderio di sapere e la curiosità da sempre attraggono l’uomo nell’alveo dei suoi interessi o meno.

Una comunicazione efficace è un dato qualitativo importante, che va a sondare la capacità di utilizzo del mezzo, la capacità di gestire la sottile barriera tra pubblico e privato, sotto la responsabilità dell’individuo stesso. Si va a creare perciò una comunità, un punto di riferimento e una componente di intrattenimento non indifferente. Non è da dimenticare infatti, che il tempo libero è atto all’intrattenimento, ed internet è un mezzo, che soprattutto attraverso i social, lo rende immediato, facile e veloce.

La grande rivoluzione è che gli amatori possono essere inclusi nei produttori, due categorie che prima dell’avvento di internet erano decisamente separate. Il prodotto, il servizio e il “business model” che sostengono la produzione digitale a livello amatoriale stanno all’individuo: in altre parole la scelta di cosa pubblicare, come e quando, per creare unicità del prodotto finale è nelle piene responsabilità del soggetto.

Se si riflette bene ciò accade anche nelle agenzie di comunicazione e tra i copywriter di professione: l’idea nasce, si muove, si pianifica secondo dei canoni non tanto dettati da quantitativi di produzione di classico stampo industriale ma di qualità e efficacia dell’idea, che comunque nasce dalla mente di uno o più individui che si confrontano rispetto a un particolare fenomeno, un oggetto. Per cui, il sentire individuale diventa l’arma essenziale della comunicazione, e molto spesso le regole canoniche per creare engagement, vengono trascurate, poiché l’aspetto qualitativo e soggettivo diventa preminente per la fidelizzazione e prima di questa per l’ascolto e il reach.

I gruppi in rete consentono di passare da una macro-targetizzazione degli individui per interesse, a una micro-targetizzazione dettata da specifici interessi all’interno di community più ampie. Ciò serve sia agli individui per creare un dialogo più specifico e mirato, che a un circolo del consumo dettato dall’interesse e dallo stimolo reciproco. Difatti le aziende di prodotti industriali e artigianali, spendono pochissimo per fare pubblicità ai loro prodotti online, poiché il passaparola

40 non è monetizzabile, se non pagando un ambassador, una persona di riferimento nel web con molti seguaci, che utilizza il prodotto con entusiasmo.

Attraverso internet e i media, si possono appunto sapere molte informazioni, si può mantenere un contatto con una persona e sentine la vicinanza anche se questa è distante e non vi è stato confronto verbale per molto tempo. Ciò permette di avere una visione più aperta e globale di quello che accade attorno a ogni singola persona ed è un ottimo strumento per aprire la propria conoscenza e la propria tensione alla socialità.

Clay Shirky definisce i media come “tessuto connettivo della società”18: i media pubblici e quelli

privati si sono fusi con l’avvento del digitale e ciò permette in potenza un apprendimento di nozioni di qualsiasi genere, da come si costruisce un ambiente paludoso artificiale per le proprie tartarughe alla filosofia kantiana in pochi minuti. Il media inoltre è a due sensi, non più a senso unico, va dal privato al pubblico e viceversa ed è molto più probabile che il privato diventi pubblico. Le particolarità individuali fanno sì che all’interno di ogni community si creino delle micro-categorie, a seconda di come ci si approccia individualmente anzitutto a uno specifico gruppo di riferimento.

“In uno spazio in cui i confini tra pubblico e privato sono sfumati, l’iperconnettività mobile modifica le aspettative individuali a proposito della disponibilità degli altri e della possibilità di accedere all’informazione. Se da un lato, l’autonomia personale cresce […], dall’altro i soggetti sperimentano una pressione opposta verso la connettività.19”

Ciò è dettato in parte da pressioni sociali, intrinseche nel dover creare aspettative per il proprio “pubblico”, il proprio gruppo di ascolto. Emerge la paura dall’esclusione, quindi si cerca continuamente di essere presenti.

Da un’altra parte ci sono invece i bisogni e gli obblighi sociali, che sono molto amplificati all’interno di un network: c’è bisogno di presenza ma c’è bisogno anche di sentirsi ascoltati e ascoltare, ricevendo rapide gratificazioni come cuoricini o “mi piace”. Queste dinamiche rispecchiano perfettamente quelle che insorgono in un contesto inter-gruppo.

Anche la differenza tra personaggio pubblico e privato si è assottigliata molto: chi è più noto in un modo o nell’altro avrà più seguaci, e i seguaci ripagano in scambio di tempo e assimilazione di informazioni. Ciò può succedere sia nella grande che nella piccola proporzione. È ancora vero il fatto che esistono profili personali certificati, ovvero la piattaforma conferisce loro lo status di personaggio in primis reale e autentico, in secondo luogo, pubblico (si pensi all’asterisco blu a fianco dei profili Instagram).

18 Clay Shirky, Surplus Cognitivo. Creatività e generosità nell’era digitale. Codice edizioni, Torino, 2010; pp. 49-50.

41 Non appena un utente pubblica un contenuto su una piattaforma, si ritrova inevitabilmente collegato alla struttura di quest’ultima e ne sta alle regole. Essa inoltre, viene plasmata e si plasma anche grazie all’utilizzo che ne fanno gli utenti stessi. Si creano così delle connessioni tra altri utenti che linkano e condividono contenuti a loro volta scoprendoli e diffondendoli. Maggiori stimoli, portano la formazione di più sinapsi e le associazioni diventano via via più forti attraverso la ripetizione e l’intensità delle condivisioni. Le connessioni web crescono in modo organico come esplicazione dell’attività di tutti gli utenti del web.

È importante che le barriere di accesso alla condivisione siano basse, nonostante le regolamentazioni relative alla privacy e ai diritti riservati. Se si crea una adozione collettiva di una piattaforma nei limiti della sua architettura, si possono utilizzare a proprio favore tali restrizioni, creando nuovi passaggi e scambi, seguendo comunque gli standard esistenti.

I network digitali inoltre aumentano la fluidità di tutti i media e di tutte le forme di intrattenimento e informazione: tutto convoglia nel web, e all’interno dei social media si può appunto discutere di qualsiasi cosa, fondendo notizie e nozioni apprese da fonti di qualsiasi tipo, che siano libri, film, giornali, televisione, esperienze personali, dialoghi. Un film per esempio può creare un dialogo pubblico/privato di ampio raggio, a prescindere da dove un singolo individuo può essere localizzato: si pensi ad esempio al movimento sociale innescato all’uscita nei cinema e su Netflix di “Sulla mia pelle”, il film documentario sugli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi nel 2018. Ciò che inconsapevolmente si ritrovano a fare gli individui è cercare di suscitare interesse, utilizzando il mezzo come strumento vivo e in perenne connessione con il resto del mondo, o con un ampia fetta di sfera sociale, relativa alle connessioni dell’individuo stesso. Ci si sposta dal pubblico al privato con molta velocità, tanto appunto da veder assottigliati i confini tra questi due concetti e il senso di socialità cambia prospettive.

Le sequenze temporali non sono più distinte tra diversi momenti della giornata, i dispositivi permettono una permanente connessione anche dal punto di vista del tempo passato. Gli individui che fanno parte del network hanno uno spazio di manovra molto ampio e possono gestire moltissimi contatti contemporaneamente e in spazi diversi. Gli individui si ritrovano in una “presenza connessa”20. Possono aggiornare i loro amici che non vedono da tempo, possono

dialogare con persone mai viste fisicamente di interessi comuni, possono acquistare e provare senso di appartenenza.

Le persone possono trovarsi in una località, mentre però la loro attenzione sociale può essere momentaneamente da un’altra parte assieme al suo focus comunicativo, in un concetto che Kenneth Gergen ha definito “presenza assente”21. Ciò altresì può creare delle discontinuità, ma se

20 Scott Campbell e Yong Jin Pak, “Social implication of Mobile Telephony”, Sociology Compass, gennaio 2008, pp.371-397. 21 Kenneth Gergen, The Saturated Self, Basic Books, New York, 1991.

42 si è ben avvezzi all’uso del mezzo e del messaggio da veicolare è possibile in linea di massima, grazie alla tecnologia, gestire più relazioni sociali in un determinato tempo e spazio.