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(contributo Salazar) Ad oltre 2 decenni di distanza dalle prime proposte in materia ed all’esito di circa 4 anni di intensi negoziati, il 12 ottobre 2017 il Consiglio dei Ministri della giustizia dell’Unione ha formalmente adottato, dopo aver ottenuto (lo scorso 5 ottobre) il necessario via libera da parte del Parlamento europeo, il Regolamento relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea (“EPPO”, da European Public Prosecutor Office, nell’acronimo in lingua Inglese).

All’iniziativa prendono parte 20 Stati membri inclusa l’Italia: per ciò che riguarda gli autoesclusi, accanto a Danimarca, Regno Unito ed Irlanda – i quali, in virtù dei rispettivi statuti speciali, non erano sin dall’inizio computati ai fini del raggiungimento dell’unanimità necessaria all’adozione del testo – hanno scelto di rimanere, almeno per il momento, fuori dell’iniziativa anche Malta, Olanda, Polonia, Svezia ed Ungheria.

Come è emerso anche dalle audizioni (si veda in particolare l’audizione con Salazar) il regolamento approvato è deludente.

Il testo contiene 121 considerando, mentre la direttiva sul mandato di arresto europeo ne contiene solo 14; questo da solo è un indice del carattere piuttosto complesso del testo e dei compromessi e delle ambiguità legate allo stesso. L’iniziale modello delineato dalla Commissione europea nella proposta presentata il 17 luglio 2013, era di tipo schiettamente verticistico, articolato in un agile livello centrale, composto da un Procuratore europeo e da 4 suoi “sostituti”, il quale avrebbe diretto le indagini condotte, a livello decentrato, dai procuratori europei delegati (almeno uno per Stato Membro). Al modello iniziale venne rapidamente a sostituirsi, in corso di negoziato, quello collegiale, articolato su di livello centrale, diretto dal Procuratore capo europeo, con la previsione di un procuratore europeo per Stato partecipante, nonché di un numero, allo stato non determinato, di “camere permanenti” composte degli stessi procuratori europei. I procuratori europei delegati, che dovranno essere almeno uno per Stato partecipante, fanno integralmente parte dell'EPPO, ma potranno anche continuare ad esercitare le

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proprie funzioni di procuratori nazionali ove il carico di lavoro del loro core business appaia consentirlo. Quando agiscono per conto dell'EPPO essi potranno ricevere istruzioni solo dal livello centrale della Procura e solo ad esso risponderanno del loro operato.

Come evidenziato da Salazar, tutto il filo rosso del negoziato dal primo momento è stato caratterizzato dallo sforzo di rafforzare il legame nazionale, e ciò ha progressivamente portato il negoziato dal primo dibattito sulla composizione stessa dell’EPPO, a un continuo sforzo per la riconduzione dello stesso al livello nazionale. Il passaggio dal modello gerarchico a quello collegiale lascia trasparire – da parte degli Stati membri – una volontà di controllo dell’attività di repressione che mal si concilia con le esigenze di rapidità ed efficienza operativa che dovrebbero connotare la funzionalità di un organismo con compiti investigativi diretti. Si tratta, a questo proposito, di un’idea ormai risalente, già emersa durante i lavori preparatori della Proposta: era infatti con la posizione del 4 marzo 2013, che i Ministri della giustizia di Francia e Germania – guardando con tutta probabilità al modello e all’esperienza di Eurojust – si erano espressi a favore di un ufficio della Procura europea composto da “Membri nazionali”, selezionati dagli Stati dell’UE come propri delegati. Elemento chiave di tale strategia è stato fare in modo che, all’interno del Collegio, ciascun procuratore europeo sovrintenda, in linea di massima, ai soli casi che riguardano il proprio Stato di provenienza e diriga i “propri” PED, in dialogo costante con gli stessi. Il potere delle

“Camere” di influire in concreto sui singoli procedimenti è in realtà limitato ed anche i casi di avocazione dei procedimenti verso il livello centrale vedrà in realtà il procuratore dello Stato membro interessato svolgere sempre un ruolo protagonista, essendo in sostanza preclusa agli altri procuratori europei la possibilità di seguire direttamente casi di Stati diversi dal loro, prevedendo in ogni caso, ove ciò avvenga nel limitato numero di ipotesi previsto dal regolamento, poteri sostanzialmente diminuiti. Del pari, le regole di riparto della competenza tra l’EPPO e le autorità nazionali rischiano di condurre, in molti casi, a vedere lo stesso soccombente in caso di eventuali conflitti positivi di competenza, anche dal momento che a decidere, in ultima istanza, saranno quasi sempre le autorità giudiziarie degli Stati membri.

I motivi di insoddisfazione da parte italiana sono assolutamente giustificati, perché si è costruito un organo di procura che non è essenzialmente dotato di quegli strumenti di efficienza che invece dovrebbero caratterizzarlo in termini di possibilità di azione diretta, in una situazione in cui tutto è già reso complicato dal passaggio dal livello nazionale al sovranazionale.

La competenza dell’EPPO viene determinata attraverso il rinvio alla direttiva (UE) 2017/1371 sulla protezione degli interessi finanziari dell'Unione (“la direttiva PIF”) e comprenderà quindi tutti i reati lesivi di tali interessi, tanto sul versante delle entrate come su quello delle uscite, includendo anche le frodi all’IVA (ma solo qualora le relative condotte siano connesse al territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari alla considerevole cifra di almeno 10 milioni di EUR) e le condotte di corruzione attiva e passiva e quelle di appropriazione indebita che ledano gli interessi finanziari dell’Unione, nonché quelle di partecipazione ad un'organizzazione criminale (di cui alla decisione quadro 2008/841/GAI), quando l'attività dell’organizzazione

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criminale sia incentrata sulla commissione dei reati PIF. A titolo di competenza c.d.

“ancillare”, l’EPPO potrà inoltre procedere nei confronti di qualsiasi altro reato

“indissolubilmente legato” ad un reato PIF, sia pur solo a determinate condizioni individuate dal regolamento, in particolare per ciò che riguarda la maggior gravità del reato PIF rispetto a quello connesso.

Per ciò che riguarda il controllo giurisdizionale, il regolamento EPPO prevede per la Corte di giustizia europea un ruolo ridotto, stabilendone la competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale solo in relazione ad un numero assai limitato di ipotesi. L'EPPO disporrà di un elenco di misure d'indagine (sensibilmente ridotto rispetto all’originaria proposta della Commissione) che dovranno esser messe a sua disposizione, a condizione che il reato per cui si procede sia punibile con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione. Tra di esse figurano anche le misure di intercettazione che vengono tuttavia circondate da particolari cautele prevedendosi la possibilità, per gli Stati che lo desiderino, di limitarle solo a specifici reati gravi. In materia di libertà personale, i PED competenti, a seconda dei poteri di cui dispongano in forza del diritto nazionale in casi analoghi, potranno disporre direttamente od invece richiedere l’emissione di misure di arresto o di custodia cautelare, od ancora emettere o chiedere un mandato di arresto europeo ove il soggetto ricercato si trovi in un altro Stato membro.

Sotto il profilo delle garanzie procedurali di indagati e imputati, queste vengono rimesse ad un triplice livello di tutela, consistente nel rinvio alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alle cinque direttive in materia di garanzie difensive già adottate dall’Unione ed infine alle garanzie addizionali previste dal diritto nazionale di ciascuno Stato partecipante. compresa la possibilità di presentare prove, di chiedere la nomina o l'audizione di periti e l'escussione di testimoni, potendosi anche richiedere all'EPPO di raccogliere prove “per conto della difesa”.

Una volta divenuto operativo, l’EPPO dovrà instaurare “strette” relazioni di cooperazione con Eurojust, OLAF ed Europol e rapportarsi con gli altri partner dell’Unione, i paesi terzi e le organizzazioni internazionali attraverso la conclusione di accordi di lavoro di carattere tecnico/operativo finalizzati ad agevolare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le parti. A tal fine, in attesa della eventuale conclusione di nuovi accordi in futuro, sarà necessario fare in modo che l'EPPO possa avvalersi sin d’oggi, nel quadro della cooperazione internazionale, degli strumenti già esistenti cui sono parte i suoi Stati membri; ciò potrà avvenire, ad esempio, procedendo alla notifica da parte di ciascuno Stato dei propri PED quali soggetti della cooperazione.

7. Europol.

In relazione ad Europol si deve ricordare che le sue attribuzioni istituzionali sono state di recente rimodulate in senso maggiormente operativo per effetto del regolamento UE 2016/794 dell’11 maggio 2016 (che sostituisce la precedente decisione istitutiva e la normativa ad essa collegata a decorrere dal 1° maggio 2017); tale organismo ha la funzione di sostenere e potenziare l'azione delle autorità competenti degli Stati membri

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e la loro cooperazione reciproca, al fine di prevenire e combattere la criminalità organizzata, il terrorismo ed altre forme gravi di criminalità che interessano due o più Stati membri, in modo tale da ledere un interesse comune oggetto di una politica dell’Unione. Come sottolineato dal Dott. Menichelli il ruolo di Europol è fondamentale nella cooperazione giudiziaria in materia, anche alla luce del nuovo regolamento, dovendo fungere da raccordo tra vari attori presenti nell’Unione per contribuire a meglio definire le priorità strategiche nella lotta al crimine e in particolare al crimine organizzato attraverso la SOCTA (e per garantire al meglio l’attuazione di questi piani). In base al SOCTA 2017 l’Unione fisserà le proprie priorità strategiche per il periodo 2018/21; in tale documento Europol ha individuato alcune aree di interesse diciamo “funzionale” per la criminalità organizzata: contraffazione di documenti e il loro uso, riciclaggio, vendita online di beni e merci illegali, produzione, traffico e distribuzione di droga, cybercrime, traffico di migranti, traffico di essere umani, varie forme di frode. In questo documento di parla di criminalità organizzata in senso ampio e non con specifico riferimento alle mafie. Recentemente gli organi di cooperazione tra le forze di polizia sono stati rafforzati per affrontare gravi fenomeni come l’immigrazione clandestina, la tratta e il terrorismo.