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I public participation rights nel diritto comunitario dell’ambiente

Capitolo IV. L’adeguamento del diritto comunitario derivato alla Convenzione di

1. I public participation rights nel diritto comunitario dell’ambiente

I diritti di partecipazione del pubblico in materia ambientale sanciti dalla Convenzione di Aarhus erano già, almeno in parte, codificati nel diritto comunitario derivato, che vedeva la presenza di varie direttive tese a introdurre negli ordinamenti degli Stati membri diritti di informazione e partecipazione a favore dei cittadini336. I diritti di partecipazione sono stati introdotti nel diritto comunitario dell’ambiente dapprima in forma sporadica, come complemento delle discipline di settore (ad esempio, nel disciplinare i limiti di emissione nell’acqua o in atmosfera di determinate sostanze, si è anche prevista l’informazione del pubblico circa eventuali superamenti di tali limiti, potenzialmente dannosi per la salute); poi, a partire dagli anni ’90, i diritti di partecipazione hanno trovato cittadinanza stabile e generalizzata nel diritto comunitario dell’ambiente. L’ambiente ha anzi rappresentato un settore pilota per l’introduzione di forme di partecipazione democratica. Questo per varie ragioni: da un lato perché la qualità ambientale rappresenta un prerequisito per la qualità della vita337, e, pertanto, è un valore molto sentito dall’opinione pubblica; in secondo luogo, si tratta di un valore che interessa la generalità dei cittadini, non gruppi ristretti di addetti ai lavori; infine, la Comunità europea ha ben presto intuito le potenzialità di un approccio alla tutela dell’ambiente che coinvolgesse l’opinione pubblica, che utilizzasse i cittadini come “guardiani” dell’operato delle imprese e delle istituzioni.

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Fra cui, in particolare, la Direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati in GU L 175 del 5.7.1985, pagg. 40–48; la Direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente in GU L 158 del 23.6.1990, pagg. 56–58; la Direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento in GU L 257 del 10.10.1996, pagg. 26–40; la Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque in GU L 327 del 22.12.2000, pagg. 1–73; la Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente in GU L 197 del 21.7.2001, pagg. 30–37

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V. Alexandre Kiss and Dinah Shelton: “Manual of european environmental law” - 2. e d. - Cambridge: Cambridge University Press, c1997” pag. 72, che evidenziano come il degrado dell’ambiente e le misure per contrastarlo abbiano riflessi non solo sulla salute e il benessere, ma anche sugli standard economici e, in generale, sulla qualità della vita. Per questo motivo, spesso sorgono opinioni contrastanti sulle azioni che andrebbero intraprese e sulla loro appropriatezza, specialmente per i diversi punti di vista espressi dal mondo scientifico, dalle imprese, dalle istituzioni e dai comuni cittadini; in un quadro così frammentato la garanzia della circolazione delle informazioni e la possibilità di un confronto rappresentano un’opportunità per migliorare politiche e normative ambientali.

Per capire il ruolo che l’Unione Europea affida alla partecipazione del pubblico nell’attuazione del diritto comunitario dell’ambiente è illuminante la lettura del VI Programma quadro in materia di ambiente, dove il ruolo dei processi partecipativi è enfatizzato sotto diversi aspetti, ad iniziare dall’essenziale contributo al miglioramento dell’attuazione della normativa vigente: ormai da anni l’Unione Europea cerca strumenti alternativi alla repressione e al controllo per garantire una puntuale applicazione del diritto comunitario dell’ambiente, nel tentativo di costruire una strategia differenziata, più efficace e meno costosa. In quest’ottica, il VI programma quadro enfatizza il ruolo che il controllo dell’opinione pubblica può avere nel private enforcement del diritto comunitario, in particolare nel settore ambientale. Inoltre, informazione e partecipazione del pubblico rappresentano il motore per cambiamenti comportamentali individuali e collettivi, a cui l’Unione affida un ruolo fondamentale nel miglioramento dello stato dell’ambiente338.

In effetti, il diritto comunitario dell’ambiente ha rappresentato il grimaldello per introdurre i principi di democrazia ambientale in modo uniforme negli ordinamenti degli Stati membri, importando negli Stati con una minore tradizione di partecipazione democratica (tipicamente quelli dell’Europa meridionale) le conquiste proprie delle democrazie ecologiche più avanzate339.

È tuttavia chiaro che il tema della partecipazione democratica trascende la politica ambientale basata sull’articolo 175 del Trattato, per sconfinare verso territori di competenza esclusiva degli Stati membri. Ecco che le direttive in tema di diritto di accesso e partecipazione, e ancor più una disciplina comunitaria dei rimedi giurisdizionali volti a far valere la violazione dei diritti di partecipazione negli ordinamenti nazionali, possono sollevare - e hanno sollevato- problemi di compatibilità con il principio di sussidiarietà. Infatti, poiché i diritti sanciti dalla Convenzione erano già, almeno in parte, disciplinati nel diritto comunitario dell’ambiente, la Commissione europea ha ritenuto che l’ordinamento comunitario dovesse essere reso conforme alle previsioni della Convenzione, prima di poter procedere alla ratifica. Sono state

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V. VI Programma quadro, cit., § 2.4 “Inoltre i cittadini più informati ed attivamente impegnati nel processo decisionale in campo ambientale costituiscono una forza nuova e potente, che permette di ottenere risultati ambientali. La gente esige di avere più voce in capitolo nelle decisioni operate a livello municipale, regionale, nazionale ed internazionale che si ripercuotono sulla salute e sulla qualità dell'ambiente. Per poterlo fare tuttavia ha bisogno di informazioni di qualità, fruibili e comprensibili, e deve poter avvicinare i responsabili delle decisioni per poter esprimere le proprie opinioni.”

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La portata di tale operazione diventa palese ove si consideri, ad esempio, la disciplina del diritto di accesso nell’ordinamento italiano, ove, paradossalmente, la normativa sull’accesso all’informazione ambientale detenuta dalla pubblica amministrazione, introdotta in attuazione delle direttive comunitarie, è molto più avanzata – sotto il profilo della trasparenza e dell’apertura- di quella sull’accesso ai documenti amministrativi in generale.

conseguentemente varate una direttiva sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale340 ed una direttiva relativa alla partecipazione del pubblico al processo decisionale341, entrambe recanti modifica e integrazione di precedenti atti normativi di analogo, ma meno garantista contenuto. Rispetto al pacchetto legislativo inizialmente predisposto, non ha invece visto la luce la direttiva che disciplina l’accesso alla giustizia in materia ambientale342, il cui procedimento di emanazione è fermo dal mese di aprile del 2004343.

Nel prosieguo della trattazione verrà analizzata, per ciascuno dei pilastri della Convenzione, la disciplina prevista a livello comunitario prima dell’entrata in vigore della Convenzione di Aarhus, evidenziando le modifiche apportate per adeguare l’ordinamento europeo alle nuove disposizioni internazionali. Tale analisi non può prescindere da una valutazione circa la compatibilità con il principio di sussidiarietà della tecnica normativa utilizzata dall’Unione Europea, la quale, attraverso l’emanazione di direttive, ha imposto l’attuazione della Convenzione negli Stati membri, che della stessa erano già autonomamente parte, dettando una disciplina che

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Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio in GU L 41 del 14.2.2003, pagg. 26–32. In estrema sintesi, la direttiva disciplina il diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale, prevedendo sia un diritto di accesso “passivo”, per cui il cittadino che ne fa richiesta ha diritto a ottenere le informazioni sull’ambiente in possesso delle pubbliche autorità, sia un diritto di accesso “attivo”, che pone in capo alle pubbliche autorità l’obbligo di raccogliere e diffondere l’informazione ambientale, a prescindere da specifiche richieste. La Direttiva prevede altresì l’accesso alla giustizia in caso di violazione del diritto di accesso all’informazione ambientale su richiesta

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Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia in GU L 156 del 25.6.2003, pagg. 17–25. La direttiva introduce il diritto del pubblico di partecipare all’elaborazione dei piani e programmi in materia ambientale; amplia le facoltà del pubblico inerenti la partecipazione alle procedure di valutazione d’impatto ambientale e rilascio dell’autorizzazione ambientale integrata; introduce il diritto d’accesso alla giustizia nel caso le disposizioni in materia di partecipazione vengano disattese.

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La proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio sull'accesso alla giustizia in materia ambientale, (Com. (2003) 624 del 24/10/2003) disciplina il diritto del pubblico interessato e di altri soggetti abilitati, attivi nel campo della tutela ambientale, di accedere ad uno strumento di ricorso per far valere l’illegittimità o l’omissione di atti in materia ambientale da parte delle pubbliche autorità.

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Il pacchetto normativo per l’attuazione della Convenzione è completato dala decisione di approvazione della Convenzione a nome della Comunità Europea (Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale in GU L 124 del 17.5.2005, pagg. 1–3) e dal regolamento per l’applicazione della Convenzione alla Istituzioni comunitarie (Regolamento 1367/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 settembre 2006 sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale in GU L 264 del 25.9.06 pagg. 13 e ss.). Colpisce in modo particolare il fatto che la Comunità abbia ritenuto di procedere all’approvazione della Convenzione prima dell'approvazione del regolamento che ne impone l’applicazione alle Istituzioni, dopo aver più volte affermato la necessità di un previo adeguamento dell’ordinamento comunitario alle previsioni della Convenzione.

con qualche difficoltà può ritenersi coperta dall’articolo 175 del Trattato.