Capitolo III. L’attuazione della Convenzione di Aarhus nell'ordinamento giuridico
1. Il regolamento 1367/2006/CE
I diritti di partecipazione del pubblico in materia ambientale sanciti dalla Convenzione di Aarhus erano già, almeno in parte, previsti nell'ordinamento giuridico comunitario. In particolare, era già ampiamente codificato il diritto di accesso agli atti delle istituzioni, che, dopo anni di evoluzione dalla prima comparsa nell'ordinamento, presenta ormai un certo grado di “maturità”. Viceversa è ancora molto frammentaria la disciplina della partecipazione al procedimento decisionale (almeno per i procedimento che non presentino carattere amministrativo), così come è disseminato di eccezioni e restrizioni il diritto di accesso alla giustizia.
Con la firma della Convenzione di Aarhus la Comunità Europea si è tuttavia impegnata a rendere il proprio ordinamento pienamente conforme ai principi e alle norme enunciate a livello internazionale, introducendo i diritti di partecipazione in materia ambientale, ove non previsti, e modificandone, se necessario, la disciplina, quando già previsti. La conformità dell’ordinamento comunitario alle previsioni della Convenzione, peraltro, va valutata su due piani differenti: sia con riferimento alle norme riguardanti le istituzioni comunitarie, sia per quanto riguarda le disposizioni applicate negli Stati membri sulla base del diritto derivato.
Al riguardo, giova ricordare che la Convenzione di Aarhus è riconducibile (almeno in via di approssimazione) alla politica ambientale, materia di competenza concorrente fra Comunità e Stati membri, ed è pertanto stata conclusa nella forma di accordo misto. Poiché i diritti sanciti dallo strumento internazionale erano già disciplinati da atti normativi comunitari, ma in modo parzialmente difforme rispetto alle previsioni della Convenzione, la Commissione europea ha ritenuto che l’ordinamento comunitario dovesse essere modificato, prima di poter procedere alla ratifica. Sono state conseguentemente varate una direttiva sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (Direttiva 2003/4/CE) ed una direttiva relativa alla partecipazione del pubblico al processo decisionale (Direttiva 2003/35/CE), entrambe recanti modifica e integrazione di precedenti atti normativi di analogo, ma meno garantista contenuto. Successivamente sono stati emanati la decisione di approvazione della Convenzione a
nome della Comunità Europea (Decisione 2005/370/CE) e un regolamento per l’applicazione della Convenzione alla Istituzioni comunitarie (Regolamento 1367/2006/CE). Rispetto al pacchetto legislativo inizialmente predisposto, non ha invece visto la luce la direttiva che disciplina l’accesso alla giustizia in materia ambientale (COM (2003) 624), il cui procedimento di emanazione è fermo da aprile 2004.
Rimando al capitolo seguente l'analisi delle direttive volte a garantire l'applicazione della Convenzione da parte degli Stati membri, in questa sede verrà affrontata l'analisi del regolamento che disciplina l'applicazione di Aarhus alle istituzioni comunitarie239. Come affermato nel preambolo del regolamento, la Convenzione si pone su una linea di continuità rispetto ai principi di democrazia ambientale già contenuti nell’ordinamento giuridico comunitario e agli orientamenti strategici della politica ambientale europea: di più, nel codificare i diritti gli estensori della Convenzione si sono largamente ispirati al diritto comunitario. In particolare, si può fare riferimento al VI Programma Quadro in materia di ambiente240, che, oltre a condividere in linea generale l'approccio finalizzato ad accrescere l'informazione e la partecipazione del pubblico in materia ambientale, contiene alcuni riferimenti espliciti alla Convenzione241 e sottolinea il contributo che la sua attuazione potrebbe dare in relazione all'applicazione della normativa ambientale comunitaria, alle modifiche nei comportamenti dei cittadini, alla responsabilizzazione dei decisori.
Questa continuità fra i principi dell’ordinamento comunitario e la Convenzione non appare, peraltro, sufficiente a giustificare la scelta di procedere all’adesione alla Convenzione prima dell'approvazione del regolamento che ne impone l’applicazione alle istituzioni e organi della Comunità Europea: la decisione con cui la Comunità ha concluso la Convenzione242 è, infatti, precedente al regolamento, nonostante le ripetute
239
Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 settembre 2006 (in GU L 264 del 25/09/2006, pag. 13 e ss.) sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale
240
COM in GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 218 approvata con Decisione n. 1600/2002/ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 luglio 2002 (in GU L 124 del 17.5.2005, pagg. 1 e ss.) che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente
241
Cfr. VI Programma Quadro, cit, paragrafi 2.1, 2.4, 5.2
242
Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, in Gazzetta ufficiale n. L 124 del 17/05/2005 pag. 0001 – 0003. D'altra parte, allegata alla Decisione si trova la Dichiarazione presentata dalla Comunità al segretariato della Convenzione, in cui “la Comunità ribadisce la dichiarazione fatta all'atto della firma della convenzione secondo cui le istituzioni comunitarie applicheranno la convenzione nel quadro delle loro norme presenti e future sull'accesso ai documenti e delle altre norme comunitarie emanate nel settore disciplinato dalla convenzione stessa”. Come si vede, non vi è alcun riferimento a un
affermazioni circa la necessità di un previo adeguamento dell’ordinamento comunitario alle previsioni dello strumento internazionale, con cui la Commissione ha giustificato il pacchetto normativo rivolto agli Stati membri.
In effetti gli adattamenti resi necessari dall’attuazione della Convenzione non sono pochi (si va dall’ampiezza del diritto di accesso all’informazione ai rimedi giudiziari a favore dei singoli243) e non si può dire che il regolamento abbia risolto tutti i punti di non conformità.
Preliminarmente sono forse necessarie alcune osservazioni di carattere generale sul Regolamento 1367. In primo luogo è interessante notarne la base giuridica, rappresentata dall’articolo 175, dedicato alla politica ambientale comunitaria, indicazione rafforzata dal riferimento, contenuto nel preambolo, all’articolo 37 della Carta di Nizza244. Ora, l'articolo 37 della Carta di Nizza, intitolato alla tutela dell'ambiente e posto nel capo IV “solidarietà”, pone un obiettivo di politica generale dell'Unione, ma non sancisce un correlativo diritto individuale. Probabilmente sarebbe stato più appropriato ricollegare le previsioni del Regolamento 1367 ad altre disposizioni della Carta dei diritti, quali l'articolo 42 (diritto di accesso ai documenti) e l'articolo 47 (diritto a un ricorso effettivo). Questo perchè il regolamento 1367 non si pone semplicemente nel quadro della politica di tutela dell'ambiente, ma sancisce dei diritti individuali accostabili a diritti di cittadinanza.
In secondo luogo, è necessario indagare l’ambito di applicazione soggettiva del regolamento, ossia definire quali siano le “istituzioni” vincolate dalle sue disposizioni245. La Convenzione di Aarhus246 trova applicazione nei confronti delle autorità pubbliche degli Stati parte (definite come le pubbliche amministrazioni e i soggetti diversi dall’amministrazione che agiscono nell’esercizio di pubbliche funzioni o svolgono servizi di pubblica utilità) e nei confronti delle “istituzioni” delle organizzazioni di integrazione economica. Sorge dunque il problema di capire se la disposizione vada riferita alle cinque istituzioni formalmente definite come tali dal Trattato, ovvero vada intesa in senso più ampio, fino a comprendere gli organi consultivi, la BEI, la Banca Centrale, le diverse Agenzie che fanno parte del sistema
atto ufficiale che obblighi le istituzioni in tal senso.
243
Per una panoramica V. Vera Rodenhoff “The Aarhus Convention and its implication for the “Institution” of the European Community, Review of European Community and International Environmental Law; vol. 11, afl. 3, 2002, pag. 343-357
244
Il considerando 22 del Regolamento afferma che lo stesso “rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea, come rispecchiati nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare l’articolo 37”.
245
V. Rodenhoff, op. cit., pag. 350 e s.
246
comunitario. Diverse considerazioni depongono per la seconda tesi. In primo luogo, il fatto che lo stesso Trattato non è univoco nella definizione delle Istituzioni247. In secondo luogo, la Convenzione di Aarhus è potenzialmente aperta alla firma di altre organizzazioni internazionali oltre alla Comunità Europea, per le quali il termine “istituzioni” non potrà che essere inteso in senso funzionale, come entità analoghe a quello che le pubbliche autorità rappresentano all’interno degli apparati governativi degli Stati membri. E in tal senso la locuzione è stata interpretata dal legislatore comunitario, che ha dichiarato il regolamento 1367 applicabile a tutte le istituzioni, agenzie, organi e uffici pubblici istituiti dal Trattato o sulla base di esso. Un ulteriore difficoltà è posta dalla non rigida separazione delle funzioni fra i diversi organismi operanti nel sistema comunitario. La Convenzione di Aarhus, infatti, trova applicazione nei confronti delle pubbliche autorità che agiscono nell’esercizio del potere amministrativo, non anche nei confronti di organismi che svolgono la funzione legislativa o giudiziaria. Questa previsione potrà sollevare problemi soprattutto nei confronti delle istituzioni e organismi che si trovano a svolgere, di volta in volta, una funzione amministrativa o legislativa, e in particolare il Consiglio, il Comitato delle Regioni e il Comitato Economico e Sociale. Bisognerà dunque verificare di volta in volta la tipologia di funzione esercitata, per stabilire se l’attività in cui si estrinseca debba essere soggetta ai diritti di partecipazione previsti dal Regolamento 1367248. Infine, è degna di nota la scelta di dare attuazione alla Convenzione con un unico strumento, dettata dall'esigenza di razionalizzare le norme relative alla governance nel settore ambientale e ad accrescere la trasparenza circa le modalità di applicazione di Aarhus alle istituzioni 249. Un effetto positivo di tale scelta è di rendere evidenti i collegamenti fra i tre pilastri. Tuttavia le modifiche richieste dall'ordinamento comunitario per l'applicazione della Convenzione non hanno la stessa rilevanza nei tre pilastri, e converrà, forse, trattarli separatamente.