Passando a considerazioni generali circa l’impianto dello studio finora descrit- to, si possono sottolineare prima di tutto alcuni suoi indiscutibili vantaggi. Uno `e rappresentato sicuramente dalla disponibilit`a di una casistica di popo- lazione piuttosto ampia, che ha consentito di raccogliere un discreto numero di eventi oggetto di interesse (embolizzazioni e decessi) per fornire una mag- giore solidit`a all’analisi statistica effettuata. In secondo luogo, la multicen- tricit`a dello studio ha consentito di proporre una panoramica del problema
“endocardite infettiva” piuttosto vasta, pi`u esaustiva e completa di quella che si sarebbe avuta selezionando i pazienti ricoverati in un’unica struttura ospedaliera.
Infine, l’aver tenuto in considerazione molteplici parametri riguardanti non soltanto le caratteristiche della patologia in s´e ed i tratti salienti del decorso clinico dei singoli individui, ma anche le co- morbidit`a ed i fattori di rischio presentati da ognuno di essi, ha offerto la possibilit`a di portare a termine un tipo di analisi multivariata maggiormente dettagliata ed esauriente.
Questo lavoro presenta, tuttavia, anche alcuni limiti: si `e infatti svolta un’indagine di tipo retrospettivo, con conseguenti saltuarie difficolt`a, fra l’al- tro, nel reperire le informazioni necessarie alla compilazione del database. `E proprio la mancanza di alcuni dati a costituire il secondo punto di debolezza di questo lavoro: spesso, infatti, non erano stati effettuati regolari controlli dei livelli di PCT nel corso della degenza e non si avevano a disposizione i valori corrispondenti ai giorni indicati nel database; problematica e spinosa `
e stata anche la questione delle embolizzazioni, in quanto non tutti i pazienti erano stati sottoposti ad esami strumentali adeguati a cogliere ed identificare anche eventi di micro- embolismo periferico.
Capitolo 6
Conclusioni
L’endocardite infettiva `e una patologia piuttosto grave ed il cui tasso di mor- talit`a e morbidit`a continua a mantenersi costantemente elevato da decenni. La sua prognosi `e influenzata, da un lato, dalla tempestivit`a con cui si pro- cede alla diagnosi ed al successivo trattamento, e dall’altro dalla possibile insorgenza di complicanze gravi che si possono sviluppare anche dopo l’inizio della terapia.
Per questa ragione, la gestione ottimale di un paziente affetto da una simile condizione clinica dovrebbe prevedere non solo l’effettuazione precoce della diagnosi corretta e l’inizio tempestivo della terapia medica pi`u idonea, ma an- che un’adeguata stratificazione del rischio di sviluppo di eventi avversi quali la mortalit`a e le embolizzazioni periferiche. La disponibilit`a di un sistema quanto pi`u preciso possibile nel fornire una valutazione semi- quantitativa o qualitativa della probabilit`a del paziente di scivolare successivamente verso un decorso clinico dall’esito poco favorevole, infatti, potrebbe permettere di indirizzare solo un sottogruppo selezionato di soggetti a interventi cardiochi- rurgici preventivi ed un pi`u serrato monitoraggio clinico, riducendo cos`ı sia l’incidenza di complicanze potenzialmente fatali sia il tasso di mortalit`a per tale patologia.
Con questi presupposti, la ricerca clinica si `e impegnata nel tentativo di com- prendere quali potessero essere i fattori prognostici principali dell’endocardite infettiva, giungendo anche all’elaborazione di complessi algoritmi per il cal- colo del rischio di insorgenza di eventi embolici dopo l’inizio del trattamento antibiotico. Un limite di questi sistemi, per`o, risiede nell’importanza confe- rita ad alcune variabili – quali l’isolamento di S. aureus o la formazione di vegetazioni di grandi dimensioni – non indagabili in maniera immediata. L’e- secuzione di un’emocoltura richiede infatti del tempo, mentre per misurare il diametro delle vegetazioni serve fare ricorso ad indagini piuttosto invasive per il paziente. La disponibilit`a di parametri associati ad un incremento del
tasso di mortalit`a e insorgenza di complicanze, ma valutabili pi`u facilmente e rapidamente rispetto a questi ora menzionati, potrebbe consentire una stima della prognosi del paziente accurata ed allo stesso tempo ripetibile nel corso dei giorni, per un follow up pi`u stretto e preciso.
Dimostrando la presenza di una significativa associazione fra un maggiore aumento di alcuni indici di flogosi da un lato, ed un incremento del rischio di mortalit`a ed embolizzazioni periferiche dall’altro, questo studio suggerisce che sia possibile procedere mediante l’esecuzione di semplici ed economici esami di laboratorio ad una valutazione affidabile della prognosi dei soggetti colpiti da endocardite infettiva.
Sebbene molti dei risultati ottenuti con questo studio trovino gi`a una con- ferma in lavori ultimati e pubblicati in precedenza, prima di procedere alla validazione di un sistema per la stratificazione del rischio di sviluppo di even- ti avversi nei pazienti affetti da questa patologia sarebbe opportuno portare a termine altri studi, magari prospettici, capaci di fornire ulteriore supporto ai risultati dello studio presentato nella tesi.
In particolare, quindi, sarebbe necessario verificare che effettivamente i fatto- ri predittivi pi`u importanti per mortalit`a sono la leucocitosi, i livelli di PCT e quelli di PCR, mentre per quanto riguarda l’occorrenza di eventi embo- lici il parametro pi`u significativo da tenere in considerazione e monitorare sarebbe la PCT (sebbene anche la PCR si possa ritrovare a concentrazioni significativamente pi`u alte nel gruppo dei pazienti andati incontro ad almeno un’embolizzazione settica).
In conclusione, si pu`o affermare che la PCT sembra svolgere un ruolo fonda- mentale nella valutazione della prognosi di un soggetto colpito da endocardite infettiva, tornando cos`ı ad attirare su di s´e l’attenzione dei ricercatori dopo un periodo di dubbi ed interrogativi suscitati dalle molteplici prove a conferma dell’inutilit`a del suo dosaggio nell’iter diagnostico della stessa malattia.
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Ringraziamenti
Ho atteso a lungo per poter scrivere questo capitolo, ripromettendomi, ogni volta che mi veniva la tentazione di buttare gi`u qualche riga, di rinviare tutto al giorno in cui avessi ultimato la tesi: forse un po’ per pura scaramanzia, ma anche per poterci dedicare la calma e l’attenzione che merita.
Tuttavia, ora che `e finalmente giunto il momento di cominciare, mi ritrovo pensierosa di fronte a questa pagina inesorabilmente bianca, con le dita so- spese sulla tastiera, senza sapere minimamente come procedere; le idee mi si affollano in testa e lo scorrere del tempo, anzich´e aiutarmi a riportare un po’ di equilibrio, fa affiorare alla mente solo altre persone che mi hanno affiancata e sostenuta in questo percorso lungo 6 anni (fu un sogno, fu un sogno, ma non dur`o poco cantava qualcuno pi`u saggio di me). Come se non bastasse, non sono mai stata particolarmente propensa n´e brava nell’esternare i miei sentimenti e mettere per scritto i miei pensieri mi risulta ora particolarmente ostico.
Nel tentativo di seguire un certo ordine, porgo il primo, grande ringra- ziamento alle persone che mi hanno offerto la possibilit`a di prendere parte e concludere questo lavoro, credendo nelle mie capacit`a e seguendomi un passo dopo l’altro: il mio relatore, il prof. Lorenzo Ghiadoni, per avermi permesso di frequentare il reparto di Medicina d’Urgenza Universitaria (M.U.U.) e per la cordialit`a dimostrata nei miei confronti; gli specializzandi e gli altri medici del reparto, per la disponibilit`a e la pazienza costantemente dimostrate nel seguirmi e trasmettermi le loro conoscenze; il prof. Michele Emdin, per aver partecipato all’organizzazione di questo lavoro ed aver messo a disposizione le cartelle cliniche relative ai pazienti di Pisa e Massa, contribuendo cos`ı ad un notevole arricchimento della casistica oggetto di studio; il dott. Carlo Tascini ed il dott. Carlo Pallotto, ideatori e coordinatori di questo proget- to, per tutti i preziosi e puntuali consigli che hanno sicuramente migliorato la qualit`a di questa tesi; il prof. Claudio Passino, per avermi indirizzato ed incoraggiato ad intraprendere questo percorso nell’ambito della Medicina d’Urgenza, ed alla dott.ssa Chiara Arzilli, per avermi guidato nel corso della
rita una menzione speciale la dott.ssa Emanuela Sozio, la miglior tutor che si possa desiderare: grazie per la pazienza e la gentilezza infinite, la dispo- nibilit`a quotidiana a rispondere tempestivamente alle mie mille domande, i suggerimenti, l’insostituibile supporto morale ed i calorosi incoraggiamenti che mi hanno dato la giusta grinta per portare a termine questo lavoro.
Il secondo ringraziamento `e per chi mi conosce e sopporta fin da piccola: nonna Uccia, per avermi fornito un esempio unico di lavoratrice instancabile, ed avermi insegnato sin dalle elementari il valore della cultura e dell’istruzio- ne; zio Richi e zia Mimi, per l’affetto mostrato con un semplice e spontaneo “vogliamo esserci alla tua laurea”; e cos`ı, non senza un moto di nostalgia e malinconia, il ricordo va ai nonni che non ci sono pi`u: grazie per tutto l’affetto che mi avete donato gratuitamente, e per aver cresciuto quelle due persone meravigliose che sono i miei genitori.
Ed il mio ringraziamento pi`u grande va proprio a loro, ai miei genitori, per non avermi mai fatto mancare l’amore e l’affetto di cui avevo bisogno, per avermi permesso di inseguire i miei sogni e per aver dimostrato ogni giorno la stima e la fiducia nutrite nelle mie capacit`a: senza di voi e la vostra capacit`a di trovare le parole pi`u adeguate ad incoraggiarmi e consolarmi nei momenti pi`u bui non sarei mai arrivata fino a qui.
A proposito di mamme e pap`a, vorrei ringraziare anche i genitori di Ro- berto, per avermi pi`u volte ribadito che per essere buoni medici non basta un solido bagaglio culturale, ma servono anche umilt`a e capacit`a di mettersi in discussione; spero vivamente di essere capace di seguire il vostro esempio. A questo punto, il pensiero non pu`o che andare ai miei compagni di que- sta avventura che `e la vita universitaria, quindi a tutti gli Allievi della Scuola Superiore Sant’Anna, con cui ho condiviso alcuni anni di vita collegiale, ed a tutti i miei compagni di corso dell’Universit`a di Pisa.
Meritano un posto d’onore, in queste poche righe, i colleghi pi`u vicini: Ro- berto, per aver condiviso con me il suo amore per lo studio, in particolare per la medicina, e per essere stato al mio fianco dal primo momento in cui ci siamo parlati e conosciuti; Anna, non solo per la fiducia e la stima nei miei confronti, ma anche e soprattutto per la capacit`a di ascoltare; Mariapia, per l’entusiasmo, la spontaneit`a e la battuta sempre pronta; Davide, per la fer- mezza e la calma serafica che trasmetti e con cui affronti ogni cosa; Nicol`o, per l’amicizia, l’onest`a, le prese di posizione fatte al momento opportuno e le corse alle Piagge. Grazie a tutti voi, ragazzi, per le bellissime serate passate in compagnia.
amiche, compagne di uscite e piacevolissime serate, e non soltanto di ore di ripetizione fino all’ultima goccia di lucidit`a (e oltre); Lorenzo, per con- dividere in buona parte la mia cinica visione del mondo e avermi, confesso, sorpreso moltissimo con il suo entusiasmo per il ballo latino- americano; Da- vide e Simone, per gli innumerevoli pranzi, cene, merende, uscite e serate in allegra compagnia; Tiziana, ottima compagna di studio e di interminabili giornate d’esame, ma soprattutto insostituibile confidente e consulente: gra- zie per avermi ricordato che “se lo hanno fatto gli altri, possiamo farlo anche noi”, perch´e senza il tuo supporto, soprattutto quest’ultimo anno, non avrei viaggiato cos`ı spedita; Fulvia, per l’allegria contagiosa e tutto l’entusiasmo che porti sempre con te, anche quando in realt`a sei preoccupata e stanca dei mille impegni; infine Giovanni, Riccardo, Laura, Tina, Rossella, Giulia e Rachele, e tutti i colleghi con cui ho condiviso interminabili ore di lezione, oltre ad appelli folli e momenti di ansia pre- esame.
Non si possono per`o dimenticare gli amici che, conosciuti al di fuori dei