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PARTE I Studi di genere e applicazione alle politiche di cooperazione per lo

2. Lo sviluppo come diritto – 1965-1975

2.1 Il quadro istituzionale

Durante la decade 1965-1975, si consolidò il lavoro precedentemente avviato e si validò l’inclusione delle donne nell’Agenda delle Nazioni Unite e il riconoscimento di un nuovo spazio in cui le donne avrebbero potuto affermare la loro professionalità. Le idee prima in nuce vennero sviluppate ulteriormente e vennero anche introdotti nuove concetti, come l’inseparabilità dei diritti e quindi l’idea di sviluppo come diritto. Gli obiettivi e la retorica della Commissione furono incorporati nel sistema ONU e nel discorso dello sviluppo. Inoltre, l’ingresso degli Stati di recente indipendenza aveva favorito l’arricchimento del dibattito e nuove connessioni tematiche. Fu così possibile definire l’architettura istituzionale in seno all’ONU, con la formulazione di un piano di lungo periodo per l’avanzamento delle donne (Risoluzione XI del 1968), la Dichiarazione per l’eliminazione delle discriminazioni sulle donne (DEDAW, 1967) e organizzare la prima Conferenza sulle donne a Città del Messico (1975).

2.1.1. DEDAW

La DEDAW21 è la prima misura legale onnicomprensiva sui diritti delle donne. Richiesta nel 1963 dall’Assemblea Generale all’ECOSOC, venne approvata quattro anni dopo. Il documento non era vincolante per gli Stati e più che ai governi si rivolgeva all’opinione pubblica e alla società civile,

21 United Nations General Assembly, Declaration On The Elimination Of Discrimination Against Women, Proclaimed by United Nations General Assembly Resolution 2263 (XXII) del 7 November 1967, consultata su

come una chiamata all’azione. Nel 1950 la Commissione aveva avviato con altre agenzie ONU una raccolta di informazioni circa il lavoro femminile per poter definire strategie che migliorassero le opportunità di lavoro per le donne e portassero a politiche per la parità di salario. Con la Convenzione sulla parità di Salario (ILO, 1951) questo lavoro diede i suoi frutti ma il lavoro della Commissione riprese negli anni Sessanta per rispondere alla crescente evidenza che lo sviluppo non dava positive ricadute sulle donne e che “women were in fact disproportionately affected by poverty and that barriers such as lack of access to land ownership and credit perpetuated their low status in many regions22”.

L’assistenza alle donne nei PVS divenne un tema centrale nel lavoro della commissione che riuscì a stabilire importanti network con l’ECOSOC e altre agenzie specializzate per far sì che i progetti di sviluppo includessero anche programmi per le donne. Grazie a queste iniziative, nel 1970, L’Assemblea Generale incluse le donne in un Piano generale all’interno dell’International Development Strategy (IDS) per la seconda decade dello sviluppo. Nello stesso anno, l’Assemblea Generale approvò un Programma di Azione Internazionale Concertato per l’Avanzamento delle donne al fine di promuovere “the status of women and increase their effective participation in all sectors”23. Gli obiettivi di questo programma erano di eliminare l’analfabetismo, promuovere un’accettazione universale del principio di parità di salario per parità di lavoro, dare protezione alla salute e alla maternità e facilitare un incremento sostanziale del numero di donne partecipanti alla vita pubblica e di governo a tutti i livelli. Questi programmi e piani hanno costituito il quadro della parità dei diritti per le donne e sono stati trasformati in unico singolo codice.

22 Boutros-Ghali, Introduction, p. 19 23 ECOSOC, 23rd session CSW23, 1970

Nel linguaggio delle Nazioni unite, il termine “discriminazione” veniva impiegato in associazione all’uguaglianza e ai diritti, non solo nel contesto di genere; in effetti, la considerazione che le discriminazioni fossero basate sulle differenze, ad esempio minoranze etniche o religiose, gruppi stigmatizzati o emarginati era ampiamente accettata. La DEDAW rappresenta quindi il primo momento in cui le Nazioni Unite hanno riconosciuto la necessità di gestire il problema delle discriminazioni dalla prospettiva femminile e di definire i principi su cui le Nazioni Unite avrebbero risolto questo problema.

La risoluzione focalizza su specifici diritti delle donne in particolari aree di problemi, come il matrimonio, la maternità, la nazionalità le pratiche tradizionali potenzialmente pericolose per le giovani ragazze e pratiche di sfruttamento come la schiavitù e il traffico di donne. Rispetto alla Convenzione sui Diritti Politici delle Donne del 1952, che pure impiega il termine discriminazione nei suoi tre articoli operativi, la Dichiarazione compie il primo tentativo di definire le discriminazioni contro le donne riferendosi alle leggi, costumi, regolamenti, pratiche e pregiudizi come cause della mancata o limitata uguaglianza dei diritti con gli uomini.

L’idea ispiratrice della Dichiarazione è che gli strumenti per realizzare l’uguaglianza delle donne fossero da cercare oltre i rigidi confini dei costrutti legali, ricercando quelle barriere extralegali costruite socialmente e molto più difficili da cambiare; in questo modo, il documento, colma il divario lasciato dalla mera adozione delle prescrizioni formali basate sul principio dell’uguaglianza tra sessi. Pertanto, la Dichiarazione richiede l’abolizione delle norme e pratiche tradizionali che ostacolano l’uguaglianza.

Durante la stesura del testo, diverse agenzie ONU hanno contribuito ad identificare la “discriminazione” considerata come barriera chiave allo

status delle donne24; ne deriva che il principio dell’uguaglianza sia nell’assenza di discriminazione ma gli articoli che lo sostanziano sono disposizioni positive per migliorare l’accesso delle donne all’istruzione, alla sicurezza e servizi sociali per il sostegno alla cura dei figli. I lavori alla Dichiarazione sono durati quattro anni, durante i quali, viste la discrezionalità e varietà dei temi dibattuti, le divergenze di opinioni sono state molte; il primato della famiglia come istituzione legata alla donna era dibattuto come una visione conservatrice di alcuni paesi poiché assegnava alla donna il ruolo primario di madre.

Un’altra pietra miliare nei documenti legali legati alle donne nello sviluppo è stato il Piano Unificato a Lungo Termine per l’Avanzamento delle Donne che l’Assemblea Generale richiese su iniziativa del Segretario Generale, durante la seconda Decade dello Sviluppo. Alla base di questo Piano, vi era il riconoscimento che i diversi programmi delle Nazioni Unite che erogavano assistenza non stavano coordinando i loro sforzi per migliorare le condizioni di vita delle donne e che inserire questo obiettivo in un contesto programmatico avrebbe dato maggiori risultati.

Anche in questo caso, la Commissione consultò agenzie specializzate, commissioni regionali e gli Stati membri, raccolse informazioni su risorse, meccanismi e coinvolgimento delle donne nella comunità dello sviluppo. Ne derivò il documento presentato e approvato alla Conferenza Internazionale sui diritti umani di Teheran nel 1968, adottato come “Measures to Promote Women’s Rights in the Modern World”25; spirito del programma era la promozione delle donne nelle politiche per lo sviluppo. I due documenti summenzionati si riconnettono alle due idee

24 La FAO ha focalizzato l’attenzione sulle donne in situazioni speciali, come donne di zone rurali, sul valore del lavoro delle donne rurali e sul bisogno di supporto sociale ed economico. L’UNESCO ha promosso l’idea di co-istruzione per una formazione alla collaborazione tra donne e uomini.

25 Final Act of the Teheran Conference on Human Rights, 13 May 1968, consultato su http://legal.un.org/avl/pdf/ha/fatchr/Final_Act_of_TehranConf.pdf

dominanti del periodo: che i diritti umani fossero essenziali per la partecipazione e per il contributo delle donne allo sviluppo nazionale.