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La qualità dei suoli in Europa e fattori d’interesse nella lotta alla

3.2 La desertificazione nel mondo

3.2.3 La qualità dei suoli in Europa e fattori d’interesse nella lotta alla

La qualità dei suoli sta tendendo al deterioramento in tutta l'Europa. Nel nord Europa il deterioramento è provocato principalmente dal maggior dilavamento dei suoli ad opera dell’aumento delle precipitazioni e dei maggiori rischi di alluvione, mentre nel sud Europa, al contrario, dalla diminuzione delle precipitazioni e dai maggiori rischi di siccità.

L'area mediterranea, e soprattutto quella meridionale, è quella maggiormente a rischio di desertificazione. Oltre alle caratteristiche climatiche, ci sono altri fattori che giocano a favore del fenomeno desertificazione, come l’elevata erodibilità dei suoli, l’eccessiva antropizzazione delle coste, la frequenza degli incendi boschivi, l'abbandono dell'agricoltura e l'intenso sfruttamento delle riserve idriche delle falde.

Il 6% del territorio europeo è arido ed il 2% delle terre (oltre 20 milioni di ha) è già desertificato e si stima che il 25% delle terre agricole ed il 35% di quelle a pascolo

siano a rischio (IPCC, 2000).

L’Italia è considerata a livello europeo uno dei paesi a maggior rischio per la desertificazione. Si calcola che il 27% del territorio (3.7 milioni di ha) è interessato da inaridimento oppure coinvolto in fenomeni di erosione e di dissesto idrogeologico, impermeabilizzazione, salinizzazione e inquinamento che ne provocano la diminuzione della produttività.

Studi effettuati a livello europeo, concentrano l’attenzione sul problema dell’acqua e della relativa salinizzazione come una delle più importanti cause che partecipano alla concretizzazione del fenomeno desertificazione.

L’Agenzia Europea per l’Ambiente evidenzia come nel corso degli ultimi 30 anni sia diminuita la disponibilità di acqua (Fig. 6) nelle regioni meridionali del continente e sia contestualmente aumentato il relativo indice di sfruttamento (Fig. 7) (Iannetta, Enne, Zucca, Colonna, Innamorato, & Di Gennaro, 2005).

Figura 6. Variazioni nella disponibilità di acqua in Europa 1970-2000 (EEA, Eionet, IRENA)

In termini di gestione sostenibile degli ecosistemi e quindi di interventi di mitigazione ed adattamento ai processi di degrado quali- quantitativo della risorsa acqua, in Europa, ma anche nello studio di certe zone “a rischio” italiane, sono stati presi in considerazione i seguenti aspetti:

 Disponibilità della risorsa acqua e suo utilizzo, al fine di valutarne la relativa compatibilità e l’uso competitivo sul territorio (civile, industriale, agricolo, turistico);

 Conoscenza dei sistemi di stoccaggio e distribuzione di acqua (problema infrastrutturale);

 Ipotesi di ottimizzazione nell’uso dell’acqua: modalità, tempi e fabbisogni. Da questi elementi ne discendono altri, quali:

 Efficienza nell’uso dei fattori di produzione per la gestione sostenibile degli ecosistemi;

 Colture e varietà più tolleranti allo stress idrico e salino.

Con particolare riferimento a questo ultimo punto il Rapporto pubblicato dalla Commissione Europea il 10 gennaio 2007 “Limiting Global Climate Change to 2

degrees Celsius. The way ahead for 2020 and beyond”, nel capitolo 4 “Cost of action for Europe” attraverso il progetto PESETA del JRC si sottolineano gli impatti del

cambiamento climatico in relazione all’agricoltura.

In termini di produzione agricola i cambiamenti previsti al 2020 e al 2080 determinerebbero una diminuzione delle rese nelle aree del sud Europa variabili dall’1.9% al 22.4% circa, a causa soprattutto della “riduzione del periodo di crescita, eventi estremi più frequenti durante le fasi del ciclo produttivo, in particolare precipitazioni intense durante la semina, stress da calore durante la fioritura e periodi asciutti più lunghi”. Pertanto, le aree già attualmente affette da scarsità di acqua saranno sottoposte a condizioni sempre più critiche con processi accentuati di salinizzazione (Fig. 8) delle falde acquifere e conseguentemente dei suoli laddove l’acqua viene utilizzata per l’irrigazione (Iannetta, Enne, Zucca, Colonna, Innamorato, & Di Gennaro, 2005).

Relativamente alla scelta delle colture agrarie, gli elementi di maggiore criticità ed interesse sono quindi rappresentati da: maturazione precoce e resistenza o tolleranza alla carenza idrica e alla salinità dei suoli. Le colture erbacee più indicate per questi ambienti sono quelle a ciclo autunno-primaverile, periodo in cui la disponibilità di acqua di pioggia è massima e la domanda evapotraspirativa dell’ambiente è minima. Per quanto riguarda la resistenza alla scarsità di disponibilità idrica si possono riportare le seguenti indicazioni orientative:

 Frumenti: i duri più resistenti dei teneri; i precoci più dei tardivi;  Orzi: più resistenti dei frumenti;

 Avene: le varietà precoci più resistenti delle tardive;

 Legumi, in ordine decrescente: fava, lupino bianco, lenticchia, cece, pisello;  Erbai: veccia, favetta, fieno greco, più resistenti del trifoglio incarnato;

 Prati, in ordine decrescente di resistenza: sulla, medica, lupinella, trifoglio pratense.

Una migliore comprensione degli effetti della siccità sulle piante è vitale per migliorare sia le pratiche agricole, in relazione ad un ottimale utilizzo delle risorse idriche, che gli sforzi di incrocio e selezione dei "breeders" per ottenere varietà sempre più adattate alle mutate situazioni climatiche. Molto lavoro in questo campo è stato fatto negli ultimi venti anni per individuare le strategie usate dalle piante, per controllare il bilancio idrico e i processi fisiologici e biochimici, alla base delle risposte in condizioni di deficit idrico e di stress ossidativo.

La lotta al degrado delle risorse naturali ad opera delle diverse attività produttive, deve rappresentare in tutta l’Europa un impegno sociale, un onere per tutti i soggetti interessati a mantenere un presidio vitale sul territorio. Tra le azioni da considerare con priorità vi è sicuramente l’ampliamento dei comprensori irrigui, nell’assunzione consapevole che una corretta gestione dell’acqua, che curi l’interesse della collettività, rappresenti un valido sistema di lotta alla desertificazione (Iannetta, Enne, Zucca, Colonna, Innamorato, & Di Gennaro, 2005).