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La tecnica di pascolamento è definibile come l’insieme delle azioni per regolare l’ingestione dell’erba da parte degli animali (Cavallero & Ciotti, 1991). Gli stessi effetti degli animali sulla vegetazione possono variare molto in base alla tecnica di pascolamento adottata. Secondo un gradiente di intensità crescente queste tecniche si possono riassumere in: pascolo libero, pascolo a rotazione (o turnato), le due tecniche particolari del pascolo continuo- intensivo e del pascolo differito, infine il metodo molto intensivo del pascolamento razionato 14.

Pascolo libero: non segue nessuna regola, gli animali sono liberi di muoversi

indisturbati su tutta la superficie disponibile per cercarsi l’erba, il pascolo è di tipo continuo in quanto perdura per tutta la stagione. L’assenza di recinzioni consente il libero passaggio di animali selvatici. Questo tipo di tecnica si presta bene per superfici molto grandi e quando i carichi sono molto bassi. È il sistema più semplice, ma non privo di problemi e complicanze, infatti alcuni inconvenienti sono: il calpestio accentuato, dovuto al vagare degli animali; sciupio dell’erba per il calpestamento e, di conseguenza, un rifiuto per una forte quantità di erba che porta ad un consumo selettivo delle specie migliori ed un razionamento non bilanciato, nel senso che non si può tener conto dei singoli soggetti e che si creano, di conseguenza, periodi di sovralimentazione e periodi di sottoalimentazione. Vengono ingerite le migliori foraggere (i legumi sono di solito le prime piante ad essere preferite, tralasciando le piante più legnose), mentre quelle meno appetite vengono rifiutate e possono disseminare e diffondersi. In pratica il coefficiente di utilizzazione dell’erba è molto basso, dal 10 al 30% (Pardini, 2006).

Pascolo a rotazione (o turnato): consiste nel suddividere l’intera superficie a pascolo

in varie sezioni (denominati paddok) mediante delle opportune recinzioni e nell’immettere il bestiame in una sezione alla volta con un carico istantaneo, in modo da dar luogo al consumo d’erba in poco tempo. Rispetto al primo i problemi si riducono: l’erba è utilizzata al suo stato ottimale, un compromesso tra qualità, quantità e appetibilità; il consumo del foraggio è sicuramente maggiore, si sale ad un 70-75%; dopo il pascolamento l’erba ricaccia indisturbata (il periodo di riposo dura 20-30 giorni nella stagione migliore, mentre 50-60 giorni nella stagione estiva); il bestiame può essere suddiviso in gruppi omogenei secondo le esigenze alimentari (animali in produzione, animali giovani, ecc); in primavera, quando c’è maggiore abbondanza di

erba, le sezioni migliori possono essere falciate e costituire una fonte preziosa di fieno per il periodo “morto” di pascolamento; dopo il consumo di erba da parte degli animali si può procedere alle varie cure necessarie (spandimento delle deiezioni, concimazioni, ecc). Oltre ai precedenti vantaggi, il pascolo a rotazione presuppone altri determinati parametri aggiuntivi:

 Momento ottimale per l’inizio del pascolamento; e’dato dall’altezza dell’erba che non ne pregiudica la ricrescita, ma che consente il maggior numero di ricrescite per anno. In un buon pascolo le maggiori specie presenti sono le graminacee, per cui è in base a questo che viene deciso il momento dell’utilizzazione. Le graminacee vanno pascolate nella loro fase di accestimento o quando si trovano alla levata appena iniziata. Lasciando crescere troppo l’erba le conseguenze possono essere: peggiorare progressivamente la qualità dell’erba (aumento della fibra, diminuzione dell’appetibilità, aumento degli scarti), peggiorare il successivo ricaccio perché nei germogli in levata la presenza degli abbozzi delle infiorescenze blocca e fa regredire lo sviluppo dei germogli di accestimento più giovani, dai quali, invece, ci si aspetta il ricaccio. L’esperienza ha dimostrato che il momento migliore per far consumare l’erba, o meglio, le graminacee, agli animali, sia quando quest’ ultima non sia alta più di 15-20 cm e gli abbozzi delle infiorescenze non si trovino a 7-10 cm di altezza dietro le guaine fogliari 15.

 Stime della quantità di erba esistente, la quale non è difficile da stimare mediante semplici campionamenti.

 Tempo di pascolamento, ovvero la durata del soggiorno del bestiame al pascolo. E’ definito come il numero dei giorni ottimale di utilizzazione di un appezzamento da parte di una categoria animale (es. agnelli da rimonta, pecore in asciutta, pecore in lattazione) al fine di consentire lo sfruttamento delle migliori caratteristiche dell’erba da parte di ciascuna categoria. La maggior parte del bestiame preferisce non pascolare nelle ore più calde della giornata, in modo che il periodo più pesante si verifica da dopo l'alba per due o tre ore. In media, il 60% di pascolo si verifica durante il giorno e il 40% si verifica durante la notte, anche se il bestiame preferisce trascorre più tempo al pascolamento durante la notte, dopo le giornate calde. Quando le temperature sono particolarmente alte,

gli animali hanno bisogno di acqua abbondante e possono trarre beneficio dall’essere spostati all'ombra nelle ore più afose della giornata. Il tempo trascorso al pascolo varia con le specie. In generale, i bovini pascolano circa 8 ore al giorno, gli ovini circa 7 ore (o meno), le capre non più di 6 ore, e cavalli da 12 a 16 ore al giorno. L’esercizio si chiuderà dopo il tempo di pascolo normale, anche se non avranno ottenuto tutta l'energia e le sostanze nutritive di cui hanno bisogno per l'aumento di peso o di produzione. L’ideale sarebbe che l’erba fosse consumata il più rapidamente possibile (poche ore, o al massimo pochi giorni) con alti carichi istantanei e quindi con una superficie ridotta. Però, più piccole sono le sezioni maggiore sarà il dispendio economico necessario per recinzioni e abbeveratoi; il giusto compromesso sarebbe di fissare un tempo di non più 7 giorni per ogni sezione di pascolamento (Undersander, Albert, & Cosgrove, 2002).

 Carico istantaneo, ovvero la quantità di bestiame da immettere all’interno della sezione affinché l’erba esistente sia consumata al grado voluto, senza sprechi, e nel tempo prefissato;

 Periodo di riposo, cioè il periodo di ricrescita dell’erba tra un pascolamento e quello successivo.

Una volta fissati tutti questi parametri rimane facile calcolare il numero delle sezioni in cui dividere il pascolo e anche la loro ampiezza. La superficie S di ciascuna sezione si ricava dalla seguente formula: S = C * F * t/ P * K dove C è il carico espresso in numero di capi; F è il consumo medio giornaliero di foraggio per capo; t è il tempo di pascolamento previsto; P è la quantità di foraggio esistente al momento del pascolamento; infine K è il coefficiente di utilizzazione dell’erba. Il carico medio dei pascoli italiani varia da 0.2 a 1 capi bovini per ettaro rispettivamente in quelli peggiori e più in quelli più produttivi. Nell’Appennino centro- meridionale dove prevalgono gli ovini, il carico varia da 2 a 6 capi ovini per ettaro.

Pascolo continuo intensivo: questa tecnica permette di attuare una rotazione con

semplicità gestionale. Il pascolo viene suddiviso in 3- 4 settori che vengono aperti agli animali in base alla disponibilità dell’erba, senza allontanare gli animali dai settori già pascolati. Viene definito continuo in quanto gli animali pascolano senza rotazione,

intensivo perché la superficie di ogni sezione viene allargata o ristretta in base alla

disponibilità dell’erba, in modo da mantenere il carico istantaneo massimo in ogni momento. Per evitare che gli animali trovino erba già maturata, e quindi poco appetibile

e di minor qualità, quando si trovano nell’ultimo settore, si può falciare l’erba e raccoglierla nel periodo precedente, e consentire quindi il pascolamento di erba giovane.

Pascolo differito: consiste nel lasciare uno o più settori di pascolo inutilizzati,

permettendo all’erba di andare a seme. Si può applicare sia nel pascolo a rotazione, sia nel continuo- intensivo. Durante la stagione bassa gli animali pascolano erba invecchiata, che si presenta come fieno. L’appetibilità è molto bassa come il valore nutritivo, ma bilanciato dalle sostanze contenute nei semi. Fra i vantaggi c’è anche la possibilità di lasciar disseminare le piante e agevolare l’interramento del seme tramite il calpestamento degli animali; per questo il pascolo differito può essere utile per il recupero di pascoli eccessivamente sfruttati e impoveriti.

Pascolo razionato: si tratta di una forma perfezionata di pascolo a rotazione. Consiste

nel suddividere l’area a pascolo con recinzioni esterne fisse, analoghe a quelle utilizzate nel pascolo a rotazione, e una recinzione interna mobile (reti o fili elettrici); la recinzione interna viene spostata quotidianamente in modo da delimitare i vari settori che verranno pascolati ogni giorno contenenti erba per la razione giornaliera. In questo modo aumenta la fatica dello spostamento giornaliero, ma migliora il coefficiente di utilizzazione che sale, circa, fino all’80% aumentando la qualità di foraggio grazie alla tempestività di utilizzazione. Un altro problema è quello della presenza dell’acqua, in quanto non può essere disponibile naturalmente in tutte le sezioni; ecco che occorre organizzare il sistema di distribuzione, ad esempio mediante carro botte (Pardini, 2006). In Italia è indispensabile integrare il pascolamento con periodi, più o meno lunghi, di alimentazione con foraggi e/o alimenti di scorta, essendo la produzione di pascoli stagionalmente insufficiente.

Il pascolo turnato è teoricamente il più suggestivo, ma non scevro da alcuni inconvenienti nella sua utilizzazione: necessita di recinzioni, abbeveratoi, movimentazione del bestiame da una sezione all’altra, variabilità e imprevedibilità dei tempi di riposo e delle produzioni (Bonciarelli, 1992).

Quando è il momento di mettere in movimento il bestiame non deve essere traumatico sia in termini di tempo sia per l’allevatore e soprattutto per gli animali (un allevatore esperto del pascolo in rotazione può far mettere in azione il bestiame passando da 50- 250 capi in 15 minuti). Utilizzando i principi del comportamento animale, si ne possono facilmente spostare grandi gruppi da pascolo a pascolo con poca difficoltà. La chiave per dei movimenti veloci sta nel ridurre lo stress degli animali: evitare assolutamente di forzarli per andare da qualche parte in cui non vogliono andare, soprattutto colpendoli o

urlargli contro. I momenti migliori per spostarli sono quando hanno fame e durante le ore di giorno, quando possono vedere dove stanno andando. Gli animali sono creature molto abituali, se vengono mossi alla stessa ora ogni giorno, arriveranno ad anticipare loro stessi le azioni della giornata riunendosi nei pressi del cancello, e attendere poi il pastore; non appena si aprirà il cancello, loro si muoveranno verso i pascoli freschi. Per quanto riguarda gli abbeveratoi, o meglio, le loro dimensioni, queste dipenderanno dalla lontananza tra l'acqua e gli animali. Ogni volta che c'è una notevole distanza tra la mandria e la sorgente d'acqua, l’istinto fisico di un solo animale coinvolge in viaggio anche tutti gli altri e diventa così una funzione sociale che comporta il movimento di gruppi di animali di grandi dimensioni. A lungo andare, questo continuo movimento provocherebbe seri danni non solo alle piante (calpestio), ma anche al terreno. Una soluzione potrebbe essere di costruire serbatoi su ruote o pattini per facilitare il movimento, oppure la presenza di contenitori di plastica leggera o fibra di vetro disponibili in varie dimensioni (Undersander, Albert, & Cosgrove, 2002). Tra i metodi utilizzati il più diffuso è quello della botte montata su rimorchio e collegata a un abbeveratoio a livello costante; in altri casi, quando è possibile, si posizionano vasche di abbeveraggio munite di galleggiante di regolazione del flusso in diversi punti del pascolo. Questo comporta una maggiore spesa per tubi di adduzione ed eventualmente di scarico e, di conseguenza, un numero più limitato di punti di abbeverata con qualche maggior disagio in termini di lunghezza degli spostamenti degli animali e/o di frequenza di accesso all’abbeveratoio. Altre attrezzature indispensabili sono le mangiatoie mobili per il foraggio con le quali somministrare fieno utile sia nella normale razione sia per momenti di scarsità produttiva del pascolo. Infine un accorgimento indispensabile per una buona utilizzazione del pascolo e una sua durata nel tempo riguarda la manutenzione del cotico erboso a ogni turno o almeno a ogni stagione. Lo scopo è di evitare che non risultino posizioni dove, in presenza delle deiezioni, l’erba venga rifiutata dagli animali o si sviluppino erbe o cespugli non pascolati con conseguente peggioramento della qualità del pascolo nel tempo (Badino, 2007). Gli effetti positivi delle deiezioni sono prevalenti se queste vengono distribuite nello spazio. La distribuzione delle deiezioni dipende dalla specie animale e dalla gestione. Relativamente agli animali, gli ovini fanno piccole feci che vengono sparse in modo abbastanza regolare su tutto il pascolo, mentre i bovini producono grosse feci che imbrattano piante e porzioni di terreno fino a quando vengono degradate naturalmente. I danni causati da concentrazione di deiezioni possono essere limitati con lo spargimento

delle feci oppure, più semplicemente, è possibile far ruotare gli animali nei settori di pascolo. Fra gli effetti positivi delle restituzioni si trova il riciclo degli elementi nutritivi, un aumento della sostanza organica nel terreno (favorita dall’attività microbica), la dispersione di semi che vengono scarificati durante il passaggio nel tratto digerente, diventando germinabili, inoltre le piante imbrattate, non appetibili, possono produrre semi e contribuire a rinfoltire il cotico erboso. Dall’altra parte ci sono anche degli effetti negativi, come l’imbrattamento delle piante e del terreno, per cui una temporanea riduzione della superficie pascolabile, uno sviluppo della flora ammoniacale, specie poco appetite, in alcuni casi velenose (Pardini, 2006).

La scelta fra le tecniche di pascolamento sopra elencate può dipendere da molti fattori. La produzione stagionale di fitomassa con pascolo turnato risulta in genere superiore rispetto al pascolo continuo, essendo stati rilevati in molti ambienti vantaggi che vanno dal 5 al 50% (ma più frequentemente si è nell’ordine tra il 15-20%). In genere la maggior produzione del turnato dipende dalla maggiore area fogliare e alla meno drastica interruzione del primo ciclo di crescita. Tale vantaggio non è, però da considerarsi sufficiente per formulare un giudizio di superiorità per questo tipo di tecnica, in ambienti centro- europei, a cui si sono aggiunte esperienze in Italia, hanno dimostrato una sostanziale equivalenza fra pascolo turnato e continuo, sottolineando per una serie di vantaggi e limiti, la convenienza del pascolamento continuo. Un altro parametro da considerare è l’efficienza dell’utilizzazione al pascolo. Il maggior ritmo di crescita dell’erba nel pascolo turnato non corrisponde sempre ad un aumento dell’erba ingerita, ne consegue una minor efficienza nell’utilizzazione dell’erba offerta rispetto al pascolamento continuo che, a sua volta, consente all’animale di utilizzare anche le porzioni di erba più prossime al suolo. In questo ultimo caso, sebbene meno produttiva, la cotica risulta essere valorizzata in modo più efficiente. A questo proposito bisogna rilevare che una tecnica di pascolamento è misurata in base al coefficiente di utilizzazione dell’erba, per cui più esso è alto, più efficiente risulterà il sistema adottato. Secondo alcuni autori, e in condizioni di forte variabilità stagionale, il pascolo turnato rappresenta la tecnica più indicata, consentendo di evidenziare più chiaramente, rispetto al continuo, offerte sufficienti e rispondendo al carenzamento idrico. Poiché alcune volte sono stati ottenuti maggiori risultati, in termini zootecnici, con la tecnica del pascolamento continuo in primavera e del turnato nei mesi estivi, in Francia è stata proposta una tecnica mista che prevede all’inizio della stagione l’utilizzazione del pascolo indiviso e dopo, la suddivisione di questo in alcune parcelle gestite

separatamente. I risultati, però poco favorevoli, hanno messo in luce la difficoltà di gestire entrambe le tecniche, dovendo dare tempo alla cotica di adattare la vegetazione ai nuovi ritmi di defogliazione. Appare necessario, quindi, un adeguato sviluppo delle ricerche per chiarire i comportamenti delle varie specie e cenosi e quindi definire i criteri e i parametri di scelta delle tecniche di pascolamento nelle più diverse condizioni ambientali, per finalità gestionali del territorio, di produzione e non solo. In base a tutte queste esigenze, per garantire agli animali sempre un pascolo di buona qualità e garantire all’allevatore un buono sfruttamento della risorsa, si parla di pascolamento in

successione, che consiste nel far pascolare prima gli animali più esigenti e

successivamente far terminare l’utilizzazione con quelli più frugali. I vantaggi rilevati da questa tecnica appaiono tanto maggiori quanto più i due gruppi di animali presentano esigenze e comportamenti alimentari diversi. La successione fra bovini - ovini, in termini di carico e produzioni animali, porta a vantaggi dell’ordine del 5-8 %. La maggior efficienza dell’utilizzazione dell’erba è dovuta anche alla maggior capacità degli ovini di utilizzare basse offerte e consumare l’erba attorno le deiezioni dei bovini. Un altro vantaggio, non indifferente, dato dall’utilizzazione non contemporanea dell’erba, è dato dalla riduzione della potenziale contaminazione dei parassiti gastro- intestinali, che spesso rappresentano un limite all’accrescimento degli animali più giovani (Cavallero & Ciotti, 1991).