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La questione dell’efficacia dell’input linguistico genitoriale per lo sviluppo linguistico dei bambini con DSL

Capitolo 3 LA CONVERSAZIONE CON I BAMBINI CON DISTURBO SPECIFICO DEL LINGUAGGIO

3.2 La partecipazione dei bambini con DSL alla conversazione e la reciprocità dell’influenza nell’interazione

3.2.1 La questione dell’efficacia dell’input linguistico genitoriale per lo sviluppo linguistico dei bambini con DSL

In una prospettiva di bidirezionalità dell’influenza nell’interazione le differenze riscontrate nell’input linguistico dei genitori di bambini con DSL sono interpretabili come aggiustamenti in relazione alle competenze conversazionali dei loro bambini. Tuttavia, secondo alcuni ricercatori le ridotte competenze linguistiche infantili indurrebbero un adattamento da parte dei genitori a modalità linguistiche simili a quelle usate con bambini più piccoli, con il rischio, però, di fornire

una minore stimolazione sia a livello formale che concettuale (Whitehurst et al., 1988). In merito alla questione, un’indicazione proviene dagli studi ad intervento per migliorare le strategie conversazionali dei genitori (cfr. 2.3); i risultati incoraggianti di quegli studi suggeriscono che l’acquisizione del linguaggio dei bambini con DSL si avvantaggia dell’incremento di alcune strategie che sono risultate efficaci per lo sviluppo linguistico secondo percorsi tipici.

Un’ipotesi più recente ritiene che i bambini con DSL necessitino di stimolazioni diverse rispetto ai bambini con STL e, dunque, le strategie conversazionali efficaci per sostenere lo sviluppo linguistico dei bambini con percorsi tipici di apprendimento del linguaggio non sono da considerarsi necessariamente efficaci per i bambini con DSL. In proposito, Fey e Proctor-Williams (2000) suggeriscono che la frequenza di riformulazioni nelle conversazioni spontanea madre-bambino con DSL non sia sufficiente per permettere a questi bambini di beneficiare del modello linguistico proposto. Un’analisi comparativa ha mostrato che la frequenza delle riformulazioni che coinvolgevano certi elementi grammaticali (articoli e copule) utilizzate dai genitori di bambini con DSL nello studio di Fey e coll. (Fey et al., 1999) era significativamente più bassa (.25 recast al minuto) rispetto a quella utilizzata efficacemente dai logopedisti (.8 recast al minuto) nella ricerca ad intervento di Camarata e coll. (Camarata et al., 1994). Questa ipotesi ha trovato conferma nel recentissimo studio di Proctor-Williams e Fey (2007) finalizzato a confrontare l’apprendimento della forma passata dei verbi irregolari (in inglese) in bambini di 7-8 anni con DSL e bambini di 5-6 anni appaiati per livello linguistico, attraverso l’esposizione alle forme verbali corrette secondo 3 modalità: nessun recast; densità di riformulazione tipica delle conversazioni spontanee nelle diadi-genitore bambino con sviluppo tipico di linguaggio (1-1.3 recast al minuto); densità di riformulazione da intervento (2 recast al minuto. I risultati mostrano che i bambini con STL sono significativamente più accurati dei bambini con DSL nella produzione delle forme verbali irregolari, indipendentemente dal tipo di modalità; inoltre, i bambini con DSL non migliorano la loro prestazione nella modalità che utilizza un numero di recast paragonabile a quello utilizzato spontaneamente nelle conversazioni con bambini con STL, mentre i bambini con STL hanno migliori performance nella seconda modalità rispetto alla prima. Questo risultato documenta che la

STL, non è efficace con i bambini con DSL. Tuttavia, l’incremento dei recast effettuato nella modalità d’intervento non ha comunque prodotto benefici ai bambini con DSL; questo secondo ed altrettanto importante risultato viene ricondotto dagli autori alla brevità dell’intervento (5 sessioni) e ci dice che le abilità dei bambini di sfruttare l’input influenzano l’efficacia delle strategie usate.

In relazione alla necessità di strategie diverse per favorire lo sviluppo linguistico di questi bambini, van Kleeck (2003) ha mostrato che i bambini con disturbo di linguaggio hanno maggiori difficoltà a rispondere a domande astratte, in cui oggetti o eventi del discorso sono al di fuori del contesto immediato. L’autrice fa riferimento ad un suo studio con Vander Woude (Van Kleeck, Vander Woude, 1999) in cui sono analizzate le sequenze conversazionali di due diadi madre-bambino di 3 anni e 11 mesi con DL; i risultati, in accordo con altri studi (Parnell, Amerman, Harting, 1986), mostrano che le domande con alti livelli di astrazione (che si è visto essere scarse nelle conversazioni madre-bambino con DSL), sono associate a risposte assenti o problematiche da parte dei bambini. In questo caso, l’alto livello di astrazione potrebbe sfavorire la produzione linguistica in tempo reale di questi bambini, invece che essere una strategia promozionale.

In proposito, van Kleeck e Vander Woude (2003) propongono un’interpretazione alternativa delle caratteristiche dell’input genitoriale con bambini con DSL: sostengono che alcuni aspetti dello stile materno potrebbero svolgere una funzione positiva per stimolare la partecipazione del bambino all’attività di lettura congiunta. Innanzitutto ipotizzano, in accordo con Evans e Schmidt (1991), che le madri dei bambini con disturbo di linguaggio utilizzerebbero molto tempo conversazionale per stimolare e mantenere l’attenzione dei loro bambini. Inoltre l’utilizzo di domande più concrete e facilitanti (embedded question, che contengono la risposta attesa) rispetto alle madri di bambini con sviluppo di linguaggio nella norma, potrebbero essere funzionali al coinvolgimento del bambino stesso, poiché gli fornirebbero molteplici opportunità per partecipare all’attività. In effetti anche le madri di bambini con sviluppo tipico di linguaggio sostengono fino ai 3 anni d’età la maggior parte del carico conversazionale durante la lettura congiunta (Goodsitt, Raitan, Perlumetter, 1988; Snow, 1983; Snow, Scarborough, Burns, 1999) con la probabile funzione di mantenere l’attenzione e promuovere la partecipazione dei bambini (De Temple, 2001).

In merito a questa interpretazione, Vander Woude e Barton (2003) hanno analizzato e descritto gli scambi dialogici di 4 bambini di 3, 4, 6 e 7 anni con disturbo di linguaggio di natura specifica.

Suddividendo i commenti e le domande materne in supportive (facilitanti, ad es. domande chiuse, richieste di indicazione) e indipendenti (che richiedono al bambino una produzione linguistica autonoma) è emerso che i genitori dei due bambini più piccoli utilizzano nella stessa sequenza conversazionale inizialmente domande indipendenti e solo in seguito ad alcuni turni di risposte scorrette o incomplete dei bambini introducono enunciati supportivi. Gli autori ipotizzano che i genitori di bambini in età prescolare durante la lettura congiunta cerchino attraverso sequenze conversazionali complesse di portare il bambino in una posizione di comunicatore attivo durante l’attività di lettura, nonostante le difficoltà espressive e recettive. In accordo con questa interpretazione, Girolametto (1995) suggerisce che la maggior direttività manifestata dai genitori durante le conversazioni con i figli con DSL, potrebbe essere una strategia “adattiva” per promuovere la condivisione dell’attenzione e dell’azione da parte dei bambini. Inoltre, che la semplicità degli enunciati materni potrebbe aiutare i bambini a cogliere le relazioni fra gli elementi linguistici e non-linguistici del discorso (Girolametto et al., 1996).

Nel complesso gli studi sull’efficacia dell’input linguistico e comunicativo offerto dai genitori ai bambini con DSL (e dalle ricerche ad intervento presentate nel paragrafo 2.3), emergono alcune preziose indicazioni. Innanzitutto, lo sviluppo linguistico dei bambini con DSL beneficia di alcune caratteristiche dell’input considerate efficaci per lo sviluppo linguistico dei bambini con percorsi tipici di apprendimento del linguaggio (responsività contingente e stile dialogato); in particolare, l’incremento di alcune strategie da parte dei genitori, soprattutto attraverso l’attuazione di programmi di intervento, risulta una pratica utile per sostenere questi bambini. Tuttavia, in relazione ad alcune caratteristiche dell’input (il livello d’astrazione e la complessità degli enunciati) potrebbero essere ottimali strategie qualitativamente diverse (e in genere meno complesse). La scarsità dei dati empirici in proposito non permette a tutt’oggi di delineare un quadro completo delle strategie migliori per sostenere il coinvolgimento attivo dei bambini con DSL durante le conversazioni.