SCAUTISMO E CULTURA ORGANIZZATIVA: I CONTRIBUTI DELLA LETTERATURA
QUINN E ROHRBAUGH: L’EFFICACIA DELLA CULTURA ORGANIZZATIVA
Robert Quinn e John Rohrbaugh presentano un framework per l’analisi organizzativa, incentrandosi sul concetto di efficacia. Questa tematica risulta centrale, sebbene ci siano alcune problematiche, per primo il fatto che tale concetto sia di difficile definizione. Campbell (1977) ha identificato ben trenta differenti criteri di efficacia, che portarono l’autore a concludere che “different people adhere to different models, and there is no correct way to choose among them. Thus, when a list is put together from different conceptual points of view, the composite list will almost inevitably look messy.”. Tutto questo porta a concludere che l’efficacia, più che un concetto, venga considerate un costrutto. Un concetto, infatti, è un’astrazione a partire da eventi osservati, le cui caratteristiche sono direttamente osservabili o facilmente misurabili. Alcuni concetti, tuttavia, non riescono ad essere correlati ai fenomeni che si intendono rappresentare. Ci sono infatti delle difficoltà, ad un livello più alto di astrazione dagli eventi concreti, e queste astrazioni sono a volte identificate come costrutti, dal momento che sono costruiti da concetti provenienti da un livello di astrazione inferiore. Il problema è che non è semplice capire quali concetti vadano inclusi nel costrutto dell’efficacia, o come siano legati ad essa.
Questo discorso intorno al tema dell’efficacia può risultare interessante nell’ottica d’insieme di questo elaborato, per comprendere se e come dei valori forti e ben definiti come quelli espressi dallo scautismo possano tradursi in un migliore approccio in ottica di efficacia. L’analisi del testo dei due autori, quindi, vuole cercare delle conferme o delle smentite all’ipotesi che un modello d’azione basato su determinati valori possa portare ad una prestazione più efficace.
Scott suggerisce che i numerosi criteri individuati da Campbell per misurare l’efficacia possano essere ricondotti a tre modelli: il rational system model, il natural system model, e l’open system model. Il primo modello si basa su leggi meccanicistiche e strumentali, focalizzando l’attenzione su produttività ed efficienza. Il natural system model considera non solo la funzione di produttività, ma anche le attività che ciascuna unità organizzativa deve attuare per rimanere attiva, come la coesione tra i membri. Infine, l’open system model enfatizza su l’adattabilità e l’acquisizione delle risorse.
61 Cameron ha similmente proposto un modello a quattro stadi: l’obiettivo, le risorse del sistema, i processi interni e l’approccio per la soddisfazione dei partecipanti. Qui l’organizzazione è vista come un’entità dinamica all’interno della quale si sviluppano dei complessi network. Un’organizzazione, per essere efficace, deve soddisfare ogni sua componente a tal punto da far sì che le continue transazioni interne siano assicurate. Il tentativo di Quinn e Rohrbaugh è quello di introdurre una metodologia di analisi multivariata con un focus sulla struttura cognitiva e non sulla struttura dei processi organizzativi, come era stato fatto in precedenza e con risultati tra loro contrastanti. Con questo modello, quindi, è stato possibile riordinare i criteri che gli studiosi di organizzazione aziendale utilizzano per valutare la performance organizzativa.
Tornando allo scautismo, resta da scoprire se qualcuno di questi criteri coincida effettivamente con i valori espressi dalla Legge scout.
Ciò che è stato chiesto agli studiosi aziendalisti è di riordinare in ordine di importanza una lista dei trenta criteri individuati da Campbell per descrivere l’efficacia.
In questo studio preliminare, dei trenta criteri ne sono stati eliminati 13, ritenuti poco attinenti.
A questo punto, è stato domandato di accoppiare i rimanenti 17 criteri, in base alla similarità.
I risultati suggeriscono che gli studiosi di economia aziendale condividono tra loro un implicito framework teoretico e, di conseguenza, i criteri dell’efficacia organizzativa possono essere raggruppati secondo tre assi o dimensioni di valore. La prima dimensione è collegata al focus organizzativo, da un’enfasi interna sul benessere e lo sviluppo del personale ad una esterna e più macro, incentrata sul benessere e lo sviluppo dell’organizzazione stessa. La seconda dimensione è connessa alla struttura organizzativa, da un’attenzione sulla stabilità ad una sulla flessibilità. La terza dimensione è legata alla catena mezzi-fini di un’azienda, da un’enfasi sui processi, come la fissazione degli obiettivi, ad una sugli outcome, come la produttività.
Costruendo dunque una matrice, si possono individuare quattro quadranti:
- human relations model, con focus interno sulla flessibilità: i mezzi sono la coesione e la morale, il fine è lo sviluppo delle risorse umane
- internal process model, con focus interno sul controllo: i mezzi sono l’information management e la comunicazione, i fini sono la stabilità e il controllo
62 - rational goal model, con focus esterno sul controllo: i mezzi sono la pianificazione e la fissazione di obiettivi, i fini sono la produttività e l’efficienza
- open system model, con focus esterno sulla flessibilità: i mezzi sono la flessibilità e la prontezza, i fini sono la crescita e l’acquisizione delle risorse
Se volessimo considerare lo scautismo come un’organizzazione, probabilmente potrebbe rientrare nello human relations model, in quanto ciò che accomuna tutti gli scout è la credenza in valori e assunti condivisi, che fanno sì che effettivamente all’interno dei gruppi ci sia una forte coesione.
Quello che lo scautismo si prefigge di fare è quello di formare il cosiddetto buon cittadino, ovvero quella persona civicamente responsabile e consapevole dei propri diritti e dei propri doveri, quindi questi aspetti effettivamente rispecchiano il primo modello organizzativo individuato sulla matrice.
Si può addirittura parlare di uno sviluppo delle risorse umane su due livelli: il primo riguarda l’educazione dei bambini e dei ragazzi, provvedendo alla loro crescita in modo armonico ed avvalendosi di precisi strumenti educativi quali il PEG e il PFS che coadiuvano i capi-educatori in questo difficile compito, mentre il secondo livello riguarda la formazione degli adulti, fornendo loro interventi di tipo diretto e indiretto, come weekend formativi organizzati a livello locale, eventi formativi nazionali, trapasso delle nozioni tra capi appartenenti allo stesso staff.
La conclusione alla quale i due autori giungono è che l’efficienza organizzativa non è un semplice concetto, bensì una nozione astratta e socialmente costituita. Il modello che è stato costruito mostra infatti come i quattro approcci siano ugualmente validi pur basandosi su diverse concezioni della nozione di efficienza.
Una volta individuati i fini aziendali, dunque, sarà possibile comprendere quali, coerentemente con essi, potranno essere i mezzi migliori per raggiungere tali obiettivi. In questo modo si potrà così raggiungere l’efficacia organizzativa, così come viene intesa da ciascuna delle teorie.