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Quinto argomento (102,5-25) I generi accidentali possono essere considerati in due modi: in quanto essi sono essenze (dawāt) e in quanto essi sono accidenti In quanto sono

C) La terza possibilità è che il passo in questione sia una traduzione “parafrastica” o esplicativa del commento di Porfirio La mancanza di frammenti estesi delle traduzioni arabe

V. Come si divide l'esistente in essi, sia che vi siano enti che non vi rientrano, sia che non vi siano?

5. Quinto argomento (102,5-25) I generi accidentali possono essere considerati in due modi: in quanto essi sono essenze (dawāt) e in quanto essi sono accidenti In quanto sono

essenze, sono raccolti (e divisi) nelle nove categorie; in quanto accidenti, invece, sono tutti riuniti entro il significato dell'accidente. Tutti gli accrescimenti o le riduzioni del numero delle categorie effettuabili dipendono dall'adozione, di volta in volta, di un criterio di suddivisione diverso. La suddivisione in dieci dipende dalla loro considerazione in quanto sono essenze, e questo è ciò che ha fatto Aristotele nelle Categorie; se li si considera invece dal punto di vista della comunanza e della particolarità sono divisibili in cinque, come ha fatto Porfirio nell'Isagoge406; se invece sono considerati dal punto di vista della loro capacità di sussistenza autonoma, si dividono soltanto in due, per l'appunto in sostanza e accidente.

Nessuna di queste obiezioni è ripresa letteralmente da Avicenna, ma la conoscenza di quelle enumerate da Ibn al-Ṭayyib permette di comprendere facilmente lo sfondo teorico di quelle discusse in Maqūlāt II 2, che seguono la stessa linea degli argomenti 1. e 4. (ossia, dimostrare che la definizione dell'accidente non può essere applicata “allo stesso modo” a tutte le categorie). Inoltre, alcune di queste prove saranno richiamate nel successivo capitolo II 3.

Gli argomenti menzionati e discussi in questo capitolo avicenniano sono, in tutto, quattro. I primi tre si possono considerare articolazioni di un unico argomento, che dimostra che l'accidente non è un sommo genere a partire dal fatto che nella definizione di alcune categorie accidentali non possa rientrare, propriamente, la descrizione aristotelica dell'accidente. Le categorie in questione sono il tempo (zamān), il “dove” (ayna), il relativo (muḍāf). Questi tre argomenti sono confutati in dettaglio da Avicenna, che li ritiene intrinsecamente inesatti, e per conseguenza inadeguati a dimostrare la tesi desiderata. Il quarto, invece, è ritenuto da

406

Ibn al-Ṭayyib, Tafsīr 102,18-19 Ferrari. Questa affermazione sembra presupporre una confusione tra gli universali in quanto categorie e in quanto predicabili.

Avicenna molto indicato e pertinente. Li esaminerò di seguito, a cominciare da quelli relativi al “quando” e al “dove”.

2.2 L'accidentalità del “quando” e del “dove”.

Le obiezioni menzionate da Ibn al-Ṭayyib insistono sul fatto che vi sia una differenza tra la quantità e la qualità e gli altri accidenti, perché questi sono proprietà sussistenti “fra due cose”, e fra queste il tempo e il luogo; i primi due argomenti presi in esame da Avicenna, invece, affermano che il tempo e il luogo non possono condividere la descrizione aristotelica dell'accidente, perché determinazioni come “ieri” o “nel mercato” sono generiche e comuni a molti soggetti, e non possono inerire a uno soltanto né a tutti simultaneamente. Il presupposto implicito di questo argomento, dunque, è che la descrizione dell'accidente (“ciò che esiste in un soggetto non come parte di esso”) implichi, necessariamente, l'inerenza di una proprietà individuale in un soggetto individuale.

Per Avicenna questi due argomenti sono erronei, in virtù del fatto che i commentatori abbiano confuso il tempo e il luogo con cui ogni individuo è in rapporto (il tempo di Zayd e il tempo di ‘Amr) con il tempo e il luogo “comuni”, unitari secondo il numero, con cui tutte le cose sono in rapporto simultaneamente. Nulla, infatti, impedisce che singoli individui intrattengano relazioni con determinazioni temporali o locali individuali.

Per comprendere meglio l'obiezione di Avicenna bisogna considerare brevemente la sua dottrina relativa a queste due categorie accidentali, esposta nel modo più compiuto in Maqūlāt VI 5, capitolo intitolato appunto “Sul dove e sul quando” (Fī l-ayna wa-fī l-matā). In questo luogo Avicenna afferma che le categorie del “quando” e del “dove” corrispondono a proprietà in virtù delle quali una cosa intrattiene una relazione con un luogo e un tempo determinati407. Zayd, per esempio, è nel mercato in virtù del fatto che gli inerisca accidentalmente l'“essere nel mercato”. Nulla vieta, pertanto, che proprietà siffatte possano essere generiche, specifiche e perfino individuali, tanto che ad esempio, nel discutere delle proprietà della categoria del “dove”, Avicenna ne abbozza sommariamente un albero logico, nei seguenti termini:

Nel “dove” c'è [il “dove”] generico, cioè l'essere nel luogo; c'è [il “dove”] specifico, come l'essere nell'aria; c'è [il “dove”] individuale, come l'essere di questa cosa, in questo tempo, nell'aria, e [in

407

Maqūlāt VI 5, 228,8-9: “Quanto al ‘dove’, esso si compie mediante la relazione di ciò che è dotato di luogo con il luogo in cui è, e la sua essenza è l'essere della cosa nel suo luogo” (wa-ammā l-ayna, fa-inna-hū yatimmu bi-nisbati l-mutamakkani ilā l-makāni huwa fī-hi, wa-ḥaqīqatu-hū kawnu l-šay’i fī makani-hī); 231,4: “Quanto al "quando", anche esso è una certa relazione della cosa con il tempo [...]” (wa-ammā l-matā, fa-inna-hū ayḍan nisbatun mā li-l-šay’i ilā l-zamāni).

questo caso] è un luogo secondario; oppure, ad esempio, l'essere di questo corpo in questo luogo vero e proprio designabile408.

La distinzione fra “luogo vero e proprio” e “luogo secondario” è enunciata da Avicenna poco sopra: con il primo si intende il luogo appropriato di qualcosa, ovvero lo spazio occupato da un soggetto, mentre il secondo il luogo in cui esso si trova secondariamente, di cui lo spazio primario fa parte409. A proposito dell'unità o molteplicità della relazione con il luogo, in questo stesso passo di VI 5 Avicenna discute anche un'aporia, per la cui risoluzione menziona e accetta l'opinione di un anonimo commentatore. L'aporia è discussa come segue:

Un predecessore ha affermato che nel “dove” unitario talvolta esistono molteplici sostanze, come ad esempio una moltitudine nel mercato. Costui ha errato, e gli ha risposto uno dei più recenti con ciò che ha affermato, dicendo che le cose non stanno così; poiché nel “dove” vero e proprio non si trova questo senso; quanto al “dove” non vero e proprio, come l'essere nel mercato, esso non è il mercato in sé, poiché, anche se è innegabile che il mercato sia un luogo stabilito e compartecipato [dalle sostanze], il “dove” non è il mercato, ma l'essere di Zayd nel mercato è il “dove”, ed esso è un attributo di Zayd in virtù del quale Zayd è nel mercato. Non è in virtù di esso che ‘Amr è nel mercato, anche se il mercato è uno; dunque la relazione di Zayd con esso, in quanto egli è Zayd, è diversa dalla relazione di ‘Amr secondo una diversità numerica, e ciò è come la bianchezza, poiché anche se è unitario per la specie, differisce per il numero410.

L'iniziale argomento erroneo è riportato da Avicenna ellitticamente: la conseguenza che se ne trae, e che Avicenna intende confutare, è che la relazione con il luogo non possa essere differenziata da individuo a individuo, ma che sia numericamente una. Lo stesso discorso può essere applicato anche alla categoria del “quando”, seppur con le debite correzioni: il tempo vero e proprio, infatti, a differenza del luogo vero e proprio, è un tempo unitario con cui tutte le cose hanno relazione. Ciò che si differenzia caso per caso, individuo per individuo non è,

408

Maqūlāt VI 5, 229,1-3: Wa-l-ayna min-hū ğinsiyyun wa-huwa l-kawnu fī l-makāni; wa-min-hū naw‘iyyun ka- l-kawni fī l-hawā’i; wa-min-hū šaḫṣiyyun ka-kawni hādā l-šay’i, fī hādā l-waqti fī l-hawā’i, wa-huwa makānun tānin, aw mitla kawni hādā l-ğismi fī hādā l-makāni l-ḥaqīqiyyi l-mušāri ilay-hī.

409

Maqūlāt VI 5, 228,11-15.

410

Maqūlāt VI 5, 229,4-11: Wa-qad za‘‘ama ba‘ḍu l-mutaqaddimīna anna l-wāḥida min al-ayna qad yūğadu fī- hi ğawāhiru katīratun, ka-‘iddatin fī l-sūqi. Wa-qad ġaliṭa wa-ağāba-hū ba‘ḍu l-ḥadati bi-mā a‘bara ‘an-hū, qāla: inna-hū laysa l-amru kadālika, fa-inna l-ayna l-ḥaqīqiyya lā yūğadu fī-hi hādā l-ma‘nā; wa-ammā l-ayna l-ġayru l-ḥaqīqiyyin ka-l-kawni fī l-sūqi, fa-laysa huwa nafsu l-sūqi, fa-inna-hū wa-in kāna lā budda min an yakūna l-sūqu makānan tābitan muštarakan fī-hi, fa-laysa l-ayna huwa l-sūqu, bal kawnu Zaydin fī l-sūqi huwa l-ayna, wa-huwa ṣifatun li-Zaydin bi-hā Zaydun kā’inun fī l-sūqi. Wa-laysa bi-hā bi-‘ayni-hā ‘Amrun kā’inan fī l-sūqi, wa-in kāna l-sūqu wāḥidan, fa-nisbatu Zaydin ilay-hī, min ḥaytu huwa Zaydun, ġayru nisbati ‘Amrin ġayriyyatan bi-l-‘adadi, wa-hādā ka-l-bayāḍi, fa-inna-hū wa-in kāna yuttaḥidu bi-l-naw‘i, fa-qad yatakattaru bi- l-‘adadi.

tuttavia, il tempo unitario in questione, quanto piuttosto le relazioni intrattenute dagli individui con esso. Se anche la relazione di un qualche ente con il tempo viene a mancare, le relazioni intrattenute con esso da tutti gli altri enti permangono.

Il tempo appropriato non è come il luogo appropriato, nel senso che non c'è compartecipazione ad esso nella relazione con esso; ma con il tempo unico, vero e proprio, determinato, sono in relazione molte cose, e dunque ciascuna di esse è nel tempo secondo il modo dell'appropriatezza. Ma ciò nonostante, poiché ciascuna cosa è in esso, questa relazione [con esso] è quella [relazione] particolare [che la cosa intrattiene] con esso, cessata la quale rimarrebbe una relazione particolare delle altre [cose con il tempo], anche se ciò con cui [le cose] sono in relazione è uno solo (similmente a ciò che abbiamo detto riguardo alla relazione con il mercato). Non occorre che ci dilunghiamo a ricordare ciò che ha detto il predecessore menzionato riguardo al “quando”; [...] poiché ha detto ciò che ha detto riguardo al luogo, e questo è il suo discorso [anche] riguardo al tempo411.

L'identità degli autori citati da Avicenna non è esplicitata né nota, e in merito si possono soltanto fare congetture; l'argomento del primo predecessore, inoltre, è abbastanza specifico, e nei commenti a noi noti non se ne trova traccia. Certamente, la disputa sul rapporto fra le categorie del “dove” e del “quando” e lo spazio e il tempo assoluti è molto antica; se per conto suo Aristotele separa nettamente i due aspetti, ponendo il tempo e il luogo entro la categoria della quantità412 e teorizzando categorie separate per la “relazione col tempo” e la “relazione col luogo”, già Andronico li associa strettamente, ponendo una categoria del “tempo” e una del “luogo” e a queste subordinando le relazioni413. Anche Plotino, nella sua articolata confutazione della tavola categoriale aristotelica contenuta nel primo trattato Sui generi dell'essere, si chiede perché le determinazioni di tempo e luogo non debbano cadere nella stessa categoria del tempo e del luogo assoluti414. Contro questa tesi la tradizione esegetica greca, rappresentata ad esempio da Simplicio, insiste sull'aspetto relazionale di queste categorie, e sulla loro dignità a essere classificate fra i sommi generi415; questa

411

Maqūlāt VI 5, 231,9-14: Wa-laysa l-zamānu l-muṭābiqu ka-l-makāni l-muṭābiqi fī anna-hū lā yušaraku fī-hi fī l-nisbati ilay-hī; bali l-zamānu l-wāḥidu l-ḥaqīqiyyu l-mu‘ayyanu tunsabu ilay-hī ašyā’u katīratun, fa-yakūnu kullu wāḥidin min-hā fī-hi ‘alā sabīli l-muṭābaqati. Lakinna ma‘a dālika, fa-inna kulla wāḥidin kā’inun fī-hi, takūnu hiya nisbatu-hū l-ḫaṣṣiyyatu ilay-hī llatī law ‘adamat la-baqiyat nisbatun ḫaṣṣiyyatun li-l-uḫrā, wa-in kāna l-mansūbu ilay-hī wāḥidan naẓīra mā qulnā fī l-nisbati ilā l-sūqi, wa-lā naḥtāğu an nutawwila bi-dikri mā qāla-hū l-mutaqaddimu l-madkūru fī “matā” [...]; fa-inna-hū id qāla mā qāla fī l-makāni; fa-huwa qawlu-hū fī l- zamāni.

412Cat. 6, 5a 6-14. 413

Simpl. In Cat., 134,5-7; 342,21-25 Kalbfleisch.

414

Plot. Enn. VI 1, 13-14.

415

Simpl. In Cat., 342,25-28 Kalbfleisch: “Bisogna che coloro che seguono Aristotele mostrino prima di tutto che il tempo e il luogo appartengono alla quantità, in seguito che il ‘quando’ e il ‘dove’ non sono tempo e luogo,

posizione sembra essere recepita anche nella tradizione araba pre-avicenniana, ed è testimoniata ad esempio dal commento di Ibn al-Ṭayyib416.

A ogni modo, l'opinione riportata in questo luogo di VI 5 è la stessa su cui Avicenna fonda la confutazione dell'argomento anonimo in Maqūlāt II 2. La discussione di questi due argomenti non è molto estesa, e ulteriori speculazioni sulla natura del tempo (fra cui quella relativa alla sua sostanzialità) sono rimandate da Avicenna ai luoghi appropriati della Fisica417.

2.3 L'accidentalità del relativo e del possesso.

Un altro argomento discusso da Avicenna in II 2 riguarda le categorie della relazione e del possesso; queste, infatti, non condividerebbero la descrizione “canonica” dell'accidente in virtù del loro inerire non a un solo soggetto, bensì ad almeno due. Anche su questo argomento Avicenna è critico: il “relativo” infatti esprime una proprietà che, pur riguardando due enti simultaneamente, inerisce anche a ciascuno di essi singolarmente; mentre il possesso, ad esempio di un'arma, è una relazione unilaterale che può inerire soltanto al possessore.

2.4 L'ultimo argomento: “accidente” non rientra nella quiddità delle categorie accidentali.

L'ultimo argomento, che Avicenna non rigetta ma accoglie in quanto “pertinente”, afferma che l'accidente non può essere un genere per le categorie accidentali, perché non ne esprime la natura, ovvero non rientra nelle loro quiddità. Esso indica, semmai, un certo tipo di relazione che la loro quiddità intrattiene - necessariamente - con altri soggetti: nello specifico, l'inerenza e la dipendenza dal punto di vista dell'esistenza.

Non è chiaro, anche qui, chi sia la fonte di questa dottrina; non ci sono paralleli né in Simplicio né in Olimpiodoro/David. L'argomento sembra ricordare, vagamente, il 2. enunciato da Ibn al-Ṭayyib. Di certo, questa opinione corrisponde sostanzialmente a quella

ma una relazione con il tempo e con il luogo, e che sono degni di essere inclusi nel novero dei sommi generi”. (δεῖ δὲ τοὺς ἑποµένους τῷ Ἀριστοτέλει δεῖξαι πρῶτον µὲν ὅτι τοῦ ποσοῦ ὁ χρόνος ἐστὶν καὶ ὁ τόπος, ἔπειτα <ὅτι> τὸ ποτὲ καὶ ποῦ οὐ χρόνον καὶ τόπον ἀλλὰ σχέσιν πρὸς χρόνον καὶ τόπον δηλοῦσιν, καὶ ὅτι ἄξιά ἐστιν εἰς ἀριθµὸν τῶν γενικωτάτων παραλαµβάνεσθαι.)

416 Ibn al-Ṭayyib, Tafsīr, 351,2-8 Ferrari. Il “quando” è definito come “relazione che si verifica tra le cose e il

tempo” (nisbatun taḥdutu bayna l-umūri wa-bayna l-zamāni); il “dove” come “relazione che si verifica tra le cose e il luogo” (nisbatun taḥdutu bayna l-umūri wa-bayna l-makāni).

417

avicenniana, che in conclusione del capitolo, per descrivere il comportamento dell'“accidente” rispetto alle nove categorie non sostanziali, si affida indirettamente alla nozione di taškīk:

Dunque, la relazione dell'accidente con questi [nove generi] è la relazione dell'esistente con le quiddità dei dieci, in quanto esso non rientra nella quiddità. E come l'esistente non è costitutivo della quiddità di questi dieci, così l'accidentalità non è costitutiva della quiddità dei nove [generi accidentali], e perciò non si trova, nella definizione di alcuno di essi, che esso è un accidente418.

L'accidentalità si comporta come l'esistente, ovvero è predicata come lāzim, concomitante inseparabile che non rientra nella quiddità delle nove categorie accidentali.

418

Maqūlāt II 2, 66,2-5: Fa-nisbatu l-‘araḍi ilā hādihi nisbatu l-mawğūdi ilā māhiyyati l-‘ašarati min ḥaytu laysa dāḫilan fī l-māhiyyati. wa-ka-mā anna l-mawğūda laysa muqawwiman li-māhiyyati hādihi l-‘ašarati, ka- dālika ‘araḍiyyatun laysat muqawwimatan li-māhiyyati l-tis‘ati, fa-li-dālika lā yūğadu fī ḥaddi šay’in min-hā anna-hū ‘araḍun.

3. Sull'incompletezza o la ridondanza della tavola categoriale.

3.1 Tavole categoriali alternative nella tradizione esegetica.

Il terzo capitolo del secondo trattato del Maqūlāt, anch'esso molto breve, è intitolato «Sull'investigazione dei discorsi di chi impone, riguardo ad essi [scil. ai dieci generi], un difetto o un'intrusione» (Fī ta‘aqqubi aqwāli man awğaba fī-hā nuqṣānan aw mudāḫalatan). Diversamente da quanto effettuato nel capitolo precedente, in cui prende in considerazione vari argomenti erronei addotti in favore di una tesi giusta, in questo Avicenna si cura di confutare direttamente le opinioni sbagliate di alcuni suoi predecessori: nella fattispecie, le opinioni di coloro che riducono il numero dei sommi generi, imponendo appunto un “difetto” nella tavola aristotelica delle categorie o ipotizzando l'“intrusione” di generi che potrebbero facilmente essere ricondotti ad altri.

La tradizione esegetica greca ci consegna, nei commenti al quarto capitolo delle Categorie, il quadro di diverse dottrine relative all'incompletezza o alla ridondanza delle categorie, e la discussione delle aporie connesse. Se però Simplicio, ad esempio, ne nomina e discute qualcuna, e come lui Ammonio, Filopono e Olimpiodoro, il resoconto più sistematico si ritrova nel commento di David/Elias, dove vengono menzionate tutte le seguenti sistemazioni alternative della tavola categoriale419:

11 categorie 10 categorie + “essere avuto” (ἔχεσθαι) 9 categorie 8 categorie + “essere mosso” (κινεῖσθαι, in

cui rientrano l'agire e il patire) 8 categorie L'agire e il patire rientrano nei relativi 6 categorie L'agire, il patire, l'avere e la posizione

rientrano nei relativi

5 categorie Tavola attribuita a Galeno: sostanza, qualità, quantità, relativo, πρός τί πως ἔχον

(“modo di essere relativo”)420 4 categorie 2 versioni, delle quali la seconda è

attribuita a Plotino: Sostanza, qualità, quantità, relativo421

419 La tabella seguente sintetizza Elias, In Cat. 159,34 - 161,15 Busse. Per uno schema simile si veda anche C.

Luna, Commentaire, p. 616.

420

L'attribuzione a Galeno di questa tavola dipende, secondo P. Moraux (Aristotelismus, II, op. cit., pp. 692- 693) e C. Luna (Commentaire, p. 723), da un errore del commentatore, giacché di questa partizione dei generi nell'opera di Galeno non si trova altra traccia né notizia.

421

Delle due versioni la prima, anonima, giustifica l'inclusione di tutte le restanti categorie entro la relazione in quanto esse sono “relative” (σχετικά); la seconda, invece, “plotiniana”, accetta che tutte le categorie restanti

3 categorie Sostanza, quantità, qualità

2 categorie Sostanza, accidente

1 categoria Essere (τὸ ὄν)

Il commento alle Categorie di Ibn al-Ṭayyib mostra chiaramente l'influenza di questo schema sistematico, riproposto come segue422:

1 categoria Esistente (al-mawğūd)

2 categorie Sostanza e accidente

4 categorie Attribuita agli Stoici (Falāsifa l-miẓallati, “filosofi del portico”): Sostanza, qualità,

relativo, “cose delle quali si dice come sono e com'è il loro stato” (al-ašyā’u llatī

yuqālu fī-hā kayfa hiya wa-kayfa hālu-hā),

identificate con la posizione (mawḍū‘) 5 categorie Attribuita a Galeno (Ǧālīnūs): sostanza,

quantità, qualità, “gli estremi che prendono una qualche cosa in fatto di qualità” (al-aṭrāfu llatī ta’ḫudu mina l-

kayfiyyati šay’an mā), la “relazione con

un'altra cosa” (al-iḍāfatu ilā šay’in āḫara) 9 categorie agire e patire rientrano in un genere solo, Attribuita a Nicostrato (Niqūsṭrīṭūs):

ovvero il movimento (ḥarāka) 11 categorie posseduto” (yuqtanā, contrapposto a 10 categorie + categoria dell'“essere

yaqtanī “possedere”)

L'attribuzione della dottrina delle cinque categorie a Galeno indica chiaramente una dipendenza, diretta o indiretta, dal commento di Elias/David; l'attribuzione di quella delle nove categorie a Nicostrato, invece, non è attestata in nessun commento greco a noi noto423.

La menzione delle quattro categorie stoiche richiama, infine, il commento di Simplicio.

Il capitolo II 3 avicenniano si occupa di alcune di queste enumerazioni alternative: quella in quattro elementi, non nella versione stoica ma in quella “plotiniana” (quindi nella quadripartizione sostanza, quantità, qualità e relativo), quella in cinque elementi (nella

siano dedotte come “combinazione” (συµπλοκή) della relazione con le prime tre. Come nel caso di Galeno, l'attribuzione a Plotino di questa seconda quadripartizione delle categorie è del tutto erronea, Simplicio (In Cat. 66,34 - 67,9), fra l'altro, menziona e critica un'altra tavola quadripartita, ovvero quella degli Stoici, che raccoglie le quattro categorie dei “sostrati” (ὑποκείµενα), dei “qualificati” (ποιά), dei “modi di essere” (πῶς ἔχοντα) e dei “modi di essere relativi” (πρός τί πως ἔχοντα).

422

La tabella che segue sintetizza Ibn al-Ṭayyib, Tafsīr 95,12 - 106,18 Ferrari.

423

V. anche il confronto tra lo schema di Elias e quello di Ibn al-Ṭayyib in Ferrari, Der Kategorienkommentar, op. cit., pp. 134-136.

versione attribuita a Galeno), quella in nove elementi (in cui agire e patire sono raccolti entro il movimento). Esso prende in considerazione, oltre a questi casi, quello in cui agire e patire sono ricondotti al genere della qualità (non attestato in nessun commento a noi noto). In questo Avicenna sembra manifestare, dunque, una dipendenza diretta o indiretta dal commento di Elias/David, con ogni probabilità mediata da uno o più commentatori arabi, diversi da quelli da cui dipende Ibn al-Ṭayyib.

Con queste liste che “impongono un difetto” Avicenna è tendenzialmente critico; oltre ad essere favorevole alla tavola a dieci elementi, egli ritiene che fra i generi elencati e descritti da Aristotele vi siano differenze incommensurabili, tali da impedire qualsiasi tipo di sovrapposizione o “conflazione”. Di seguito prenderò in esame la critica rivolta da Avicenna a queste enumerazioni alternative, evidenziandone i principali elementi di interesse.

3.2 La tavola a quattro categorie: il problema del relativo.

La tavola a quattro categorie enumera la sostanza, la qualità, la quantità e il relativo, includendo in quest'ultimo tutte le rimanenti (agire, patire, “dove”, “quando”, posizione, possesso). In che modo i commentatori tardo-antichi spieghino la riconduzione di tutte le restanti categorie al relativo è chiaro se si considera, ad esempio, la breve discussione di questo punto condotta da Elias/David nel suo commento alle Categorie:

Se qualcuno dicesse che le categorie sono soltanto quattro, la sostanza, la quantità, la qualità e il relativo, e che le sei [rimanenti], in quanto relative, sono ricondotte sotto i relativi, occorrerebbe dire che per quanto riguarda i relativi si tratta di una relazione semplice, mentre per quanto riguarda le restanti sei categorie non è una relazione semplice ma una relazione con una materia, la sostanza