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Gli Antepraedicamenta di Avicenna, tra logica e metafisica. Al-Shifa', Maqulat I-II: Saggio introduttivo e traduzione.

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Civiltà e forme del sapere

Corso di laurea in Filosofia e forme del sapere

TESI DI LAUREA

Gli Antepraedicamenta di Avicenna, tra logica e metafisica.

Al-Šifā’, Maqūlāt I-II: saggio introduttivo e traduzione

Candidato Niccolò Caminada

Relatori

Prof.ssa Cristina D’Ancona Prof. Amos Bertolacci

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Indice Introduzione

Prima parte: Saggio introduttivo.

I. Le Categorie di Aristotele: tradizione greca, siriaca e araba pre-avicenniana.

1. Introduzione: le Categorie di Aristotele.

2. La tradizione greca da Andronico ai commentatori alessandrini. 3. La tradizione siriaca.

4. La tradizione araba prima di Avicenna: traduzione ed esegesi.

II. Le Categorie (Maqūlāt) del Kitāb al-Šifā’ nel quadro dell'opera di Avicenna. 1. Avicenna: vita e opere.

2. La dottrina delle categorie nel corpus avicenniano.

3. Le Categorie (Maqūlāt) del Kitāb al-Šifā’: collocazione e struttura.

III. Maqūlāt, primo trattato: Antepraedicamenta I (Cat. 1-2, 1a 1 - 1b 9).

1. Lo scopo delle Categorie. 2. Omonimi, sinonimi, paronimi.

3. La distinzione fra “dirsi di un soggetto” ed “esistere in un soggetto”. 4. L'“esistente in un soggetto”: dottrina e aporie.

5. Aporie sulla predicazione: la transitività.

6. L'errore di chi ritiene che una cosa possa essere, al tempo stesso, sostanza e accidente.

IV. Maqūlāt, secondo trattato: Antepraedicamenta II (Cat. 3-4, 1b 10 - 2a 10). 1. Le differenze dei generi subordinati; lo statuto categoriale dell'esistente. 2. L'accidente è una categoria?

3. Sull'incompletezza o la ridondanza della tavola categoriale. 4. Ulteriori aporie sul numero delle categorie.

5. La deduzione delle categorie.

Conclusioni Bibliografia

Seconda parte: Traduzioni e lessico

4 Y Z 6 9 15 17 N 26 28 35 M 41 55 68 98 114 124 R 134 153 161 173 187 204 213

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Introduzione

Πολλοὶ πολλὰς κατεβάλοντο φροντίδας εἰς τὸ τῶν Κατηγοριῶν τοῦ Ἀριστοτέλους βιβλίον, οὐ µόνον ὅτι προοίµιόν ἐστι τῆς ὅλης φιλοσοφίας [...], ἀλλὰ καὶ ὅτι τρόπον τινὰ περὶ ἀρχῶν ἐστι τῶν πρώτων [...]. Simplicio, In Aristotelis Categorias, 1,3-7 Kalbfleisch.

La presente ricerca consiste in una traduzione e analisi sistematica dei primi due libri del principale testo del filosofo persiano Avicenna (m. 1037) sulle Categorie di Aristotele. L'opera in questione, ovvero il [Kitāb al-]Maqūlāt ([Libro delle] Categorie), è un trattato che fa parte della più estesa summa filosofica avicenniana, il Kitāb al-Šifā’ (Libro della Guarigione). Il Maqūlāt costituisce la seconda sezione della prima parte, dedicata alla logica, dello Šifā’: come tale, fa seguito a una parafrasi dell'Isagoge di Porfirio (Madḫal) e precede immediatamente la parafrasi del De interpretatione di Aristotele (‘Ibāra). Si tratta di un lungo “commento” alle Categorie, o piuttosto di una parafrasi ampiamente rielaborativa, che segue l'ordine del testo di Aristotele discutendone dottrine e aporie. Nella sua esegesi delle Categorie Avicenna segue in parte la tradizione esegetica, e in parte se ne distanzia sviluppando riflessioni del tutto indipendenti.

Allo stato attuale non esiste, pubblicata, alcuna traduzione integrale in lingua occidentale di questo testo, come avviene del resto per il grosso della logica dello Šifā’; è tuttavia in corso di pubblicazione una prima traduzione inglese1. Si possono trovare, ad ogni modo, traduzioni parziali del Maqūlāt in diverse monografie e articoli. La bibliografia specificamente dedicata alle Categorie dello Šifā’ e alla dottrina categoriale in Avicenna è, ad oggi, abbastanza esigua, anche se in rapido accrescimento. D. Gutas per primo, nell'importante monografia dedicata al pensiero di Avicenna, ha indicato nella sua dottrina relativa alle Categorie un significativo punto di rottura con la tradizione aristotelica, mettendo in evidenza il rifiuto, da parte di Avicenna, della dottrina categoriale come insegnamento fondamentale della logica, e la sua

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conseguente riluttanza ad affrontare il tema in opere di argomento logico2. La critica recente, sulla scia di Gutas, si è perlopiù soffermata sull'ambiguo statuto delle Categorie per Avicenna, e in particolare sulle forti contaminazioni ontologiche ravvisabili nei primi capitoli del Maqūlāt.

Seguendo queste interpretazioni mi propongo, nella mia ricerca, di esaminare analiticamente i primi due libri del Maqūlāt avicenniano, corrispondenti all'incirca ai primi quattro capitoli delle Categorie di Aristotele (i cosiddetti Antepraedicamenta), con l'intento di evidenziarne la forte coloritura “metafisica”. La mia analisi procede lungo due linee parallele: da un lato mi propongo di spiegare il testo di Avicenna alla luce di altre opere avicenniane (in particolare la Metafisica, Ilāhiyyāt, dello stesso Kitāb al-Šifā’); dall'altro indago il rapporto con la tradizione esegetica (greca e araba) precedente, cercando di chiarificare passaggi oscuri e di identificare fonti probabili o certe.

La mia tesi è suddivisa in due parti: un saggio introduttivo, che costituisce il nucleo del lavoro, e la traduzione del testo. Il saggio introduttivo consta di quattro capitoli. Nel primo capitolo presento sinteticamente la tradizione esegetica greca, siriaca e araba delle Categorie, dai primi commentatori peripatetici fino ai contemporanei di Avicenna; nel secondo, invece, introduco al Maqūlāt e alla sua struttura passando in rassegna le opere di Avicenna in cui è esposta la dottrina delle categorie, cercando di presentare sommariamente un quadro della sua ricezione del trattato aristotelico. L'analisi vera e propria del testo di Avicenna è fornita nel terzo e nel quarto capitolo, dedicati rispettivamente al primo e al secondo trattato del Maqūlāt. La seconda parte della tesi contiene una traduzione italiana di Maqūlāt I-II e una traduzione di alcune pagine di un altro testo avicenniano relativo alle Categorie, il Kitāb al-Maqūlāt del Compendio medio di logica (Muḫtaṣar awsaṭ fī l-manṭiq), seguite da un lessico arabo-italiano.

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D. Gutas, Avicenna and the Aristotelian Tradition. Introduction to Reading Avicenna's Philosophical Works, Brill, Leiden-Boston 1988, 1a edizione, pp. 265-267; 2a edizione, 2014, pp. 300-303.

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I.

Le Categorie di Aristotele: tradizione greca, siriaca e araba pre-avicenniana.

1. Introduzione: le Categorie di Aristotele3.

Le Categorie aristoteliche hanno costituito, fin dall'antichità e soprattutto a partire dal I secolo a.C., l'oggetto di numerosi studi e commenti da parte di filosofi non solo aristotelici, ma anche appartenenti ad altre scuole. Le ragioni di questo interesse stanno, probabilmente, (a) nella posizione particolare che questo scritto occupa all'interno del corpus tràdito e (b) nel carattere assai problematico della sua interpretazione. Benché, infatti, le Categorie siano poste tradizionalmente al principio della logica, cioè del cosiddetto Organon (già a partire dall'edizione di Andronico di Rodi4), non si può ritenere con certezza che siano un'opera di argomento logico.

Il nucleo di questo breve trattato, che consta solamente di 15 pagine nell'edizione ottocentesca di I. Bekker, è in sintesi una classificazione delle espressioni in dieci generi; questa è preceduta da una serie di scarni capitoletti introduttivi, ed è seguita da alcuni paragrafi di argomento vario, apparentemente irrelati con quanto precede. La tradizione, tardo-antica e scolastica, divide appunto il testo in tre parti: Antepraedicamenta (πρὸ τῶν κατηγοριῶν), corrispondenti ai primi quattro capitoli dell'opera; Praedicamenta (αἱ αὐταὶ

3

Delle edizioni critiche di questo testo userò soprattutto quella di L. Minio-Paluello (Categoriae et Liber De Interpretatione, Oxford, Clarendon Press 1949), talora confrontandola con la più recente edizione con traduzione francese e commento di R. Bodéüs (Aristote, Catégories: Paris, Les Belles Lettres 2001). Fra le traduzioni annotate e commentate si segnalano quella classica inglese di J. L. Ackrill (Aristotle's Categories and De Interpretatione, Oxford University Press 1963), quella tedesca di K. Oehler (Aristoteles: Werke in Deutschen Übersetzung. Kategorien. Band 1, Teil 1, Academia Verlag 1997), e infine quella italiana di M. Zanatta (Aristotele, Categorie, Rizzoli, Milano 1989).

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Redatta, probabilmente, ad Atene nella prima metà del I secolo a.C. Per la storia della trasmissione delle opere di Aristotele prima di Andronico, e il dibattito sulle circostanze della sua edizione, v. P. Moraux, Der Aristotelismus bei den Griechen, vol. I (Die Renaissance des Aristotelismus im I. Jh. v. Chr.), De Gruyter 1973, pp. 3-94. J. Barnes, riesaminando in dettaglio tutte le fonti della vicenda editoriale, ha messo in dubbio che Andronico abbia fatto una vera e propria “edizione” dei testi di Aristotele, come essa è presentata dalla storiografia canonica, pensando piuttosto a una semplice pubblicazione dei suoi scritti (J. Barnes, Roman Aristotle, in J. Barnes, M. Griffin [ed.], Philosophia Togata II: Plato and Aristotle at Rome, Oxford, Clarendon Press 1997, pp. 1-69).

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κατηγορίαι), comprendenti i capitoli centrali (5-8); Postpraedicamenta (µετὰ τὰς κατηγορίας, 10-15)5. L'oggetto della classificazione è costituito dai significati delle “cose dette senza alcuna connessione”, ossia delle parole in quanto sono considerate nella loro singolarità e non formano proposizioni6. Questi significati sono in tutto dieci: sostanza, quantità, qualità, relazione, dove, quando, avere, giacere, agire, patire. Soltanto i primi quattro, tuttavia, sono trattati per esteso da Aristotele, secondo uno schema abbastanza omogeneo che comprende in tutti i casi, seppur con qualche variazione, la definizione della categoria e una discussione delle sue proprietà7. Alla fine del capitolo ottavo, dedicato alla qualità, la trattazione si interrompe: nel testo tramandato rimane soltanto un frammento sulle proprietà delle categorie di agire e patire (cap. 9), e ad un'altra probabile lacuna fanno seguito sei righe, sicuramente spurie8, che concludono la disamina delle restanti categorie e fungono da cerniera con le

sezioni successive (capp. 10-15).

Il termine “categoria” (κατηγορία), nel suo significato ordinario nel greco classico, è un lemma giudiziario che indica l'accusa o la causa in tribunale9. A trasformarlo in termine

tecnico della filosofia e della logica è, per quanto ne sappiamo, Aristotele, che utilizza il verbo κατηγορέω in senso traslato per indicare quella che in termini logici moderni possiamo chiamare “predicazione”: l'“imputazione” di una certa proprietà a un dato soggetto. Il significato specifico della parola κατηγορία, ad ogni modo, oscilla tra quelli di “predicazione”, “predicato” e “classe di predicati”. Nel trattato omonimo il termine ricorre in tutto soltanto quattro volte, in tutti e tre questi significati: due volte come “predicazione” o “predicato” a 3a 36-3710; due volte come “gruppo di predicati” a 10b 17-2111. In quest'ultimo

5

Cfr. Ammonio, In Cat. 14,3-5 Busse; Filopono, In Cat. 13,6-7 Busse; Olimpiodoro, In Cat. 25,5-7 Busse.

6

Cat. 1b 25-27: “Delle cose dette senza alcuna connessione, ciascuna significa o una sostanza, o un quanto, o un quale, o un relativo, o un ‘dove’, o un ‘quando’, o un ‘giacere’, o un ‘agire’ o un ‘patire’” (Τῶν κατὰ µηδεµίαν συµπλοκὴν λεγοµένων ἕκαστον ἤτοι οὐσίαν σηµαίνει ἢ ποσὸν ἢ ποιὸν ἢ πρός τι ἢ ποὺ ἢ ποτὲ ἢ κεῖσθαι ἢ ἔχειν ἢ ποιεῖν ἢ πάσχειν.). Le cose dette “senza alcuna connessione” sono state distinte da quelle dette “secondo connessione” (ad esempio, “L'uomo corre”) poco sopra, a 1a 16-19.

7 Nella trattazione della categoria del πρός τι (cap. 7, 6a 36 - 8b 24) vengono fornite, per esempio, due

definizioni diverse. Aristotele tende a discutere, per ogni categoria, le stesse proprietà, accertando di volta in volta se la categoria in questione le possegga o meno.

8

Cfr. Minio-Paluello, Praefatio, pp. V-VI.

9 Cfr., per esempio, gli usi di κατηγορέω e κατηγορία in Erodoto, Lisia e Antifonte, o anche le numerose

occorrenze nei dialoghi di Platone (LSJ, pp. 926-927). Già in alcuni casi prima di Aristotele, tuttavia, κατηγορέω ha anche il significato più neutro di “indicare”, “asserire”, “dichiarare”.

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“Appartiene alle sostanze e alle differenze che da esse tutte le cose siano dette sinonimamente; infatti tutti i predicati che vi discendono sono predicati o degli individui o delle specie. Dalla sostanza prima non discende nessun predicato - giacché non è detta di nulla come soggetto - [...]” (Ὑπάρχει δὲ ταῖς οὐσίαις καὶ ταῖς διαφοραῖς τὸ πάντα συνωνύµως ἀπ’ αὐτῶν λέγεσθαι πᾶσαι γὰρ αἱ ἀπὸ τούτων κατηγορίαι ἤτοι κατὰ τῶν ἀτόµων κατηγοροῦνται ἢ κατὰ τῶν εἰδῶν. ἀπὸ µὲν γὰρ τῆς πρώτης οὐσίας οὐδεµία ἐστὶ κατηγορία, —κατ’ οὐδενὸς γὰρ ὑποκειµένου λέγεται·).

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“Inoltre, se uno dei due contrari sia una qualità, anche l'altro sarà una qualità. Questo risulta chiaro a chi prende in esame le altre categorie: ad esempio, se la giustizia è cosa contraria all'ingiustizia e la giustizia è una

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passaggio, a essere designati come κατηγορίαι sono proprio alcuni dei dieci significati delle espressioni classificati all'inizio del trattato; per indicarli, in altre opere, Aristotele usa più spesso le espressioni “forme della predicazione” (σχήµατα τῆς κατηγορίας)12, o “generi dei predicati” o “della predicazione” (γένη κατηγορίας)13. Le categorie, in questo senso, vanno intese come insiemi ordinati e isolati di predicati, organizzati in un'articolata struttura di generi, specie e individui che dividono un unico genere più elevato. Ciascuno di questi costituisce, in tal modo, il “significato” ultimo di quel gruppo di predicati.

La tavola categoriale, tuttavia, può essere anche interpretata come schema classificatorio per gli ὄντα, le cose esistenti che sono significate dalle espressioni. Questo è chiaro per più ragioni. Innanzitutto, Aristotele nei capitoli introduttivi presenta una divisione preliminare degli enti che sembra presupporre essenzialmente la distinzione ontologica tra sostanza e accidente14; questa divisione viene poi usata, nel seguito del testo, per differenziare il

comportamento della categoria della sostanza dalle categorie rimanenti. D'altra parte, lo stesso Aristotele pare applicare questa classificazione proprio agli enti, in altri luoghi della sua opera (ad esempio, in vari passi della Metafisica15). Come trattazione ontologica, tuttavia, le Categorie presentano diversi problemi, soprattutto per quel che concerne la dottrina della sostanza (οὐσία). Nel capitolo 5 delle Categorie, dedicato proprio all'οὐσία, Aristotele traccia una classificazione delle sostanze in “sostanze prime” e “sostanze seconde”, attribuendo priorità e maggior rango alla sostanza individuale (l'individuo concreto, il τόδε τι)16. Com'è

qualità, allora sarà una qualità anche l'ingiustizia. Infatti nessuna delle altre categorie si adatta all'ingiustizia, né la quantità, né la relazione, né il dove, né in generale nessuna delle altre cose di questo genere, se non la qualità”. (ἔτι ἐὰν τῶν ἐναντίων θάτερον ᾖ ποιόν, καὶ τὸ λοιπὸν ἔσται ποιόν. τοῦτο δὲ δῆλον προχειριζοµένῳ τὰς ἄλλας κατηγορίας, οἷον εἰ ἔστιν ἡ δικαιοσύνη τῇ ἀδικίᾳ ἐναντίον, ποιὸν δὲ ἡ δικαιοσύνη, ποιὸν ἄρα καὶ ἡ ἀδικία· οὐδεµία γὰρ τῶν ἄλλων κατηγοριῶν ἐφαρµόζει τῇ ἀδικίᾳ, οὔτε ποσὸν οὔτε πρός τι οὔτε πού, οὐδ’ ὅλως τι τῶν τοιούτων οὐδὲν ἀλλ’ ἢ ποιόν· ὡσαύτως δὲ καὶ ἐπὶ τῶν ἄλλων κατὰ τὸ ποιὸν ἐναντίων.)

12Questa espressione non compare in nessuno scritto di logica, bensì in tutto cinque volte in Metafisica (1016b

34, 1017a 23, 1024b 13, 1026a 36, 1054b 30) e una sola in Fisica (227b 5).

13Cfr. Top. 152a 38. 14

V. Cat. 1a 20 - 1b 9. Più precisamente, questo passo delle Categorie propone una quadripartizione degli enti in: 1) enti che si dicono di un soggetto e non sono in un soggetto (sostanze universali, ad esempio “uomo”); 2) enti che sono in un soggetto e non si dicono di un soggetto (accidenti individuali, ad esempio “una certa grammatica” o “un certo bianco”); 3) enti che si dicono di un soggetto e sono in un soggetto (accidenti universali, come la “scienza”); 4) enti che non si dicono di un soggetto né sono in un soggetto (sostanze individuali, ad esempio “un certo uomo” o “un certo cavallo”). Senza che Aristotele faccia effettivamente uso dei termini “sostanza” e “accidente”, è possibile riconoscerli nella distinzione fra “non essere in un soggetto”, riconosciuto a 3a, 7-8 come proprium della categoria di sostanza, ed “essere in un soggetto”. Ciò che è in un soggetto è definito da Aristotele come “ciò che è in qualche cosa non come [sua] parte, ed è impossibile che sia senza ciò in cui è” (ὃ ἔν τινι µὴ ὡς µέρος ὑπάρχον ἀδύνατον χωρὶς εἶναι τοῦ ἐν ᾧ ἐστίν, 1b 24-25), definizione che si presta bene a caratterizzare l'accidente in termini ontologici come proprietà che non è dotata di sussistenza autonoma.

15Cfr., ad esempio, Metaph. Z 1, 1028a 10-13; Λ 1, 1069a 18-21.

16Cat. 2a 11-16: “E' detta sostanza nel modo più proprio, primariamente e più di tutte, quella che non si dice di

un soggetto né è in un soggetto, come il tale uomo o il tale cavallo. Si dicono sostanze seconde le specie in cui sono le sostanze dette in modo primario, queste e i generi di queste specie; [...]” (Οὐσία δέ ἐστιν ἡ κυριώτατά τε

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noto, la dottrina della sostanza delineata in un altro fondamentale testo di Aristotele, ossia il libro Z della Metafisica, accorda la priorità in fatto di sostanzialità alla forma, e non al composto individuale di forma e materia; dunque a una sostanza diversa rispetto a quella privilegiata nelle Categorie17. Questa discordanza, già considerata problematica dai commentatori tardo-antichi, ha spinto alcuni interpreti moderni a considerare il trattato spurio18.

Lo scopo, il significato, e persino l'autenticità delle Categorie di Aristotele rappresentano, dunque, questioni dibattute a tutt'oggi: la loro interpretazione costituisce un punto fondamentale da prendere in considerazione per la comprensione del pensiero di Aristotele, vista la frequenza con cui la dottrina categoriale ricorre nelle sue opere, e della storia della logica e della metafisica antiche. Non c'è da meravigliarsi, quindi, della straordinaria fortuna che questa breve opera ha avuto nei secoli successivi all'insegnamento aristotelico. Nei prossimi paragrafi, dovendomi limitare a quel che pertiene strettamente allo scopo di questo lavoro, passerò in rassegna sinteticamente la tradizione greca, antica e tardo-antica, siriaca e araba pre-avicenniana delle Categorie.

2. La tradizione greca da Andronico ai commentatori alessandrini.

Con l'edizione andronichea delle opere di Aristotele (I secolo a.C.) sembra essere cominciata una fervente attività di commento alle Categorie. E' possibile indicativamente dividere la tradizione, vasta e feconda, in tre differenti fasi: la prima, all'incirca dal I secolo a.C. al III secolo d.C., in cui l'attività di commento è svolta eminentemente (ma non solo) da filosofi di matrice peripatetica, ed è oggi quasi integralmente perduta. La seconda, cruciale, tra il III e il IV secolo d.C., vede la discussione delle Categorie da parte dei primi grandi filosofi neoplatonici: Plotino, Porfirio, Giamblico. La terza, che è anche quella di cui rimangono a tutt'oggi più tracce, va all'incirca dal V al VI secolo, e corrisponde alla fase dei grandi commenti alessandrini.

καὶ πρώτως καὶ µάλιστα λεγοµένη, ἣ µήτε καθ’ ὑποκειµένου τινὸς λέγεται µήτε ἐν ὑποκειµένῳ τινί ἐστιν, οἷον ὁ τὶς ἄνθρωπος ἢ ὁ τὶς ἵππος. δεύτεραι δὲ οὐσίαι λέγονται, ἐν οἷς εἴδεσιν αἱ πρώτως οὐσίαι λεγόµεναι ὑπάρχουσιν, ταῦτά τε καὶ τὰ τῶν εἰδῶν τούτων γένη·). 17 Cfr. Metaph. Z 3, 1029a 30-33. 18

Vedi la discussione in B. Dumoulin, Sur l'authenticité des Catégories d'Aristote, in Concepts et catégories dans la pensée antique, publié sous la direction de P. Aubenque, Paris, Vrin 1980, pp. 23-32.

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2.1 Prima fase: I secolo a.C. - II d.C.

Gli esiti della prima fase sono perlopiù perduti e attestati, in modo frammentario, nell'opera dei commentatori posteriori. Il commento di Simplicio (prima metà del VI sec.) riporta più volte, su alcune questioni, l'opinione dello stesso Andronico di Rodi, che sembra aver per primo commentato le Categorie, sostenendo fra l'altro l'inautenticità degli ultimi sei capitoli (i cosiddetti Postpraedicamenta)19. Dopo Andronico, molti altri filosofi si sono cimentati nell'interpretazione del testo aristotelico, scrivendo varie tipologie di testi. Nell'introduzione al suo monumentale commento, che si apre con un importante status quaestionis, Simplicio distingue più generi di scritti sulle Categorie: innanzitutto [1] trattati (πραγµατεῖαι), concepiti o [1.1] come mere parafrasi del testo di Aristotele, miranti a chiarificare il più possibile la “dizione” (λέξις), o [1.2] come scritti miranti a compendiare i concetti fondamentali (ἔννοιαι) del pensiero di Aristotele in materia, o [1.3] come commenti associati ad approfondimenti (ζητήµατα), presumibilmente ricerche personali degli autori, condotte “con misura” (µετρίως). L'altro grande “genere” che Simplicio menziona è quello delle [2] aporie, scritti contenenti obiezioni talvolta molto serie sollevate contro il testo, che pure si sono rivelate molto utili agli autori successivi per discutere le questioni più complicate20. Ci è giunta notizia di scritti di autori peripatetici, stoici, platonici.

a) Peripatetici: fra i peripatetici spicca, anzitutto, Boeto di Sidone (I secolo a.C.)21, allievo di Andronico, autore probabilmente di un commento alle Categorie e di un ulteriore trattato specificamente dedicato alla categoria del πρός τι22. Di Boeto, Simplicio menziona rispettosamente la “profondità” interpretativa23. Ermino (ca. 120-180/190), maestro di Alessandro di Afrodisia, è autore di un commento alle Categorie citato a più riprese da Porfirio, Simplicio, Olimpiodoro24. Lo stesso Alessandro (vissuto, presumibilmente, nella seconda metà del II sec.) ha composto un commento, anch'esso perduto, alle Categorie,

19

Cfr. Simpl. In Cat. 379,7-12 Kalbfleisch. Un esame approfondito della concezione di Andronico sulla base delle fonti tardo-antiche è fornito da P. Moraux, Der Aristotelismus bei den Griechen, vol. I, pp. 97-111.

20 Simpl. In Cat. 1,3 - 2,29 Kalbfleisch. Vedi anche la traduzione francese di Ph. Hoffmann, con note di I.

Hadot, in: Simplicius, Commentaire sur les Catégories. Traduction commentée sous la direction de I. Hadot, f. I, Introduction, première partie (p. 1-9,3 Kalbfleisch), pp. 3-8.

21Per le notizie più complete sulla vita e sull'opera di Boeto, oltre che sulla sua attività di commentatore, cfr. P.

Moraux, Aristotelismus I, pp. 143-179; J.-P. Schneider, Boéthos de Sidon, in DPhA II, Paris 1994, pp. 126-130.

22

Simpl. In Cat. 163,6 Kalbfleisch: “Tuttavia Boeto, avendo scritto un libro intero sul relativo e quel che è in certo modo relativo [...]” (ὁ µέντοι Βόηθος ὅλον βιβλίον γράψας περὶ τοῦ πρός τι καὶ πρός τί πως ἔχοντος οἴεται [...]). V., su Boeto e i relativi, il recente articolo di C. Luna (Boéthos de Sidon sur les relatifs, in «Studia Graeco-Arabica» 3 [2013], pp. 1-35).

23

Simpl. In Cat. 1,17-18 Kalbfleisch.

24

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stando alle citazioni di Simplicio, Filopono, Olimpiodoro ed Elias/David, e secondo quanto anche una fonte araba pare confermare25.

b) Stoici: il commento di Simplicio nomina insieme un certo Atenodoro stoico, non chiaramente identificato, e Cornuto (I sec.)26, grammatico e retore latino, come autori di commenti alle Categorie. La scuola stoica, d'altra parte, ha avuto una propria dottrina delle categorie, diversa da quella aristotelica sotto più punti di vista27.

c) Platonici: Simplicio menziona Lucio e Nicostrato, presumibilmente platonici, come autori di trattati di genere aporetico molto critici rispetto alla dottrina aristotelica28.

2.2 Seconda fase: III - IV secolo.

Una seconda fase della tradizione si apre verso la metà del III secolo circa, con la critica che Plotino (ca. 205-270), filosofo neoplatonico, indirizza alla dottrina delle categorie di Aristotele e degli Stoici nel suo grande trattato Sui generi dell'essere (περὶ τῶν γενῶν τοῦ ὄντος, Enn. VI 1-3 [42-44], suddiviso dall'editore Porfirio in tre parti). Questo testo, oggetto di numerosi studi29, contiene una confutazione profonda e articolata della dottrina di Aristotele, imperniata su due punti fondamentali: l'invalidità delle categorie di Aristotele come “generi” (γένη) dell'essere correttamente intesi, e l'inadeguatezza della tavola categoriale anche rispetto alla descrizione del mondo sensibile. Le categorie di Aristotele sono infatti classi logiche che raccolgono gli enti sensibili secondo criteri arbitrari; i “generi” propriamente intesi sono invece principi da cui derivano tutte le realtà, intelligibili e sensibili. In relazione al primo punto Plotino fornisce, nel secondo (VI 2) dei tre trattati, una presentazione dei veri generi dell'essere, i quali altro non sono che i cinque “sommi generi” (µέγιστα γένη) del Sofista di Platone30; in relazione al secondo, nel trattato VI 3 Plotino riduce drasticamente il novero delle categorie della realtà sensibile. Il presupposto di queste tesi è, chiaramente, un'interpretazione strettamente ontologica dello scritto di Aristotele.

25

Cfr. infra, par. 3. Sul pensiero di Alessandro più in generale, v. il libro di M. Rashed, Essentialisme. Alexandre d'Aphrodise entre loqiue, physique et cosmologie, De Gruyter, Berlin 2007.

26Simpl. In Cat. 18,28 Kalbfleisch. 27

Riportata e criticata da Plotino nel primo trattato sui generi dell'essere (Enn. VI 1 [42], 25-30).

28

Simpl. In Cat. 1,19 Kalbfleisch.

29

Vedi, ad esempio, K. Wurm, Substanz und Qualität, De Gruyter, Berlin-New York 1973; R. Chiaradonna, Sostanza movimento analogia. Plotino critico di Aristotele, Bibliopolis, Napoli 2002; per una sintesi della critica plotiniana v. anche Ch. Evangeliou, Aristotle's Categories and Porphyry, Brill, Leiden 1988, pp. 93-162.

30

I cinque sommi generi dell'ente, enunciati da Platone in Soph. 254c - 257c, sono l'essere, l'identico, il diverso, il movimento e la quiete.

(12)

Nonostante lo spessore filosofico di questo testo plotiniano, a segnare uno spartiacque nella storia della lettura platonica delle Categorie non è tanto la dottrina di Plotino, quanto la risposta a questa che è contenuta nei commenti del suo allievo ed editore Porfirio di Tiro (233-305). Questi scrive due commenti al primo trattato dell'Organon: uno più breve, “per domande e risposte” (κατὰ πεῦσιν καὶ ἀπόκρισιν), e uno più lungo e sistematico, in sette libri, dedicato a un certo Gedalio. Il primo è conservato in forma incompleta ed edito, ad opera di A. Busse, nella serie dei Commentaria in Aristotelem Graeca31; il secondo, menzionato anche da Simplicio nell'introduzione al suo commento, è andato perduto, fatto salvo un probabile frammento scoperto di recente32. Oltre a questi due commenti, Porfirio scrive anche un breve trattato pensato come introduzione alla dottrina delle categorie, destinato a godere di grandissima fortuna nella tradizione tardo-antica e medievale: l'Isagoge. Il nucleo della dottrina porfiriana è sostanzialmente concordista33: consiste nell'accettazione della dottrina

aristotelica, in virtù del suo carattere eminentemente logico, anche nel quadro di un sistema filosofico platonico. Diversamente da Plotino, Porfirio ritiene che le categorie aristoteliche siano conciliabili con un'ontologia di carattere platonico, perché non hanno strettamente a che fare con l'ontologia. Uno degli aspetti più problematici della dottrina della sostanza nelle Categorie, vale a dire la priorità dell'individuo sull'universale, può essere spiegata facilmente supponendo che Aristotele, rivolgendosi in questo trattato a chi si avvicina alla filosofia, e prima ancora alla logica, abbia voluto dare la precedenza a oggetti più familiari per il lettore, seppur indubbiamente più imperfetti quanto alla loro natura (φύσει). Questa interpretazione “deontologizzante” delle Categorie, che corrisponde per altro verso a una progressiva “formalizzazione” della logica, diventerà la visione dominante nei successivi commenti tardo-antichi di matrice platonica, in buona parte giunti fino a noi.

Dopo Porfirio si segnala il commento di Giamblico di Calcide (250-330 ca.), perduto e conservato soltanto in forma frammentaria34, al quale Simplicio nel suo status quaestionis dedica molto spazio35. Giamblico, basandosi sul commento di Porfirio, si sarebbe distinto in

31

Vol. IV.1: Ed. A. Busse, 1887.

32

Simpl. In Cat. 2,5-9. In un articolo assai recente, R. Chiaradonna, M. Rashed e D. Sedley suggeriscono di identificare il frammento di un commento alle Categorie contenuto nel cosiddetto Palinsesto di Archimede con “a remnant of the most important of all the ancient Categories commentaries, Porphyry's lost Ad Gedalium”. Per lo studio, l'edizione e la traduzione inglese di questo frammento v. Chiaradonna, Rashed, Sedley, A Rediscovered Categories Commentary, in «Oxford Studies in Ancient Philosophy», 44 (2013), pp. 129-194.

33Ovvero, Porfirio propugna la sostanziale concordanza di intenti fra Platone e Aristotele 34

Una raccolta dei frammenti, estratti perlopiù dai commenti di Simplicio, è edita da B.D. Larsen (Jamblique de Chalcis: exégète et philosophe, vol. 2, Appendix: Testimonia et fragmenta exegetica, Universitetsforlaget i Aarhus, 1972).

35 Simpl. In Cat. 2,9-14 Kalbfleisch:Dopo costui [scil. Porfirio], il divino Giamblico scrisse egli stesso un

grosso trattato su questo libro, seguendo nella maggior parte delle questioni Porfirio e la sua interpretazione, ma anche scegliendo alcune di quelle e articolandole con maggior precisione, mediante una riduzione dei lunghi

(13)

particolare per la profondità nella trattazione delle questioni teoretiche, e sembrerebbe aver ampiamente fatto uso, nella sua esegesi delle Categorie di Aristotele, di un altro testo che merita di essere menzionato, vale a dire le Categorie del cosiddetto Pseudo-Archita: sono, queste, un trattato pseudepigrafo, presumibilmente composto da un filosofo platonico o pitagorico nel I o II secolo d.C., che veniva attribuito al pitagorico Archita di Taranto (IV secolo a.C.) e pertanto ritenuto anteriore all'omonimo scritto aristotelico36. Lo scritto dello pseudo-Archita, chiamato da Simplicio in questo passo Sul Tutto (Περὶ τοῦ παντός), è in realtà intitolato Sul discorso universale, o le dieci categorie (Περὶ τοῦ καθόλου λόγου ἤτοι δέκα κατηγοριῶν).

Dipende direttamente dai commenti menzionati Dexippo (IV secolo), platonico, allievo di Giamblico, il cui breve commento alle Categorie in forma dialogica è conservato ed edito37.

Secondo Simplicio, esso non direbbe nulla di più di quanto già detto da Porfirio e Giamblico; contiene tuttavia qualche riferimento alla dottrina di Plotino, non individuabile nelle Enneadi che è stato ricondotto, da P. Henry, al suo insegnamento orale38. Fra gli allievi di Giamblico

Simplicio menziona anche Edesio di Cappadocia, come autore di un commento alle Categorie39 oggi perduto.

A questa fase, in termini cronologici, appartiene anche un autore attivo a Costantinopoli, menzionato da Simplicio fra i compendiatori: Temistio (317-388), autore di una parafrasi, ad oggi perduta, del testo di Aristotele, menzionata anche dalle fonti arabe note40.

2.3 Terza fase: V - VI secolo. I commentatori alessandrini.

La terza fase della tradizione esegetica in lingua greca è riconducibile all'attività della cosiddetta “Scuola di Alessandria”. Anche se non si può dire con sicurezza che vi sia stata

discorsi condotti [da Porfirio], secondo l'uso scolastico, in risposta alle obiezioni; aggiunse dappertutto, per ciascuno dei capitoli, un'esegesi dal punto di vista dell'intelletto, [...]” (µετὰ τοῦτον δὲ ὁ θεῖος Ἰάµβλιχος πολύστιχον καὶ αὐτὸς πραγµατείαν εἰς τοῦτο τὸ βιβλίον κατεβάλετο, τὰ µὲν πολλὰ τοῖς Πορφυρίου καὶ ἐπ’ αὐτῆς τῆς λέξεως κατακολουθῶν, τινὰ δὲ ἐπικρίνων ἐκείνων καὶ διαρθρῶν ἀκριβέστερον µετὰ τοῦ συστέλλειν τὴν ὡς ἐν σχολαῖς πρὸς τὰς ἐνστάσεις µακρολογίαν, πανταχοῦ δὲ τὴν νοερὰν θεωρίαν ἑκάστῳ σχεδὸν τῶν κεφαλαίων ἐπιτιθεὶς [...]). Nel tradurre l'oscura locuzione νοερὰ θεωρία, con cui Simplicio indica il metodo esegetico seguito da Giamblico, seguo la versione francese di Ph. Hoffmann; vedi anche la discussione in Simplicius, Commentaire sur les Catégories, op. cit., p. 6 n17.

36 Edito e tradotto da Th. Szlezàk: Pseudo-Archytas über die Kategorien (Peripatoi t. IV), De Gruyter,

Berlin-New York 1972. Vedi la nota a questo passo nella traduzione di Ph. Hoffmann, Simplicius. Commentaire sur les Catégories, op. cit., p. 6 n18.

37CAG IV.2: ed. A. Busse, 1988. 38

P. Henry, Trois apories orales de Plotin sur les Catégories d'Aristote, in Zetesis. Album amicorum aan prof. E. De Strycker, Antwerpen-Utrecht 1973, pp. 234-265.

39

Per Edesio di Cappadocia, vedi R. Goulet, Aidésius de Cappadoce, in DPhA I (1989), pp. 75-77.

40

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una scuola, organizzata e finanziata come quella fondata ad Atene da Plutarco41, è certo che ad Alessandria sia fiorito, nel V-VI secolo, l'insegnamento sistematico della dottrina di Aristotele come propedeutica allo studio di Platone. Il curriculum studiorum dei corsi di filosofia dell'epoca, che possiamo ricostruire da diverse fonti, prevede innanzitutto lo studio della logica, a partire dall'Isagoge di Porfirio e dalle Categorie, per poi coprire nell'ordine le rimanenti opere dell'Organon, l'etica, la filosofia naturale, le matematiche e la Metafisica42. Subito dopo, si passa allo studio della filosofia di Platone, che comprende la lettura di dodici dialoghi scelti: comincia con l'Alcibiade primo e culmina nella lettura del Timeo. Non per nulla, dunque, Simplicio chiama le Categorie “proemio all'intera filosofia” (προοίµιόν ... τῆς ὅλης φιλοσοφίας43).

Il più antico commento alessandrino alle Categorie che ci sia giunto è con ogni probabilità quello tramandato a nome di Ammonio, figlio di Ermia (allievo, quest'ultimo, di Siriano ad Atene e insegnante di filosofia platonica ad Alessandria), vissuto all'incirca tra il 440 e il 517. Disponiamo di diversi commenti conservati e stampati che recano il suo nome44.

Non si tratta, in nessuno di questi casi, di opere scritte appositamente per la pubblicazione; si tratta di commenti redatti ἀπὸ φωνῆς (“dalla voce di...”), ossia di appunti presi da studenti durante le lezioni di Ammonio e poi organizzati in forma più sistematica. All'insegnamento di questo primo maestro alessandrino va ricondotto, in parte, anche il più lungo commento alle Categorie pubblicato a nome di Giovanni Filopono (490-570), filosofo, filologo e teologo, allievo dello stesso Ammonio e personaggio tra i più significativi della cultura filosofica tardo-antica45.

All'epoca immediatamente successiva (prima metà del VI secolo) bisogna ricondurre il già ampiamente citato commento di Simplicio46, scritto con ogni probabilità dopo il 532. Questo testo, del cui autore abbiamo, in verità, pochissime notizie47, è senza dubbio lo scritto più importante della ricezione tardo-antica delle Categorie, in virtù delle sue dimensioni e

41 Plutarco di Atene (ca. 350-432), fondatore della scuola ateniese di filosofia platonica in cui saranno attivi

Siriano, Proclo e Damascio. C. Luna, A.-P. Segonds: Plutarque d'Athènes. In DPhA (V.2), pp. 1076–1096.

42

Vedi il commento di I. Hadot al proemio del commento di Simplicio: Commentaire sur les Catégories, op. cit., pp. 21-182 (in particolare pp. 21-47).

43Simpl. In Cat. 1,4 Kalbfleisch. 44

Nel corpus dei Commentaria in Aristotelem Graeca sono pubblicati a suo nome quattro commenti, tutti dedicati a opere di logica: Isagoge, Categorie, De interpretatione, primo libro degli Analitici primi (edd. A. Busse e M. Wallies, voll. IV.3-6). Si annovera nella lista dei suoi commenti anche quello a Metafisica A-Z stampato a nome di Asclepio (ed. M. Hayduck, vol. VI.2).

45

V. R. Goulet, G.R. Giardina, voce Philopon (Jean), DPhA Va, pp. 455-502.

46

CAG VIII: ed. K. Kalbfleisch, 1907.

47

Vedi, per una ricostruzione della sua biografia e della sua attività, I. Hadot, La vie de Simplicius d'après des sources grecques et arabes, in Simplicius, sa vie, son oeuvre, sa survie. Actes du colloque international de Paris (28. Sept. - 1er Oct. 1985), pp. 3-39.

(15)

della quantità di fonti citate, che costituiscono un documento di eccezionale valore per ricostruire i precedenti stadi della tradizione.

Alla scuola alessandrina vanno ricondotti anche i più tardi commenti tramandati a nome di Olimpiodoro48 ed Elias/David49, risalenti rispettivamente alla seconda metà del VI e al VII secolo.

Caratteristica comune a tutti i commentatori alessandrini è l'appartenenza alla scuola filosofica neoplatonica, anche se è difficile determinare esattamente di quale platonismo costoro siano sostenitori50. I professori di Alessandria, specializzati, più che nello studio e nell'insegnamento di Platone, in quello di Aristotele51, rintracciano infatti nell'opera di quest'ultimo i principi della filosofia platonica; e nello studio delle Categorie e della dottrina categoriale, ritenuta parte di una sapienza ben più antica di Aristotele, con cui la filosofia aristotelica è in perfetta armonia52, essi vedono il principio della logica e l'origine di tutta

quanta la filosofia. Il ruolo di questi commentatori nella prima tradizione esegetica araba sarà, come vedremo, molto importante.

3. La tradizione siriaca.

Il primo autore a noi noto di esegesi in lingua siriaca delle Categorie di Aristotele è Sergio (m. 536), archiatra (primo medico) della città di Reš‘aynā53 e uomo di Chiesa, ma anche cultore di studi filosofici e teologici e traduttore dell'intero corpus dello Pseudo-Dionigi

48CAG XII.1: Prolegomena et in Categorias, ed. A. Busse, 1902. 49

CAG XVIII.1: ed. A. Busse, 1900. Il commento è edito a nome di Elias, ma non è chiaro a tutt'oggi se l'autore sia costui oppure David. Vedi, per la discussione, R. Goulet, Élias, in DPhA (III), pp. 57-66.

50

La questione è complessa, e la riassumerò in breve: K. Praechter, in un articolo del 1910 (Richtungen und Schulen im Neuplatonismus, in Id., Kleine Schriften, G. Olms, Hildesheim 1973), sostenne che fra le varie scuole neoplatoniche si dovesse distinguere il “platonismo ateniese” di Siriano, Proclo e Damascio dal “platonismo alessandrino” di Ierocle e Simplicio, in virtù della vicinanza di quest'ultimo a dottrine più antiche, addirittura pre-plotiniane e “medioplatoniche”. In un libro del 1978 (Le problème du neoplatonisme alexandrin: Hieroclès et Simplicius, études Augustiniennes), I. Hadot ha confutato la tesi di Praechter, a partire da una lettura approfondita del commento di Simplicio al Manuale di Epitteto: la vicinanza del lessico tecnico di Simplicio a quello di Proclo e Damascio suggerisce piuttosto una concordanza dottrinale, che tuttavia risente di una semplificazione, probabilmente dovuta alla destinazione didattica e divulgativa del commento. A conferma della vicinanza, ma anche delle differenze, fra le dottrine degli ateniesi e quelle degli alessandrini, vedi anche K. Verrycken, The metaphysics of Ammonius, son of Hermeias, in R. Sorabji (ed.), Aristotle Transformed, Duckworth, London 1990, pp. 199-231.

51 Questo non significa che i dialoghi di Platone non fossero studiati anche ad Alessandria, come dimostra la

sopravvivenza dei commenti di Olimpiodoro all'Alcibiade I, al Gorgia e al Fedone, e le testimonianze, date dallo stesso Olimpiodoro, di una monografia di Ammonio sul Fedone (In Phaed. 8, 17.6-7) e delle sue lezioni sul Gorgia (In Gorg., 183,11 Westerink).

52

Vedi supra, l'uso delle Categorie dello Pseudo-Archita da parte di Giamblico, e la ripresa di questo tema da parte di Simplicio.

53

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in siriaco54. Di Sergio, che studiò medicina, retorica e filosofia ad Alessandria e pertanto conobbe bene il greco e la cultura greca, sono sopravvissuti due commenti alle Categorie: uno più breve, concepito in verità come introduzione generale alla filosofia, indirizzato a un certo Filoteo55; uno più lungo, in sette libri, dedicato a un tale Teodoro. Ambedue i commenti sono inediti, ma parzialmente tradotti in italiano e francese, rispettivamente da G. Furlani e H. Hugonnard-Roche56.

Nella scuola del monastero di Qennešre, fondato da Giovanni Bar Aphtonia (m. 538) un paio di secoli dopo Sergio, si situa un'intensa attività di studio della logica aristotelica. Due discepoli del monaco Severo Sebokht, Atanasio di Balad (m. 687/8) e Giacomo di Edessa (m. 708), studiano l'Organon aristotelico; il primo, traduttore dell'Isagoge, scrive fra le altre cose un'Introduzione alla logica che si occupa anche, in parte, delle Categorie57. Il secondo traduce questo scritto in siriaco, e si basa su di esso per scrivere il suo “Manuale” (Encheiridion), una sorta di breve lessico filosofico concentrato sull'analisi di sei vocaboli. Conserviamo anche un commento alle Categorie, tutt'ora inedito, di Giorgio, vescovo degli arabi (m. 724), allievo di Giacomo di Edessa e traduttore di Aristotele. Molti altri commenti e raccolte di scolii vengono composti nei secoli successivi58.

Per quanto riguarda le traduzioni, sono conservate in tutto tre versioni in siriaco delle Categorie di Aristotele: la prima è anonima, conservata in un solo manoscritto e risalente probabilmente alla prima metà del VI secolo59; questa è stata recentemente edita e

54

Sulla vita e le opere di Sergio, v. H. Hugonnard-Roche, Sergius de Reš‘aynā, traducteur du grec en syriaque et commentateur d'Aristote, in La logique d'Aristote du grec au syriaque, Paris, Vrin 2004, pp. 123-142.

55

Parzialmente tradotto in francese da H. Hugonnard-Roche: Les Catégories d'Aristote comme introduction à la philosophie, dans un commentaire syriaque de Sergius de Reš‘aynā, in La logique d'Aristote, op. cit., pp. 143-164.

56

G. Furlani, Sul trattato di Sergio di Rêš‘aynâ circa le categorie, in «Rivista trimestrale di studi filosofici e religiosi» 3 (1922), pp. 135-172; H. Hugonnard-Roche, Comme la cigogne au désert: Un prologue de Sergius de Reš‘aynā à l'étude de la philosophie aristotélicienne en langue syriaque (traduzione e commento del prologo); Sergius de Reš‘aynā. Commentaire sur les Catégories (À Théodore), Livre premier (traduzione e commento del primo libro), in Id., La logique d'Aristote, op. cit., pp. 165-231.

57

Quest'opera isagogica è stata edita e studiata da G. Furlani: Contributi alla storia della filosofia greca in Oriente, Testi siriaci, VI: Una introduzione alla logica aristotelica di Atanasio di Balad, in «Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, serie V,25 (1916), PP. 717-778. Cfr. anche Sull'introduzione di Atanasio di Baladh alla logica e sillogistica aristotelica, in «Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti 81 (1921-22), pp. 635-644.

58 Per una lista più dettagliata, comprendente anche gli scritti anonimi o di incerta attribuzione, vedi

l'introduzione a D. King, The Earliest Syriac Translation of Aristotle's Categories. Text, Translation and Commentary by D. King, Brill, Leiden-Boston 2010, pp. 19-21.

59 I primi studiosi della tradizione filosofica siriaca, da E. Renan ad A. Baumstark (Geschichte der Syrischen

Literatur, Bonn 1922), hanno attribuito questa traduzione a Sergio di Reš‘aynā, sulla base del fatto che nel medesimo codice compaiano molti scritti certamente attribuibili a lui. Per primo, H. Hugonnard-Roche (Sur les versions syriaques des Catégories d'Aristote, in La logique d'Aristote du grec au syriaque, Paris, Vrin 2004, pp. 23-37) ha messo in discussione questa attribuzione, constatando le differenze sussistenti fra il lessico tecnico della traduzione in questione e quello degli studi di Sergio.

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commentata da Daniel King60. La seconda è opera di Giacomo di Edessa, ed è stata edita nel 1948 da Khalil Georr61; la terza, fatta da Giorgio, vescovo delle Nazioni arabe, è stata edita nel 1933 dal semitista italiano Giuseppe Furlani62. Le glosse di Ḥasan Ibn Suwār al manoscritto BnF ar. 2346 citano altre tre versioni siriache, quella di Ḥunayn Ibn Isḥāq63, quella di un certo “Giacomo l'eremita” (Ya‘qūb al-Zāhid, identificato con Giacomo di Edessa64) e quella di un ignoto “Giona il monaco” (Yūnā al-Rāhib)65.

4. La tradizione araba prima di Avicenna: traduzione ed esegesi.

Sul grande movimento di traduzioni dal greco, dal siriaco e dal persiano all'arabo che ha permesso e accompagnato lo sviluppo, nell'Islam, delle scienze naturali e della filosofia esiste, ad oggi, una letteratura vastissima66. Non ripercorrerò, qui, preliminarmente, tutti gli stadi di

questo processo di grande rilevanza storica; mi limiterò soltanto a raccogliere, in breve, le notizie attualmente a disposizione sulla circolazione delle Categorie di Aristotele nel periodo che precede la nascita e l'attività di Avicenna (VII-X secolo).

Per ricostruire la tradizione araba preavicenniana delle Categorie, ancora abbastanza immersa nell'ombra, può essere utile partire da una fonte bio-bibliografica del X secolo: il Kitāb al-Fihrist (“Libro dell'indice”, “Indice”) del libraio Ibn al-Nadīm (m. 995)67, opera di fondamentale importanza per la conoscenza della cultura islamica nei primi secoli del suo sviluppo. Questo scritto, insieme ad altri68, è a tutt'oggi una fonte molto importante per la

60

D. King, The Earliest Syriac Translation of Aristotle's Categories, op. cit.

61Kh. Georr, Les Catégories d'Aristote dans leur versions syro-arabes. Edition des textes précédée d'une étude

historique et critique et suivie d'un vocabulaire technique, Beirut 1948.

62 G. Furlani, Le Categorie e gli Ermeneutici di Aristotele nella versione siriaca di Giorgio delle Nazioni, in

«Atti della Reale Accademia nazionale dei Lincei, Memorie della Classe di Scienze morali e storiche», serie VI, 5, 1 (1933) pp. 1-68.

63Vedi il paragrafo successivo.

64V. la discussione in H. Hugonnard-Roche, Sur les versions..., cit., pp. 34-35. 65

V. Georr, op. cit., p. 380,14; 380,16.

66

Solo per citare alcuni testi: il lungo articolo monografico di G. Endress dedicato alla letteratura scientifica araba, nel suo sviluppo, nelle sue forme e nei suoi generi, contenuto nel Grundriss der Arabischen Philologie (a cura di H. Gätje e W. Fischer, 2 voll. + Supplemento: 1982-1987-1992; Die wissenschaftliche Literatur, vol. 2, pp. 400-506, e Supplemento, pp. 3-152); lo studio di D. Gutas sulle origini, le cause e la funzione sociale del movimento di traduzioni: Greek Thought and Arabic Culture. The Graeco-Arabic translation movement in Baghdad and early ʿAbbāsid society (2nd - 4th/8th - 10th centuries) London, Routledge 1998; il saggio di C. D'Ancona, Le traduzioni di opere greche e la formazione del corpus filosofico arabo, in Storia della filosofia nell'Islam medievale, a cura di C. D'Ancona, Einaudi, Torino 2005, Vol. 1, pp. 180-258.

67

Edito per la prima volta da G. Flügel: Kitâb al-Fihrist, mit Anmerkungen herausgegeben von Gustav Flügel, 2 voll., Leipzig 1871; tradotto integralmente in inglese da B. Dodge: The Fihrist of al-Nadīm (2 voll.), Columbia University Press, New York 1970.

68 Si tratta sempre di repertori biobibliografici, utili o in quanto apportano dati su Aristotele o in quanto

contengono cataloghi dei libri degli autori arabi citati. Fra queste fonti rientrano il Ta’rīḫ al-ḥukamā’ (“Cronaca dei dotti”) di Ibn Qifṭī (edito da J. Lippert, Dieterich’sche Verlagsbuchhandlung, Leipzig 1903); le ‘Uyūn

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al-conoscenza della ricezione araba del primo trattato dell'Organon. Il settimo libro del Fihrist, che in generale è strutturato come una raccolta di notizie biografiche, dati e cataloghi di libri di scienziati e letterati, arabi e non, è dedicato alle scienze non-islamiche, e contiene “notizie sui filosofi e le scienze degli antichi” (Aḫbār al-falāsifa wa-l-‘ulūm al-qadīma). Nella sezione relativa ad Aristotele, in cui il catalogo delle opere comincia con la considerazione degli scritti di logica, è dedicato alle Categorie (Qāṭīġūryās) un breve paragrafo69, che recita quanto segue:

Discorso relativo alle Categorie, tradotte da Ḥunayn Ibn Isḥāq; fra coloro che le hanno spiegate e commentate ci sono Porfirio, Stefano di Alessandria, Allīnūs, Giovanni il grammatico, Ammonio, Temistio, Teofrasto, Simplicio; anche da un uomo, conosciuto come Teone, [sono state spiegate] in siriaco e in arabo70. [Dal commento di Simplicio c'è un'aggiunta al supplemento71]. Fra i commenti insoliti72, una parte è attribuita a Giamblico. Il maestro Abū Zakariyyā’ ha detto: «È in dubbio che esso sia da attribuirsi a Giamblico, perché ho potuto vedere, nelle aggiunte ai testi, “Alessandro ha detto”». Lo šayḫ Abū Sulaymān ha detto di aver chiesto allo šayḫ Abū Zakariyyā’ di tradurre questo libro con il commento di Alessandro di Afrodisia, circa trecento fogli. Fra coloro che hanno commentato questo libro ci sono Abū Nasr al-Fārābī e Abū Bišr Mattā; di questo libro ci sono anche compendi ed epitomi, comprendenti tabelle e non73, ad opera di tutti costoro: Ibn al-Muqaffa‘, Ibn Bahrīz, Al-Kindī, Isḥāq Ibn Ḥunayn, Aḥmad Ibn al-Ṭayyib, Al-Razī.

Questo breve passaggio del Fihrist, ripreso quasi letteralmente dal più tardo biografo Ibn al-Qifṭī74, reca testimonianza: [1] di una traduzione araba delle Categorie; [2] della conoscenza, da parte degli arabi, dei commenti (o perlomeno dei nomi) di vari autori greci;

anbā’ fī tabaqāt al-aṭibbā’ di Ibn Abī Uṣaybi‘a (“Fonti delle notizie sulle classi dei medici”, edito da A. Müller, 2 voll., Cairo 1882); il più tardo Kašf al-ẓunūn ‘an asāmī al-kutub wa-al-funūn (“La rimozione dei dubbi dai nomi dei libri e delle discipline”) di Ḥağği Ḫalīfa (m. 1657), edito da G. Flügel (Mustafa Ben Abdallah, Lexicon Bibliographicum et Encyclopaedicum, ed. G. Flügel, 7 voll., Lipsia 1835-1858).

69

Fihrist (ed.), pp. 248,20-28 Flügel. La traduzione italiana che segue è mia, ma ho tenuto conto di due traduzioni inglesi: quella di B. Dodge (The Fihrist of Ibn al-Nadim, pp. 598-599) e di quella di F. E. Peters (Aristoteles Arabus. The oriental translations and commentaries on the aristotelian Corpus, Brill, Leiden 1968, p. 7).

70Dodge, visto il riferimento alle due lingue, suggerisce che si tratti di traduzioni (“A man known as Theon has

made both Syriac and Arabic [translations]”), ma credo con Peters che si stia parlando più plausibilmente di commenti.

71 L'arabo recita: wa-yuḍāfu min tafsīri Sinblīqūs ilā l-muḍāfi. Seguo la traduzione di Dodge (“From the

commentary of Simplicius there is an addition to the supplement”), più aderente al testo, anche se oscura. Peters interpreta diversamente (“Part of the interpretation of Simplicius is attributed to someone else”).

72

Ar. min ġarībi l-tafāsīri. Dodge: “Among the odd commentaries”; Peters: “Among the less common commentaries”.

73

Letteralmente: mušağğara wa-lā mušağğara, “con diagrammi a forma d'albero e non”. Cfr. anche la nota di Dodge, p. 599 n107. Peters traduce, più genericamente, “ordered and disordered”.

74

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[3] di una cospicua attività di commento alle Categorie da parte di studiosi e filosofi di lingua araba. Tutti e tre questi punti meritano, ora, di essere discussi più in dettaglio.

4.1 Traduzioni.

La versione araba nota, attribuita dal Fihrist al medico e traduttore Ḥunayn Ibn Isḥāq (m. 873, noto soprattutto come traduttore in arabo del corpus di Galeno), è in realtà probabilmente da attribuirsi a suo figlio Isḥāq Ibn Ḥunayn. La principale fonte di cui disponiamo in merito è il già menzionato codice parigino BnF ar. 2346, contenente un'edizione araba completa dell'Organon di Aristotele, preceduto dall'Isagoge di Porfirio e seguito dalla Poetica e dalla Retorica. Le glosse marginali al testo delle Categorie, oltre ad attribuire la paternità della traduzione a Isḥāq75, riportano anche notizia di una traduzione in siriaco di Ḥunayn76, sulla

quale il figlio Isḥāq potrebbe essersi basato per redigere la propria. Allo stato attuale esistono quattro edizioni della traduzione di Isḥāq: la più antica è quella di J.T. Zenker77, più recenti

sono invece quella di M. Bouyges78, quella di K. Georr e quella di ‘A. Badawī79. Da questo passo del Fihrist abbiamo notizia di un'altra traduzione delle Categorie, richiesta da Abū Sulaymān [al-Siğistānī] ad Abū Zakariyyā’ [Yaḥyā Ibn ‘Adī], che tuttavia non è conservata. Nell'analisi che condurrò, nei capitoli seguenti, sul trattato di Avicenna, dove in alcuni casi il testo aristotelico sembra essere riportato ad litteram a mezzo di brevissimi lemmi, cercherò di saggiare la possibilità che Avicenna utilizzi una traduzione diversa da quella di Isḥāq.

4.2 Commenti greci.

Molti di questi commentatori tardo-antichi ci sono già noti: ad esempio Porfirio, Ammonio, Temistio, Teofrasto, Simplicio e Giovanni Filopono (“Giovanni il grammatico”, ar. Yaḥyā al-Naḥwī). Su altri, invece, c'è da discutere brevemente. Del commento alle Categorie di Stefano di Alessandria (VI-VII sec.), ad esempio, che conosciamo soltanto come

75

Cfr. Georr, op. cit., p. 386,7, dove Isḥāq è detto essere “il traduttore di questo libro” (nāqil hādā l-kitāb).

76

Cfr. Georr, op. cit., p. 380,12.

77

Aristotelis Categoriae graece cum versione arabica Isaaci Honeini filii et variis lectionibus textus graeci e versione arabica ductis. Edidit Iulius Theodorus Zenker, Dr., Lipsia 1846.

78

Stampata sotto il testo della sua edizione al Commento medio alle Categorie di Averroè: Averroès, Talḫīṣ kitāb al-maqūlāt, ed. M. Bouyges, Beirut 1932.

79

(20)

commentatore del De interpretatione80, non sappiamo alcunché. Lo stesso per il cosiddetto Teone, su cui si possono soltanto fare congetture81; e così anche per Allīnūs, sulla cui identità è in corso da molto tempo la discussione fra gli studiosi82. Purtroppo il resoconto di Ibn al-Nadīm sulla ricezione araba dell'esegesi tardo-antica è troppo sintetico e troppo poco informativo perché si possa ricostruirla dettagliatamente: non siamo in grado di dire se questi testi siano stati tradotti in arabo, letti in altre lingue o semplicemente noti per nome. L'unica traduzione di commenti greci esplicitamente menzionata in questa nota è quella commissionata a Yaḥyā Ibn ‘Adī del commento di Alessandro di Afrodisia. Soltanto una ricerca condotta in modo sistematico sulle fonti dei commenti arabi a noi pervenuti potrebbe forse, ad oggi, fornirci un'idea dell'andamento della tradizione. Del commento di Simplicio possediamo sicuramente dei frammenti in arabo83; dei commenti di Porfirio non sappiamo

nulla di certo84. D'altra parte, studiando un commento come quello di Ibn al-Ṭayyib (XI

secolo), C. Ferrari85 ha dimostrato la stretta vicinanza dell'esegesi scolastica bagdadense ai

commenti di Elias/David, che in questa lista del Fihrist non è nominato. Bisogna, pertanto, accontentarsi di questi accenni indicativi e congetturali. L'analisi delle aporie e delle citazioni nel Maqūlāt di Avicenna che mi propongo di fare può apportare nuovi contributi alla storia della ricezione araba dell'esegesi tardo-antica.

4.3 Commenti arabi.

Uno studio sistematico delle opere in lingua araba dedicate alle Categorie di Aristotele non è stato ancora fatto, complice anche la perdita di molte delle opere citate da Ibn al-Nadīm. Un resoconto sintetico abbastanza ampio è tuttavia presente nel saggio di C. Hein sulla

80

Edito da M. Hayduck (1885) nella serie dei Commentaria in Aristotelem Graeca (vol. XVIII.3).

81

Peters (Aristoteles Arabus, op. cit., pp. 7-11) non lo prende nemmeno in considerazione.

82

Identificato, di volta in volta, con Apollonio di Alessandria (F. Rosenthal, A Commentator of Aristotle, in S.M. Stern, A. Hourani e V. Brown, ed., Islamic Philosophy and the Classical Tradition, coll. «Oriental Studies» 5, Oxford 1972, pp. 737-749), Elias, commentatore della scuola di Olimpiodoro (K. Gyekye, ed., Ibn al-Tayyib's Commentary on Porphyry's Eisagoge, coll. «Recherches, Nouvelle Série, B. Orient Chrétien» 2, Beyrouth 1975, p. 96,5-6), più recentemente con David (M. Rashed, Aréthas, Ibn al-Ṭayyib et les dernières gloses alexandrines à l'Organon, in Id., Aristote en Méditerranée. nouveaux documents grecs, arabes et latins, Paris 2006). Vedi l'articolo di A. Elamrani-Jamal, Alīnūs (Allīnūs), in DPhA I (1989), pp. 151-152.

83

Conservati nelle glosse all'Organon di Parigi: v. per esempio Georr, op. cit., pp. 168-169, testo arabo alle pp. 376-377), dove è ripreso letteralmente il . Più in generale, sulla fortuna araba di Simplicio, si veda H. Gätje, Simplikios in der arabischen Überlieferung, in «Der Islam» 59 (1982), pp. 6−31.

84

Sulla tradizione araba di Porfirio, vedi più in generale: R. Walzer, Porphyry in the Arabic Tradition, in Porphyre. Entretiens de la Fondation Hardt XII. Fondation Hardt, Vandoeuvres/Genève 1965, pp. 275-299; C. D'Ancona, Porphyry, Arabic, in F. Lagerlund (ed.), EMP [Encyclopedia of Medieval Philosophy], Springer, Dordrecht-Heidelberg-London-New York 2011, pp. 1056-1062.

85

Cfr. il saggio introduttivo a C. Ferrari, Der Kategorienkommentar von Abū l-Farağ ‘Abdallāh Ibn al-Ṭayyib. Text und untersuchungen, Brill, Leiden 2006.

(21)

tradizione araba della letteratura isagogica tardo-antica86. Di seguito fornirò soltanto una breve panoramica, basandomi perlopiù sulle notizie contenute nel Fihrist.

Ibn al-Nadīm sembra, anzitutto, suggerire una distinzione fra autori di compendi e autori di commenti sistematici87; nell'esaminare sommariamente la ricezione araba delle Categorie, nelle pagine che seguono, manterrò indicativamente questa divisione preliminare (entro i limiti di quanto è concesso dire dallo stato di conservazione dei testi arabi discussi).

Fra gli epitomatori citati, il più antico è certamente Ibn al-Muqaffa‘, al quale è attribuito un compendio dei primi quattro scritti dell'Organon che in più di un codice è tramandato come “traduzione” delle opere di Aristotele. L'identità di Ibn al-Muqaffa‘ è discussa: alcuni testi e manoscritti attribuiscono il testo ad Abū Muḥammad ‘Abdallāh (m. 756), di origine persiana, attivo come segretario al servizio di membri della famiglia ‘abbaside e traduttore di testi dal medio-persiano88; altri a suo figlio Muḥammad Ibn ‘Abdallāh, segretario del califfo

Al-Manṣūr. Si discute anche se il compendio debba essere considerato una traduzione dal persiano (eseguita, in tal caso, più plausibilmente da Ibn al-Muqaffa‘ padre) o da un'altra lingua, come ad esempio il siriaco89. Lo scritto in questione, in ogni caso, contiene un riassunto delle Categorie, redatto anche con l'ausilio di tabelle, che sembra tener conto di alcune aporie sollevate nella tradizione esegetica greca90. Un colofone reca testimonianza di ulteriori stadi della tradizione di questo testo. Ḥabīb Ibn Bahrīz (VIII-IX sec.), noto soprattutto come traduttore dell'Aritmetica di Nicomaco di Gerasa per il circolo di al-Kindī, è nominato nel Fihrist subito dopo Ibn al-Muqaffa‘ come epitomatore delle Categorie. Di lui ci è conservato soltanto un manualetto di definizioni relative alla logica, in cui compaiono termini afferenti allo scritto di Aristotele, ma nessun compendio specificamente dedicato ad esso91.

86 Vedi C. Hein, Definition und Einteilung der Philosophie. Von der spätantiken Einleitungsliteratur zur

arabischen Enzyklopädie, Peter Lang, Frankfurt a.M.-Bern-New York 1985, pp. 247-251. Cfr. anche C. Ferrari, Der Kategorienkommentar, op. cit., pp. 12-14; A. Elamrani-Jamal, Aristote de Stagire. Les Catégories: tradition arabe, in DPhA I (1989), pp. 510-513.

87

La distinzione è suggerita, nel primo caso, dall'uso del verbo fassara (“spiegare, commentare”, il cui infinito, tafsīr, indica normalmente in lingua araba il commento lemmatico o sistematico), distinto dall'uso dei termini muḫtaṣar e ğawāmi‘, che indicano il compendio o l'epitome. Sui generi della letteratura scientifica e filosofica araba v. G. Endress, Die wissenschaftliche Literatur (op. cit.): Formen und Gattungen der w.L., pp. 460-473.

88

Cfr. F. Gabrieli, Ibn al-Mukaffa‘, in EI [Enclyclopaedia of Islam] III (1971), pp. 883-885.

89

Per una discussione più approfondita dei problemi relativi alla figura di Ibn al-Muqaffa‘ v. C. Hein, Definition und Einteilung der Philosophie, pp. 41-46; v. anche il più recente D. Gutas, Die Wiedergeburt der Philosophie und die Übersetzungen ins Arabische, in Ueberweg, F., Grundriss der Geschichte der Philosophie: Philosophie in der islamischen Welt (bd. 1), hrsg. von U. Rudolph u.M. von R. Würsch, Basel 2012, pp. 72-74.

90V. l'edizione critica di M.T. Danišpažūh, Al-Manṭiq li-Ibn al-Muqaffa‘; Ḥudūd al-manṭiq li-Ibn Bihrīz, Tehran

1978, pp. 9-24.

91

Edito da Danišpažūh, op. cit., pp. 97-126; Cfr. Gutas, Die Wiedergeburt der Philosophie, cit., pp. 78; G. Endress, P. Adamson, Abū Yūsuf al-Kindī, (in Ueberweg, op. cit.), p. 101.

(22)

Ibn al-Nadīm menziona anche, in terzo luogo, al-Kindī (m. ca. 865), il primo grande filosofo arabo, come autore di un'epitome delle Categorie. L'inventario delle opere dello stesso al-Kindī contenuto nel Fihrist annovera, fra le “opere filosofiche”, un Libro sull'intento di Aristotele nelle Categorie (Kitāb fī qaṣdi Arisṭā[ṭā]līs fī l-maqūlāti), e, fra le “opere logiche”, una Epistola sulle dieci categorie (Risāla fī l-maqūlāti l-ašara)92. Nessuna di queste due opere è giunta fino a noi; disponiamo però di una breve trattazione delle categorie contenuta nell'Epistola sul numero degli scritti di Aristotele e su ciò che serve per esercitare la filosofia (Risāla fī kammiyyati kutub Arisṭāṭālīs wa-mā yuḥtağu ilayhi fī taḥṣīli l-falsafati)93, e di qualche definizione afferente alle Categorie nell'Epistola sulle definizioni e le descrizioni delle cose (Risāla fī ḥudūd al-ašyā’ wa-rusūmi-hā), che pure è di discussa attribuzione.

Gli altri nomi citati da Ibn al-Nadīm sono quello di Aḥmad Ibn al-Ṭayyib al-Saraḫsī (m. 899), allievo di al-Kindī, autore di un Compendio delle Categorie (Muḫtaṣar kitāb Qaṭīġūryās) di cui è conservato solamente un frammento, ad oggi inedito, in un manoscritto di Istanbul94; Abū Bakr ar-Razī (m. 925), noto prima di tutto come medico, che scrisse un'epitome delle Categorie (Ǧumal ma‘ānī Qāṭīġūryās) oggi andata perduta; Isḥāq Ibn Ḥunayn, che probabilmente aggiunse un riassunto alla propria traduzione. Altre fonti bio-bibliografiche enumerano, tra i compendiatori di Aristotele, anche Tābit Ibn Qurra (m. 901) e Ibn al-Haytām (m. 1039).

Occorre menzionare ancora due commenti importanti: il primo consiste nelle già citate glosse del codice BnF ar. 2346, contenente le traduzioni integrali in arabo dell'Organon, oltre che dell'Isagoge di Porfirio e della Poetica e della Retorica, redatte da autori diversi. Le note marginali alla traduzione delle Categorie, redatte da al-Ḥasan Ibn Suwār (m. 1036), contengono riferimenti a vari commenti greci e arabi, e, in alcuni casi, anche citazioni letterali. Il secondo, databile all'incirca alla prima metà dell'XI secolo, anche chiamato da G. Endress Kettenkommentar o Kommentar-Katene95, raccoglie e mette a confronto varie citazioni di esegeti greci e arabi delle Categorie. L'autore di questo testo è un certo ‘Abdallāh

92Cfr. Fihrist, p. 256,1-2; 13. 93

Edita e tradotta in italiano da M. Guidi e R. Walzer: Studi sul al-Kindī, I: Uno scritto introduttivo allo studio di Aristotele, in Atti, pp. 375-419.

94

Conservato nel ms. Ayasofya 4855. Cfr. F. Rosenthal, Aḥmad ibn aṭ-Ṭayyib as-Saraḫsī, New Haven, Connecticut 1943, p. 54.

95

Letteralmente: “commentario-catena”. Cfr. Endress, Die wissenchaftliche Literatur, in GAP II, op. cit., p 462. Il nome è dato sulla falsariga delle Catenae, raccolte di estratti da commenti alla Bibbia, in uso nelle scuole di teologia a partire dal VI secolo. Questo testo, conservato nel manoscritto di Istanbul Ayasofya 2483, è stato edito, soltanto in parte, con una traduzione in turco, da M. Türker: El-‘Amiri ve Kategoriler in serhleriyle ilgili parçalar, in «Araṣtirma» 3 (1965), pp. 65-122. Su questo scritto

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