3. LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE TURISTICA NELL’ERA DIGITALE
3.4. Le fasi del processo decisionale nell’era digitale
3.4.2. Raccolta di informazioni
Non è detto che, una volta percepito il bisogno, il consumatore si metta direttamente alla ricerca attiva di informazioni. La quantità delle informazioni ricercate dipende dall’intensità dello stimolo, da quante informazioni sono già a disposizione del consumatore dalla difficoltà a reperirne altre, dal valore riposto nelle informazioni aggiuntive e dalla soddisfazione che la ricerca genera. Solitamente, la ricerca di informazioni riguardanti le destinazioni di una destinazione leisure rappresenta un’attività piacevole che migliora lo stato d’animo del consumatore (Rutschmann, 2005, p. 63). Inoltre, la ricerca di informazioni dipende anche dal coinvolgimento del consumatore. Il turismo fa parte dei prodotti ad alto coinvolgimento, di conseguenza i consumatori-turisti effettueranno sforzi rilevanti nella ricerca di informazioni. Questo succede anche perché il prodotto turistico rappresenta un acquisto comportante un elevato rischio finanziario. Pertanto, al contrario dei prodotti a basso coinvolgimenti, il turista valuta molto attentamente anche le fonti delle informazioni e la loro attendibilità.
Il turista può ottenere le informazioni da una molteplicità di fonti: personali (esperienze passate, famiglia, amici, conoscenti), commerciali (pubblicità, comunicazione della destinazione), pubbliche (riviste turistiche, editoriali nella sezione viaggi), internet (siti web della destinazione e degli operatori turistici, blog, social network, ecc.) (Kotler et al., 2010, pp. 162-163).
L’intensità della ricerca dipende anche dalla quantità di alternative a disposizione del consumatore (Greven, 2012, p. 17). I siti internet e le agenzie viaggi offrono un numero elevatissimo di prodotti e viaggi verso migliaia di destinazioni; tuttavia, i turisti solitamente effettuano le loro scelte sulla base di un paniere di alternative abbastanza limitato. Kotler (cit. in Middleton et al., 2009, p. 88) indentifica tre stadi che il consumatore attraversa. Innanzitutto vi è l’awareness set11, ovvero i
11 Konecnik e Gartner (2007, cit. in Li, Petrick & Zhou, 2008, p. 82) definiscono il termine awareness come tutto ciò che qualcuno conosce o crede di conoscere circa una destinazione. Crompton (1992, cit. in Petrick & Zhou, 2008, p. 82) specifica che destination awareness non è semplicemente ciò che il consumatore ha sentito, ma anche la probabilità che tale destinazione rientri nel set di scelte del turista.
brand di cui il consumatore ha già sentito parlare, che potrebbero rappresentare anche una
percentuale molto piccola di quelli disponibili. Tra questi, considererà seriamente solo alcuni
brand, dei quali ha già fatto uso, o dei quali ha sentito parlare in maniera positiva, o visto pubblicità
recenti o offerte speciali (consideration set). Raccogliendo informazioni su di questi, solo pochi prodotti entreranno nel cosiddetto choice set.
Nel settore turistico le fonti di informazioni di tipo personale o pubblico acquisiscono un’importanza maggiore rispetto alle altre. Il turista, infatti, non conosce la qualità dei servizi di una destinazione finché non l’ha visitata (prodotto turistico intangibile e non standardizzabile), ma solo il prezzo e la destinazione per come gli viene presentata su cataloghi o siti internet. Le informazioni ottenute, per esempio, attraverso il passaparola, ovvero dalla “espressione (positiva o negativa) che altri consumatori - amici, parenti, colleghi, ecc. - hanno maturato in relazione a un determinato prodotto” (Rossi, 2008, p. 110) assumono un peso maggiore nella decisione del turista rispetto a quelle fornite da promotori delle destinazioni stesse. Questo avviene siccome la ricerca di informazioni è volta principalmente alla riduzione del rischio percepito da parte del turista. I consigli e le informazioni di chi ha già visitato una certa destinazione, quindi, vincono particolarmente di credibilità, in quanto basate su esperienze personali e fornite da altri consumatori, pari al turista che le sta cercando (Gretzel, 2009, cit in. Grasmik, 2011, p. 33; Grasso, 2011, p. 128).
Con l’avvento delle tecnologie di comunicazione digitali e la possibilità di accedere al web da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, la domanda di informazioni dalla rete è salita esponenzialmente; allo stesso tempo, anche la quantità di contenuti on-line si è moltiplicata in maniera più che ragguardevole (Greven, 2012, p. 17). Da uno studio intitolato Attitudes of
Europeans towards tourism (Flash Eurobarometer, 2013, cit. in Noti, 2013, p. 121) si può evincere
che internet è la seconda fonte d’informazione nella pianificazione di un viaggio (46%) subito dopo lo scambio di opinioni con amici, parenti e conoscenti (56%); al terzo posto si trovano le esperienze personali (34%), seguite da agenzie viaggi e uffici turistici (21%) e brochure e cataloghi (11%). Rossi (2008, pp. 110-111) ricorda come, in seguito alla digitalizzazione, i costi che il turista deve sostenere per reperire le informazioni si sono estremamente ridotti; queste sono ora reperibili direttamente alla loro fonte (per esempio i siti web delle imprese) o attraverso il passaparola in versione digitale, chiamato word-of-mouse o electronic word-of-mouth (EWoM) (Henning-Thurau, Gwinner, Walsh & Gremler, 2004, Abstract). Ne consegue che la situazione in cui un produttore individua i bisogni dei clienti per poi produrre dei prodotti con il fine di soddisfarli si sta invertendo: sono infatti i clienti che individuano le caratteristiche dei produttori e, sulla base di queste, li selezionano (Vicari, 2001, p. 48). Vi è quindi un trasferimento del potere contrattuale dall’offerta alla domanda, dettato da una riduzione delle asimmetrie informative. Le imprese non possono più ottenere dei privilegi originati dalla condizione di squilibrio nella distribuzione delle informazioni; Solitamente il termine awareness viene tradotto come consapevolezza, notorietà o riconoscibilità di un
anzi, può succedere che sia addirittura il turista a trovarsi in un posizione di vantaggio nei confronti delle imprese. Infatti, il sempre maggiore accesso a informazioni da parte dei consumatori fa sì che il mercato diventi più trasparente e, di conseguenza, i soggetti coinvolti stringono relazioni più paritetiche (Vescovi, 2007, cit. in Solivo, 2014, p. 37).
Il turista 2.0 ha a disposizione più fonti che mai per effettuare la ricerca di informazioni. Informazioni provenienti da canali unilaterali non gli bastano più, desidera invece una comunicazione autentica, dando grande importanza alle valutazioni di istituti neutrali e alle esperienze di altri turisti (Greven, 2012, pp. 17-18). La ricerca di informazioni avviene tramite motori di ricerca come Google, che rimandano a siti web, portali di recensione, blog, e social
network, dove il turista può trovar qualsiasi tipo di informazione, a partire dalle caratteristiche e
attributi della destinazione al prezzo, dalle foto e video condivise sui social network fino alle opinioni e valutazioni compilate severamente da chi l’ha visitata.
Come accennato al capitolo 2.5.2, le comunità virtuali giocano un ruolo fondamentale nelle informazione che il nuovo turista può ottenere. In queste comunità ogni individuo può raccontare le sue esperienze, recensioni e giudizi, portando così alla creazione di una intelligenza collettiva, permettendo di viaggiare in modo più aggiornato e consapevole. Questo cosiddetto user
generated content è diventata una delle fonti di informazione più preziosa in assoluto per il turista
2.0.
Una volta raccolte le informazioni necessarie e individuate le alternative (choice set), il turista passa alla fase della loro valutazione.
Una considerazione che si può fare a proposito della ricerca d’informazioni è che le imprese turistiche di certo non restano indifferenti di fronte a cambiamenti così considerevoli; potrebbe dunque darsi che vi siano degli attori dell’offerta che danno vita loro stessi a delle community o che cercano di stimolare gli utenti del web a parlare in maniera positiva del loro prodotto e della destinazione, cercando magari anche di avviare forme di marketing virale. In questo modo, chi riceverà gli input informativi non li percepirà come materiale promozionale creato dalla destinazione e li classificherà come più affidabili. Tali imprese tentano quindi di non imporre il proprio prodotto al turista, ma di sfruttare quest’ultimo come veicolo per diffondere informazioni. Questi sistemi di emissione delle informazioni, tuttavia, hanno successo solo se gli interlocutori si riconoscono come neutrali, spontanei e attendibili. (Rossi, 2008, p. 110)