PARTITI E GRUPPI POLITICI ITALIANI DI FRONTE ALLA GRANDE GUERRA
7.4 I Radicali dell'Unità
Antonio De Viti De Marco (1858-1943), co-direttore dell'Unità e deputato radicale, presenta in un breve articolo le necessità con cui il Partito Radicale sostiene l'intervento
68 G. MAZZINI, L'Italia e gli Slavi, in L'Unità, anno IV n.2, 8 gennaio 1915.
69 Idem.
armato italiano con l'obiettivo di “completare la nostra unità nazionale al confine orientale”.70 Qualora però le terre irredente venissero ottenute appoggiando gli Imperi Centrali, vuoi con una guerra contro la Francia, vuoi con la neutralità benevola, De Viti De Marco e i Radicali sono convinti che un tale accordo sarebbe pesantemente controproducente per il Bel Paese.
La portata effettiva della catastrofe europea è percepita chiaramente dal deputato radicale, il quale identifica nella Grande Guerra non un conflitto, ma “una rivoluzione che modificherà la carta d’Europa, e — più che modificare la carta d’ Europa — traccerà il corso della nostra civiltà, della nostra cultura, del sistema politico per parecchie generazioni”.71 Come i radicali, anche a detta di De Viti De Marco le altre forze in favore dell'intervento avvertono come la discesa in campo di Roma debba essere vincolata, una volta che le potenze coinvolte si siederanno al tavolo della pace, a portare avanti quegli ideali democratici (come il progressivo disarmo, la fine delle barriere doganali, l'autodeterminazione dei popoli) in grado di diminuire gli attriti fra le nazioni coinvolte nella conflagrazione e il conseguente rischio di una nuova guerra mondiale.
Il co-direttore dell'Unità Antonio De Viti De Marco ne rappresenta l'anima radicale, facendo da tramite tra il Partito e la rivista fiorentina: quest'ultima pubblica nei primi giorni di marzo 1915 le dichiarazioni del deputato di Casamassella, sottolineando come siano state votate all'unanimità nella riunione della Radicale Romana del 20 febbraio. A detta di De Viti De Marco, il problema più spinoso nelle rivendicazioni italiane è la questione di Trieste, non solo gioiello della Monarchia danubiana, ma naturale propaggine tedesca verso il Mar Mediterraneo: qualora l'Italia volesse impadronirsi della città portuale, dovrebbe scontrarsi non solo con l'elemento slavo, ma anche e sopratutto con quello germanico al di là delle Alpi. Infatti, riferendosi alla missione diplomatica del dicembre 1914 di von Bülow a Roma, il co-direttore dell'Unità sottolinea come Trieste non venga mai menzionata dall'ambasciatore tedesco, il quale si limita a promettere a Roma il Trentino e “forse qualcoserella d'altro, — quel PARECCHIO, insomma, che sarebbe a un
70 A. DE VITI DE MARCO, Il Partito Radicale e la guerra, in L'Unità, anno IV n.2, 8 gennaio 1915.
71 Idem.
tempo il prezzo del ricatto che i nostri conservatori farebbero agli alleati, e il contentino che il governo italiano dovrebbe pagare alla Democrazia”:72 De Viti De Marco si dimostra profondamente indignato per i mercanteggiamenti giolittiani che fanno della posizione italiana una questione di neutralità negoziata in cambio di province da annettere al Regno d'Italia.
Al contrario, il co-direttore e il Partito Radicale proclamano fermamente che “la democrazia vuole la guerra, sol perché vuole risolvere un grande problema: quello della unità nazionale e della indipendenza politica d’Italia in Europa”,73 spostando la questione sul piano risorgimentale di completamento dell'unità nazionale, affinché la Penisola possa trattare da pari a pari con le altre nazioni europee, emancipandosi dalla sudditanza alla Germania e sopratutto dell'Austria-Ungheria, la quale dispone di una posizione nettamente più vantaggiosa per un attacco nel Nord-Est contro la Pianura Padana, tenendo in scacco un'intera nazione con la sommessa ma costante minaccia di un'invasione: si tratta precisamente di quell'”incubo della minaccia austriaca”74 menzionato da Salvemini e che da quarantotto anni avvelena qualsiasi possibilità di rapporto sincero con la Monarchia asburgica.
La possibilità dell'intervento italiano contro l'Austria-Ungheria è costantemente minacciata da un ritorno al potere di Giolitti, favorevole ad una neutralità dietro compensi territoriali e che, de facto, avvantaggerebbe gli Imperi Centrali nella lotta europea: De Viti De Marco osserva con inquietudine la situazione politica italiana, apparentemente tranquilla ma in realtà sull'orlo della crisi (siamo all'inizio del marzo 1915), proclamando che “ad onta delle acque tranquille di Montecitorio, noi sappiamo che di fronte ad un Ministero temporaneamente in carica, vi è un Ministero perpetuamente in agguato”.75 Il Partito Radicale, pur riconoscendo le divergenze di vedute col Ministero Salandra, attualmente in carica, preferisce la linea politica dell'”intervento armato CON LE DOVUTE RISERVE”76 di quest'ultimo alla “neutralità assoluta CON LE DOVUTE
72 A. DE VITI DE MARCO, I radicali e la guerra, in L'Unità, anno IV n. 10, 5 marzo 1915, maiuscolo nell'originale.
73 Idem.
74 G. SALVEMINI, Austria, Italia, Serbia, in L'Unità, anno III n.39, 18 dicembre 1914.
75 A. DE VITI DE MARCO, I radicali e la guerra, in L'Unità, anno IV n. 10, 5 marzo 1915, maiuscolo nell'originale.
76 Idem, maiuscolo nell'originale.
RISERVE”77 sostenuta da Giolitti: l'obiettivo da conseguire nei mesi successivi è di raccogliersi intorno all'ala interventista del Governo, pur di scongiurare un improvviso ritorno al potere dell'uomo politico piemontese. Riandando indietro con la memoria, De Viti De Marco cita il tentativo di far cadere il Governo Salandra del 21 novembre 1914, imputando la posizione neutralista di Giolitti e del suo entourage all'imbarazzante stato di totale impreparazione militare dell'esercito italiano, pur così abbondantemente equipaggiato in occasione della Guerra di Libia del 1911-1912.
L'impegno politico dei Radicali corre parallelo con quello dell'Unità e della Voce, con l'obiettivo sia di mobilitare l'intellighenzia italiana in favore dell'ingresso del Paese nel conflitto, sia, sopratutto, di scongiurare un ritorno al potere di Giolitti, cambiamento di rotta politica che sarebbe fatale alla causa interventista. I Radicali sembrano il partito politico che, almeno sulla carta, più di tutti fa della lezione di Mazzini il proprio motivo ispiratore, ponendosi in questo modo sulla stessa linea ideale delle riviste culturali.
L'impegno politico dei Radicali sembra essere un contrappeso democratico e europeista alle esternazioni nazionaliste in favore di una guerra imperialista e di conquista, volta a sottomettere i popoli che si affacciano sull'Adriatico per la maggior gloria di Roma; il gruppo di De Viti De Marco, al contrario, ricuce lo strappo tra l'Italia e gli Slavi del Sud, propugnando soluzioni al conflitto europeo in grado di garantire sicurezza, indipendenza nazionale e una pace duratura.
77 A. DE VITI DE MARCO, I radicali e la guerra, in L'Unità, anno IV n. 10, 5 marzo 1915, maiuscolo nell'originale.