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Radiografia toracica in entrata

PARTE SPERIMENTALE

Capitolo 4: Materiali e metod

4.4 Radiografia toracica in entrata

Tutti i pazienti inclusi nello studio sono stati sottoposti a radiografia toracica in ingresso. Per l’esecuzione dell’esame radiografico è stato utilizzato un radiologico digitale ad alta frequenza, di tipo indiretto (Toshiba multimage MAXIVET 400 HF®).

Ogni cane è stato sottoposto ad almeno due radiografie, le proiezioni latero-laterali destra e sinistra del torace; in alcuni cani è stata eseguita in entrata anche la proiezione sagittale ventro-dorsale o dorso-ventrale.

Ogni paziente è stato posizionato sul tavolo del radiologico ed è stato sistemato in decubito laterale destro con la testa estesa sul collo, gli arti anteriori stirati cranialmente e quelli posteriori caudalmente, al fine di evitare, rispettivamente, la sovrapposizione di tessuti molli e di estendere bene il diaframma; il fascio luminoso è stato orientato in maniera tale da essere centrato sull’area di proiezione della base cardiaca quindi sul V spazio inter-costale

circa e da estendersi dall’entrata del petto fino a qualche centimetro caudalmente all’ultima costa e dalla metà dei processi spinosi delle vertebre sino allo sterno compreso, in questo modo c’è maggiore sicurezza che l’intero torace rientri nell’immagine radiografica (un esempio del posizionamento in figura n.22). Lo stesso procedimento è stato eseguito per la proiezione latero-laterale sinistra, spostando il paziente sul decubito sinistro.

I cani in cui è stata eseguita anche la proiezione sagittale sono stati adagiati in una culla di adeguate dimensioni in decubito dorsale, con gli arti anteriori e posteriori ben stirati e la colonna e lo sterno il più possibile paralleli tra loro e perpendicolari al tavolo radiologico, oppure sistemati in posizione di “sfinge” quindi in decubito sternale con gli arti anteriori ben stirati in avanti e la colonna vertebrale dritta e il più possibile parallela allo sterno (questo per la proiezione dorso-ventrale); anche in questi casi il fascio luminoso è stato sistemato per poter comprendere nell’immagine l’intero torace.

Gli scatti sono stati eseguiti cercando di cogliere i pazienti durante l’ispirazione in maniera tale da migliorare lo studio dell’immagine radiografica.

Infine, le cassette sono state tolte dopo ogni scatto e inserite nello sviluppatore per ottenere l’immagine radiografica definitiva.

Le immagini radiografiche sono state successivamente valutate in base ai seguenti aspetti:

• La presenza o meno di pattern polmonari e il tipo di pattern riscontrabile in ogni paziente; per poter valutare questo aspetto le immagini sono state studiate ricercando la presenza di segni radiografici tipici come aumento di radiopacità e riduzione del contrasto, peggiore visualizzazione dei vasi e delle varie strutture

Figura n.22: esempio di un corretto posizionamento del cane per la proiezione latero- laterale destra del torace, con il fascio radiogeno posizionato sull’area di proiezione cardiaca. (da Coulson & Lewis, 2002)

anatomiche toraciche, broncografie aeree, lobar sign, ingrandimento delle pareti bronchiali. In base ai tipi di segni radiografici visualizzati veniva riportato nel referto radiografico il pattern polmonare di ogni paziente. Sono state considerate invece nella norma le immagini di tutti i pazienti che non mostravano le suddette alterazioni a carico dei campi polmonari.

• La distribuzione del pattern quindi se l’aumentata radiopacità e le alterazioni individuate si concentravano soprattutto in determinate aree dei campi polmonari o erano piuttosto estese a tutto il torace. Le zone di distribuzione considerate sono state quelle dei lobi craniali, dei lobi caudali oppure la distribuzione diffusa.

• La presenza di segni riferibili a versamento pleurico e la sua entità; i segni considerati compatibili con un versamento pleurico sono la riduzione di contrasto più o meno generalizzata dovuta ad aumento di radiopacità intratoracica, l’impossibilità di visualizzare adeguatamente l’ombra cardiaca e i pilastri del diaframma (il cosiddetto “segno della silhouette negativo”), la presenza di una banda ad aumentata radiopacità dorsalmente allo sterno, la retrazione polmonare dalle pareti toraciche verso l’ilo, con effetto a “foglia morta”, la visualizzazione dei margini lobari con evidenziazione delle scissure pleuriche. Alcuni di questi segni sono stati considerati anche per capire la gravità del fenomeno, ad esempio la banda radiopaca dorsale allo sterno è comune in versamenti di lieve entità, mentre l’aspetto a foglia morta dei polmoni completamente retratti indica una condizione decisamente più grave.

4.5 Emodialisi

Tutti i pazienti inclusi nello studio sono stati sottoposti ad emodialisi intermittente, per la cui esecuzione è necessaria una chirurgia precedente per l’applicazione del CVC (catetere venoso centrale) e del sondino esofagostomico. Ogni paziente è stato poi sottoposto a una successiva radiografia di controllo per la verifica del corretto posizionamento dei due strumenti.

4.5.1 Chirurgia e radiologia di controllo

Prima dell’esecuzione dell’emodialisi i pazienti vengono anestetizzati, intubati e sottoposti ad un breve intervento chirurgico per l’apposizione del CVC, necessario per la terapia emodialitica e del sondino esofagostomico.

Il CVC rappresenta il principale accesso venoso utilizzato nei pazienti che vengono sottoposti ad emodialisi [77]. Per la sua apposizione il paziente viene messo in decubito laterale sinistro, viene eseguita la tricotomia della regione del collo interessata (all’incirca dall’arcata della mandibola fino alla spalla) con successivi scrub chirurgico e drappeggio e dopodiché viene isolata la vena giugulare esterna di destra mediante l’uso di pinze sterili; il CVC deve essere inserito in maniera sterile e sono possibili due metodiche [78]:

• L’accesso percutaneo secondo la tecnica di Seldinger

• L’accesso tramite cut down che consiste nell’incisione della cute per isolare meglio la vena giugulare

Una volta messa in evidenza la vena giugulare si procede all’inserimento di un catetere venoso (16G), avvalendosi dell’aiuto di una guida a J metallica che viene fatta avanzare nel lume del vaso fino al raggiungimento dell’atrio di destra; può essere necessario utilizzare un dilatatore vascolare, che viene inserito sulla guida a J con movimenti rotatori, per ottenere una corretta dilatazione del vaso prima di procedere all’inserimento del catetere definitivo. Nel caso in cui si inserisca il dilatatore, questo viene rimosso mantenendo sempre la guida a J, sulla quale poi viene inserito il CVC definitivo; la guida a J viene rimossa per ultima.

Dopo aver valutato il flusso da entrambi i ports del catetere, sia in aspirazione che in ricezione, questi ultimi vengono chiusi con fisiologica sterile e il catetere viene fissato alla cute mediante punti di sutura con filo non riassorbibile e il punto di ingresso viene isolato mediante l’uso di vetrap.

Per l’applicazione del sondino esofagostomico il paziente viene spostato sul decubito destro e vengono eseguiti allo stesso modo tricotomia, scrub chirurgico e drappeggio della regione interessata. Per creare il punto di inserimento del catetere si entra con una pinza sterile a branca lunga in esofago e circa a metà del suo decorso nella regione del collo, si fa una leggera pressione verso la parete del collo, a questo punto si incidono con una lama di bisturi la cute e il sottocute, fino a quando non si tocca con la lama la punta della pinza; si retrae la lama e si fa pressione con le pinze di modo da forare tutti i tessuti. Quando la pinza è fuoriuscita all’esterno si inserisce la sonda tra le branche della pinza e si fa scorrere fino a quando non esce dalla cavità orale, a questo punto si gira la sonda, si reinserisce caudalmente di modo da farla rientrare nella cavità orale e si spinge fin quando non si ripiega su sé stessa nel punto di ingresso. Il capo inziale della sonda deve essere fissato alla cute

mediante filo non riassorbibile e sutura a sandalo romano. Anche in questo caso si protegge il punto di inserimento mediante l’applicazione di vetrap.

Ogni volta che il CVC doveva essere aperto, è stata eseguita una pulizia standardizzata con garze di clorexidina e successivamente è stata iniettata fisiologica sterile nei ports e soluzioni eparinizzate definite “lock solution” per la loro chiusura.

Dal momento che entrambi i cateteri devono fermarsi in punti anatomici precisi e che nell’applicazione del sondino esofagostomico c’è il rischio di cubitare la sonda, ogni paziente è stato sottoposto a una radiografia di controllo, necessaria a valutare il corretto posizionamento di entrambe le strutture. La radiografia è stata una latero-laterale destra del torace e i criteri per valutare l’applicazione sono stati che il CVC terminasse all’incirca a livello dell’area di proiezione dell’atrio destro e il sondino esofagostomico nel tratto di esofago compreso tra la biforcazione tracheale e il pilastro diaframmatico sinistro.

4.5.2 Emodialisi

Tutti i pazienti inclusi nello studio hanno ricevuto una diagnosi di AKI di vario grado e sono stati sottoposti a terapia emodialitica presso il Servizio di Emodialisi e Purificazione Ematica Veterinaria (SEPEV) dell’Ospedale Didattico Veterinario “Mario Modenato” nel Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa.

I pazienti sono stati sottoposti ad emodialisi intermittente e i macchinari utilizzati sono stati di tue tipologie:

• Diapact ® CRRT, (B-Braun, Melsunghen AG) con filtro dializzatore, linee sangue e liquido di dialisi preconfezionato. Questa macchina è stata preferita per i cani di peso inferiore ai 15 Kg e per trattamenti di intensità minore, come ad esempio le prime dialisi.

• Dialog+®, (B-Braun, Melsunghen) che invece, è stata utilizzata per i cani di taglia medio-grande e per trattamenti di maggiore intensità, comprese dialisi successive al primo trattamento, nei cani di peso < ai 10 Kg. La macchina produce il liquido dialisato (che è composto da acqua pura e filtrata mediante osmosi inversa, bicarbonato, elettroliti e sodio in base alle necessità di ogni singolo paziente) e consente di controllare, durante il trattamento, la circolazione ematica extra-corporea, il flusso dal dialisato al dializzatore e la composizione e il bilancio del dialisato.

L’impostazione dei parametri per la composizione del dialisato e per la durata del trattamento è stata affidata a personale esperto ed è stata formulata considerando due criteri:

1. La durata espressa in ore, il numero e l’intensità dei trattamenti emodialitici sono stati scelti sulla base del livello di uremia del paziente, della presenza di un eventuale stato oligurico e di specifiche necessità del singolo individuo.

2. La raccomandazione presente in medicina umana e valida per tutti i pazienti con sospetta leptospirosi di non ricorrere all’uso di eparina durante l’emodialisi [79]. In alcuni pazienti sono state eseguite radiografie toraciche anche in seguito all’esecuzione della terapia emodialitica, generalmente in due condizioni: o per valutare la progressione delle condizioni polmonari o per verificare l’entità delle lesioni in quei pazienti che, dopo la dialisi, hanno mostrato un peggioramento delle condizioni cliniche.