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RITORNO A CIRENE: REGNO DI APOLLONIO (LA STORIA SI INTERROMPE BRUSCAMENTE CON IL

3.1 RAFFRONTI CON LE ALTRE VERSIONI IBERO-ROMANZE

Due rifacimenti in lingua spagnola appartenenti ai secoli XV e XVI sono l’incunabolo, stampato nel 1488 a Saragozza (di qui in avanti I) e conservato nella biblioteca della Hispanic Society of America di New York71 e la Patraña Oncena di Juan Timoneda (di qui in avanti PO) contenuta all’interno del Patrañuelo (Valencia 1567).72

Per quanto riguarda l’incunabolo possiamo affermare che, come nelle altre versioni, anche quest’ultima prende avvio dall’episodio incestuoso tra Antioco, re di Antiochia, e la figlia e dalla successiva emissione da parte del re di un editto che impone ai pretendenti della figlia di risolvere un indovinello: nel caso in cui non riuscissero a trovarne soluzione sarebbero stati decapitati. Il capitolo 153 dell’incubabolo non è altro che una traduzione del modello latino di Gesta Romanorum e come si può osservare, nel testo I sono presenti delle aggiunte lessicali o sintagmatiche, oppure ampie parafrasi nel volgarizzare il modello latino (un esempio è il seguente: parati sumus pro vobis mori – antes nos todos hauemos rescibido grandes beneficios de vos. Por ende, conosced que estamos prestos e aparejados de vos seruir fasta la muerte).

Talvolta il testo I che, costituisce una traduzione tendenzialmente fedele di GR, presenta delle modifiche di vario tipo rispetto a quello del suo modello. Tali modifiche, per lo più minime e dovute ad esigenze esplicative o glossatorie della traduzione (es. [VI] ad patriam juvenis – a la tierra de Tyro), possono coinvolgere un’intera frase con innovazioni sintattiche e di contenuto.

Una delle differenze sintattiche più evidenti tra GR e I è la trasformazione dei discorsi diretti in discorsi indiretti e viceversa. Difatti questa peculiarità possiamo riscontrarla anche in CA in quanto è ben noto che prevale il discorso indiretto che quello diretto e che nel caso di I, probabilmente, può essere stata una scelta finalizzata a ridurre una struttura sintattica forse troppo complessa.

71

Non esistono manoscritti del suddetto testo, che è stato riprodotto nell’edizione facsimile Pérez y Gomez 1966 (cfr. bibliografia), a sua volta ristampata in Deyermond 1973. A Deyermond si rifà anche ad Alvar: cfr. Alvar vol. II, p. 525.

39 Deyermond ha osservato come, in alcuni casi, il testo di I presenti degli errori dovuti ad una traduzione troppo letterale del testo latino:73 tra questi, egli segnala l’omissione del verbo nella frase [VIII] con la mano derecha los panes, traduzione letterale di dextra manu fruges74 e l’espressione [XXII] Entre éstas, priva di antecedente in quanto traduzione letterale di Inter hec.75

Il testo I presenta inoltre, rispetto al suo modello latino, alcune differenze ripetute e quasi seriali e per lo più dovute non già ad incomprensioni bensì ad un lavoro attento e consapevole del traduttore che, come già osservato da Alvar76, non si limita alla semplice trasposizione del testo da una lingua ad un’altra, ma attua delle variazioni con lo scopo di semplificare e chiarire, ma anche di adattare alla cultura di arrivo i contenuti del testo di partenza.

Probabilmente doveva essere tra le intenzioni del volgarizzatore spagnolo quella di realizzare un’opera che non fosse semplice trasposizione di quella di partenza: un’opera la cui originalità è riscontrabile nei casi in cui «el traductor camina por su propio paso, aunque no rompa nunca con el modelo que tiene ante los ojos».77 È emerso che la versione di GR e quella di I differiscono tra loro per meditati e prevedibili interventi del volgarizzatore, ma dal punto di vista delle sequenze narrative non c’è nulla di rilevante tra I e CA e, inoltre, le differenze dal punto di vista contenutistico tra I e CA sono le stesse analizzate in GR.

Un discorso a parte merita la versione della Patraña Oncena di Juan Timoneda, contenuta all’interno del Patrañuelo (1567) i cui modelli sono ancora oggi oggetto di discussione.78

Su Juan Timoneda scarseggiano notizie biografiche. Nato probabilmente intorno al 1520 a Valencia,79dove trascorse la maggior parte della sua vita, Juan (o Joan) Timoneda ebbe sicuramente una personalità poliedrica: fu libraio, drammaturgo,

73

Cfr. Deyermond 1973, p. XIII: “[…] the anonymous author of the Spanish version usually follows GR closely. In general he produces an intelligent and well-written version, though sometimes he writes sentences defective in grammar or meaning because he follows the Latin word-forword”. Sempre second Deyermond, l’autore dell’incunabolo avrebbe introdotto nel testo anche degli abbellimenti stilistici, come l’annominatio [XIX] apartada…parto…partirte, assente in GR. Cfr. Deyermond 1973, p. 36 nota n.21 e p. 90. 74Cfr. Deyermond 1973, p. 16 nota n. 9 e p. 88. 75 Ivi, p. 42, nota n. 27, p. 91. 76 Cfr. Alvar 1976, vol. I, pp. 259-261. 77 Ivi, p. 260. 78 Cfr. Archibald 1991, pp. 210-211. 79 Cfr. Romera Castillo 1990, pp. 13-15.

40 editore, attore ed impresario teatrale (pubblicò opere teatrali di Lope de Rueda, Alonso de La Vega e Juan de Vergara), nonché autore di poesie e racconti.80 I racconti di Timoneda, che sono forse la parte più celebre della sua produzione, sono suddivisi in tre diversi volumi: Sobremesa y Alivio de Caminantes (1563 l’edizione più antica, 1569 la più tarda), El Buen aviso portacuentos (1563) e El Patrañuelo (1567).81

Quest’ultima è certamente la sua opera più famosa: si tratta di una raccolta di ventidue patrañas82 di varia lunghezza, prive di titolo e numerate. È stato anche osservato come la scelta del termine patraña (che in spagnolo significa “consiglio” o “proverbio” e che non aveva precedenti in letteratura83

) sembri un espediente per scongiurare possibili sospetti da parte della censura, evitando riferimenti alle novelle italiane, visto il «clima di tendenziale sospetto che circondava la narrativa breve di origine italiana».84

La Patraña Oncena ossia l’undicesima è quella relativa alla storia di Apollonio e notiamo che già dall’inizio c’è qualcosa che differisce da CA in particolare ma anche da HART, GR, P e I. L’incipit del racconto, come d’altronde gli altri della raccolta, è preceduto da una redondilla, strofa di quattro versi che anticipa la materia che verrà trattata.

Subito dopo prende avvio la vicenda vera e propria: il re Antioco, dovendo affidare il regno alla figlia Safirea, giovane dalla bellezza e dalla grazia straordinarie, ed essendo perennemente importunato dai pretendenti alla sua mano, decide che ad averla in moglie sarà colui che riuscirà a risolvere una adivinanza (enigma) affissa sulla porta del suo palazzo: chi non vi riuscirà verrà decapitato.

Secondo Homero Serís il testo dell’incunabolo costituirebbe la fonte primaria della Patraña Oncena: osservazione non del tutto condivisa da Alvar, il quale sottolinea peraltro, la grande libertà dell’autore valenzano nei confronti dei

80

Per un’analisi approfondita della produzione di Timoneda cfr. Reynolds 1975, Guarino 1993 e le introduzioni dell’edizione Romera Castillo 1990.

81 Cfr. Reynolds 1975, pp. 19-45; cfr. Guarino 1993.

82 L’autore afferma “Patraña no es otra cosa sino una fingida traza tan lindamente amplificada y compuesta que paresce que trae alguna apariencia de verdad”. Cfr. traduzione inglese in Reynolds 1975, p. 43.

83 Cfr. Guarino 1993, p. 57. 84 Ivi, p. 56.

41 modelli in quanto Timoneda non sembra attenersi a nessun modello preesistente ma, sommariamente, la struttura narrativa di base è la stessa di I e, quindi, anche di GR e di CA.

Ad una prima analisi comparativa tra CA e PO si può notare la presenza di diversi inserti lirici all’interno della narrazione (oltre alla redondilla iniziale, che è presente in tutte le patrañas, delle quali funge da sommario introduttivo) che sostituiscono gli indovinelli, ad esempio, nell’episodio dell’incontro tra Apollonio e la figlia precedente l’agnizione.

Altro particolare che si impone a prima vista riguarda le tappe del viaggio qui di sotto schematizzato:

CA: (Tiro) – Antiochia – Tiro – Tarso – Prima Tempesta – Pentapoli – Seconda

Tempesta – Tarso – Terza Tempesta – Mitilene – Efeso – Tiro – Tarso – Pentapoli.

PO: (Tiro) – Antiochia – Tiro – Tarso – Prima Tempesta – Pentapolitania –

Seconda Tempesta – Tarso – Antiochia – Tiro – Antiochia – Tarso – Efeso – Pentapolitania.

Da questo schema possiamo notare che anche in PO la narrazione sembra equivalere a quella di CA, ma dopo la morte della moglie di Apollonio (Silvania in PO) la narrazione inizia a variare. Anche in PO la moglie di Apollonio giunge ad Efeso. La figlia Politania (Tarsia in CA), invece, lasciata dapprima a Tarso, viene in seguito rapita da Serafino; la barca su cui si trovano viene però attaccata da alcuni pirati i quali conducono la giovane ad Efeso, dove ritroverà il padre e dove tutta la famiglia potrà finalmente riunirsi. In questo caso, dunque, è il testo di PO a semplificare la trama: vengono, infatti, a mancare il sogno premonitore di Apollonio e l’ultima tappa del suo viaggio (da Mitilene ad Efeso).

Ai viaggi di Apollonio, inoltre, si possono aggiungere quelli della famiglia ormai riunita: infatti, in CA i tre giungono dapprima a Tiro (dove Apollonio cede il suo regno ad Atenagora, suo genero, e sua figlia Tarsia), poi a Tarso (dove vengono puniti Stranguillione e Dionisia), infine a Pentapoli (dove rimangono Apollonio e sua moglie fino alla morte).

42 Ancora una volta in PO viene ridotto il peregrinare della famiglia ad una sola tappa: da Efeso a Pentapolitania (dove, alla morte del suocero, Apollonio prende possesso del regno).

Le differenze tra PO e CA sono più numerose, in particolar modo, nella seconda parte.

Effettivamente si ha l’impressione che Timoneda, oltre ad ampliare alcune sequenze narrative e ad effettuare delle semplificazioni abbia scelto consapevolmente di inserire delle innovazioni nella struttura narrativa non tanto per scopi decorativi, ma per fornire spiegazioni ad alcuni episodi che nel testo di CA ma anche di HART, GR, P, I sembrano immotivati o scarsamente descritti. Partendo dall’incipit dell’opera notiamo una cosa alquanto innovativa ossia che Timoneda ci informa che Sarifea (nome della figlia di Antioco) è l’unica erede al trono.85

L’enigma stesso, il cui testo in PO si distingue molto dalle altre versioni, è meno allusivo nei confronti dell’atto incestuoso di quanto non lo sia nella fonti latine: come d’altronde è già stato osservato, il tema dell’incesto, presente anche in altre patrañas, è sempre trattato da Timoneda come una sorta di negazione in senso freudiano. Tale negazione coinvolge anche le punizioni dei personaggi incestuosi che sono riportate indirettamente (la morte di Antioco e sua figlia avviene tramite un fulmine).86

Per quanto riguarda l’episodio incestuoso, è da notare come in PO non c’è alcun riferimento diretto all’incesto in questione, il lettore se ne rende conto solo quando Apollonio risolve l’enigma postogli da Antioco.

Un altro episodio invece ampliato da Juan Timoneda è quello dell’incontro tra Apollonio e il re Archestrate: in CA viene descritto che Apollonio partecipa ad un

85 Cfr. Alvar 1976, vol. I, p. 262.

86 Sulle relazioni tra enigma e incesto cfr. Chiarini 1983, pp. 271-275. Cfr. Guarino 1993, pp. 133- 134: “Timoneda sopprime infatti la narrazione della violenza subita da Sarifea ad opera del padre ed anche il riferimento ai numerosi pretendenti che, non riuscendo a sciogliere l’enigma, erano stati decapitati. È evidente la volontà di sopprimere dal racconto immagini troppo scabrose o truculente (come quella delle teste dei pretendenti decapitati esibite nel palazzo di Antioco), che avrebbero potuto finanche attrarre l’attenzione dei censori” e pp. 208-213. Cfr., inoltre, Guarino 1996, pp. 56-59 e Arizaleta, p. 7, sulla connessione tra la scelta di Timoneda di dare un nome alla principessa di Antiochia e la volontà di rendere meno atroce il crimine del padre: “Nombrar a la princesa, en el Patrañuelo, equivale a darle una identidad, lo que en cierto modo borra el crimen, lo hace menos visibles, menos angusti oso”. Cfr., infine, Pioletti 2000, pp. 401-402.

43 gioco mettendo in mostra le proprie abilità fisiche, mentre Timoneda amplia la scena, aggiungendovi la figura del banditore e le quattro prove di abilità.

Sembra un’invenzione di Timoneda anche il testamento, redatto dalla figlia del re di Antiochia, in cui la principessa lascia in eredità ad Apollonio il regno del padre.87

Altro punto di discordanza tra PO e CA è presente nella scena dopo l’apparente morte della moglie di Apollonio che si dedica alla riconquista del regno di Tiro, di cui si era impossessato Taliarco: di questa vicenda non c’è traccia in CA ma nemmeno in HART e GR, bensì in versioni francesi della storia.

Timoneda ha un gusto particolare per il dettaglio e per le precisazioni non fine a se stesso, ma volto spesso a esplicitare e chiarire delle sequenze narrative appena accennate nel modello latino ed a costruire una narrazione fluida e di piacevole lettura.

Davvero insolito è anche l’episodio del ladro che ruba dell’argenteria ed anche una lunga divagazione riguardante il pescatore che compra la coppa d’argento dal ladro, viene scoperto e, finito in carcere, viene salvato da Apollonio.

Tra gli episodi aggiunti da Timoneda rientra, inoltre, quello (successivo al ricongiungimento della famiglia) della ricompensa degli sposi nei confronti delle suore.

Un’altra scelta narrativa di Timoneda che è presente anche in CA è quella di eliminare del tutto gli indovinelli finali proposti da Politania ad Apollonio.88 Inoltre, tra le caratteristiche di PO è stata osservata la propensione di Timoneda per le descrizioni di grandi feste e ricevimenti sfarzosi,89 che si può notare in diversi quadri narrativi, tra cui: il matrimonio tra Apollonio e Silvania;90 la presa di possesso di Antiochia da parte di Apollonio; l’incoronazione di Apollonio a re di Pentapolitania (episodio del tutto assente in CA); i ricchi festeggiamenti degli abitanti di Efeso quando Apollonio, riconosciuta nella Truhanilla la figlia che

87

Cfr. Archibald 1991, pp. 67-68. Cfr., inoltre, Capusso 2006, p. 50 in rimando ad altre versioni dell’opera.

88 “Nella scena dell’agnizione, ad esempio, scompaiono del tutto nella patraña gli indovinelli che la ragazza pone al padre e attraverso i quali egli giunge a scoprire la verità, che certamente intendevano collocare in uno dei poli estremi della storia lo stesso elemento da cui era scaturita (l’accertamento della verità mediante lo scioglimento di un enigma).”, cfr. Guarino 1993, p.137. 89 Cfr. Archibald 1991, p. 211.

44 credeva defunta, passeggia con lei per le strade della città (anche di questo episodio non vi sono tracce in CA); e, infine, le sontuose nozze tra Politania e il principe Palimedo.

La più antica versione spagnola dell’Apollonio di Tiro è il Libro de Apolonio (d’ora in avanti LA), testo anonimo scritto verso la metà del XIII secolo in versi alessandrini e appartenente al mester de clerecía, novità importante nel panorama letterario castigliano della prima metà del XIII secolo. Il mester de clerecía consiste in una sorta di corrente di scrittori colti che riuniscono in sé la doppia condizione di intellettuali e di uomini di chiesa: il clérigo diventa il modello in ascesa dell’intellettuale, aperto, colto, curioso e disponibile nei confronti della nuova società urbana.91

Difatti, in tutto il Libro de Apolonio viene dato grande risalto alla scrittura e alla parola, legate all’educazione, alla cultura, al sapere dei vari personaggi. Questo aspetto era già presente nella versione latina ma qui è ulteriormente sottolineato dove assume i tratti tipici del mester de clerecía, che si riconoscono nei personaggi principali.92

Per quanto riguarda la data e l’autore del testo ci sono opinioni lievemente divergenti: alcuni pensano che l’autore sia stato un coetaneo di Gonzalo de Berceo,93 e che la data di composizione si aggiri intorno alla prima meta del XIII secolo dato che non ci sono delle particolarità linguistiche molto evidenti che permettono di stabilire una data precisa.94

Difatti, questi studiosi affermano che il Libro de Apolonio sia stato scritto più o meno nello stesso periodo del Libro de Alexandre e del Poema de Fernán González, posteriore alle prime opere di Berceo.

Invece, Alvar situa la redazione del Libro de Apolonio intorno al 1260 per questioni di metrica. Infine, secondo Carmen Monedero la data più accettabile potrebbe essere quella del 1240.

91

Cfr. Caraffi 1991. 92 Cfr. Caraffi 2003, p. 91.

93 Abbiamo poche notizie su Gonzalo de Berceo ma di certo era un chierico, legato al monastero di San Millán e che aveva una buona formazione letteraria, forse ottenuta frequentando lo Studio Generale di Palencia fra il 1223 e il 1236. Stando ai testi pervenutici, Berceo avrebbe scritto una dozzina di testi, raggruppati in tre gruppi: Vite di santi, Opere mariane, Opere dottrinali o liturgiche; cfr. C. Alvar 1999.

45 L’allusione alla nueva maestría che appare nella prima strofa del Libro non è nemmeno prova sufficiente di un’antichità che porterebbe a considerare quest’opera come un primo esempio della cuaderna vía; lo spirito di cultura laica che si deduce dalla versione castigliana potrebbe far pensare che sia stata scritta in ambiente universitario, dopo le riforme promosse a Valladolid.95

Circa l’anonimo autore del Libro de Apolonio attraverso lo studio dei primi versi e degli ultimi con intento moralizzante, è possbile affermare che per certo era un chierico.

Sebbene la fonte sia latina, l’opera è stata fortemente cristianizzata rispetto ai preesistenti elementi pagani. Secondo Carmen Monedero nel testo viene nominato 68 volte Dio (solo una volta il dio pagano), 14 volte ci sono riferimenti al Creatore (Criador) e ancora tanti altri riferimenti indiretti (El que poder ouo de pobre te tornar [137a] o Senyor … que tienes el sol ha tu mandar [381b]).

In LA Apollonio è soprattutto un eroe intellettuale: clérigo entendido che trionfa grazie alla sua intelligenza, e non per il valore delle armi. Difatti, a differenza di CA, in LA si sottolinea che Apollonio risolve l’enigma di Antioco perché è de letras profundado, / por soluer argumentos era bien dotrinado; poco dopo Apollonio si chiude nella sua biblioteca a Tiro per verificare sui testi ciò che aveva scoperto.

Inoltre, sia in CA che in LA si parla di mesura: in CA ne parla Apollonio quando ascolta la performance musicale della figlia del re Archestrate e in LA troviamo mala mesura che è riferita ad Antioco, uomo dalla cattiva condotta morale, al contrario di Apollonio, «homne de grant mesura»,96 denominato dai cittadini di Mitilene quando eressero il monumento in suo onore: gran mesura, culmine di tutte le virtù di un eroe che resiste alle avversità, trionfa nell’amore e che ha generosità senza limite.97

95 Cfr. C. Alvar 1999. 96

“Fizieron en la balssa huna tal scriptura://« El rey Apolonyo, de gran mesura // – echólo en esta villa huna tenpesta dura // – falló aquí su fija Tarsiana por gran uentura.[…]”; cfr. Caraffi 1991, p. 200.

46 L’eroe conosce le arti del trivium e del quadrivium e questo suo sapere gli è utile per risolvere i problemi che gli si presenteranno durante il suo percorso e, soprattutto, per risolvere gli enigmi o adivinanza.98

Soprattutto l’eroe spagnolo si è completamente cristianizzato rispetto all’eroe latino del testo della CA. Possiamo notarlo già dall’incipit dove l’autore invoca Dio e a Santa Maria per comporre un’opera nel nuovo stile (si riferisce ai versi alessandrini in cuaderna vía) sul re Apollonio.99

Per quanto riguarda le sequenze narrative, quelle di LA rispecchiano molto da vicino quelle delle versioni latine e quindi anche di CA, tranne per qualche piccolo dettaglio.

Possiamo notare differenze già nell’episodio del pescatore: in CA viene descritto come un semplice incontro dove il pescatore indica ad Apollonio la strada per Pentapoli, mentre in LA è tutto molto più descrittivo, il pescatore offre da mangiare e da dormire ad Apollonio e dopo averlo messo in sesto dopo il naufragio lo conduce a Penatapoli.

Altro punto discordante lo notiamo quando Apollonio giunge a Pentapoli e, come ci attesta CA, si sottopone ad una gara fisica e si fa notare dal re Archestrate, invece in LA Apollonio si mette semplicemente a giocare a palla con gli altri abitanti del paese ed Archestrate lo nota e lo invita a cena.

Dopo la creduta morte della moglie Luciana e dopo aver lasciato sua figlia Tarsia nelle mani di Dionisia e suo marito, Apollonio decide di non tagliarsi più barba e capelli e di partire per le terre lontane d’Egitto; questo passaggio in CA non è presente, ma si racconta solo che Apollonio decide di tornare a Tiro. Dieci anni dopo ritorna a riprendersi sua figlia (dieci anni in LA, invece in CA non sappiamo quanti anni siano trascorsi) e gli viene detto che Tarsia è morta di malattia. Addolorato se ne parte e approda a Mitilene dove troverà sua figlia. Quando giunge a Mitilene in LA non si parla dei Neptunalia che si stavano celebrando in onore di Nettuno, particolare che notiamo in tutte le altre versioni, ma Apollonio

98

Ivi, pp. 59-60.

99 “Een el nombre de Dios e de Santa María, //si ellos me guiassen, estudiar querría // conponer hun romançe de nueua maestría //del buen rey Apolonio e de su cortesía […]” cfr. Caraffi 1991, p.