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Capitolo 2 - Il trasferimento dei prodotti software: le licenze d’uso

2.1.4 La collocazione delle licenze d’uso in schemi negoziali tipici: gli indirizzi

2.1.6.2 Raffronto con il codice del consumo

Di non minore importanza in tale ambito è la disciplina posta a tutela dei consumatori120 dal relativo codice, emanato con il d.lgs. 206/2005, il quale agli artt. 33 e ss. prevede una peculiare regolamentazione circa le c.d. clausole vessatorie. L’art. 33 stabilisce in particolare al comma 1 che “nel contratto concluso tra il consumatore ed il

118 Musti B., Op. cit., pag. 176; Sammarco P. Op. cit., pag. 277.

119Così il Giudice di Pace di Partanna, con decisione del 1/2/2002, in Contr., 2002, pag. 869 (con commento di Cassano G. e Cimino I. P.), secondo il quale “la conclusione di un contratto di vendita tramite internet non comporta accettazione incondizionata delle clausole contenute nelle condizioni generali pubblicate sul web, poiché il d.P.R. n. 513 del 1997, pur riconoscendo efficacia di scrittura privata al documento informatico, non comporta alcuna deroga alla disciplina delle clausole vessatorie di cui all’art 1341 coma 2, cod. civ.”.

120 Sul tema, senza pretesa di esaustività, v.: Alpa G., Per il recepimento della direttiva comunitaria sui contratti dei consumatori, in I contratti, 1994, pag. 113; Alpa G., Brevi appunti sui problemi attuali in tema di tutela del consumatore, in Dir. consumi, 1997, pag. 53; Lo Iudice F., Forme di tutela sostanziale e preventiva del consumatore, in Giust. civ., 1997, pag. 351; Stella Richter G., Il tramonto di un mito: la legge uguale per tutti (dal diritto comune dei contratti al contratto dei consumatori), in Giust. Civ., 1997, II, p. 199 ss.; Astone F., Sull'utilizzo delle clausole abusive, in Vita not., 1997, pag. 125; Trovatore G., La definizione atipica delle "clausole abusive" tra controllo giudiziale e trattativa individuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1997, pag. 959; Roppo

V.,La nuova disciplina delle clausole vessatorie: spunti critici, in Europa e dir. priv., 1998, pag.

65; Roppo V., La definizione di clausola "vessatoria" nei contratti dei consumatori, in Contratti, 2000, pag. 83; Esposito M., La tutela dei consumatori tra codice civile e Costituzione, in Giur. merito, 2000, pag. 181; Roppo V., Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Riv. dir., priv., 2001, pag. 769 ss.; Violante U., Clausole vessatorie e approvazione specifica a "tutto campo": chi troppo vuole..., in Corriere giuridico, 2000, pag. 1042; Sgroi C., Clausole d'uso, clausole vessatorie e clausole abusive, in Giust. civ., 2001, pag. 115; Alpa G., Introduzione al diritto dei consumatori, Laterza, Roma-Bari, 2006; Stanzione P., Musio A., La tutela del consumatore, in Trattato di diritto privato, diretto da Bessone M., vol. XXX, Giappichelli, Torino, 2009; Trabucchi A., Op. cit., pag. 940 ss.; Albanese A., Le clausole vessatorie nel diritto europeo dei contratti, in Europa e Diritto Privato, 3, 2013, pag. 669; Astone M., Rimedi e contratti del consumatore nella prospettiva del diritto privato europeo, in Europa e Diritto Privato, 1, 2014, pag. 1 ss.

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professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado121 la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”122. Per quanto riguarda detto “significativo squilibrio”, esso “è determinato da un comportamento abusivo, ovvero da un comportamento

contrario a buona fede che, nel contesto della complessiva operazione, diventa non solo criterio valutativo del comportamento abusivo, proveniente dalla parte contrattuale che ha il potere di dettare le condizioni inique, ma verosimilmente anche strumento di controllo dello stesso”123.

Nei contratti di licenza d’uso, detto comportamento abusivo potrebbe rinvenirsi non solo nei particolari sistemi di conclusione del contratto (come i modelli shrink-wrap o browse-wrap), che non permettono generalmente all’utente di essere edotto delle particolari caratteristiche dell’accordo utilizzando la sola ordinaria diligenza, ma anche nei comportamenti fuorvianti tenuti dalle software house prima e dopo la conclusione dello stesso, i quali normalmente ingenerano nel consumatore l’incolpevole convinzione di trovarsi in un rapporto di compravendita, dissuadendolo così dal ritrattare le condizioni di cessione del bene. Al riguardo, il Considerando n. 16 della Direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, recita che “la valutazione, secondo i criteri generali stabiliti, del carattere abusivo di

clausole […] deve essere integrata con uno strumento idoneo ad attuare una valutazione globale dei vari interessi in causa; che si tratta nella fattispecie del requisito di buona fede; […] nel valutare la buona fede occorre rivolgere particolare attenzione alla forza

121La locuzione “malgrado” va qui intesa non col significato letterale “nonostante” o “sebbene” ma, riflettendo un probabile errore della trasposizione in lingua italiana della direttiva europea 93/13/CEE, di cui costituisce attuazione, con il significato più lato di “mancando”: la stessa direttiva dispone infatti letteralmente, all’art. 3 comma 1, che “a contractual term which has not been individually negotiated shall be regarded as unfair if, contrary to the requirement of good faith, it causes a significant imbalance in the parties' rights and obligations arising under the

contract, to the detriment of the consumer”; cfr. Astone M., Op. cit.; Roppo V., La nuova

disciplina delle clausole abusive nei contratti fra imprese e consumatori, in Aa. Vv. Scritti in onore di Luigi Mengoni, Giuffrè, Milano, 1995, 702 ss.

122È concorde nel qualificare come vessatorie le clausole dei contratti di licenza d’uso che vietino la rivendita del programma alienato o ne limitino altre facoltà di utilizzo: Ubertazzi L. C., Op. cit., pag. 172.

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delle rispettive posizioni delle parti, al quesito se il consumatore sia stato in qualche modo incoraggiato a dare il suo accordo alla clausola e se i beni o servizi siano stati venduti o forniti su ordine speciale del consumatore; […] il professionista può soddisfare il requisito di buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve tenere presenti i legittimi interessi”. In tal senso la buona fede è fonte di un dovere di

non trarre “vantaggio iniquo dalla dipendenza, dalle difficoltà economiche o altra

debolezza dell'altra parte”, secondo quanto espressamente prevede l'art. 4:109 dei

Principi di diritto europeo dei contratti124.

Alla luce di tali disposizioni appare chiaro che le pratiche negoziali delle software

house risultano tutt’altro che legittime dato che queste, con i contratti di licenza d’uso,

curano unicamente le proprie esigenze commerciali, limitando determinate facoltà degli utenti, come il diritto di rivendita, sebbene siano espressamente riconosciute da norme imperative, e traendo quindi vantaggio sia dalla presenza di profonde asimmetrie informative, sia dall’impossibilità per la generalità dei consumatori di impiegare materialmente i programmi in modi diversi da quelli specificatamente designati all’interno della loro struttura informatica.

Sempre l’articolo 33 del codice del consumo dispone poi al comma 2 lettera t) che si presumono vessatorie fino a prova contraria (quindi con inversione dell’onere della prova) le clausole che sanciscono a carico del consumatore “restrizioni alla libertà

contrattuale nei rapporti con i terzi”. Trattandosi di clausole che non scaturiscono da una

contrattazione individuale125, ai sensi dell’art. 34 comma 4 del medesimo codice, riferendoci appunto al fenomeno delle “mass-market license” (risultando in ogni caso incompatibili con la trattativa individuale le modalità tecniche di offerta commerciale attraverso internet)126, queste si potranno quindi ritenere colpite da nullità parziale a vantaggio del consumatore ex art. 36 comma 1. A tal proposito è stato giustamente

124Albanese A., Op. cit.

125Spettando eventualmente al professionista dimostrare che esse, malgrado dal medesimo unilateralmente predisposte, siano state oggetto di specifica trattativa con il consumatore; cfr. Lo Iudice F., Op. cit., nota 13.

126Tosi E., La conclusione dei contratti “online”, in Tosi E. (a cura di), I problemi giuridici di Internet. Dall’e-commerce all’e-business, tomo I, Giuffrè, Milano, 2003, pag. 164.

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osservato che “il ricorso alla licenza d’uso shrink-wrap e click-wrap sarà non vincolante

dal punto di vista giuridico relativamente alle clausole che in un caso dovrebbero essere approvate specificatamente con firma digitale o con altre tipologie di firma elettronica avanzata e nell’altro sarebbero -indipendentemente dai requisiti di forma- prive di efficacia nei confronti del consumatore in quanto, normalmente, non oggetto di trattativa individuale da parte del consumatore e, quindi, abusive iuris tantum o abusive iuris et de iure”127.

In definitiva, perché possa intendersi la licenza d’uso come contratto atipico riconducibile allo schema negoziale della locazione e non invece una alienazione, sottostante alla disciplina codicistica della vendita, sarebbe necessario quanto meno soddisfare i seguenti requisiti128:

1) La possibilità per l’accettante di conoscere il contento dell’accordo prima della sua accettazione;

2) L’effettiva sottoscrizione della licenza (anche mediante il click sul tasto di conferma digitale);

3) La specifica approvazione per iscritto nei contratti effettuati tra professionisti (quindi con firma elettronica quando stipulati in forma digitale) delle clausole che dispongono condizioni particolarmente onerose ex art 1341 comma 2 c.c.;

4) La negoziazione individuale delle clausole vessatorie nei contratti con i consumatori (come già affermato, operazione in realtà di per sé incompatibile con il sistema di “mass-market” con cui generalmente vengono applicate le licenze d’uso destinate a regolare i rapporti con gli utenti).

Le conclusioni proposte sono tuttavia puramente teoriche in quanto, alla data odierna, non si è rinvenuto materiale giurisprudenziale edito inerente lo specifico tema in analisi.

127Tosi E., Il contratto virtuale. Procedimenti formativi e forme negoziali tra tipicità e atipicità, Giuffrè, Milano, 2005, pag. 336. Ritiene che tale modello contrattuale non possa ritenersi legittimo nell’ordinamento nazionale altresì Finocchiaro G., Op. cit., pag. 101.

128Cfr. Tosi E., Diritto privato dell’informatica e di internet. I beni, i contratti, le responsabilità, Giuffrè, Milano, 2006, pag. 172.

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