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Le ragioni della necessità di esaminare la giurisprudenza amministrativa sulla mancata ottemperanza agli ordini istruttori da parte

LE ORIGINI DELLA “ NON CONTESTAZIONE ” NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

5. Le ragioni della necessità di esaminare la giurisprudenza amministrativa sulla mancata ottemperanza agli ordini istruttori da parte

della pubblica amministrazione nell’indagine relativa alla “non contestazione” dei fatti nel processo.

Nel processo amministrativo, in forza del metodo acquisitivo, il giudice ha esercitato ampi poteri istruttori d’ufficio, la cui condizione di esercizio era solitamente rappresentata dall’allegazione di un “principio di prova” ad opera della parte340.

Pertanto, il giudice adottava ordinanze istruttorie, con le quali venivano ordinati incombenti istruttori all’amministrazione; in caso di mancato adempimento, si poneva il problema delle conseguenze da ricondurre a tale condotta processuale341.

Orbene, la disamina delle sentenze che attribuivano una certa valenza alla mancata esecuzione degli incombenti istruttori da parte della pubblica amministrazione costituisce un momento di riflessione importante per la nostra ricerca.

Infatti, nel processo amministrativo la mancata contestazione dei fatti da parte dell’amministrazione era un episodio frequente; sennonché, in ossequio al

delle due parti una nuova situazione di svantaggio”. In tal senso, F. Benvenuti,

L’istruzione, 1953, 299.

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Si veda, prima della emanazione del codice del processo amministrativo, ex multis, Cons. di Stato, 29.10.2008 n. 5418, secondo la quale “non sono ammessi approfondimenti in via istruttoria, quando la parte interessata non abbia fornito, quanto meno, un principio di prova in ordine alle circostanze segnalate (nella specie, maggiore recettività dell'Ateneo), a norma degli artt. 112 e 115 c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 21, l. n. 1034 del 1971 e 44 del t.u. n. 1054 del 1924, come interpretati dalla giurisprudenza”.

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Cfr. S. Cassarino, Il processo amministrativo nella legislazione e nella giurisprudenza, Milano, 1987, 288.

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metodo acquisitivo, il giudice amministrativo ordinava all’amministrazione incombenti istruttori.

L’impressione è quella che la questione degli effetti della mancata contestazione dei fatti da parte dell’amministrazione finiva in secondo piano e non suscitava interesse nello svolgimento del processo; l’attenzione veniva concentrata sulle conseguenze processuali dell’eventuale inottemperanza della pubblica amministrazione all’ordinanza istruttoria del giudice342.

Emblematica è la pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, n. 9 del 1960, secondo la quale “ove si rifletta che su quest’ultima circostanza non vi è stata contestazione da parte delle attuali Amministrazioni ricorrenti, che, nonostante le due pronunzie interlocutorie del Consiglio di g.a., intese a chiarire, col sussidio di atti e documenti, la complessa condotta delle FF. SS, queste sono rimaste ostinatamente sorde alle richieste del Collegio, che pel fondamentale principio dispositivo del sistema probatorio degli organi di giurisdizione amministrativa, le parti contendenti hanno l’obbligo giuridico di collaborare col giudice all’accertamento della verità, sicché la parte che, avendo l’obbligo di parlare, tace di fronte a quella che assume una determinata situazione di fatto, “consentire videtur”.

Dunque, il giudice prendeva atto che l’amministrazione resistente partecipava al giudizio ma non contestava specificatamente un fatto allegato dal ricorrente; tuttavia, la questione delle possibili implicazioni della mancata contestazione veniva assorbita dalla rilevanza del comportamento omissivo dell’amministrazione stessa che non ottemperava agli ordini istruttori del giudice.

Nelle suddette ipotesi di inottemperanza dell’amministrazione, attraverso il richiamo all’art. 116 c.p.c., si attribuiva ad un comportamento processuale rilevanza sul piano probatorio riconoscendogli, in taluni casi, la capacità di condizionamento effettivo del giudice nella valutazione e nella decisione dei fatti controversi.

342 G. Tropea, Considerazioni sul principio di non contestazione, in Dir. proc. amm., 2012, ….

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In altri termini, la questione relativa alle conseguenze della mancata contestazione dei fatti allegati da controparte si è dimostrata recessiva rispetto all’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice nei confronti della pubblica amministrazione.

Tuttavia, la mancata ottemperanza agli ordini istruttori del giudice è un fenomeno processuale distinto dalla mancata contestazione dei fatti allegati dalla controparte, anche nel caso in cui la parte considerata sia la pubblica amministrazione in entrambe le ipotesi.

Il trattamento processuale riservato alla mancata risposta dell’amministrazione alle richieste istruttorie formalmente ordinate dal giudice343

va tenuto distinto da quello previsto nel caso in cui l’amministrazione mantenga nel corso del processo un comportamento meramente omissivo, in relazione a quanto dedotto e rappresentato dal ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio.

La breve disamina della giurisprudenza sul tema ci consentirà di fissare la differenza tra l’episodio processuale della mancata ottemperanza agli incombenti istruttori da parte della pubblica amministrazione e la mancata contestazione dei fatti in giudizio, ricavandone “appigli” per non cadere nella tentazione (o meglio, nella confusione) nella quale sembra essere occorso talvolta il giudice amministrativo all’indomani dell’introduzione dell’art. 64, secondo comma, c.p.a.

a) La giurisprudenza sulla mancata ottemperanza agli ordini istruttori dal giudice da parte della pubblica amministrazione.

La giurisprudenza relativa alle conseguenze dell’inerzia della pubblica amministrazione rispetto alla richiesta di adempimenti istruttori da parte del giudice ha espresso tre tendenze: il convincimento che il comportamento della pubblica amministrazione potesse essere valutato come argomento di prova; la tesi che la mancata ottemperanza agli incombenti istruttori potesse da sola fondare il convincimento del giudice; infine, la ricostruzione secondo la quale la predetta

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Sul tema dell’esecuzione degli incombenti istruttori nel processo amministrativo, si veda S. Cassarino, Il processo amministrativo, 1987, 284 ss.

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inottemperanza potesse dar vita a presunzioni, in presenza degli elementi di cui all’art. 2729 c.c.344

.

In assenza di una disposizione ad hoc per il processo amministrativo, sia nella prima che nella seconda tendenza giurisprudenziale la norma di riferimento era l’art. 116 c.p.c., introdotto nel codice di procedura civile del 1940, secondo il quale il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.

Orbene, in caso di inottemperanza dell’amministrazione agli ordini istruttori, la giurisprudenza ha applicato la regola in base alle quale il giudice può desumere argomenti di prova dal contegno tenuto nel processo dalle parti (art. 116 c.p.c.); tuttavia, a seconda dei casi, ne ha ricavato conseguenze processuali differenti.

Secondo un orientamento della giurisprudenza, l’inottemperanza dell’amministrazione alle richieste istruttorie del giudice autorizzava quest’ultimo a trarre da tale omissione conseguenze sfavorevoli ed utili a corroborare quanto eventualmente già emergesse dai dati probatori forniti dal ricorrente, ma non costituiva una circostanza che dovesse necessariamente condurre all’accoglimento del ricorso principale345.

Dunque, l’inottemperanza dell’amministrazione costituiva un argomento di prova, secondo il tenore letterale dell’art. 116 c.p.c., atteso il dovere di lealtà e di cooperazione processuale che incombeva sull’amministrazione.

Invece, un altro indirizzo giurisprudenziale ha sostenuto che, a seguito del comportamento inerte dell’amministrazione, il giudice potesse ritenere come provati i fatti e le circostanze dedotte dal ricorrente.

Talune pronunce, tuttavia, puntualizzavano che nel caso di mancata collaborazione all’attività istruttoria da parte dell’amministrazione, il giudice non

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In tal senso, si veda A. Degli Esposti, Mancata ottemperanza da parte della pubblica amministrazione dell’ordine giudiziale di esibire documenti ed effetti in tema di istruzione probatoria, in Dir. Proc. Amm, 1989, 44-45, 48 ss.

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In tal senso, ex multis, Cons. Stato, IV, 27.06.1989 n. 432; V, 12.11.1985 n. 400; V, 3.10.1984 n. 703; IV, 27.05.1991 n. 453; Cons. Giust. Amm. Sic., 29.06.1989 n. 238, Tar Lazio, II, 12.05.1988 n. 681; Cons. Stato, V, 28.10.1988 n. 622; Cons. Stato, V, 12.06.1987 n. 385.

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dovesse, ma potesse ritenere provati i fatti e le circostanze dedotti dal ricorrente, purché non si ponessero in contrasto con gli atti e le risultanze processuali346.

In dottrina è stato sostenuto che “il giudice può trarre dall’omissione conseguenze utili a corroborare e a rendere definitivamente concludente quanto già emergente dai dati probatori forniti dall’interessato”.

La predetta tesi è senz’altro condivisibile considerando “la diversa efficacia probatoria attribuita dal legislatore agli argomenti di prova rispetto alle prove propriamente dette347”.

In altri termini, l’art. 116 c.p.c. consente al giudice di desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinato e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo348; nel processo amministrativo, inoltre, è stato affermato che il giudice possa desumere argomenti di prova anche dalla inottemperanza all’ordinanza da parte della pubblica amministrazione.

Orbene, se il fondamento normativo della suddetta conseguenza sul piano probatorio è l’art. 116 c.p.c. non è corretto andare oltre la sua formulazione; il giudice può desumere “argomenti di prova” che non sono prove vere e proprie.

In definitiva, l’inerzia dell’amministrazione di fronte all’ordine istruttorio del giudice produce conseguenze negative sul piano probatorio inquadrabili in termini di “argomenti di prova”.

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Più recentemente si veda, Tar Campania, IV, 23.03.2010 n. 1578 secondo la quale “In presenza di un'istruttoria disposta e non adempiuta dalla p.a., il giudice amministrativo, in applicazione della regola di giudizio di cui all'art. 116 comma 2, c.p.c. può dare per provati i fatti affermati dal ricorrente, ove tale conclusione, come nel caso di specie, non si ponga in contrasto con altri fatti ricavabili dagli atti di causa”; inoltre, in tal senso, Tar Milano, III, 09.02.2010 n. 330; Consiglio di Stato, 15.05.2008 n. 2247; Tar Parma, I, 15.05.2008 n. 248; Tar Napoli, 04.12.2008 n. 20884.

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In tal senso, si veda A. Degli Esposti, Mancata ottemperanza da parte della pubblica amministrazione dell’ordine giudiziale di esibire documenti ed effetti in tema di istruzione probatoria, in Dir. Proc. Amm, 1989, 48, alle cui riflessioni si rinvia.

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Cfr. ex multis Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18 aprile 2007, n. 9294, Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 7 ottobre 2008, n. 24711, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 8 maggio 2009, n. 10585, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 26 maggio 2009, n. 12138, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 29 settembre 2009, n. 20844 e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 5 ottobre 2009, n. 21209 .

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Pertanto, l’inottemperanza agli incombenti istruttori da parte dell’amministrazione può essere valutata applicando l’art. 116 c.p.c.; tuttavia, la stessa conclusione non può essere recepita apoditticamente anche per la mancata contestazione dei fatti in giudizio, costituendo quest’ultima un fenomeno processuale distinto.

6. La legge n. 69/2009 e la modifica dell’art. 115 c.p.c.. La

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