L A “ NON CONTESTAZIONE ” NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
3. La rilevanza nel processo della mancata contestazione di un fatto presuppone l’idoneità dell’allegazione del fatto.
La rilevanza della “non contestazione” nel processo presuppone un’idonea allegazione dei fatti da parte del ricorrente.
I fatti che si configurano come presupposti o elementi costitutivi della situazione giuridica azionata devono essere esposti in modo specifico ed espresso da parte del ricorrente (393).
L’art. 40 c.p.a. prevede che il ricorso debba contenere distintamente “ c) l'esposizione sommaria dei fatti; d) i motivi specifici su cui si fonda il ricorso”.
Innanzitutto, l’esposizione dei fatti deve essere completa, nel senso che il ricorrente deve ricostruire i fatti in maniera precisa ed analitica.
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Il dato letterale non deve trarre in inganno: l’aggettivo “sommaria” rappresenta una sorta di richiamo alla sinteticità nella redazione degli scritti difensivi, in ossequio alla previsione dell’art. 3 c.p.a il quale prevede che “il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica”.
La ricostruzione dei fatti posti a base della domanda deve essere precisa ma sintetica, senza che il difensore si dilunghi in narrazioni ricche di dettagli superflui e inutili.
In secondo luogo, il ricorrente deve indicare i motivi specifici sui quali si fonda il ricorso.
Orbene, la questio facti e la questio iuris nel processo amministrativo sono veicolate attraverso i suddetti motivi di ricorso.
Il ricorrente deve rappresentare la fattispecie normativa che si assume violata e il fatto che concretizza la difformità dalla fattispecie normativa richiamata.
“In buona sostanza, i motivi non devono limitarsi ad affermare l’illegittimità del comportamento dell’amministrazione, ma, per non essere affetti da genericità, devono rappresentare il frammento di comportamento, per così dire elementare dell’amministrazione, fatto oggetto di censura, con un’adeguata indicazione del profilo di illegittimità denunciato 394”.
Dunque, la ricostruzione dei fatti da parte del ricorrente deve tener conto della necessaria specificità dei motivi di ricorso 395.
Tale considerazione si rivela interessante con riferimento alla figura di eccesso di potere sotto il profilo dell’erroneità dei presupposti di fatto.
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S.PERONGINI, La formula “ora per allora” nel diritto pubblico. II. Il provvedimento
amministrativo “ora per allora”, Napoli, 1999, 262-263. L’Autore sostiene che la
componente di fatto del’oggetto del giudizio è rappresentata da quella frazione del comportamento dell’amministrazione, nei cui confronti si appuntano le censure del ricorso, le quali a loro volta, concorrono, innegabilmente, a delineare la componente giuridica dell’oggetto del giudizio. La dottrina ha discusso se i motivi di ricorso entrino o meno a far parte dell’oggetto del giudizio, sul tema si veda S. Perongini, La formula “ora per allora” nel diritto pubblico. II. Il provvedimento amministrativo “ora per allora”, Napoli, 1999, 263-264 e la bibliografia ivi richiamata.
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L’art. 40, secondo comma, c.p.a. sanziona con l’inammissibilità i motivi di ricorso che difettano del requisito della specificità.
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Si pensi al caso in cui l’amministrazione adotta un provvedimento amministrativo tenendo conto di determinati presupposti fattuali. Avverso tale provvedimento, il ricorrente lamenta che l’amministrazione abbia omesso di considerare qualche profilo rilevante o lo abbia considerato in maniera erronea e ne abbia fatto derivare determinate conseguenze giuridiche, adottando un provvedimento illegittimo.
Si consideri una recente pronuncia del giudice amministrativo 396.
L’amministrazione aveva ordinato ad un privato la demolizione delle opere abusive poste in essere nell’immobile di sua proprietà, consistenti nella realizzazione di un soppalco.
Il ricorrente lamentava l’illegittimità del provvedimento per eccesso di potere sotto il profilo della erroneità dei presupposti di fatto dal momento che l’opera contestata era stata erroneamente definita come soppalco mentre la stessa era in realtà una mensola da adibirsi ad armadio.
Ad avviso del ricorrente, l’amministrazione aveva omesso di considerare che sebbene l’altezza massima del vano fosse pari a 1,80 m, l’altezza minima era pari a 0,00, stante la copertura a volte della stanza, per cui l’altezza media era 0,90.
In considerazione di ciò, l’intervento non era classificabile come intervento di ristrutturazione e non necessitava di permesso a costruire. Dunque, la realizzazione del soppalco non poteva considerarsi “abusiva” in quanto realizzata in assenza di permesso a costruire e l’amministrazione non avrebbe dovuto ordinare la demolizione delle opere.
Il ricorrente produceva anche una perizia di parte a sostegno della sua domanda 397.
Orbene, la deduzione circa l’altezza del soppalco, asseverata dal tecnico di parte, non era stata contestata dalla resistente Amministrazione; pertanto, l’altezza del soppalco ben poteva essere assunta a base della decisione circa la qualificazione dell’abusività dell’opera.
396
Si veda, Tar Campania, VII, 5.05.2011 n. 2463.
397
La produzione di una consulenza di parte corrobora la tesi del ricorrente. Invero, non era necessaria affinché i fatti potessero dirsi adeguatamente rappresentati.
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Nella sentenza, al fine di applicare la regola dell’art. 64, secondo comma, c.p.a., i giudici sottolineano che la parte ricorrente ha dedotto e illustrato i fatti a base della sua domanda.
Si faccia riferimento anche un altro caso giurisprudenziale avente ad oggetto l’impugnazione degli atti relativi alla mancata ammissione ed iscrizione ad un Corso di laurea a “numero chiuso”,
A sostegno del ricorso, i ricorrenti censuravano la correttezza dei quesiti facenti parte della prova selettiva sostenendo la loro decisività ai fini del mancato conseguimento di una posizione utile nella graduatoria finale.
Orbene, a tal proposito, il giudice amministrativo rileva che l’amministrazione intimata “non ha preso posizione sulle censure relative all'erroneità dei quesiti che parte ricorrente ha compiutamente formulato. In tal senso l'Amministrazione non ha mosso alcuna contestazione in ordine a tale punto ed, in particolare, non ha allegato in giudizio elementi volti di smentire le denunce di erroneità lamentate nei motivi di ricorso e specificatamente articolate dalla perizia di controparte. Inoltre, non ha in sede difensiva nemmeno contestato l'infondatezza delle circostanze poste a base del motivo di ricorso omettendo di prendere una chiara posizione sul punto”.
Ne consegue la possibilità di dare applicazione all’art. 64, secondo comma, c.p.a. 398.
Il presupposto è la compiuta formulazione della censura relativa all’erroneità dei quesiti 399. Di fronte a ciò, “l'Amministrazione non ha mosso alcuna contestazione in ordine a tale punto ed, in particolare, non ha allegato in giudizio
398
Invero, si richiama anche l’art. 64, quarto comma, c.p.a.; è una delle prime pronunce del giudice amministrativo nelle quali si fa applicazione del cd “principio di non contestazione” in maniera ancora confusa, come si vedrà più innanzi.
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Le censure riguardo all'erroneità ed ambiguità dei quesiti sono stati, peraltro, suffragate da circostanziata perizia di esperti interdisciplinari che sarebbe dovuta essere smentita o quantomeno contestata dall'Amministrazione.
Si deve pertanto dare come acclarata l'esistenza di ambiguità ed erronea formulazione dei quesiti, che quantomeno erano in grado di ingenerare confusione per quanto riguarda l'esattezza della risposta.
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elementi volti di smentire le denunce di erroneità lamentate nei motivi di ricorso e specificatamente articolate dalla perizia di controparte”.
L’oggetto della domanda può subire delle modificazioni per effetto di alcune vicende che possono verificarsi in corso di causa; dunque, l’ambito delle questioni devolute al giudice potrà essere modificato. In siffatte ipotesi, di conseguenze, ne uscirà alterato l’oggetto del giudizio.
Un incremento della quaestio facti ad opera del ricorrente può avvenire con successivi ricorsi integrativi e con la proposizione dei motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 43 c.p.a. 400
.
Dunque, anche i fatti ulteriormente allegati dal ricorrente con un ricorso integrativo o con i motivi aggiunti potrebbero risultare “non specificatamente contestati” e, dunque, anche in relazione ai predetti fatti potrebbe trovare applicazione la regola dell’art. 64, secondo comma, c.p.a.
4. Gli atti processuali attraverso i quali le parti allegano i fatti nel