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Rapporto tra esclusione e revoca dello status di rifugiato con particolare riguardo al

8. Conclusioni

4.3. Rapporto tra esclusione e revoca dello status di rifugiato con particolare riguardo al

Altra questione controversa su cui la Corte di Giustizia si è pronunciata è se l’esclusione dallo status di rifugiato ai sensi dell’art. 12 (2), lett. (b) o (c), della Direttiva sia subordinata alla circostanza che la persona considerata continui a rappresentare un pericolo per lo Stato membro d’accoglienza. La questione, posta tra l’altro dalla Corte Federale tedesca nel caso B. e D., riguarda incidentalmente il momento di applicazione della procedura di esclusione. La CGUE, nella sentenza B. e D., richiamando la lettera della norma ed il fine ultimo della clausola di esclusione afferma che “l’esclusione dallo status di rifugiato in applicazione dell’art. 12, n. 2, lett. b) o c), della direttiva non è subordinata alla circostanza che la persona considerata rappresenti un pericolo concreto per lo Stato membro di accoglienza”71. Con riguardo all’ambito temporale le cause di esclusione secondo la Corte “mirano a sanzionare atti commessi in passato”72 e dunque non vanno confuse con l’istituto della revoca dello status di rifugiato “in base al quale uno Stato membro può revocare lo status riconosciuto ad un rifugiato in particolare quando vi sono fondati motivi per ritenerlo una minaccia per la sicurezza” 73 né con l’eccezione al principio di non-refoulement che “prevede che uno Stato membro di accoglienza possa, come autorizzato anche dall’art. 33, n. 2, della Convenzione di Ginevra, respingere un rifugiato quando vi siano fondati motivi per considerare che egli costituisca una minaccia per la sicurezza o la comunità di tale Stato membro”74. Per spiegare

71 Ibid. para. 100. 72 Ibid. para. 103. 73 Ibid. para. 101. 74 Ibid. para. 101.

la differenza tra esclusione e revoca dello status di rifugiato, la CGUE richiama la finalità sottesa alle clausole di esclusione affermando che “le cause di esclusione di cui trattasi sono state istituite al fine di escludere dallo status di rifugiato le persone ritenute indegne della protezione che è collegata a tale status e di evitare che il riconoscimento di tale status consenta ad autori di taluni gravi reati di sottrarsi alla responsabilità penale. Non sarebbe pertanto conforme a tale duplice obiettivo subordinare l’esclusione da detto status all’esistenza di un pericolo attuale per lo Stato membro d’accoglienza”75.

In H.T.76 La Corte si è trovata a decidere del caso di un richiedente asilo turco a cui era stato riconosciuto lo status di rifugiato dalla Germania, e a cui successivamente le autorità tedesche avevano deciso di revocare il permesso di soggiorno per via del suo supporto al PKK, e conseguentemente di espellerlo dal territorio. Nell’interpretare l’art. 24 della Direttiva con riguardo alla possibilità di non rilasciare un permesso di soggiorno per “imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico” la Corte ha affermato che: “[A]ffinché un permesso di soggiorno rilasciato a un rifugiato possa essere revocato sul fondamento dell’art. 24, paragrafo 1, di tale direttiva, per il motivo che tale rifugiato sostiene siffatta associazione terroristica, le autorità competenti sono tuttavia tenute a procedere, sotto il controllo dei giudici nazionali, a una valutazione individuale degli elementi di fatto specifici relativi alle azioni sia dell’associazione sia del rifugiato di cui trattasi”77.

Sul rapporto tra revoca ed esclusione la CGUE si è nuovamente pronunciata nel recente caso M., X. e X. contro Belgio78, in cui ha anche espresso interessanti opinioni sul tipo di accertamento della procedura d’asilo, e sulla qualifica di rifugiato nel caso della persona esclusa dai benefici di questo status. Pur non essendo un caso che ha come focus un fatto di terrorismo, il tema della revoca dalla protezione e il suo rapporto con l’esclusione è estendibile per analogia ai fatti di terrorismo, dunque di grande interesse per la presente ricerca.

La CGUE in M., X. e X. ricorda che “benché l’Unione non sia parte contraente della Convenzione di Ginevra, l’art. 78, paragrafo 1, TFUE e l’art. 18 della Carta le impongono

75 Ibid. para. 104.

76 Sentenza della Corte (Prima Sezione) nella Causa C-373/13, H.T. c. Land Baden-Württemberg, 24 giugno

2015.

77 Ibid. para. 99.

78 Sentenza della Corte (Grande Sezione) nelle Cause riunite C-391/16, C-77/17, C-78/17, M., X. e X. contro

nondimeno il rispetto delle norme di tale convenzione”79 e, di conseguenza, che la Direttiva Qualifiche deve conformarsi alla Convenzione di Ginevra. In seguito la Corte analizza il contenuto dell’art. 14 (5) della Direttiva80 che prevede le norme sulla revoca e sul rifiuto di rinnovare lo status di rifugiato nel caso in cui la persona sia ritenuta un pericolo per la sicurezza dello Stato o sia stata condannata per un reato particolarmente grave e dunque ritenuta pericolosa. La questione posta alla CGUE era dunque se l’art. 14 (5) della Direttiva istituisse o meno una nuova clausola di esclusione dello status di rifugiato non prevista dalla Convenzione di Ginevra. La CGUE su questo ha risposto che “[I]l fatto di prevedere una nuova clausola di esclusione costituirebbe una modifica sostanziale di tale convenzione, cosa che sarebbe contraria ai princìpi del diritto internazionale. Se la Convenzione di Ginevra avesse inteso escludere la protezione dei rifugiati, o rifiutarla, per motivi connessi alla sicurezza nazionale, all’ordine pubblico o al pericolo per la società dello Stato ospitante, essa l’avrebbe esplicitamente previsto, come ha fatto, tra l’altro, con riferimento ai reati gravi di diritto ordinario commessi fuori dello Stato ospitante”81 ed ha ricordato che le clausole di esclusione sono elencate in modo tassativo dalla Convenzione di Ginevra.

La CGUE ha poi compiuto un’importante distinzione tra lo status di rifugiato e la qualifica di rifugiato affermando che anche coloro a cui venga revocato o rifiutato il rinnovo dello status di rifugiato non perdono la qualifica di rifugiato che porta con sé un certo numero di

79 Ibid. para. 74.

80 L’art. 14 della Direttiva Qualifiche intitolato “Revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status di

rifugiato”, così dispone: “1. Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all’entrata in vigore della direttiva [2004/83] gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di beneficiare di essere un rifugiato ai sensi dell’articolo 11. 3. Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato di un cittadino di un paese terzo o di un apolide qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, lo Stato membro interessato abbia stabilito che: a) la persona in questione avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12; b) il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi, compreso il ricorso a documenti falsi, ha costituito un fattore determinante per l’ottenimento dello status di rifugiato. 4. Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status riconosciuto a un rifugiato da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario quando: a) vi sono fondati motivi per ritenere che la persona in questione costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato membro in cui si trova; b) la persona in questione, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro. 5. Nelle situazioni previste al paragrafo 4, gli Stati membri possono decidere di non riconoscere lo status a un rrifugiato quando la decisione non è ancora stata presa. 6. Le persone cui si applicano i paragrafi 4 o 5 godono dei diritti analoghi conferiti dagli articoli 3, 4, 16, 22, 31, 32 e 33 della convenzione di Ginevra, o di diritti analoghi, purché siano presenti nello Stato membro”.

81 Sentenza della Corte (Grande Sezione) nelle Cause riunite C-391/16, C-77/17, C-78/17, M., X. e X. contro

diritti, differenti dai benefici dello status di rifugiato, e comunque comprendenti il divieto assoluto di respingimento e tutti i diritti legati ad “essere un rifugiato”82. A simili conclusioni, a negare una similitudine tra esclusione e revoca, e a immaginare una differenza tra status di rifugiato e qualifica di rifugiato, era giunto anche l’Avvocato Generale Wathelet nelle sue Conclusioni presentate il 21 giugno 201883, che citava ampiamente nella sua opinione le Linee Guida di UNHCR e il commento dell’Agenzia alla norma prevista dall’art. 14 (4) e (5) ai tempi dell’approvazione della prima versione della Direttiva Qualifiche.

La questione del momento di applicazione della clausola di esclusione riguarda incidentalmente il dibattito già trattato nel primo Capitolo se intervenga prima l’inclusione nello status di rifugiato o l’esclusione dallo stesso, punto che verrà ripreso dalla Corte nell’affrontare il tema della proporzionalità, intrinsecamente legato a quello del momento dell’esclusione. Pur non rispondendo direttamente a questa domanda, la Corte si pronuncia sul tema quando afferma che gli Stati membri non possono applicare le norme sull’esclusione “prima di aver proceduto, per ciascun caso individuale, ad una valutazione dei fatti precisi di cui essa ha conoscenza, al fine di determinare se sussistano fondati motivi per ritenere che gli atti commessi dalla persona interessata, che per il resto soddisfa i criteri per ottenere lo status di rifugiato, rientrino in uno di quei due casi di esclusione”84. Seppur vi siano in dottrina opinioni che dicono l’opposto incentrate sul rifiuto della Corte del test di proporzionalità85, di cui si dirà nel prossimo paragrafo, è parere di chi scrive che questo passaggio della sentenza B. e D. sia molto chiaro e non possa che rappresentare l’opinione della Corte che la valutazione dell’inclusione preceda quella sull’esclusione. In questo senso pare proiettato anche il ragionamento della sentenza M., X. e X. che distingue tra lo status di rifugiato e la qualifica di rifugiato, chiarendo che seppur lo status si possa perdere per motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale, la qualifica di rifugiato, già riconosciuta in un qualche stadio della procedura, non possa cessare. Per forza di cose, la valutazione sullo

82 Ibid. para. 99-100.

83 Si vedano le Conclusioni dell’Avvocato Generale Wathelet presentate il 21 giugno 2018 nelle Cause riunite

C-391/16, C-77/17 e C-78/17.

84 Sentenza della Corte (Grande Sezione) nelle Cause riunite, C-57/09 e C-101/09, Bundesrepublik

Deutschland contro B. e D., 9 novembre 2010, para. 87.

85 Si veda D.KOSAR, Inclusion before Exclusion or Vice Versa: What the Qualification Directive and the Court

of Justice Do (Not) Say, International Journal of Refugee Law vol. 25 No. 1, 2013, pp. 87-119, al paragrafo

status di rifugiato sarà precedente e dunque preliminare anche alla valutazione di esclusione. Se fosse altrimenti, le persone escluse non potrebbero mai acquisire non solo lo status ma nemmeno la qualifica di rifugiato non raggiungendo mai la fase della procedura di riconoscimento delle loro esigenze di protezione dovendosi fermare allo stadio, in questa lettura precedente, della valutazione di esclusione.