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Il rapporto con gli istituzionalisti

4. HOWARD BECKER E IL MONDO DELL’ARTE NELLA SOCIOLOGIA

4.1 Il rapporto con gli istituzionalisti

Come abbiamo visto Becker si relaziona direttamente all’approccio istituzionalista del suo tempo, specialmente con quello di Dickie, sebbene il sociologo prenda come punto di riferimento la versione del 1974306.

Egli prende posizione nei confronti della teoria istituzionale in modo molto chiaro: “I filosofi tendono a condurre le dimostrazioni con esempi ipotetici e i “mondi dell’arte” a cui Danto e Dickie fanno riferimento sono molto scarni, contengono solo il minimo indispensabile per chiarire i punti principali. […] Nessuno di quanti sono intervenuti nella discussione ha sviluppato una concezione dei mondi dell’arte nella loro articolazione organizzativa come la presente, sebbene la mia descrizione non sia incompatibile con le altre argomentazioni ”307

.

Becker, come ex suonatore di piano conosce bene le la quotidianità e le difficoltà che affrontano gli artisti ogni giorno, mentre come esponente della Chicago School of

304

A. Vettese, Ma questo è un quadro? Il valore dell’arte contemporanea, p. 21

305 Ibi.

306 Dickie reagirà alla teoria di Becker solo nel 1984. 307 H.S.Becker, I mondi dell’arte , p.167

Symbolic Interactionism riconosce l’importanza del ruolo di un’attività individuale all’interno delle organizzazioni presenti nel mondo e arriva alla conclusione che per risolvere alcuni problemi in cui le discussioni filosofiche si sono arenate serva adottare una nozione di mondo dell’arte più complessa ed empiricamente fondata, in modo da essere d’aiuto anche agli studiosi di estetica.308

Becker discute alcuni di questi problemi attraverso alcune domande: Chi? Cosa? Quanto? (how much) E Quanti? (how many) che riassumerò in breve:

4.1.1 Chi?

Chi può attribuire a qualcosa lo status di candidato per l’apprezzamento? Chi può agire in nome del mondo dell’arte? Come abbiamo già visto Dickie descrive il mondo dell’arte come dotato di un nucleo di addetti che possono agire a suo nome. Ma come facciamo a sapere che qualcuno è autorizzato ad agire in nome del mondo dell’arte? Lo sappiamo perché l’idea di organizzazione del mondo dell’arte deriva dal senso comune. Per Becker un aspetto importante dei mondi dell’arte organizzati è che, a prescindere da come la loro posizione venga giudicata, certe persone sono considerate dotate di un diritto maggiore rispetto agli altri di parlare in nome del mondo dell’arte e ciò deriva dal fatto che gli altri partecipanti all’attività collettiva di produzione e consumo delle opere d’arte li riconoscono come possessori di quella particolare prerogativa309

. Gli studiosi di sociologia non hanno bisogno di stabilire chi è autorizzato a conferire lo status di candidato per l’apprezzamento estetico, a loro basta osservare chi viene considerato capace di farlo dagli altri membri del mondo dell’arte. Per “autorizzato” Becker intende che una volta che questo ha deciso che qualcosa è arte, gli altri si comportano come se lo fosse.310

Come si vedrà più tardi lo studioso aggiunge alla teoria di Dickie il concetto di mondo dell’arte come un’attività cooperativa in cui i protagonisti sono tutti collegati tra loro in qualche modo. Pertanto lo status di opera d’arte dipenderà da un consenso instabile e non omogeneo tra i protagonisti dell’artworld, e dato che il grado di consenso di chi può decidere varia molto a seconda della situazione, la teoria istituzionale non può

308 H.S. Becker, I mondi dell’arte, p167 309

Ibi. p168. Questo è interessante rispetto a Danto, che accentua il ruolo della teoria esplicita nella determinazione dell’oggetto artistico. Ma chi ha l’autorità di stabilire la teoria non è frutto a sua volta di una teoria, quanto di un riconoscimento sociale implicito.

produrre quei giudizi categorici che gli estetologi vorrebbero formulare circa l’artisticità delle opere311.

Egli afferma inoltre che alcuni tratti presenti all’interno dei mondi dell’arte mostrano che l’aspirazione filosofica a distinguere l’arte dalla non-arte non può essere soddisfatta dalla teoria istituzionale perché di rado gli interessati concordano pienamente su chi sia l’eletto autorizzato a rivestire quel ruolo nel mondo dell’arte. Alcuni individui infatti potrebbero non essere d’accordo sull’imperatività delle scelte di coloro che occupano posizioni che permettono loro di decidere del destino di un’opera. Questo disaccordo riflette la posizione poco definita di quei soggetti del mondo dell’arte.

4.1.2 Che cosa?

La seconda domanda riguarda le caratteristiche che un oggetto deve avere per essere considerato un’opera d’arte. La teoria istituzionale afferma che qualsiasi cosa può essere considerata arte e Becker è d’accordo; egli infatti afferma che è il battesimo a rendere tale l’opera d’arte; ed è una questione di battesimo anche l’accordo unanime del mondo dell’arte sui criteri a cui alcune opere si conformano talmente bene che la loro classificazione come arte è indiscussa, al contrario di altre che non riusciranno (o non vorranno riuscire) nell’intento312

. Esistono ovviamente dei vincoli riguardo a ciò che può essere definito arte, ma essi sorgono dall’unione di certe caratteristiche dell’oggetto e dei criteri di classificazione vigenti nel settore in cui l’oggetto viene proposto come opera d’arte, oltre al fatto che i criteri stessi essendo collegati al consenso, cambiano continuamente e infatti gran parte del dialogo tra artisti e gli altri soggetti del mondo dell’arte serve a fare aggiustamenti su contenuto e applicazione dei criteri di giudizio.313

4.1.3 Quanto? Quanti?

Le domande che Becker si pone riguardo a “quanto?” e “quanti?” sono meno essenziali ma aiutano comunque a comprendere il suo approccio al mondo dell’arte. Per prima cosa si domanda quanti apparati istituzionali sono necessari per soddisfare la definizione di arte. Egli arriva alla conclusione che non esiste un numero predefinito di persone e attività che devono essere coinvolte; infatti le attività necessarie possono

311 H. Van Maanen, How to study Artworlds, p. 32 312 H.S. Becker, I mondi dell’arte, pp.172-173 313 Ibi. p.173

essere svolte da un numero variabile di persone e senza un apparato istituzionale completo come quello dei mondi dell’arte più attrezzati come la pittura, la scultura contemporanee, la musica sinfonica o l’orchestra lirica.314

Nella descrizione del mondo dell’arte che fa Dickie315

non risulta molto chiaro se esiste un solo mondo dell’arte con diversi sottogruppi o molti mondi non necessariamente legati tra loro, mentre Becker fa notare come i mondi delle diverse discipline siano spesso suddivisi in segmenti separati e perlopiù non comunicanti. Il sociologo definisce i mondi dell’arte in termini di attività svolte in modo collettivo dai loro partecipanti ed individua pertanto più mondi caratterizzati da attività che ci autorizzano a considerare i diversi mondi parte di un mondo dell’arte unitario:

(1) Le varie sottocomunità associate alle diverse discipline artistiche sono sottoposte a vincoli esterni comuni che le costringono ad affrontare problemi più simili. Una grave crisi economica per esempio può rendere difficile il finanziamento di tutti i tipi di arte, anche quelle più radicate nella tradizione. Il governo inoltre può decidere di censurare tutte le arti più o meno allo stesso modo, così che le esperienze in un settore possano essere lette come un segno di ciò che ci si può aspettare in un altro.316 Nella misura in cui coloro che fanno parte di questi mondi condividono queste esperienze essi sono impegnati in un’attività collettiva e costituiscono quindi un unico mondo dell’arte. Sia che si accordino per combattere la censura o protestare contro di essa, sia che cooperino per aggirarla, saranno in tal modo impiegati nell’azione collettiva che costituisce un mondo dell’arte.

(2) Becker indica come secondo tipo di caratteristica la condivisione di idee e prospettive sul modo di realizzare fini comuni a tutti i lavori. Come quando in periodi di

314 H.S. Becker, I mondi dell’arte, p. 174

315 Becker fa riferimento soprattutto alla frase: “Il mondo dell’arte consiste in un fascio di sistemi: teatro,

pittura, letteratura, musica e così via. Ciascuno di essi, all’interno del suo ambito, fornisce un quadro istituzionale per il conferimento dello status agli oggetti. Non si può porre alcun limite riguardo al numero di sistemi che possono rientrare nella nozione di generica di arte, e ciascuno dei principali sottosistemi contiene a sua volta dei sottosistemi. Questi aspetti del mondo dell’arte garantiscono l’elasticità grazie alla quale può trovare spazio anche la più radicale creatività. Un intero nuovo sistema […] potrebbe nascere tutto insieme. Ma è più probabile che un sottoinsieme si aggiunga a un sistema. Per esempio la junk sculpture si aggiunge alla scultura, l’happening al teatro. Con il tempo questi settori possono svilupparsi fino a divenire sistemi completi.” In G. Dickie, Art and the aesthetic, an institutional

analysis, p. 33

316

Becker fornisce questo esempio: per decidere quali progetti teatrali realizzare, si vorrà sapere se la censura permetterà di realizzarli. Ciò si potrà stabilire osservando quanto è successo ad un disco di un cantante di musica leggera, ad un romanzo, ad un film appena uscito nelle sale. rif. H.S.Becker, I mondi

intenso nazionalismo gli artisti si sforzano per “simbolizzare il carattere e le aspirazioni del loro paese e del loro popolo”317

; per fare ciò dovranno individuare i sentimenti nazionali più diffusi e scoprire le tecniche migliori per comunicarli. Quando i membri di vari mondi discutono insieme di queste problematiche , al di là dei confini dei singoli mezzi artistici, si può dire che facciano parte di un mondo dell’arte generale. Inoltre organizzazioni di una forma artistica possono utilizzare come personale di supporto risorse provenienti da altri campi e quando gli artisti collaborano attraversando i confini dei sottomondi, si può dire che fanno parte di un mondo dell’arte generale.

L’analisi di questo problema mostra chiaramente come parlare di “mondi dell’arte” significhi operare una sintesi318. Per Becker infatti questo termine è un modo per indicare coloro che partecipano abitualmente alla produzione delle opere d’arte. Ciò che fa esistere il mondo dell’arte è l’interazione abituale, e le questioni di definizione possono essere risolte considerando chi fa realmente cosa e con chi. In questo modo i problemi teorici e di definizione della teoria istituzionale (che ha una forte componente empirica) possono essere risolti grazie alla conoscenza dei fatti dei singoli casi correnti.