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Il rapporto tra legislative veto e forma di governo

Il modello di governo presidenziale132 ha trovato la sua realizzazione più piena nell’ordinamento degli Stati Uniti d’America. La forma di governo ivi vigente è infatti ispirata ad un equilibrio dualista, in virtù del quale, come abbiamo visto, il potere esecutivo viene affidato ad un Presidente dotato di legittimazione democratica133 a seguito di un

complesso procedimento elettorale ed il potere legislativo è attribuito ad un Parlamento (Congresso) composto da Camera dei Rappresentanti e Senato. E’ affermazione assai ricorrente che il regime presidenziale statunitense134 realizzi assai fedelmente il principio della separazione dei poteri, in particolare fondando una divisione rigida nella ripartizione dei compiti tra Legislativo ed Esecutivo: separazione evidenziata specialmente dall’assenza dell’istituto di fiducia parlamentare e del parallelo potere presidenziale di scioglimento delle camere. Tali aspetti vanno peraltro riguardati tenendo conto che i Costituenti americani hanno combinato il principio della divisione dei poteri con i delicati congegni dei checks and balances, mediante i quali si è voluto evitare che i diversi organi costituzionali, risultassero, tra loro, del tutto indipendenti o svincolati potendo invece condizionare l’azione degli altro. Tra i vari poteri di interferenza reciproca, ed in particolare tra quelli – praeter costitutionem135 – di condizionamento del Congresso

132

Cfr. R. Tarchi, Corso di diritto Comparato: forme di stato, Diritti di libertà, Forme di governo, Giuffré, Milano, 1999, Vol.I, pag.295.

133

Cfr. A. Pizzorusso, Sistemi giuridici comparati, Giuffrè, Milano,1998, pag. 209. 134

Cfr. A Schlesinger, I Cicli della storia americana, cit.,pp.403-404, disponibile su http://www.archive.gov.

135 Cfr. R. Tarchi, Corso di diritto Comparato: forme di stato, Diritti di libertà, Forme di governo, Giuffré, Milano, 1999, Vol.I, pag.296.

sulla funzione esecutiva, deve collocarsi il ricorso che le Camere hanno fatto, a partire dagli anni ‘30, al “legislative veto”. Tale istituto ha visto il Parlamento statunitense delegare ampi poteri – consistenti nella potestà dei emanare atti normativi, di solito con forza di legge – agli organi dell’Amministrazione (Dipartimenti, Agenzie indipendenti ed altre branche dell’Esecutivo federale), secondo un meccanismo che tuttavia conservava al Congresso (o anche a una sola delle sue articolazioni) la facoltà di annullare l’esercizio di alcuni tra i poteri in tal modo delegati, senza la contestuale necessità di approvare una nuova legislazione o di abrogare formalmente norme già in vigore. In particolare, l’utilizzazione di legislative veto provision ha comportato che le proposte elaborate dall’esecutivo acquistassero efficacia normativa solo se, scaduto un certo termine, il Congresso non le avesse espressamente respinte ovvero, ma in ipotesi meno frequenti, che le proposte stesse divenissero legge soltanto in seguito ad espressa approvazione di entrambe le Camere (oppure di una sola di esse). Il ricorso allo strumento del veto legislativo136, è divenuto sempre più frequente dall’inizio degli anni ‘70. Da fonti del Congresso risulta che dal 1932 al febbraio del 1980 sono state approvate almeno 167 leggi contenenti una o più legislative veto provisions. Di tali leggi, più della metà datano appunto agli anni ‘70, ed in particolare sono 42 quelle votate dalla Presidenza Carter. Questa prassi non ha mancato di sollevare dubbi di costituzionalità137. In primo luogo, e con riferimento al veto di uno solo dei rami del Congresso, si è osservato come esso violasse la regola in base alla quale la funzione legislativa spetta congiuntamente ad entrambe le Camere. Inoltre si è evidenziato come, la prassi in esame, risultasse in contrasto con la “presentment clause” in

136 Cfr. Twomoy, The Constitutionality of a Line-Item Veto: A Comparison with Other

Exercises of Executive Discretion Not to Spend. Disponibile su http://www.digitalcommons.law.ggu.edu.

virtù della quale “qualsiasi progetto di legge che abbia ottenuto l’approvazione del Senato e della Camera dei Rappresentanti deve essere presentato, prima di divenire legge, al Presidente degli Stati Uniti”. Non si è per vero dimenticato di notare come, le legislative veto

provisions, si ponessero in contrasto con il principio della separazione

dei poteri, implicitamente accolto dalla Costituzione. Le caratteristiche ora evidenziate sono al centro della sentenza resa nel 1983 dalla

Supreme Court nel caso Immigration and Naturalization Service v. Chadha138, decisione con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del potere di veto legislativo.

La vicenda che ha dato origine alla causa riguardava l’ingresso negli Stati Uniti di Chadha, indiano con passaporto britannico, con visto per studente non immigrante. Quando il visto fu scaduto, l’Immigrazione and Naturalisation Service, aveva adottato nei confronti di Chadha un provvedimento di espulsione per essere rimasto negli USA, più a lungo di quanto non gli fosse consentito. Successivamente, un giudice dell’immigrazione – sulla base di quanto previsto da un articolo dell’Immigration and Nationality Act – aveva rilevato che nella fattispecie in questione ricorrevano i requisiti per sospendere l’ordine di deportazione. Tuttavia, ai sensi di un’altra previsione contenuta nello stesso Immigration and Nationality Act, il provvedimento di sospensione dell’ordine di deportazione risultava sottoposto al veto legislativo del Congresso, il quale si trovava pertanto nella condizione di invalidare la decisione di permettere a Chadha di rimanere negli Stati Uniti. La camera decideva quindi di esercitare quel potere di veto, sortendo l’effetto di annullare la sospensione della deportazione di Chadha e di obbligarlo così a lasciare il Paese. La stessa Camera, peraltro, considerò la propria risoluzione come non avente carattere legislativo, e si astenne pertanto sia dal trasmetterla al Senato, sia dal

presentarla al Presidente, per le rispettive approvazioni. Nel decidere il caso, la Corte, sentenzia che l’atto posto in essere dalla Camera dei rappresentanti era “essenzialmente legislativo nello scopo e negli effetti”, palesandosi infatti in grado di “alterare i diritti, i doveri e le relazioni legali tra le persone”. Come tale, esso avrebbe dovuto essere adottato nel rispetto dei requisiti procedurali stabiliti dalla Costituzione la quale – con riguardo all’azione legislativa e alle condizioni necessarie per entrata in vigore delle leggi – prescrive l’approvazione sia da parte di entrambi i rami del Congresso sia del Presidente degli Stati Uniti. Tale decisione139 sottolinea la valenza del principio di separazione dei poteri quale criterio interpretativo fondamentale dell’intero ordine costituzionale; affrontando così la dimensione del ruolo che il Presidente svolge nel processo legislativo.

SEZIONE II.

SOMMARIO: 6. Introduzione. – 7. La procedura di impeachment. – 8.

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