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IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI E LE SUE RELAZIONI CON IL CONGRESSO: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

Il PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI E LE SUE RELAZIONI CON

IL CONGRESSO: EVOLUZIONE E PROSPETTIVE.

La Candidata

La Relatrice

Anna Vagli

Chiar.ma Prof.ssa Stradella

(2)

(3)

Ringrazio i miei genitori per avermi dato la

possibilità di seguire la mia strada. Senza di loro oggi

non sarei qui.

Ringrazio i miei nonni e le mie sorelle per avermi

sempre sostenuta,

Ma soprattutto Ringrazio me stessa per averci

creduto fino alla fine, nonostante tutto.

(4)

INDICE:

CAPITOLO PRIMO

L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI.

1. Il sistema di elezione……… 6

2. Presidente e partiti politici……… 9

3. Un’elezione controversa: Il caso Bush v. Gore…. 18

CAPITOLO SECONDO

PRESIDENTE E CONGRESSO.

SEZIONE I.

1. Premessa……… 24

2. Il Presidente e il potere di veto………. 26

(5)

3. Breve storia costituzionale del potere presidenziale di

veto……….... 28

4. Alcuni veti celebri………. 41

5. Il rapporto tra legislative veto e forma di governo. 46

SEZIONE II.

6. Introduzione………. 49

7. La procedura di impeachment………. 57

8. Judicial Review……… 66

9. Alcuni casi celebri……… 68

CAPITOLO TERZO.

PRESIDENTE, POTERI ESECUTIVI E FONTI DEL

DIRITTO.

1. Il “Governo del Presidente” e lo Stato centrale……… 80

2. I più rilevanti checks and balances previsti in

Costituzione………. 89

3. Il Potere esecutivo e gli Executive Orders……… 90

4. Il caso Donald Trump……… 92

(6)
(7)

CAPITOLO PRIMO

L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI.

1. Il sistema di elezione

Il sistema elettorale americano1 ha una struttura piuttosto complessa, dovuta in parte alla forma federale dello stato. Gli Stati Uniti D’America sono infatti una Repubblica Presidenziale Federale composta da cinquanta stati e da un distretto, il Distretto della Columbia. La capitale federale è Washington DC, ma ogni Stato ne ha una personale.

Il sistema di elezione2 prevede che ogni cittadino americano3, che ha compiuto 18 anni, abbia diritto al voto. Gli elettori devono iscriversi alle

1 Cfr. S. Villari, L’elezione del Presidente nel sistema costituzionale degli Stati Uniti,

Giuffré, Milano, 1961, pag. 3.

2 Cfr. G. Bognetti, Lo Spirito del Costituzionalismo Americano, Giappichelli, Torino,

2000, Vol. II, pag. 56.

3 Secondo la Clausola sulla cittadinanza, diventa automaticamente cittadino

(8)

liste elettorali e dichiarare l’appartenenza al partito: democratico, repubblicano o indipendente. In ogni Stato le liste sono controllate da apposite commissioni che cancellano le persone che hanno precedenti penali, che sono interdette dai pubblici uffici o che sono non idonee; ciò ha fatto sì che, spesse volte, le commissioni siano state accusate di parzialità e faziosità (nelle elezioni presidenziali del 2000 in Florida sono stati cancellati dalle liste 57000 elettori democratici, per lo più neri o ispanici, con grave danno per il candidato democratico). Negli USA le elezioni sono previste ogni due anni e sono chiamate “Midterm

elections” in quanto cadono esattamente a metà del mandato

quadriennale del Presidente4. Si tengono il martedì dopo il primo lunedì di novembre, per eleggere la Camera dei Rappresentanti (Deputati), un terzo del Senato, il Governatore e altre cariche pubbliche che durano in carica quattro anni. Ogni quattro anni (in quelli pari) si elegge il Presidente5.

Per candidarsi come Rappresentante, bisogna aver compiuto 25 anni, essere cittadino degli Stati Uniti almeno da sette e risiedere, al momento del voto, nello Stato che si rappresenta. Ogni Stato deve eleggere almeno un Rappresentante. Sono eletti in collegi uninominali maggioritari, ripartiti su base statale in proporzione alla popolazione dello Stato stesso6. Lo Stato che elegge più Rappresentanti è la California che ne nomina 53. Il capo della Camera dei Rappresentanti è scelto in genere fra le file della maggioranza (il cosiddetto speaker).

ma ha uno o entrambi i genitori con cittadinanza statunitense. Negli altri casi l’acquisizione della cittadinanza americana passa attraverso un processo di naturalizzazione. L’esempio più noto è la naturalizzazione di A. Einstein.

4 Cfr. M. Della Porta Raffo, I Signori della Casa Bianca, Ares, Collana Sagitta,2005,

pag.74.

5 Cfr. M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il Sistema Politico Americano, Newton

Compton, Collana Universale Storica Newton, 2008, pag. 216.

(9)

Per essere eletti Senatori bisogna aver compiuto trent'anni, avere la cittadinanza da nove ed essere residenti in quello Stato al momento del voto. I senatori sono eletti, su base uninominale maggioritaria, in numero di due per ogni Stato qualunque sia il numero dei suoi abitanti. Complessivamente sono quindi cento e rimangono in carica sei anni. Sono però divisi in tre classi in modo che ogni due anni ne venga rinnovato un terzo. Il capo del Senato è il Vice Presidente federale. Una delle prerogative del Senato è quella di poter giudicare in caso di impeachment7. In origine la Costituzione8 prevedeva che i Senatori venissero designati dalle assemblee locali dei singoli Stati, ma l’emendamento XVII del 1913 ha stabilito l’elezione da parte dei cittadini. Entrambe le Camere hanno potere legislativo. Il Congresso è costituito da 435 Rappresentanti e 100 Senatori. Il sistema bicamerale ha precise radici storiche. I fondatori (Framers) della Costituzione del 1788 erano divisi fra chi, provenendo da Stati più popolati, voleva che il Parlamento venisse eletto in base alla popolazione ivi residente e chi, provenendo da Stati meno popolosi, sosteneva che ci fosse la stessa rappresentanza per ogni Stato membro. Si è giunti al compromesso grazie alla proposta della delegazione dello Stato del Connecticut. Sulla base del “Connecticut compromise” è stato istituito un Parlamento bicamerale in cui i Rappresentanti dipendono dall’entità della popolazione di ogni singolo Stato e, invece, i Senatori sono espressione degli Stati, indipendentemente dal peso demografico9.

7 Dal verbo latino “impetere”, accusa. In proposito http://www.sbaunipi.it, tesi di

laurea A. Madonia, Il Procedimento di impeachment negli Stati Uniti D’America, Pisa, 2014, pag.8.

8 Cfr. G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano, Giappichelli, Torino,

1998, VOL. I, pag. 45.

9 Cfr. S. Villari, L’elezione del Presidente nel sistema costituzionale degli Stati Uniti,

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2. Presidente e partiti politici

Per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti10 si segue una procedura che parte dal mese di febbraio e si protrae fino a novembre. Si suddivide in tre fasi. La prima fase si svolge fra febbraio e luglio. I candidati si scontrano all’interno dei singoli Stati e dei singoli partiti per affermarsi come candidati presidenziali del proprio partito, attraverso le elezioni primarie11o le riunioni locali di partito (caucus12). Il candidato vincente è il leader nazionale del partito. In ciascuno stato il partito è organizzato in modo autonomo. L’unico punto in cui i partiti si incontrano è la Convezione nazionale. Per la presentazione della candidatura a cariche di partito è richiesta la registrazione al partito. In alcuni stati – mancando una norma espressa – la registrazione è sconosciuta. Si è elettori, salvo l’incapacità per fatti penali, quando si abbia raggiunto l’età di anni ventuno eccetto che: nella Georgia e nel Kentucky, dove sono sufficienti diciotto anni; nell’Alaska, dove ne occorrono diciannove e nelle Hawaii, dove ne occorrono venti. Inoltre, come requisito aggiuntivo di qualificazione, occorre un certo periodo di residenza nello Stato, per le cariche a livello statale, e un periodo aggiuntivo di residenza nella contea e nel precinct13 per le relative cariche e per la determinazione del

10 Ivi, pag. 100.

11 È opinione diffusa che le primarie abbiano svuotato la funzione di opposizione

politica al partito fuori dal governo; che abbiano accresciuto il sezionalismo; che implicando la contraddizione all’interno dei partiti e l’irrazionalità nella scelta politica da parte degli elettori, abbiano impedito un sano alternarsi dei partiti al potere, trasformando il bipartitismo nel monopolio politico del partito al potere. In proposito Cfr. S. Villari, L’elezione del presidente nel sistema costituzionale degli Stati Uniti, Editore Giuffré, Milano, 1961, pag. 156.

12 Cfr. M. Della Porta Raffo, I Signori della Casa Bianca, Editore Ares, Collana

Sagitta, 2005, pag. 57.

13 Circoscrizione territoriale della struttura amministrativa o giudiziaria nella quale c’è

(11)

luogo della votazione14. La residenza nello stato varia nei diversi stati

dai sei mesi a due anni, quella nella contea da un mese ad un anno, quella nel precinct da dieci giorni ad un anno. Le primarie di partito15 possono essere aperte o chiuse. Nelle prime possono votare tutti gli elettori, anche indipendenti o simpatizzanti di altri partiti, purché registrati. Nelle seconde sono ammessi solamente gli elettori iscritti nelle liste elettorali come votanti del partito che le ha indette. Alla fine di questo iter risultano designati, Stato per Stato, i delegati del partito alla Convenzione nazionale. La Convenzione nazionale è presentata come una specie di “costituente generale periodica” e perciò dovrebbe essere l’organo legislativo supremo del partito e il comitato nazionale che emana dalla convenzione, dovrebbe essere il suo organo esecutivo. La seconda fase si tiene nei mesi di luglio e agosto16. I candidati gareggiano all’interno del partito su scala nazionale per ottenere la nomina a candidato presidenziale. Alle Conventions nazionali partecipano tutti i delegati di partito scelti secondo le regole di ciascuno Stato. Le Conventions nazionali di partito sono le sedi in cui vengono formalmente designati i candidati presidenziali dei due maggiori partiti. L’aumento delle primarie e l’uso sempre più forte dei mass media permettono ormai ai candidati di creare un legame diretto con gli elettori scavalcando l’organizzazione di partito; le Conventions, quindi, si sono trasformate in una ribalta per il candidato17. I delegati sono generalmente alcune migliaia e arrivano alla Convention con l’impegno

14 Cfr. E. Y. Black, Sommaries, cit.; Bertram Bernard, Election laws of the forty-eight

states, New York,1952.

15 Cfr. A. Testi, La mossa del cavallo: Le primarie negli Stati Uniti, Diritto pubblico

comparato ed europeo, Il Mulino, 5 - 2005, p. 927.

16 Cfr. M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Newton

Compton, Collana Universale Storica Newton, 2008, pag. 216.

17 Cfr. A. Testi, La mossa del cavallo: Le primarie negli Stati Uniti, Diritto Pubblico

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di sostenere un determinato candidato oppure con autonomia nella scelta. La Convention18 di partito19 nomina a maggioranza dei suoi membri il candidato presidenziale che a sua volta indica il candidato Vicepresidente. Insieme costituiscono il “ticket”. I candidati presidenziali rappresentano quasi sempre i due maggiori partiti: il partito democratico e quello repubblicano, nonostante i Padri fondatori non approvassero nella sostanza l’idea che vi fossero delle fazioni (ritenute contrarie al bene comune).

Il Partito Repubblicano, i.e., Republican Party, noto anche come GOP, Grand Old Party. Ha come simbolo l’elefante che apparve come emblema del partito tra gli anni settanta e ottanta del XIX secolo ad opera del cartoonist Thomas Nast20. Il suo colore è il rosso. Venne fondato nel 1854 da un gruppo di ex democratici e Whigs. L’obiettivo era quello di limitare e mettere fine al sistema schiavistico degli Stati Uniti del Sud e di opporsi alla eccessiva libertà concessa ai singoli Stati in quanto ritenevano prevalente l’interesse dell’Unione. In politica economica tende a mantenere posizioni conservatrici ed è appoggiato in genere dalle grandi lobbies economiche. Esponenti illustri sono stati: A. Lincoln, J. Eisenhower e R. Nixon. È il partito più conservatore. Il Partito Democratico invece, il Democratic Party, è il più antico del mondo ed ha origine dal Partito Democratico-Repubblicano fondato da Thomas Jefferson21 nel 1792. Il suo simbolo è quello dell’asinello

18 Il ciclo operativo della convenzione si svolge in tre fasi: preparatorio, di svolgimento

e successivo. In proposito, Cfr. S. Villari, L’elezione del Presidente nel sistema costituzionale nel sistema degli Stati Uniti, Giuffré, Milano, 1961, p. 220.

19 Cfr. S. Volterra, G. Maranini, Sistemi elettorali e partiti in America, Giuffrè,

Firenze, 1926, pag. 40.

20 Cfr. M. Della Porta Raffo, I Signori della Casa Bianca: Fatti aneddoti e personaggi,

Ares, Sagitta, Roma, 2004, pag. 37

21 Terzo presidente degli Stati Uniti. Sostenne la ribellione delle colonie americane

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democratico. Viene infatti chiamato “partito dell’asino” in quanto, il candidato democratico A. Jackson fu così definito dagli avversari22. Si reputano il partito della “gente comune23”. Originariamente prediligevano una repubblica decentrata con il potere del governo federale il più possibile ridotto. Intorno agli anni sessanta del XIX secolo hanno cercato di indirizzare la loro politica verso i problemi delle minoranze, degli immigrati battendosi per i diritti civili. I maggiori esponenti del secolo XX sono F. D. Roosevelt, J. Kennedy e Bill Clinton.

Il sistema elettorale degli Stati Uniti prevede anche che ci si possa candidare alla Casa Bianca in maniera autonoma, come accaduto nel 1992, con il miliardario Texano Ross Perot24. Nel corso degli anni vi sono state anche formazioni politiche minori che hanno avuto un certo seguito ma senza successi elettorali: Il Partito Socialista, Il Partito Populista e il Farmer Labor Party. Nel suo libro: “Federalist Papers:

Essays in Defence of the Constitution”, Nelson W. Polsby25,afferma che negli Stati Uniti gli elettori, sia democratici che repubblicani, “non hanno una netta distinzione […]si mobilitano ovunque per gli stessi due partiti”. A causa delle differenze, a volte lievi altre volte sostanziali, nella realtà culturale dei 50 stati non si riscontra una visione politica omogenea sia fra gli eletti che gli elettori nello stesso partito.

22 Cfr. M. Della Porta Raffo, I signori della Casa Bianca, Ares, Sagitta, 2005, pag. 57. 23 Cfr. M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il Sistema politico americano, Newton

Compton, Collana Universale Storica Newton, 2008, pag. 169.

24 Henry Ross Perot è stato un politico ed imprenditore americano che, il 20 febbraio

del 1992 annunciò alla trasmissione televisiva della CNN Larry King Live, la sua intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali americane e di presentarsi come candidato indipendente (rispetto a democratici e repubblicani) in tutti i 50 stati. In proposito, Cfr. http://www.britannica.com/biography/RossPerot.

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La terza e ultima fase si tiene il primo martedì di novembre, in cui gli iscritti alle liste si recano a votare. Ogni Stato vale tanti voti elettorali quanti sono i suoi membri alla Camera dei Rappresentanti e i suoi Senatori (la California, in base alla ripartizione del 2000, ha 53 Rappresentanti; il Vermont, l’Alaska e altri solo 1, essendo poco popolati). I voti elettorali sono in tutto 538: 435 Rappresentanti, 100 Senatori e 3 voti del District of Columbia con Washington. Il voto popolare si conteggia Stato per Stato. Il candidato che ottiene più voti nell’ambito di ogni Stato conquista tutti i voti elettorali di quello Stato. Gli elettori però non eleggono il Presidente ma i c.d. Grandi Elettori o Elettori Presidenziali che sono associati al candidato Presidente in ogni singolo Stato. Ogni Stato ha diritto come minimo a due Grandi Elettori. Si vota col sistema maggioritario secco26 in quasi tutti gli Stati escluso il Maine e il Nebraska. Il XII emendamento27 stabilisce che i Grandi elettori si riuniscano nei rispettivi Stati e votino, a scrutinio segreto, per il Presidente e il Vicepresidente (uno dei quali almeno dovrà essere un abitante del loro stesso Stato). Essi indicano nelle loro schede la persona votata come Presidente e in distinte schede la persona votata come Vicepresidente. Vengono poi redatte due distinte liste di tutte le persone votate come Presidente e di tutte le persone votate come Vicepresidente. Le liste – firmate e certificate dai Grandi elettori e contenenti il numero di voti di ciascuno – sono inviate al Presidente del Senato che, in presenza dei Senatori e dei Rappresentanti, apre i plichi e conta i voti. Poiché il sistema politico è bipolare, la persona che ha la maggioranza del numero totale degli elettori (270) sarà scelta come Presidente. Se nessuno ottiene questa maggioranza il Presidente è scelto dalla Camera dei Rappresentanti, a scrutinio segreto, fra i tre che hanno ottenuto il maggior numero di voti nella lista delle persone votate come Presidente.

26 C.d. “Winner takes all”.

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Ogni Stato ha diritto a un voto. La maggioranza dei membri di ciascuna delegazione decide a chi verrà assegnato il voto dello Stato. Se i voti sono in numero pari, il voto non viene assegnato. Per l’elezione servono 26 voti (metà degli Stati più uno). A questa votazione non partecipano il District of Columbia, le Samoa americane, Portorico e Isole Vergini, Guam. Se la Camera dei Rappresentanti non riesce a scegliere un Presidente prima del quarto giorno del successivo mese di marzo, allora il Vicepresidente agirà come Presidente, come in caso di morte o altro impedimento costituzionale di quest’ultimo. La persona che ha la maggioranza dei voti del numero totale dei Grandi Elettori viene eletta come Vicepresidente28. Se nessuno ottiene la maggioranza, il Senato con i voti dei due terzi dei Senatori, sceglie fra i due più votati della lista.

Chiunque può candidarsi alla Casa Bianca indipendentemente dallo schieramento politico, purché abbia almeno 35 anni, sia cittadino americano per nascita e vi risieda da oltre quattordici anni. In genere i candidati devono appartenere a una élite, poiché sono messi in campo sforzi economici che solo pochi possono permettersi. Vi è una commissione elettorale federale che amministra e controlla che i finanziamenti e le spese della campagna elettorale avvengano secondo le norme dettate dal “Federal Election Campaign Act” del 1971, poi riformato nel 1974, in risposta ad alcuni episodi di corruzione politica e in particolare allo scandalo Watergate29. Esse prevedono che i candidati

28 Nessuno che sia costituzionalmente ineleggibile all’ufficio di Presidente sarà

eleggibile a quello di Vicepresidente degli Stati Uniti.

29 Caso Scandalo che prende il nome dal complesso residenziale e per uffici di

Washington. La notte del 17 giugno del 1972 vi furono arrestate 5 persone, poi incriminate per spionaggio ai danni del comitato elettorale del candidato democratico alle presidenziali G. McGovern, che nel Watergate aveva sede. Il processo portò alla condanna dei 5 e di altre due persone, legate al comitato per la rielezione del Presidente R. M. Nixon. Un’apposita commissione mise in luce la corresponsabilità dei più stretti collaboratori di Nixon, che furono costretti alle dimissioni. Lo stesso Nixon, rieletto

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presidenziali, con determinati requisiti, godano di finanziamenti federali. Se un candidato non accetta i fondi federali, non è obbligato a sottostare ai limiti di spesa previsti dalla legge. La questione è però, negli Stati Uniti – nonostante la chiarezza delle normative vigenti – ancora aperta. Spesso i dibattiti ruotano intorno ad una nota e controversa sentenza della Corte Suprema del 30 gennaio 1976, che dichiarò l’illegittimità dei limiti legislativi alle spese elettorali perché ritenuti in contrasto con il Primo emendamento, quello che regola il diritto fondamentale di parola.

Nel 2010 la Corte Suprema ha nuovamente emesso un verdetto che pesa come un macigno sul sistema elettorale americano e sulla credibilità della democrazia degli Stati Uniti. Con quella decisione, passata alla storia come Citizens United v Federal Election Commission, la Corte30 ha spianato la strada all’ingresso nelle campagne elettorali di spese illimitate da parte di Grandi Aziende e dei maggiori sindacati. Fonte di finanziamento privatistico sono le Corporations e le Unions che però non possono elargire le somme direttamente, ma possono formare i Comitati di Azione Politica (Political Action Commitees). Anche se la legge prevede che ogni candidato non possa ricevere più di 5.000 dollari dai PAC, si riesce ad aggirare l’ostacolo attraverso le c.d. spese

indipendenti. I PAC sono ormai 5.000 e si parla di una vera e propria

nel novembre precedente, dovette ammettere di essere stato a conoscenza dell’affare e dei tentativi di arrestare il corso della giustizia per evitare la procedura di destituzione(impeachment) e quindi si dimise l’8 agosto 1974. In proposito, Cfr. materiali disponibili su http://www.enciclopediatreccani.it.

30 Il giudice A. Kennedy, il cui voto a favore è stato decisivo, assicurava che l’apertura

di un tale capitolo di spese elettorali non avrebbe favorito la corruzione in quanto le entità interessate sarebbero rimaste indipendenti e avrebbero agito in modo trasparente nei confronti degli elettori. Mai prima d’oggi il verbo della Corte Suprema ha avuto conseguenze più disastrose. Cfr. materiali presenti su http://www.wikipedia.it.

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“pac/crazia” poiché i comitati di azione politica hanno un potere sempre più crescente per quanto riguarda la campagna elettorale31.

Il Presidente entra in carica il 20 gennaio successivo alle votazioni delle primarie32. Il periodo tra l’elezione e l’insediamento serve al Presidente

per preparare il nuovo staff. Prima dell’entrata in carica è previsto il giuramento. La cerimonia “inauguratio33” prevede che si giuri34 nelle

mani del Presidente della Corte Suprema, davanti al Congresso, al corpo diplomatico e alte autorità, in presenza di due vescovi (protestante e cattolico) e di un rabbino35 (dal 1937 la cerimonia ha incluso due o più preghiere rituali). Il mandato dura quattro anni e il Presidente può essere rieletto solo una volta36. Il Presidente dispone di un Ufficio Esecutivo che cura i suoi interessi, mantenendo relazioni col Congresso, la stampa e il pubblico nonché supervisionando le decisioni prese. L’istituzione di

31 Oggi ogni candidato presidenziale ha a disposizione i finanziamenti di un Super

PAC. Ha fatto eccezione l’attuale presidente degli Stati Uniti, il miliardario Donald Trump, e quello che è stato l’aspirante democratico Bernie Sanders., Cfr. K. Riddell, The Washington Times, Friday, September 23, 2016.

32 Fino alla prima elezione di F. D. Roosevelt – 1932– l’insediamento avveniva il 4

Marzo.

33 Dal 1953, Presidente e Vicepresidente sono stati ospiti d’onore del pranzo tenuto

presso il Congresso degli Stati Uniti subito dopo la cerimonia. Eccettuati il discorso sullo stato dell’Unione, la Red Mass e i funerali di stato, è questa l’unica altra occasione in cui Presidente, Vicepresidente e membri delle Camere si radunano nello stesso luogo. Cfr. L Cavalli, Il presidente Americano ruolo e selezione del leader usa nell’era degli imperi mondiali, Il Mulino, Milano, 1987, pag. 80.

34 Nella prestazione del giuramento non è richiesto l’uso di un testo sacro. Essendo

però consuetudine (almeno ne XVIII-XIX secolo) usare la Bibbia nei giuramenti, così è generalmente avvenuto. Cfr. M. Della Porta Raffo, I Signori della Casa Bianca: Fatti, aneddoti e personaggi, Ares, Collana Sagitta, 2005 pag. 100. Barack Obama e Donald Trump hanno usato la Bibbia di Lincoln

35 Cfr. M. Della Porta Raffo, I signori della Casa Bianca: Fatti, aneddoti e personaggi,

Ares, Collana Sagitta, 2005, pag. 226.

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questa struttura ha modificato l’equilibrio tra potere esecutivo e legislativo37. Dall’ Ufficio esecutivo del Presidente dipendono: White

House Office, Office of Management and Budget, Council of Economic Advisers, National Security Council, Office of Policy Development, Office of National Drug Control Policy, National Critical Materials Council, Office of the US Trade Representative, Office of Science and Technology Policy, Office of Administration National Space Control.

Il Presidente degli Stati Uniti dispone altresì di un “gabinetto” che comprende i ministri da lui stesso nominati i quali non devono essere votati dal Congresso ma solo confermati sulla base dei loro requisiti personali. I ministri sono i responsabili dei vari “dipartimenti

ministeriali”. In teoria gli stessi dovrebbero costituire un corpo

consultivo per la discussione delle più importanti scelte politiche. In pratica, le riunioni, sono insignificanti poiché i Ministri hanno competenze settoriali e spesso sono scelti per motivi di equilibrio razziale, religioso ecc.38. Vi sono anche istituzioni indipendenti con compiti misti, che sono importanti organismi esecutivi: “Interstate

Commerce Commission” che ha il compito di regolare il crescente

potere delle società ferroviarie, il “Council of Economic Advisers” che ha il compito di informare il Presidente sulla situazione economica; la

“Central Intelligence Agency” (CIA) che coordina i servizi segreti con

le nuove responsabilità militari globali degli USA; la “National

Aeronautics and Space Administration” (NASA), responsabile dei

programmi aero-spaziali; la “US Agency for International

Development” che gestisce l’assistenza economica dei Paesi in via di

sviluppo, la “Security and Exchange Commission”, per salvaguardare gli interessi degli investitori. Il proliferare delle Agencies è dovuto

37 Cfr. G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano: Breve profilo

costituzionale degli Stati Uniti, Giappichelli, Torino, 2000, Vol. II, pag. 200.

38 Cfr. M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Newton Compton, Collana Il Sapere, 1997, pag. 150.

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all’espansione degli ambiti di intervento del Governo federale e dovrebbero rendere più snella la burocrazia. Negli ultimi cinquanta anni l’amministrazione federale è divenuta una rete stratificata di ministeri. La critica più seria rivolta a questo immenso apparato burocratico è di essere al di fuori del controllo popolare. Molti americani sostengono che oltre essere immensa, è troppo costosa e troppo invadente39.

3. Un'elezione controversa: il caso Bush vs Gore.

Le presidenziali del 200040 hanno evidenziato come la selezione dei candidati alla Casa Bianca attraverso le primarie renda solo eminentemente formale il ruolo della convention nazionale41. Le candidature di Bush e di Gore sono state presentate con largo anticipo rispetto all'inizio ufficiale della campagna. I principali sfidanti dei due favoriti sono stati il democratico Bill Bradley e il repubblicano John McCain. La selezione dei delegati alle conventions nazionali si è ufficialmente aperta con il tradizionale appuntamento del caucus dello

39 Cfr. M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Newton

Compton, Collana Il Sapere,1997, pp. 150, 151,212.

40 Cfr. A. Grattieri, La contesa elettorale e giudiziaria per la corsa alla Casa Bianca

del 2000, Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, 2001-1, pag. 247.

41 Cfr. A. Grattieri, Tempi e modalità delle primarie negli Stati Uniti: disciplina

federale e competenze statali, Diritto Pubblico Comparato ed Europeo,1999-1, pag. 205.

(20)

lowa il 24 gennaio 200042. Gore e Bush hanno dimostrato fin da subito

di essere i favoriti alla vittoria finale.

In seguito alla sconfitta del Super Tuesday, Bradley ha annunciato il suo ritiro, spianando così la strada per la nomination ad Al Gore mentre Bush ha avuto la certezza della sua candidatura soltanto sette giorni dopo con il voto degli stati del Sud. Le primarie di fatto si sono concluse quando ancora non erano stati eletti i delegati di circa trenta stati per i democratici e di venti per i repubblicani. La campagna elettorale, influenzata dalle forti somme raccolte e spese dai candidati 43, si è svolta in un clima di enorme incertezza fino alla vigilia del voto. Nei giorni immediatamente precedenti l'election day, fissato per il 7 novembre, i due candidati si sono impegnati a fondo in quelli che i sondaggi segnalavano come gli stati in bilico. Tra questi vi era la Florida che, a causa del sistema elettorale di secondo grado previsto dalla sua Costituzione, ha giocato un ruolo decisivo nell'assegnazione della presidenza a Bush.

Le elezioni del 7 novembre hanno visto infatti, sul piano del voto popolare, la vittoria del democratico Al Gore, che con 50.996.000 ha ottenuto circa 540.000 voti in più rispetto all'avversario George W.

42 La data era inizialmente fissata al 7 febbraio. Tuttavia l’appuntamento è stato

anticipato per allinearsi ai caucus repubblicani di Alaska e Louisiana, stati particolarmente attivi nel c.d. frontloading. In proposito, Cfr. S. Villari, L’elezione del Presidente nel sistema costituzionale degli Stati Uniti, Giuffré, Milano, 1961, pag. 80. 43

Il 30 settembre del 1999 il totale dei fondi raccolti dai candidati ammontava ad oltre 160 milioni di dollari, quasi il doppio della cifra raccolta nella campagna presidenziale precedente al 30 settembre 1995. Cfr. I dati pubblicati dalla Federal Election Commission sul sito http://www.fec.gov.Bush ha rinunciato ai c.d. Matching Funds per non dover sottostare ai limiti di raccolta fondi imposti per potersi avvalere del finanziamento pubblico (nda).

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Bush44. Gore risulta essere il candidato presidenziale che ha ottenuto il

maggior numero di voti popolari dopo Regan, ma tale performance si è rivelata inutile alla luce della distribuzione dei voti negli Stati. Infatti Al Gore ne ha conquistati 20, contro i 3145 di George W. Bush ,rispettivamente per un totale di 267 voti elettorali contro 27146.

Nelle incertezze dello spoglio elettorale, il voto della Florida si è rivelato subito decisivo: per le dimensioni (25 voti elettorali da assegnare) e per il minimo margine di distacco (poche centinaia di voti). Forte del vasto sostegno ottenuto a livello di voto popolare, Gore47, ha iniziato a contestare il risultato della Florida nella speranza di recuperare, tra le schede bianche, il minimo svantaggio che lo separava dall'avversario. L'8 novembre si è così proceduto ad un secondo conteggio, dal quale è emerso che Bush, in Florida, aveva un margine di vittoria di 1748 voti, pari allo 0,5 % di scarto. Gore ha presentato così, sulla base della legislazione della Florida48, una richiesta di conteggio manuale dei voti in quattro contee: Volusia, Palm Beach Broward e Miami Dade.

44 Sul computo finale dei voti, Cfr. le notizie di agenzia del 21-12-2000 della Associated Press, disponibili su http://www.ap.org.

45 Il totale è di 51 in quanto anche il District of Columbia è considerato, a questi fini,

come uno stato.

46 Sulla base di questi dati la divergenza tra il voto popolare e il voto in seno al collegio

elettorale può essere spiegato sulla base della sovra rappresentazione degli Stati meno popolosi. In questa occasione il candidato meno votato non è stato premiato grazie a vittorie di misura nei grandi stati ma grazie a numerose vittorie negli stati più piccoli. L’elemento distorsivo non è quindi riconducibile alla suddivisione della nazione in collegi di dimensione statale. Se i grandi elettori fossero stati assegnati sulla base di un criterio proporzionale alla popolazione, il risultato finale sarebbe stato di 229 voti per Gore (inclusi i 3 voti del District of Columbia) contro i 209 per Bush. Cfr. Diritto Pubblico comparato ed europeo, 2001-1, pag. 249.

47 Probabilmente ha influito anche lo stato d’animo provato dai primi dati che lo

davano per vincente.

(22)

Il segretario di Stato della Florida K. Harris ha fissato, per il 14 novembre49, il termine massimo per la consegna dei risultati da parte degli uffici di ogni contea. Gore e gli uffici hanno contestato tale termine e la questione è finita davanti alla Corte Suprema dello Stato che, in

Palm Beach County Cavassing Board v. Harris50, ha dichiarato

l'illegittimità del termine, fissandolo in data 26 novembre. Tale decisione è stata però impugnata da Bush davanti alla Corte Suprema Federale. Quest'ultima, il 4 dicembre, ha annullato la decisione della Corte Suprema della Florida e rinviato la decisione alla Corte Suprema statale.51

Il segretario di Stato della Florida Harris ha proclamato i risultati finali favorevoli a Bush (537 voti) senza però includere i conteggi manuali parziali favorevoli al candidato democratico. Tale decisione è stata a sua volta impugnata da Gore davanti alla Corte Suprema dello Stato che, l'8 dicembre del 2000 in Gore v. Harris, ha deciso di conteggiare parte dei voti contestati e di inserire nel computo i dati parziali a favore di Gore che Harris si era rifiutata di computare52.

Avverso tale decisione Bush ha fatto ricorso. Questo è stato accolto dalla Corte Suprema Federale che, nella decisione di Bush v. Gore53 del 12 dicembre, ha annullato la sentenza della Corte Suprema della Florida e conseguentemente sancito la validità dei risultati proclamati il 26 novembre dal Segretario di Stato della Florida.

49 Il settimo giorno successivo alle elezioni come stabilito dal Fla.Stat.par

102.111(2000).

50 Cfr. N.SC. 00-2348 e SC 00-2349 del 21-11-2000, disponibile su

http://www.findalaw.com.

51 La decisione della Corte Suprema della Florida, in seguito al rinvio della Corte

Suprema Federale di Palm Beach County Canvassing Board v. Harris è emessa l’11-12-2000, quando ormai non è più in grado di produrre alcun risultato pratico.

52 Cfr. N. SC 00-2431, Gore v. Harris, 8/12/2000.

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La sofferta decisione della Corte( 5 a 454) è stata argomentata sulla

necessità di garantire il rispetto dell' “equal protection clause” e di rispettare il termine federale per la definizione delle controversie inerenti la nomina dei Grandi elettori. In questo quadro, la Corte federale, ha sostenuto che in Gore v. Harris, la Corte statale ha violato il principio di uguaglianza poiché non sono stati adottati criteri uniformi per il riconoscimento delle schede valide; inoltre sono stati inseriti, nel computo totale dei voti validi, dei riconteggi parziali. La Corte Federale ha ribadito inoltre la necessità di rispettare le scadenze imposte dal procedimento elettorale.

Il 13 dicembre Al Gore ha annunciato non solo la vittoria di George W. Bush ma anche di non voler proseguire nelle contestazioni dei voti: "I

call all Americans […] to unite behind our next president". Su più fronti

si è temuto che il risultato potesse determinare della Casa Bianca. La stessa sera del 13 dicembre Bush, parlando alla nazione dalla sede della Camera dei Rappresentanti del Texas di cui è stato Governatore55, ha sottolineato l'esigenza di riconciliare una nazione fortemente divisa e di cooperare con i democratici a tale scopo. Bush ha ricordato: " I was not

elected to serve one party, but to serve one nation56.”

Il Congresso ha spinto Bush a cercare un’efficace collaborazione con i democratici. Nel Congresso, infatti, i repubblicani avevano (in seguito

54 Anche se per alcuni aspetti della motivazione della maggioranza è stata parzialmente

sostenuta da altri due giudici. Cfr. Gore v. Harris.

55 Il discorso di Bush è pubblicato su The New York Times del 14-12-2000 sotto il

titolo di Bush’s Remarks on End of the Race.

56 Le indagini condotte in merito alle caratteristiche dell’elettorato dei due candidati

rivelano che il voto tra Bush e Gore si è equamente diviso all’interno delle numerose categorie sociali; tuttavia il voto delle minoranze afroamericane, ispaniche ed asiatiche sembra aver premiato in misura maggiore Al Gore, in proposito Cfr. M Connelly, Who Voted: A Portrait of American Politics, 1976-2000, in The New York Times, 14-12-2000.

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al recupero democratico dell’ultima tornata elettorale57) una

maggioranza risicata alla Camera (223 a 210,con due indipendenti) mentre il Senato era in perfetto equilibrio (50 a 50) salvo il “casting

vote” del vicepresidente Cheney. Bush, allora, per ottenere maggiore

consenso, ha nominato, nella formazione del proprio governo, un rappresentante democratico.

57 I democratici guadagnarono 2 rappresentanti e 4 senatori in più rispetto alla

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CAPITOLO SECONDO

PRESIDENTE E CONGRESSO

SEZIONE I.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il Presidente e il Potere di veto. – 3. Breve storia del potere presidenziale di veto negli Stati Uniti. – 4. Alcuni veti celebri. – 5. Il rapporto tra legislative veto e forma di governo.

1. Premessa

La Costituzione degli Stati uniti d’America58 assegna al Congresso le principali competenze per mezzo delle quali si configura l’indirizzo

58 Il Congresso degli Stati Uniti d’America (United States Congress) è l’organo

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politico generale del governo federale. Attribuisce invece al presidente la guida dell’esecutivo. Dal 178759 in poi, i rapporti fra presidenza, camera dei rappresentanti e senato degli stati uniti, hanno subito notevoli mutamenti in considerazione del carattere della leadership del capo dell’esecutivo, cosicché la volontà dell’uno o degli altri è prevalsa a seconda della misura dell’autorevolezza e del favore popolare che ciascuno ha potuto far valere, di volta in volta, sul piatto della bilancia delle contrattazioni politiche. D’altronde la caratteristica del sistema americano è quella di articolare un confronto dialettico fra due organi

Campidoglio, e si compone di due camere: il Senato (United States Senate) e la Camera dei Rappresentanti (United States House of Representatives). Il mandato dei membri della Camera dei Rappresentanti dura due anni, decorsi i quali la Costituzione degli Stati Uniti prevede uno scioglimento automatico dell’assemblea e nuove elezioni. La tempistica delle elezioni di Camera e Presidente fa sì che esse coincidano alternativamente con la metà del mandato di quest’ultimo (c.d. elezioni di “mid-term”). Il mandato dei senatori è invece pari a sei anni e la Costituzione non prevede lo scioglimento dell’Assemblea. Ogni singolo senatore resta in carica per un periodo della stessa durata e ogni due anni un gruppo diverso di Stati tiene le proprie elezioni senatoriali di modo che circa un terzo del senato si rinnova biennalmente. Cfr. O. Bergamini, Democrazia in America? Il Sistema politico e sociale degli Stati Uniti, Ombra Corte, Milano, 2015, pag. 6.

59 Terminata la guerra di indipendenza (1775 -1783), le ormai tredici ex colonie non

riuscivano a mettersi d’accordo sulla forma che doveva assumere il nuovo Stato. C’è chi voleva uno stato accentrato, con tutti i poteri in mano al governo della capitale che deliberava leggi uguali per tutto il territorio; altri volevano uno Stato federale, che lasciasse ai singoli stati che lo componevano, la libertà di varare proprie leggi e riservasse al governo centrale solo le questioni di interesse nazionale, per esempio tasse o una dichiarazione di guerra. Per superare questa difficoltà, il 15 maggio del 1787 si aprì a Philadelphia una Convenzione Costituzionale presieduta da George Washington. Il 17 settembre del 1787 i rappresentanti dei 13 Stati votarono a maggioranza contro l’accentramento e adottarono una Costituzione che rese gli Stati Uniti una Repubblica Federale, applicando la teoria dell’illuminismo sulla divisione dei poterei teorizzata da Montesquieu. Cfr. materiali disponibili su http://www.enciclopediatreccani.it.

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(Presidente e Congresso) che possono vantare entrambi una diretta investitura popolare.

2. Il Presidente e il Potere di veto.

L’articolo primo, sezione settima, della Costituzione60 Americana61 attribuisce, al Presidente62 il Potere di veto sui progetti di legge: ogni progetto di legge che sia stato approvato dalla camera dei rappresentanti e dal senato dovrà, prima di diventare legge, essere presentato al presidente degli stati uniti. Il Presidente ha dieci giorni (esclusa la

60 Entrata in vigore nel 1788.

61 We, the people of the United States, in order to form perfect a more perfect Union,

establish justice, insure domestic tranquility, provide for the common defence, promote the general welfare, and secure the blessings of liberty to ourselves and our posterity, do ordain and establish this Constitution for the United States of America.” Cfr. http:// www.law.cornell.edu,Preambolo Costituzione Americana.

62 L’art 2 della Costituzione americana stabilisce altresì che il Presidente è

Comandante in capo dell’Esercito, della Marina degli Stati Uniti e della Milizia dei vari Stati se chiamata al servizio attivo. Può chiedere l’opinione scritta dei vari capi dei Dipartimenti sui rispettivi uffici; può concedere grazie e commutazioni di pene; può stipulare trattati col consenso dei due terzi dei Senatori; col consenso del Senato nomina gli Ambasciatori, i Consoli, i Giudici della Corte Suprema e tutti gli altri funzionari degli Stati Uniti, a meno che non ci siano leggi specifiche in proposito. Può coprire i posti che si rendessero vacanti durante gli aggiornamenti del Senato, concedendo incarichi provvisori fino alla fine della sessione successiva; deve informare il Congresso sulla situazione dell’Unione; può suggerire alle Camere attraverso messaggi di prendere le misure che riterrà opportune. Può convocare le Camere, anche separate e, in caso di disaccordo fra di essere sulla data di aggiornamento, le potrà aggiornare a suo piacimento. Infine deve preoccuparsi che le leggi siano eseguite e può dare ordini a tutti i funzionari degli Stati Uniti. Cfr. materiali disponibili su http://www.dircost.unito.it.

(28)

domenica) per approvare il disegno di legge presentato dal congresso. Si verifica un “regular veto63” quando il presidente restituisce la

proposta di legge alla camera che l’ha promossa, di solito con un messaggio che spiega la logica dello stesso. Il veto può essere superato solo con un voto di due terzi sia nel senato che nella camera. Se ciò accade, il disegno di legge diventa legge sulle obiezioni e sui rilievi del Presidente. Da tempo ormai il veto viene usato dai Presidenti per schiette, dichiarate ragioni politiche64 . L’impiego di esso non è però

molto frequente come peraltro sono limitati i casi in cui il Congresso supera il veto attraverso il voto dei due terzi dei membri delle camere. Il veto è interposto dal Presidente nei confronti dell’intera legge che è sottoposta alla sua considerazione. Non può, invece, rivolgersi selettivamente a una sola parte della legge stessa. Molti presidenti, hanno lamentato questa limitazione del loro potere di veto, osservando che spesso il Congresso inserisce nel testo di leggi importanti, alla cui promulgazione non si può rinunciare, disposizioni dirette a favorire interessi non meritevoli o a provocare erogazioni di denaro pubblico a vantaggio di clientele parassitarie con aggravi pericolosi di bilancio. Nel 1996 il Congresso è venuto incontro a questo ragionevole desiderio dell’esecutivo emanando una legge che, in base ad un complicato dispositivo, ha permesso al presidente di bloccare alcuni porzioni della legge stessa e di approvare con la sua firma l’insieme. Ciò ha introdotto, di fatto, il c.d. Line-item veto nel sistema e lo ha inserito attraverso una semplice legge ordinaria. La Corte Suprema ha ritenuto il dispositivo di tale legge incostituzionale, perché ha reso operativo un istituto la cui adozione presupporrebbe un emendamento costituzionale (Clinton v.

City of New York, 1998). La sentenza della Corte appare fortemente

insensibile al bisogno che l’ordinamento americano di una più incisiva

63 Cfr. materiali presenti su http: //www.U.S.senate.com.

64 Cfr. G. Bognetti, Lo Spirito del Costituzionalismo Americano: La Costituzione

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capacità del presidente di guidare la politica legislativa dello stato centrale e in specie di controllarne la politica di spesa65 .

3. Breve storia del Potere presidenziale di veto negli Stati

Uniti.

Nella vicenda statunitense, l’interpretazione del veto presidenziale è al centro della lotta politica e costituzionale da moltissimi anni: la sua evoluzione non ha condizionato soltanto l’assetto di governo e i rapporti tra Presidente e Congresso, ma tutta la storia politica e giuridica della Nazione. Il Potere presidenziale di veto66 – che è stato per la prima volta formalizzato negli Stati Uniti67 e regolato in Costituzione – costituisce il principale modello di riferimento per tutto il costituzionalismo occidentale, non solo nei paesi dell’America Latina68. Alle origini

dell’istituto negli USA, non vi sarebbe esclusivamente la nota influenza delle teorie di Locke e di Montesquieu sulla separazione – statica – dei poteri. Piuttosto, tra le fonti intellettuali del potere di veto presidenziale, forse la principale, va senz’altro collocata, la tradizione del repubblicanesimo, spesso a torto trascurata negli studi sulla fase costituente negli Stati Uniti. Difatti, le opere di Polibio e di Cicerone sulla Repubblica Romana, quindi “il Principe” di Machiavelli e poi “La Repubblica di Oceana” di Harrington , sono da considerarsi dei

65

Ivi, pag. 246.

66 Cfr. R. Spitzer, The Presidential Veto: Touchstone of the American Presidency,

SUNY Press, 1988, pag. 18.

67 Cfr. A. Buratti, Veti presidenziali: Presidenti e maggioranze nell’esperienza

costituzionale statunitense, Carocci, Roma,2012, pag. 27.

68 K. Von Beyme, America as a model. The impact of American Democracy in the

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fondamentali per lo sviluppo della teoria dei checks and balances69 da

parte dei padri costituenti della federazione. E ancora Adams – che è stato l’artefice della costituzione del Massachusetts del 1780 – ha elaborato per primo il meccanismo del veto presidenziale e rappresentato il modello della Costituzione federale per la disciplina della presidenza. Nel XVIII secolo i temi della tradizione repubblicana sono stati recuperati anche dal monarchico Bolingbroke70 . Da questo

punto di vista, le costituzioni statali adottate dopo la proclamazione dell’indipendenza, non hanno rappresentato un punto di riferimento per la successiva disciplina costituzionale del potere di veto a livello federale. Sulla scorta della retorica di Paine, tali costituzioni hanno fatto propria una concezione radicale della democrazia che aveva il suo punto fermo nel rafforzamento della centralità del potere legislativo, anche in reazione al precedente abuso del veto da parte dei governatori regi contro la legislazione delle assemblee coloniali. Nell’opinione pubblica, infatti, i governatori, sono stati accusati di aver manipolato il proprio Potere di veto, lasciandosi spesso corrompere nel suo utilizzo. Soprattutto, il Potere di veto dei governatori regi, aveva finito con il rappresentare il principale strumento di controllo della corona sulla legislazione delle assemblee coloniali: le istruzioni del governo della madrepatria sulla legislazione sgradita si sono tradotti nei veti dei

69 Con l’espressione inglese “check and balances” ("controllo e bilanciamento

reciproco") si indica quell'insieme di meccanismi politico-istituzionali finalizzati a mantenere l'equilibrio tra i vari poteri all'interno di uno Stato. Il c. and b. deriva dal principio della divisione dei poteri, realizzato in Inghilterra a partire dal 17° sec. e teorizzato da Montesquieu nello Spirito delle leggi (1748), il cui scopo è evitare l'assolutismo e salvaguardare la libertà dei cittadini. Cfr. materiali disponibili su http://www.merriam-webster.com.

70 Henry St. John Bolingbroke (1367-1413) è stato Re d’Inghilterra dal 1399 alla sua

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governatori, successivamente confermati in sede di revisione regia71 .

Così, l’estensione e i limiti del potere di veto dei governatori, sono divenute questioni centrali nella controversia costituzionale insorta tra le colonie e la madrepatria negli anni precedenti la rivoluzione. Il risentimento nei confronti del “vergognoso abuso72” di questo strumento da parte dei governatori è stato talmente forte che la dichiarazione di indipendenza ha citato questa prassi tra le prime cause di rivolta contro la madrepatria. In questo panorama omogeneo, le uniche due eccezioni sono rappresentate dalle costituzioni del Massachusetts del 1780 – la più articolata e matura delle costituzioni successive all’indipendenza – e dalla costituzione dello stato di New York del 1777. La prima conferiva al Presidente il potere di rifiutare la firma a una legge approvata dalle due assemblee legislative, attraverso l’esercizio di un rinvio presidenziale motivato che dava luogo a una nuova deliberazione da parte delle assemblee: l’eventuale ulteriore approvazione della legge da parte dei due terzi componenti di ciascuna camera determinava l’entrata in vigore della legge73 . La seconda invece istituiva un secondo organo, denominato consiglio di revisione, composto da membri dell’esecutivo e del giudiziario, competente a sindacare in via preventiva le leggi approvate dalle assemblee. L’eventuale rinvio della legge determinava la necessità di una seconda delibera da parte delle assemblee, a maggioranza dei due terzi dei componenti74 . Si sono delineati così, in nuce, due modelli di veto sulle

71 Cfr. G. Greene, The Constitutional Origins of the American Revolution, 2010, cit.,

pp. 30-32.

72 Cfr. T. Jefferson, A Summary View of the Rights of British America, in “New York

Journal”, 1784, pp. 16-7.

73 Costituzione del Massachusetts (1780), parte seconda, capo I, sez. I, art II,

disponibile su http:// www.dircost.unito.it.

74 Costituzione di New York (1777), sez.3. Nel decennio 1777-87, il Consiglio di

revisione oppose il proprio veto a ben 58 leggi. Cfr. J.H. Benton, The Veto Power in the United States: What is It? , Addison C Getchell, Boston, 1888, pag. 37.

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leggi, su cui si è animato successivamente il dibattito nella Convenzione di Filadelfia. Infatti il recepimento della formula accolta alla sezione 7 dell’art1 della Costituzione Federale, è stato tutt’altro che lineare. Il Virginia Plan presentato dai delegati della Virginia nel maggio del 1787, alla vigilia dei lavori della convenzione, riconduceva il potere di veto al sindacato politico di legittimità costituzionale: ricalcando sul punto la costituzione dello stato di New York, esso prevedeva il conferimento ad un apposito organo federale, il Council of Revision, composto da membri dell’esecutivo e del giudiziario, di un potere di rinvio della legislazione federale, superabile con la maggioranza qualificata75 . Al

Council of Revision era poi conferito un parere sull’esercizio del veto

sulla legislazione statale da parte del legislativo federale76 : la proposta, di questa seconda e diversa forma di veto, è stata avanzata dai delegati della Virginia a garanzia della ripartizione delle competenze tra Stati e Federazione, ma prevalentemente a tutela dell’interesse della federazione, preposta all’esercizio di un controllo sui contenuti della legislazione statale. Il dibattito in commissione ha preso corpo il 4 giugno. La proposta avanzata nel Virginia Plan e condivisa da Hamilton è stata contestata da Elbridge Gerry, delegato del Massachusetts, il quale ha ritenuto un errore confondere il potere di veto presidenziale con i

“judicial review”77, già affermatesi in alcuni stati con particolare

apprezzamento78 . La partecipazione dei membri del giudiziario alla

75 R. Broughton, Rethinking the Presidential Veto, in “Harvard Journal on

Legislation”, 42, 2005, pp. 91-134, Cfr. http://www.schoolar.harvard.edu.

76 Virginia Plan, punto 8. Il Virginia Plan fu illustrato dalla Convenzione da Edmund

Randolph il 29 maggio 1787. In proposito, Cfr. A. Buratti, Veti presidenziali: Presidenti e maggioranze nell’esperienza costituzionale statunitense, Carocci Editore, Roma, 2012, pag. 49.

77 Controllo di costituzionalità da parte della Corte Suprema.

78 Cfr. E. Gerry, The Journal of the Debates in the Convention which Framed the Constitution,1787. I resoconti di Madison dei lavori della Convenzione – già editi da

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formazione della legge, avrebbe messo a repentaglio la loro libertà di giudizio in sede di sindacato di legittimità costituzionale79 . Tale posizione è stata immediatamente condivisa dai delegati degli Stati del Sud, che intendevano conferire i poteri di sindacato sulle leggi ai giudici statali piuttosto che ad un apposito organo federale. Di qui anche la mancata previsione nel testo costituzionale del potere di “judicial

review of the legislation” in capo alle Corti Federali80 . Il dibattito si è

concentrato quindi sulla previsione di un potere di veto in capo al solo Presidente. Wilson ed Hamilton si sono espressi in favore del conferimento al Presidente di un potere di veto assoluto (“absolute

negative”) allo scopo di dotarlo di strumenti di difesa da esercitare in “tempestuous moments in which animosities may run between the executive and legislative branches” 81. La proposta ha acceso un dibattito che ha evidenziato la contrarietà alla previsione di un veto presidenziale assoluto: argomenti fondati sull’eccellenza della rappresentanza in seno al Congresso82 si sono aggiunti ai richiami all’equilibrio dei poteri 83. Non sono mancati tuttavia appelli alla prevalenza della volontà popolare84 per scongiurare il pericolo di abusi

Oxford University Press nel 1920- a cura di G. Hunt e J.B. Scott sono disponibili sul sito The Avalon Project della Yale Law School.

79 R. King (Madison Debates, June 4,1787).

80 Cfr. M. Einaudi, Le origini dottrinali e storiche del controllo giudiziario sulla costituzionalità delle leggi negli Stati Uniti d’America, Torino, 1929, cit., pag. 29. 81

Cfr. J. Wilson (Madison Debates, June 4, 1787); A. Hamilton (Madison Debate, June 4, 1787). “There was no danger, they thought, of such a power being too much exercised. It was mentioned by Col. Hamilton that the king of Great Britain had no exerted hid negative since the Revolution”.

82 E. Gerry, (Madison Debates, June 4, 1787). 83 J. Madison, (Madison Debates, June 4,1787). 84 R. Sherman, (Madison Debates, June 4, 1787).

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presidenziali85. All’esito dei lavori, nonostante siano state variegate le

posizioni dei “framers”, un punto di sintesi è stato trovato nella configurazione del veto presidenziale come strumento di garanzia dell’equilibrio tra poteri avverso le minacce insite nella torsione tirannica del legislativo. Si è raggiunto inoltre, seppur non formalizzato in costituzione, una sorta di “comune sentire” sull’esercizio della “review” sulla legislazione ad opera del giudiziario, come già avveniva efficacemente in alcuni Stati. Sebbene un compromesso sia stato raggiunto allora, non sono mancate però occasioni nel corso della storia costituzionale statunitense in cui il veto presidenziale86 è stato utilizzato, forzando la mano, come strumento di sindacato politico sulla legittimità costituzionale delle delibere legislative. Anzitutto, il potere di veto presidenziale, è un istituto polimorfo. Si riscontrano messaggi presidenziali di rinvio – che corredano sempre il veto – assai laconici, impersonali e dallo stile argomentativo prevalentemente tecnico, accanto ad altri decisamente enfatici e prolissi, talvolta anche nell’ambito della stessa presidenza87 . In secondo luogo, esso è un istituto polifunzionale. Può infatti essere impiegato come strumento di

“constitutional review of legislation” (più correttamente dei disegni di

legge approvati dalle camere) per sanzionare preventivamente la violazione della Costituzione e, soprattutto all’inizio, la tendenza del Congresso federale all’ipertrofia legislativa a danno delle competenze statali (si vedano i numerosi veti opposti in presidenze diverse al rifinanziamento della banca federale88 ). Ancora, ma non in ultimo, può

85 P. Putler,“Why might not a Catalane or a Cromwell arise this Country as well as in

others?”. Così G. Mason (Madison Debates, June 4, 1787).

86 R. Spitzer, The Presidential Veto: Touchstone of the American Presidency, SUNY

PRESS, 1988, cit., pag. 52.

87 Cfr. J. Madison, Veto Messages, The American Presidency Project, cit., pp. 186 ss.,

disponibile su http://www.presidenncy.ucsb.edu.

88 Cfr. A. Zorzi, Giustiniani, Costituzione americana ed equilibrio finanziario. Il caso

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essere usato come strumento di indirizzo e di politica della legislazione, in particolare, quando il veto è preannunciato e minacciato dal presidente per condizionare l’iter legis89 e per opporsi al merito dei contenuti; come mezzo di comunicazione istituzionale, attraverso il quale il presidente “parla” alla nazione, cerca una sua legittimazione (e l’uso del veto è stato determinate anche per l’esito delle elezioni presidenziali, per esempio nel 1832, come strumento in grado di orientare l’andamento della campagna elettorale). Il veto, in terzo luogo, esercita un potere tribunizio di guida e di (ipotetica) rappresentanza del volere dell’opinione pubblica90 . A tal riguardo, la presidenza di Jackson (1829-1837) è stata forse quella che ha usato nel modo più estensivo le tre funzioni del veto presidenziale91. Jackson infatti, pur avendo ribadito la propria adesione ad un’interpretazione deferente e cauta nell’applicazione del veto, si è opposto a ben dodici bills, più di quanti ne siano stati rinviati dai suoi predecessori congiuntamente. All’incremento quantitativo dei veti, si è accompagnato anche un inasprimento delle prassi antagonistiche rispetto al congresso: ben sette dei veti presidenziali sono stati pocket vetoes92, mentre è stata riproposta la pratica di Monroe93di annunciare preventivamente l’uso del veto allo

89 Si veda il caso della presidenza “imperiale” di Nixon costretto a fronteggiare anche

un Congresso avverso. Cfr. A. M. Schlesinger Jr., The Imperial Presidency, Boston, Houghton Mifflin,1973.

90 Si consideri lo stile argomentativo di impronta populista dei messaggi di veto di F.D.

Roosvelt. Cfr. A. Buratti, Veti presidenziali: Presidenti e maggioranze nell’esperienza costituzionale statunitense, Editore Carocci, Roma,2012, pag.99.

91 Cfr. Jackson, Presidential Vetoes, in proposito v. http://www.presidency.ucsb.edu. 92 The Constitution grants the president 10 days to review a measure passed by the

Congress. If the president has not signed the bill after 10 days, it becomes law without his signature. However, if Congress adjourns during the 10-day period, the bill does not become law. Cfr. http:// www.senate.gov.

93 James Monroe è stato il quinto presidente degli Stati Uniti (1817-1825). A lui viene

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scopo di condizionare i lavori parlamentari94. L’intensificazione di

Jackson di un uso estensivo delle funzioni del veto presidenziale, è testimoniata anche dalla posizione assunta dallo stesso in alcuni messaggi di veto contro la stessa giurisprudenza della Corte Suprema, a partire da McCulloch v. Maryland95, ovvero dal suo tentativo di sostituirsi alla Corte stessa attraverso l’elaborazione di un test di costituzionalità alla luce del quale vagliare le leggi che hanno previsto

“Internal Improvements” non solo, Jackson, allo stesso tempo, ha usato

il veto in modo funzionale ad alimentare continuamente il rapporto con l’elettorato, presentandosi come depositario del “will of the people”. Le

frase “L’America agli americani”. In proposito Cfr. M. Della Porta Raffo, I Signori della Casa Bianca: Fatti, aneddoti e personaggi, Ares, Collana Sagitta, 2004, pag. 20.

94 Cfr. R. Spitzer, The Presidential Veto: Touchstone of the American Presidency,

SUNY Press,1988 cit., pag. 33.

95 La sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1819, sul caso McCulloch v.

Maryland è una delle decisioni più importanti nella storia della giurisprudenza statunitense. Il Presidente della Corte Suprema dell’epoca era John Marshall, ex Segretario di Stato del Presidente degli Stati Uniti John Adams. Lo stato del Maryland aveva tentato di ostacolare il funzionamento di una filiale della Second Bank degli Stati Uniti (fondata per affrontare le difficoltà incontrate dal quarto Presidente degli Stati Uniti, James Madison). Il Maryland chiedeva la sua incostituzionalità, in quanto espressione di un atto di governo non previsto dalla Costituzione. In precedenza aveva inoltre imposto una tassa proibitiva per l’epoca su tutte le banconote non emesse all’interno dei confini dello Stato. James McCulloch che ricopriva la massima autorità per quanto riguarda la filiale di Baltimora della Second Bank degli Stati Uniti, si rifiutò di pagare la tassa. Iniziò una causa tra lo Stato e McCulloch che venne presentata inizialmente davanti a John James, poi davanti alla Corte d’Appello del Maryland per finire poi alla Corte Suprema. Marshall, dopo aver dato sfoggio alla teoria di A. Hamilton sui poteri impliciti che la Costituzione concedeva al Congresso, affermò la legittimità del governo federale, la sua completa indipendenza e la sua prevalenza rispetto ai singoli Stati. Sentenziò quindi che, anche se la Costituzione non lo prevedeva ufficialmente, rientrava nei poteri affidati al governo e tutti gli Stati non potevano ostacolare la sua funzione. La Corte, attraverso i Giudici, tra cui (oltre a Marshall) Bushrod Washington, Wiliam Johnson, Thomas Todd e Gabriel Duvall, si espressero all’unanimità.

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intromissioni di Jackson nell’esercizio della funzione legislativa sono state tanto pervasive che, dopo la sua rielezione, sono stati persino presentati, seppure senza seguito, emendamenti alla costituzione per abbassare il quorum (di due terzi dei voti) per il superamento del veto presidenziale. Jackson è divenuto, così, oggetto di un’inedita “mozione di censura” del Senato “per avere agito contro la Costituzione”. E’ comunque doveroso precisare, che il ricorso al veto è sempre teleologicamente orientato96. Tutte le prime presidenze, fino a quella di

Madison, che per primo ha usato il pocket veto nel 1812, hanno mostrato una notevole deferenza verso il Congresso, facendo un uso estremamente parco del veto. Successivamente, invece, seppur con una tendenza decisamente ondivaga (il picco massimo nel numero di veti, anche in ragione del numero di mandati, si è riscontrato durante la presidenza di F.D Roosvelt con ben 635 veti) i Presidenti hanno abbandonato la tradizionale prassi di “self-restraint” e hanno iniziato ad impiegare il veto, a seconda dei casi, per imporsi al “Congressional

Government”, soprattutto per limitare le autorizzazioni di spesa, oppure

come mezzo per ampliare più o meno surrettiziamente i loro poteri di intervento o ancora per imporre una certa concezione della presidenza97 . Da quel momento in poi, il Congresso ha cominciato a reagire: il primo

override98 di un veto presidenziale, si è riscontrato nel 1845 durante la

presidenza di Tyler. In questa analisi, si tenga presente che il potere di veto può essere utilizzato in funzione collaborativa con il Congresso, vuoi per indurre a deliberazioni congressuali più ponderate, oppure come strumento di conflitto col legislativo; ciò indipendentemente dall’esistenza di un governo unitario o diviso. È il caso di Johnson che,

96 Cfr. L. Fisher, Constitutional Conflicts between Congress and the President, 5a.ed.,

Lawrence-Kansas, The University of Kansas Press, 2007.

97 L’uso del veto da parte di Reagan e di Bush (Sr.) fu strumentale all’affermazione

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