Sul filo conduttore della classificazione operata da Whitley nella sua opera, la produzione Disney legata al tema ambiente può essere ricondotta a tre categorie principali: le rivisitazioni fiabesche, i film legati al setting dell’ambiente naturale nordamericano, e le produzioni collocate in ambienti tropicali.
All’interno della prima categoria, possiamo distinguere due diverse connotazioni della natura: quella più tradizionale, ancora legata al genere del romanzo pastorale americano, che caratterizza le fiabe del “periodo Disney”, dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, di nostalgica rievocazione di un’antica comunione fra uomo e natura; e quella portatrice di una visione dialettica, tipica delle
fiabe del “periodo Eisner”, negli anni Novanta, in cui emergono prepotentemente i conflitti legati a una sempre maggiore estraneità dell’uomo al mondo naturale.
Biancaneve è senza dubbio il film più rappresentativo in questa prima fase, i cui elementi sono
ripresi, anche se con minore spazio e approfondimento, nei successivi Cenerentola e La bella
addormentata nel bosco. Biancaneve mostra una realtà in cui l’eroina, simbolo di bontà e purezza, è
intimamente legata alle creature del bosco da un rapporto d’intima complicità, affetto e devozione. La fanciulla è un simbolo di quell’armonia originaria, quel profondo legame dell’uomo con gli elementi e i ritmi della natura che caratterizzano la realtà rurale dell’America pre-industriale.
La natura assume quei connotati simbolici che caratterizzano gli archetipi fiabeschi: nelle fasi critiche della vicenda di Biancaneve, quando la principessa viene abbandonata nella foresta in balia delle sue paure, il bosco diviene un luogo tetro e spaventoso; le scene che vedono protagonista invece la fanciulla nella ritrovata serenità della casetta dei nani o dopo il salvataggio da parte del principe, mostrano una natura ridente, gioiosa, dai colori vivaci.
La fase di produzione successiva assume invece dei connotati profondamente diversi: essa diviene il teatro di quel progressivo distacco fra uomo e ambiente naturale che caratterizza la trasformazione degli Stati Uniti da nazione rurale a grande paese industrializzato, fatto di enormi metropoli cosmopolite.
Le eroine Disney divengono figure forti, conflittuali e anticonformiste. E se in La sirenetta si assiste allo scontro fra la società umana, che depreda il mare e ne turba l’equilibrio, e quella marina, un mondo ancora ideale e scevro da dinamiche di aggressività e prevaricazione, La bella e la bestia ridimensiona definitivamente la realtà rurale di cui boccia la chiusura e il provincialismo, e mette in discussione, confonde e mischia i limiti fra la nostra natura umana e animale.
I film ambientati nelle grandi foreste nel Nord America sono l’arena di un profondo dialogo fra culture e concezioni diverse della gestione dell’ambiente naturale.
L’unico film realizzato sotto l’egida di Walt Disney è Bambi, che rappresenta l’unico caso di questo periodo. Come altri film a esso contemporanei riprende l’evocazione nostalgica di un’armonia originaria ormai perduta: in questo caso, però, il mondo cui ci troviamo davanti è una foresta che ricorda un vero e proprio paradiso perduto, popolato di creature la cui grazia artistica arriva al suo culmine; ma soprattutto, un mondo ideale estraneo a qualsiasi dinamica aggressiva o predatoria. Unico elemento deturpante è l’uomo, che con la caccia, prima, e con il fuoco, poi, semina il terrore
nella foresta e sconvolge i suoi equilibri; un nemico invisibile, silenzioso, e senza volto, e per questo più sinistro e minaccioso.
Il film nati sotto l’amministrazione di Eisner, invece, sono quelli in cui prende corpo, nel confronto con una cultura occidentale irrispettosa verso gli equilibri naturali e avida di risorse, l’idealizzazione dei valori degli antichi popoli americani, portatori di una ideale di sintonia con la natura, data da uno sfruttamento oculato e sostenibile e da un profondo rispetto per tutte le creature, con forti connotazioni rituali e spiritualistiche, dove il realismo lascia spazio a elementi magici o fortemente simbolici.
E se Pocahontas vede protagonista una giovane nativa americana, che insegna a un colono a vedere la ricchezza insita nella natura, Koda, fratello orso è la storia di un giovane Inuit che raggiunge, nella disavventura che lo accompagna nel suo percorso verso la maturità, una nuova consapevolezza del significato di amore, inteso come comprensione e rispetto per tutte le creature, umane e animali.
La categoria che racchiude le produzioni collocate in ambienti della fascia tropicale è di per sé la più eterogenea. Il “periodo Disney”, a causa soprattutto della poca predilezione di Walt Disney per l’esotico, ne vede in scena soltanto uno, Il libro della Giungla. Un film che vede protagonista un bambino, disperatamente determinato a restare nel mondo pur insidioso della giungla, che vede come la sua casa. Il contrasto fra i suoi sentimenti e la sua natura però è evidente: egli corre una serie interminabile di pericoli, cerca invano di assomigliare a quegli animali della giungla di cui invidia tanto la sorte, ma è il suo stesso istinto, alla fine dei conti, che lo conduce definitivamente, sotto forma di una graziosa bambina indiana, nel mondo degli uomini. Il tutto, però, in una rappresentazione naturalistica ancora poco accurata e largamente antropomorfizzata.
Anche Tarzan, realizzato invece nel “periodo Eisner”, ripropone il tema del “buon selvaggio”: ora una maggiore attenzione al realismo e un largo uso delle tecniche computerizzate forniscono un ritratto quanto mai realistico dell’ambiente della foresta pluviale e delle creature che lo abitano.
Tarzan ha delle profonde radici culturali nella società dei gorilla, in cui è stato allevato, ma il suo
istinto lo porta a entrare in contatto con quella degli uomini, mettendo in pericolo la sua stessa famiglia; ma questa volta è l’uomo, nelle figure del professor Porter e di sua figlia Jane, a rifiutare la società occidentale e scegliere di vivere secondo i ritmi naturali di questo paradiso incontaminato.
Il re leone, di poco precedente, ritrae una società esclusivamente animale, che ha però forti analogie
simbolo di una gestione saggia e oculata delle risorse, nel rispetto degli equilibri naturali; l’ascesa al trono di Scar e la dominanza delle iene, che con il loro appetito famelico danno fondo alle risorse del territorio e trasformano il ridente paesaggio della savana in un arido deserto, sono forse il simbolo di quello sfruttamento indiscriminato che è alla base dei grandi problemi ambientali che siamo chiamati a fronteggiare.
Alla ricerca di Nemo raffigura con una ricchezza e un realismo che non hanno precedenti la vita
dell’oceano nei suoi numerosi ambienti: la barriera corallina, l’oceano aperto, gli abissi e l’ambiente costiero caratterizzato dall’ingombrante presenza dell’uomo. Qui la contrapposizione è costruita fra l’ambiente naturale dell’oceano, pieno di pericoli tra cui si annovera anche l’uomo, e quello dell’acquario, un ambiente iperprotetto ma che sottopone i suoi abitanti a una cattività forzata che li conduce ai limiti della psicosi.
L’ultimo e più moderno dei film presi in esame, WALL•E, è una fiaba fantascientifica, la storia d’amore fra due robot che nasce sullo sfondo di un’epoca futura ipertecnologizzata, che vede il deterioramento dell’ambiente a livelli tali da rendere inabitabile il pianeta, da una parte, e l’involuzione dell’uomo da essere vivente a fantoccio dipendente in tutto e per tutto dalle sue macchine, dall’altra. E se il dipinto della natura fornito dall’astronave Axiom e dai suoi abitanti assume le connotazioni di un inquietante pronostico, la rinascita della vita sulla Terra e la sua ricolonizzazione in forma primitiva da parte dell’uomo sembra una timida speranza, una possibilità che ci è ancora data per cambiare il destino del nostro sviluppo.