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Rappresentazioni di Schrödinger e di Heisenberg ed equazioni del

=X i  dxi dt pi+ xi dpi dt  =X i  p2 i m − xi ∂V ∂xi  = 2 T −k V , (11.37) dove abbiamo utilizzato le eq. (11.31) e (11.33), che esprimono le derivate rispetto al tempo degli operatori posizione e impulso, e l’eq. (11.35).

Prendendo dell’eq. (11.37) il valore medio su un autostato |ni dell’Hamiltoniano, e considerando che per qualunque operatore A

hn|dA

dt |ni = d

dthn|A |ni = 0 , (11.38)

si ottiene l’eq. (11.36) che volevamo dimostrare.

Due esempi importanti di applicazione del teorema del viriale sono l’oscillatore armonico, per il quale il potenziale è una funzione omogenea delle coordinate di grado k = 2, e il potenziale coulombiano, che è una funzione omogenea di grado k = −1.

11.5

Rappresentazioni di Schrödinger e di Heisenberg ed

equazioni del moto di Heisenberg

Nel discutere la dinamica in meccanica quantistica, abbiamo considerato come i vettori di stato evolvono nel tempo secondo l’equazione di Schrödinger. Questo significa che abbiamo considerato la trasformazione di evoluzione temporale come una trasformazione applicata ai vettori di stato, che lascia invariati gli operatori. Questo approccio è noto come rappresentazione di Schrödinger.

In accordo con quanto discusso nella sezione 11.2, possiamo considerare la trasfor-mazione di evoluzione temporale nell’approccio alternativo, e completamente equi-valente, secondo cui la trasformazione è applicata agli operatori, mentre i vettori di stato restano invariati nel tempo. Questo approccio è noto come rappresentazione di Heisenberg.

Nella rappresentazione di Schrödinger gli stati evolvono nel tempo e gli operatori restano invariati:

(|α, t0iS → |α, tiS = U (t, t0) |α, t0iS

A(S) → A(S) , (11.39)

dove U(t, t0)è l’operatore di evoluzione temporale.

Nella rappresentazione di Heisenberg, viceversa, gli stati restano invariati e gli operatori evolvono nel tempo:

(|αiH → |αiH

A(H)(t0) → A(H)(t) = U+(t, t0) A(S)U (t, t0) . (11.40)

Per definizione i vettori di stato e gli operatori coincidono nelle rappresentazioni di Schrödinger e di Heisenberg al tempo t0 :

|αiH = |α, t0iS , A(H)(t0) = A(S) . (11.41)

Il valore di aspettazione di un generico operatore A su qualunque stato |αi è ovviamente identico nelle due rappresentazioni:

Shα, t|A(S)|α, tiS =Shα, t0|U+(t, t0)A(S)U (t, t0)|α, t0iS =Hhα|A(H)(t)|αiH. (11.42) Così come nella rappresentazione di Schrödinger l’evoluzione temporale degli stati è definita dall’equazione di Schrödinger, in modo analogo è possibile derivare, nella rappresentazione di Heisenberg, un’equazione fondamentale che definisce l’evo-luzione temporale degli operatori. Questa equazione può essere ricavata derivando rispetto al tempo l’operatore A(H)(t) nella rappresentazione di Heisenberg:

dA(H)(t) dt = d dtU+(t, t0) A(S)U (t, t0) = = ∂U +(t, t0) ∂t A (S)U (t, t0) + U+(t, t0) A(S) ∂U (t, t0) ∂t , (11.43)

dove si è supposto che l’operatore A(S) non dipenda esplicitamente (ossia parametri-camente) dal tempo. Utilizzando le equazioni di evoluzione temporale per l’operatore U e il suo hermitiano coniugato,

i~∂U (t, t0) ∂t = H U (t, t0) , −i~∂U +(t, t0) ∂t = U +(t, t0) H (11.44) si ottiene: dA(H)(t) dt = i ~ U+(t, t0)H A(S)U (t, t0) − i hU +(t, t0) A(S)H U (t, t0) = = i ~H A(H)(t) − i hA (H) (t) H . (11.45) Dunque: dA(H)(t) dt = i hH, A(H)(t) . (11.46)

Questa equazione è nota come equazione del moto di Heisenberg.

Osserviamo come l’equazione del moto di Heisenberg sia formalmente analoga all’eq. (11.5), ma il suo significato è alquanto differente: l’eq. (11.5) rappresenta la definizione dell’operatore dA/dt corrispondente alla grandezza fisica dA/dt, mentre il primo membro dell’equazione del moto di Heisenberg contiene la derivata rispetto al tempo dell’operatore della grandezza stessa A.

Osserviamo anche che, se l’operatore Hamiltoniano non dipende esplicitamen-te dal esplicitamen-tempo, allora coincide nelle rappresentazioni di Schrödinger e di Heisen-berg: U+HU = H. Per questa ragione nell’eq. (11.46) non abbiamo specificato la rappresentazione.

indipendenti dal tempo

La soluzione esatta dell’equazione di Schrödinger può essere trovata solamente per un numero relativamente piccolo di casi molto semplici.

Tuttavia, nelle condizioni del problema figurano spesso grandezze piccole tra-scurando le quali il problema si semplifica in modo tale da rendere possibile una soluzione esatta. Allora il primo passo nella risoluzione del problema fisico posto consiste nel trovare la soluzione esatta del problema semplificato e il secondo nel calcolare, in modo approssimato, le correzioni dovute ai termini piccoli trascurati nel problema semplificato.

Il metodo generale che permette di calcolare queste correzioni prende il nome di teoria delle perturbazioni.

Supponiamo che l’Hamiltoniano del sistema fisico considerato abbia la forma

H = H0+ V , (12.1)

dove V è una piccola correzione (perturbazione) dell’operatore “imperturbato” H0. Le condizioni necessarie perché l’operatore V possa essere considerato come “piccolo” rispetto all’operatore H0 saranno dedotte più avanti.

La risoluzione del problema mediante la teoria delle perturbazioni dipende in maniera essenziale dalla degenerazione o meno dei livelli di energia del sistema im-perturbato, descritto dall’Hamiltoniano H0. I due casi devono dunque essere trattati separatamente.

12.1

Caso non degenere

Supponiamo che siano noti gli autostati |n(0)ie gli autovalori E(0)

n dell’operatore imperturbato H0, cioè che siano note le soluzioni esatte dell’equazione

H0|n(0)i = E(0)

n |n(0)i . (12.2)

Assumiamo qui che gli autovalori E(0)

n appartengano allo spettro discreto e siano non degeneri. Per semplicità assumeremo dapprima che esista solamente uno spettro discreto di livelli energetici.

Il problema posto consiste nel trovare le soluzioni approssimate dell’equazione:

H |ni = (H0+ V ) |ni = En|ni , (12.3) cioè le espressioni approssimate degli autostati |ni e degli autovalori En dell’Hamil-toniano completo H.

È comodo condurre i calcoli sin dall’inizio in forma matriciale. A tale scopo sviluppiamo gli autostati cercati |ni in serie di autostati |n(0)i:

|ni =X

m

cm|m(0)i . (12.4)

Sostituendo questo sviluppo nella (12.3) si ottiene: X m cm(H0+ V ) |m(0)i =X m cm Em(0)+ V |m(0)i = EnX m cm|m(0)i , (12.5) ossia X m cm En− E(0) m  |m(0)i =X m cmV |m(0)i . (12.6)

Moltiplicando quindi entrambi i membri di questa uguaglianza per il bra hk(0)|

si trova: 

En− Ek(0)ck =X

m

hk(0)|V |m(0)i cm. (12.7)

Introduciamo, per comodità di notazione, gli elementi di matrice Vkm della perturbazione V nella base degli autostati imperturbati:

Vkm ≡ hk(0)|V |m(0)i . (12.8)

L’eq. (12.7) si scrive allora nella forma:

(En− Ek(0)) ck =X

m

Vkmcm . (12.9)

Osserviamo che questa equazione, le cui incognite sono rappresentate dai coefficienti cm dello sviluppo (12.4) e dagli autovalori Endell’Hamiltoniano H, è un’equazione esatta.

Cerchiamo ora i valori dei coefficienti cm e dell’energia En sotto forma di serie: En = En(0)+ En(1)+ En(2)+ . . . cm = c(0)m + c(1)m + c(2)m + . . . (12.10) dove le quantità E(1) n , c(1)

m sono dello stesso ordine della perturbazione V , le quantità En(2), c(2)

m sono del secondo ordine, ecc. Allora, evidentemente, E(0)

n coincide con l’autovalore di energia imperturbato.

Per determinare le quantità E(`) n e c(`)

m risolviamo l’eq. (12.9) ordine per ordine. All’ordine zero, si ha:



En(0)− Ek(0)c(0)k = 0 , [Ordine 0] (12.11) che, considerata l’ipotesi di non degenerazione del livello E(0)

n , fornisce evidentemente c(0)k = 0 , per k 6= n . (12.12)

Quanto al coefficiente cn all’ordine zero, questo è determinato dalla condizione di normalizzazione

hn|ni =X

m

|cm|2 = 1 . (12.13)

Scegliendo cn reale e positivo, questa condizione all’ordine zero fornisce

c(0)n = 1 . (12.14)

Consideriamo ora l’eq. (12.9) al primo ordine dello sviluppo perturbativo: En(1)c(0)k +En(0)− Ek(0)c(1)k =X

m

Vkm c(0)m = Vkn, [Ordine 1] (12.15) dove, a secondo membro, si sono sostituiti i risultati (12.12) e (12.14) per i coefficienti di ordine zero. L’eq. (12.15) con k = n dà:

En(1) = Vnn = hn(0)|V |n(0)i . (12.16) Pertanto, in prima approssimazione la correzione all’autovalore E(0)

n è ugua-le al valore medio della perturbazione nello stato |n(0)i.

L’eq. (12.15) con k 6= n fornisce:

c(1)k = Vkn

En(0)− Ek(0) =

hk(0)|V |n(0)i

Quanto al coefficiente c(1)

n , che ricordiamo per convenzione abbiamo scelto essere reale, questo è fissato nuovamente dalla condizione di normalizzazione, che a meno di termini del secondo ordine fornisce:

1 = X m |cm|2 = 1 + c(1)n 2+ X m6=n |c(1)m |2 ' 1 + 2 c(1)n , (12.18) ossia c(1)n = 0 . (12.19)

La formula (12.17) fornisce la correzione in prima approssimazione agli autosta-ti dell’Hamiltoniano. Da essa, tra l’altro, e dall’eq. (12.16), si vede quali sono le condizioni di applicabilità del metodo considerato. Precisamente, dovendo risultare i livelli di energia al primo ordine molto minori dei livelli di ordine zero e i coefficienti al primo ordine molto minori dei coefficienti di ordine zero (c(0)

n = 1) devono valere le disuguaglianze

|Vnn|  |E(0)

n | , |Vkn|  |E(0)

n − Ek(0)| , (12.20) cioè gli elementi di matrice della perturbazione devono essere piccoli ri-spetto ai corrispondenti livelli energetici imperturbati e anche riri-spetto alle differenze di questi livelli.

Determiniamo ancora la correzione in seconda approssimazione all’autovalore En(0). A tale scopo consideriamo l’eq. (12.9) per i termini del secondo ordine:

En(2)c(0)k + En(1)c(1)k +En(0)− Ek(0)c(2)k =X m Vkmc(1)m = X m6=n VkmVmn En(0)− Em(0) , [Ordine 2] (12.21) dove abbiamo sostituito a secondo membro le espressioni (12.17) e (12.19) per i coefficienti del primo ordine. Scegliendo nell’eq. (12.21) k = n si ottiene:

En(2) = X

m6=n

|Vmn|2

En(0)− Em(0)

. (12.22)

Possiamo allora riassumere i risultati ottenuti mediante le formule

En = En(0)+ Vnn+X m6=n |Vmn|2 En(0)− Em(0) + . . . (12.23) |ni = |n(0)i +X m6=n Vmn En(0)− Em(0) |m(0)i + . . . (12.24)

che esprimono gli autovalori ed autovettori dell’Hamiltoniano completo H rispettivamente al secondo ed al primo ordine nella perturbazione. Le approssimazioni successive si possono calcolare in modo analogo.

I risultati ottenuti si generalizzano direttamente al caso in cui l’operatore H0

ha anche uno spettro continuo (si tratta però sempre di una perturbazione dello spettro discreto). A tale scopo occorre solamente aggiungere alle somme sullo spettro discreto gli integrali corrispondenti allo spettro continuo. Così, ad esempio, l’eq. (12.22) si scrive:

En(2) = X m6=n |Vmn|2 En(0)− Em(0) + Z dν |Vνn|2 En(0)− Eν(0)