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3. Commento traduttologico

3.6.2. Fattori lessicali

3.6.2.2. Realia

Il termine realia deriva dal latino e fa riferimento a parole che denotano concetti, cose materiali o fenomeni strettamente connessi alla cultura in cui è stato concepito il testo di partenza. Sono parole che mettono in evidenza la provenienza di un testo, che lo caratterizzano e lo legano indissolubilmente all’ambiente in cui è nato.

In ogni lingua ci sono parole che […] richiedono al traduttore un atteggiamento particolare: alcune di queste passano nel testo della traduzione in forma invariata (si trascrivono), altre possono solo in parte conservare in traduzione la propria struttura morfologica o fonetica, altre ancora occorre sostituirle a volte con unità lessicali di valore del tutto diverso di aspetto o addirittura “composte”. Tra queste

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parole s’incontrano denominazioni di elementi della vita quotidiana, della storia, della cultura ecc. di un certo popolo, paese, luogo che non esistono presso altri popoli, in altri paesi e luoghi. Proprio queste parole nella teoria della traduzione hanno ricevuto il nome di realia.152

Esiste una ricca classificazione di realia teorizzata dagli studiosi bulgari Vlahov e Florin:153 quelli inerenti la geografia, le unità di misura, la biologia, la vita quotidiana, l’arte, il lavoro, la moda, la politica, le istituzioni ecc. Ci sono numerose strategie che il traduttore può attuare di fronte ai realia: può scegliere una traslitterazione carattere per carattere, una trascrizione in base alle regole di pronuncia della cultura ricevente, la creazione di un calco, un neologismo o un traducente nella cultura di arrivo, la sostituzione con un termine omologo locale oppure con un termine omologo più generico e altri metodi ancora.154

I realia incontrati all’interno di “Lili” appartengono principalmente all’ambito biologico: in particolare, la flora e la fauna vengono descritte tramite termini culturospecifici. Di seguito verranno riportati e discussi i realia inerenti al campo semantico della flora e della fauna.

莉莉的床是一个紫藤编的小篮子。

Il giaciglio della cucciola era un piccolo cesto di glicini intrecciati […].

Il termine cinese ziteng 紫藤 fa riferimento a una varietà del comune glicine, pianta nativa dell’Asia e della parte orientale degli Stati Uniti. Nello specifico, i due sopracitati caratteri indicano la varietà sinensis, nativa della Cina e in particolare di alcune regioni tra cui il Guangxi, lo Hebei, lo Shaanxi e lo Yunnan. Per mantenere fede alla macrostrategia addomesticante, in traduzione si è scelto di non fare alcun riferimento specifico alla varietà della pianta e renderla con il suo nome più comune: “glicine”.

火红的枫叶落满了水流不到的地方,宁静地腐烂着。

Le foglie d'acero rosse come il fuoco cadevano copiose in un punto irraggiungibile dall'acqua del fiume e s'imputridivano silenziose.

152 OSIMO, Bruno, Manuale del traduttore, op. cit., p. 111.

153 Vlahov e Florin, cit. in OSIMO, Bruno, Manuale del traduttore, op. cit., p. 112. 154 Ibidem.

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Il nome scientifico della pianta menzionata da Di An è Liquidambar, le cui varietà più numerose sono diffuse principalmente nella Cina centromeridionale, in Corea del Sud, in Tailandia, in Vietnam e in America. Il suo aspetto caratterizzato da foglie rosse e la linfa resinosa e dolciastra che rilascia, lo portano ad assomigliare in larga parte a un più comune acero: per questo, in sede di traduzione, si è optato per tale scelta traduttiva decisamente addomesticante.

猎人把半只烤熟了的山鸡放在巴特面前,说:“吃吧,巴特”。

Il cacciatore porse a Bart mezzo fagiano arrostito e gli disse: «Mangia, Bart».

Analizziamo ora il primo esempio di realia tratto dall’ambito faunistico. Il termine cinese

shanji 山鸡 identifica una particolare varietà di volatili denominata “fagiano di Reeves”. Tale varietà

deve il suo nome al naturalista britannico John Reeves che ne introdusse alcuni esemplari in Europa nel 1831. Si tratta di volatili selvatici di notevoli dimensioni, appartenenti al genere Syrmaticus e diffusi nelle foreste della Cina centrale e orientale.155 Di An nomina tale varietà durante la descrizione di un pasto: sebbene lo shanji abbia un aspetto molto simile al pavone, si è pensato che questa non fosse la migliore delle traduzioni poiché si tratta di un animale molto pregiato ed elegante, non adatto al consumo canino. Quindi, considerando anche il suo stato selvatico, si è deciso di tradurlo col termine “fagiano”.

她跳跃的样子像一只小梅花鹿。

La piccola saltellava come un cerbiatto […].

In realtà meihualu 梅花鹿 non corrisponde esattamente a un comune cerbiatto, ma si tratta del cervo sika o cervo del Giappone, una specie nativa del Sud-est asiatico. Tuttavia nella narrazione viene fatto riferimento a tale animale solo ed esclusivamente per trasmettere la carica di entusiasmo della piccola Rose. Per questo, si è volutamente evitato di inserire elementi stranianti che avrebbero richiesto l’aggiunta di una nota e interrotto, di fatto, il flusso narrativo: si è optato per la soluzione più semplice e d’immediata comprensione per il pubblico, ovvero “cerbiatto”.

155 “Reeves’s pheasant”, Wikipedia, URL: https://en.wikipedia.org/wiki/Reeves%27s_pheasant, 10 settembre 2016 (data

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大概是前年吧,因为一场从野牛身上传过来的瘟疫,绝大多数都死了。

Sarà stato l’altr’anno più o meno quando una pestilenza dilagò a partire dai bisonti e li stecchì quasi tutti.

A dire il vero non si tratta di semplici bisonti ma di gaur: un bovino selvatico diffuso in India, Indocina e Birmania, ma pressoché estinto in Cina. La scelta di tradurre tale termine con “bisonte” è dovuta al nome volgare della specie: bisonte indiano.156 Come nei casi precedenti, si è scelto di non inserire dettagli estranei (e in questo caso anche superflui) e di fornire una resa semplice e immediata. Un ultimo esempio di realia è rinvenibile nel termine fengling 风铃 (campanelle), che indica nello specifico le campanelle che adornano i cornicioni di templi e pagode. In sede di traduzione è stata scelta la resa più semplice e letterale:

朱砂安然地睡在巴特的身边,全然没有听到叮叮当当的金属撞击的声音。那声音是带着血腥 气的风铃。

Rose era ancora assopita a fianco dello zio Bart e non aveva minimamente udito lo sferragliare del metallo che ricordava vagamente il suono delle campanelle mosse dal vento. Non suonavano a festa però, parevano intrise dell’odore del sangue.