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La realtà della green economy in ItaliaLa realtà della green economy in Italia

La realtà della green economy in Italia

La realtà della green economy in Italia

La realtà della green economy in Italia

7.1 Lo sviluppo della 7.1 Lo sviluppo della 7.1 Lo sviluppo della

7.1 Lo sviluppo della

green economygreen economygreen economygreen economy

in Italiain Italiain Italiain Italia

La

green economy

si presenta oggi come un tema centrale nel dibattito

su come uscire dalla crisi e intraprendere un nuovo percorso di sviluppo dei sistemi produttivi. Tuttavia, l’affermazione di un nuovo modello di sviluppo, quale la

green economy

, secondo molti dei suoi sostenitori esigerebbe un cambiamento di prospettiva culturale, ancor prima che economico, un cambiamento nel modo in cui si concepisce l’ambiente, da vincolo per la crescita economica a stimolo teso all’innalzamento della qualità della vita.

Segnali di cambiamento sono, oggi, evidenti nel campo dell’energia, come in quello delle costruzioni, ma anche altri settori economici si orientano ad un modello di sviluppo ispirato al rispetto dell’ambiente e al risparmio energetico, in cui la sostenibilità diventa sinonimo di qualità, innovazione, valorizzazione del legame con il territorio. La via della

green economy

può rappresentare un’importante opportunità di sviluppo, uno strumento innovativo per affrontare la crisi.

Nell’ultimo decennio l’economia mondiale ha conosciuto una fase di profondi cambiamenti che hanno messo in discussione la leadership dei paesi avanzati. In questo contesto l’Italia ha mostrato maggiori difficoltà di adattamento rispetto ad altri paesi industrializzati a causa di carenze infrastrutturali che hanno condizionato il sistema economico e produttivo, facendo perdere, alla nostra economia, rilevanti quote di mercato (Unioncamere, Symbola, 2011, p. 32)

.

La

green economy

può essere un’opportunità di modernizzazione dell’economia italiana,

138

soprattutto se la si interpreta, non solo come un insieme di attività orientate da esigenze ambientali, ma come uno stimolo ad investire sulla qualità, sull’innovazione, sulla ricerca, un pungolo a rivedere l’intero sistema-economia, dai settori tradizionali a quelli più recenti.

L’innovazione tecnologica legata ai temi dell’ambiente apre la strada a mercati redditizi, capaci di intercettare una nuova domanda. Gli investimenti, in questa direzione, si possono distinguere in:

integrati

, quando riguardano attrezzature o dispositivi che prevengono o riducono alla fonte l’inquinamento generato dal processo produttivo;

di fine ciclo

, quando agiscono solo alla fine del processo produttivo, allorché l’inquinamento sia già stato generato (filtri per il trattamento dei reflui gassosi, gli impianti per il recupero dei rifiuti, le reti di drenaggio, ecc.). I costi sostenuti dalle imprese per la protezione dell’ambiente possono essere classificati a seconda delle loro finalità; le principali tipologie di spesa ambientale sono suddivisibili in diverse classi:

1. protezione dell’aria e del clima; 2. gestione delle acque reflue; 3. gestione dei rifiuti;

4. protezione e risanamento del suolo, delle acque del sottosuolo e di superficie;

5. abbattimento del rumore e delle vibrazioni; 6. protezione della biodiversità e del paesaggio; 7. protezione delle radiazioni;

8. ricerca e sviluppo; 9. altre attività.85

Analizzando gli investimenti, in base al punto in cui si realizzano, lungo la linea del processo produttivo, emerge che le imprese sono più orientate alla rimozione dell’inquinamento, dopo che questo è stato generato, piuttosto che alla prevenzione della produzione di sostanze inquinanti mediante l’adozione di tecnologie più “pulite”. Gli investimenti di fine ciclo rappresentano, infatti, più dei due terzi della spesa, mentre solo il restante terzo è destinato a investimenti interni al ciclo di produzione.

85

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La crisi attuale impone dei cambiamenti strutturali, all’Italia, come al resto del mondo, che interessano: il rapporto tra finanza ed economia reale; il rapporto tra imprese e cittadini; il rapporto tra cittadini e scelte di consumo.

Alla luce di queste nuove istanze è importante rafforzare strumenti di trasparenza e partecipazione, come ad esempio la responsabilità sociale d’impresa, uno strumento strategico coerente con le nuove domande dei consumatori e la prospettiva di un’economia più vicina ai bisogni dei cittadini, delle comunità e dei territori.

7.2 Le misure di r 7.2 Le misure di r 7.2 Le misure di r

7.2 Le misure di riduzione dell’impatto ambientale nei principali settori iduzione dell’impatto ambientale nei principali settori iduzione dell’impatto ambientale nei principali settori iduzione dell’impatto ambientale nei principali settori economici italiani

economici italiani economici italiani economici italiani

Per certi settori, la

green economy

in Italia è già una realtà, spesso anche piuttosto competitiva. Un riscontro concreto si è avuto nell’Expo di Shanghai, tenutosi nel settembre del 2010, in cui il sistema Italia (comprensivo di imprese, ricerca e pubblica amministrazione) ha riscosso un importante successo con l’iniziativa

Greening the future,

un’importante vetrina di come si fa economia verde in Italia (Unioncamere, Symbola, 2011, p. 6)

.

Nel comparto del

made in Italy

, infatti, il

greening

sta diventando il principale elemento di valore aggiunto del prodotto italiano. Questa realtà sembra confermata dall’indagine, condotta da Unioncamere e Symbola, in cui risulta che:

ben il 30% delle piccole e medie imprese italiane, coinvolte nella crisi, stanno puntando su politiche di green economy, con una percentuale che sale per le imprese che esportano (33,6%), che hanno ulteriormente aumentato a qualità dei propri prodotti (44.3%).86

Anche i buoni risultati ottenuti di recente in Italia, nel campo delle energie rinnovabili, testimoniano la consapevolezza delle aziende italiane circa i vantaggi che questo nuovo scenario può aprire. Altri esempi di pratiche orientate alla riduzione dell’impatto ambientale

86

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sono: il comparto del riciclo di carta e cartone che, in Italia, ha raggiunto

standard

piuttosto elevati, nel panorama mondiale, per quanto permangano ancora perplessità legate al problema dello smaltimento dei fanghi; mentre, nel campo dell’edilizia, il comparto dell’efficienza energetica annota una notevole espansione, grazie ad un’utenza sempre più sensibile ai contenimenti dei consumi e a comportamenti ambientali virtuosi. Anche nei settori manifatturieri, si è iniziato ad investire in tecnologie atte a migliorare l’efficienza dei processi e a ridurre le emissioni e i rifiuti: nella ceramica si è puntato sul riutilizzo degli scarti di produzione del ciclo produttivo; nel conciario la novità che sta rilanciando il settore è la lavorazione delle pelli secondo metodi vegetali; nel tessile è esplosa la crescita del mercato del tessuto biologico; nel metallifero, l’Italia è l’unica, insieme alla Germania, ad avere tecnologie per la produzione di rubinetti e valvole privi di piombo.

La

green economy

, in Italia, abbraccia un’ampia gamma di settori

produttivi, ma, prima di analizzare la diffusione di tendenze “

green

” nei vari settori industriali italiani, è utile capire il loro grado di pressione antropica87

. I dati utilizzati provengono dallo studio

GreenItaly, un’idea

di futuro per affrontare la crisi

88

, in cui i diversi gradi di impatto ambientale sono il risultato delle comparazioni tra le stesse attività, ricomprese all’interno del comparto manifatturiero. Da questa prospettiva emerge che l’industria manifatturiera, all’interno dell’intera economia, contribuisce all’inquinamento ambientale complessivo in maniera non molto superiore ad un’altra componente fondamentale: le famiglie; l’attività produttiva manifatturiera contribuisce, infatti, alle emissioni totali di CO₂ per circa il 30%, mentre alle famiglie è attribuibile una quota che si attesta attorno al 20%. L’altro 50% è coperto dai trasporti e da altre attività industriali non ascrivibili al comparto manifatturiero.

87

L’antropizzazione è il processo mediante il quale l’uomo insiste sull’ambiente naturale, in http://it.wikipedia.org.

88

141

Tra le attività che compongono il mondo manifatturiero, quelle ad esercitare il maggior impatto sono le industrie legate alla petrolchimica, alla lavorazione di minerali non metalliferi e alla metallurgia. Queste attività, tuttavia, presentano un risvolto positivo nell’attività del recupero. Infatti, se da una parte contribuiscono alla formazione di oltre il 75% del volume complessivo dei rifiuti del comparto manifatturiero, dall’altra si può ascrivere a questo genere d’industria circa il 70% dei rifiuti recuperati. Tuttavia, le industrie petrolchimiche e metallurgiche e di lavorazione dei minerali, tra le industrie manifatturiere, detengono il primato per quanto riguarda l’impatto ambientale a livello di consumi energetici (circa il 65% annuo dell’intero comparto manifatturiero) e di emissioni atmosferiche (75% annuo). Al secondo posto, si trova l’industria alimentare, con elevate quote di consumi energetici, emissioni inquinanti e produzione di rifiuti. Tra le industrie che producono minor impatto ambientale, spicca, invece, l’industria del legno.

La tendenza generale, che si denota dal 2003 ad oggi, in tutti i settori produttivi, è una crescita generalizzata della propensione a contrarre i consumi energetici, ad incrementare il recupero dei rifiuti, a ridurre le emissioni e la mole complessiva di rifiuti prodotti. Un caso particolarmente positivo, in questo senso, è quello del tessile e dell’abbigliamento, che presenta i migliori risultati in termini di riduzione dei consumi energetici per unità di prodotto: i consumi di metano ed energia elettrica si sono ridotti, negli ultimi anni, ad un tasso medio annuo del 10%; è consistente anche diminuzione delle emissioni atmosferiche, pari al -3,8% medio annuo e il calo della produzione di rifiuti -5,6% medio annuo, con un incremento del recupero dei rifiuti. Nel comparto della gomma e delle materie plastiche si è registrata una riduzione dei consumi attorno al 6% medio annuo, un incremento della quota di rifiuti recuperati 12% medio annuo e una diminuzione delle emissioni del 2,8% medio annuo.

Tendenze positive si osservano anche nella fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali, dove si registra una riduzione dei consumi energetici del 15% medio annuo e il miglior risultato

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dell’intero settore manifatturiero per il recupero dei rifiuti (30% medio annuo), meno positivi i risultati circa le emissioni atmosferiche, ridottesi solo di poco. L’industria del legno ha visto, invece, ridursi le emissioni (-3,4% medio annuo) e la produzione dei rifiuti (-1,7% medio annuo); quanto alla quota di rifiuti recuperati, non si registrano cambiamenti significativi per il semplice fatto che il livello, già nel 2003, era molto alto (96,9%).

Altri settori presentano situazioni intermedie, in cui si riconoscono provvedimenti “verdi” per quanto riguarda solo alcuni dei profili presi in esame. Le industrie conciarie e della pelle, virtuose in termini di riduzione delle emissioni e dei rifiuti (rispettivamente -3,3% e -12,5% medio annuo), vedono aumentare i consumi energetici e ridursi la quota di rifiuti recuperati. Nell’industria della fabbricazione di mezzi di trasporto, migliorano le

performance

nel recupero dei rifiuti (-2,5% medio annuo) e nella riduzione delle emissioni, mentre aumentano i consumi di energia elettrica (+1,8% medio annuo) e la produzione dei rifiuti (+2,9% medio annuo). Nei settori alimentare, meccanico, elettronico ed altre industrie manifatturiere, si registrano, invece, tendenze medie di politiche ambientali; i punti più critici si individuano nell’attività di recupero dei rifiuti, che, negli ultimi anni, è diminuita sia nell’alimentare che nell’elettronica. Altra situazione non positiva è quella del cartario che, negli ultimi anni, ha incrementato i consumi di energia elettrica (+2,5% medio annuo), aumentando anche le emissioni atmosferiche (+0,9% medio annuo). Tendenze decisamente negative si riscontrano nella fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento di combustibili nucleari, che, dal 2003 in poi, hanno visto ridursi il recupero di rifiuti ed aumentare le emissioni e la produzione di rifiuti (Unioncamere, Symbola, 2011, pp. 39-58).

Riepilogando, negli ultimi anni, il sistema manifatturiero ha intrapreso politiche “verdi” che hanno coinvolto tutte le fasi del processo produttivo; a parità di produzione, le imprese manifatturiere italiane hanno ridotto i consumi energetici ad un tasso medio annuo superiore all’ 1% e le emissioni di anidride carbonica di oltre lo 0,5% medio annuo. Anche se il volume dei rifiuti prodotti è leggermente

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cresciuto, è da sottolineare lo sforzo diretto al loro recupero: oggi viene riutilizzato il 75,3% dei rifiuti. Questi miglioramenti sono stati possibili grazie ad un flusso annuale di spese da parte delle imprese dedicate ad investimenti per la protezione dell’ambiente che, nel triennio 2005- 2007, si è attestato a quasi due miliardi all’anno.

Merita, inoltre, evidenziare l’eccezione rappresentata dalle piccole e medie imprese, le quali, dal 2003, hanno investito principalmente in tecnologie di processo, mirate a prevenire l’inquinamento. E’ possibile osservare che l’industria italiana ha dimostrato una crescente propensione ad investire nel campo ambientale, stimolata anche dalle nuove normative in materia, impegnandosi per crescere economicamente nel rispetto dell’ambiente.

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7.3 7.3 7.3

7.3 Una panoramica generale sulla Una panoramica generale sulla Una panoramica generale sulla realtà dellaUna panoramica generale sulla realtà dellarealtà dellarealtà della

green economy green economy green economy green economy

nei nei nei nei principali settori economici italiani

principali settori economici italiani principali settori economici italiani principali settori economici italiani

La

green economy

si sviluppa lungo due direttrici principali: da una

parte l’introduzione di nuove tecnologie innovative dal punto di vista ambientale, dall’altra la riconversione dell’economia tradizionale secondo i criteri imposti dalla sostenibilità. Analizzando le produzioni dei principali settori economici italiani, si può osservare che in molti di questi sono riscontrabili numerose innovazioni e politiche aziendali che promuovono la sostenibilità e l’introduzione di criteri ecologici all’interno dei propri processi produttivi.

7.3.1 Il settore delle energie rinnovabili 7.3.1 Il settore delle energie rinnovabili 7.3.1 Il settore delle energie rinnovabili 7.3.1 Il settore delle energie rinnovabili

In Italia si registra, da ormai qualche anno, un valore crescente di investimenti nel settore delle energie rinnovabili. Tra il 2000 e il 2009 i consumi di energia prodotta da fonti rinnovabili sono passati dal 6,9% al 10,7%, a scapito del consumo di energie non rinnovabili, in particolare del consumo di prodotti petroliferi diminuito del 8,5%. Tra il 1997 e il 2009 la potenza totale efficiente lorda degli impianti idroelettrici è aumentata del 10%.89

Gli impianti eolici si attestano, invece, come seconda fonte rinnovabile per generazione di energia elettrica (18%), dopo aver subito un aumento progressivo della potenza efficiente lorda di oltre il 38% dal 2008 al 2009. Gli impianti fotovoltaici grazie all’intervento degli incentivi pubblici, hanno incrementato la loro potenza efficiente totale di oltre tredici volte tra il 2007 e il 2009. Gli impianti di biomasse e rifiuti hanno subito un’accelerazione della produttività di oltre sette volte la loro potenza efficiente lorda. Gli impianti geotermici, al contrario, non mostrano cambiamenti rilevanti (Unioncamere, Symbola, 2011, p. 64)

.

89

145

Una tipologia di produzione energetica da fonte rinnovabile, sviluppatasi grazie ad una tecnologia nata dall’intuizione del Premio Nobel per la Fisica italiano, Carlo Rubbia, è quella del solare termodinamico o solare a concentrazione. Questa tecnologia sfrutta calore ad alta temperatura da fonte solare per produrre elettricità senza emissione di gas serra e a costi competitivi (op. cit., p. 67). La differenza rispetto ai tradizionali pannelli solari è che, nel solare termodinamico, gli specchi hanno una forma parabolica e vengono disposti in file per massimizzare l’accumulo di energia solare nel minimo spazio possibile (in http://it.wikipedia.org).

Un’altra linea di ricerca interessante è quella sulla produzione di celle solari organiche condotta dal Polo Solare Organico del Lazio che, con la creazione di un fotovoltaico organico, permetterebbe di fare a meno del silicio, consentendo un risparmio nei costi di circa il 60%, riducendo l’impatto ambientale grazie alla biocompatibilità del materiale foto attivo (op. cit., p. 68).

7.3.2 Il settore agroalimentare 7.3.2 Il settore agroalimentare 7.3.2 Il settore agroalimentare 7.3.2 Il settore agroalimentare

Nei Piani di Sviluppo Rurale le Regioni e le Provincie Autonome redigono una programmazione del territorio, in linea con gli orientamenti strategici comunitari. Ad oggi questi orientamenti sono delineati dalla Politica Agricola Comunitaria (PAC) in prosecuzione alla riforma avviata nel 1992 che privilegia la sicurezza alimentare, il rapporto agricoltura-ambiente e lo sviluppo integrato delle campagne. Nelle varie Regioni questa politica si è tradotta nell’incremento dei prodotti di qualità legati al territorio, nella diffusione di canali di vendita diretta tra produttore e consumatore e nella produzione di energie rinnovabili.

In campo agroalimentare, l’Italia è tra i primi paesi in Europa per la produzione biologica. Nello sviluppo di fonti di energia rinnovabile, invece, i comparti agricolo, forestale e agroalimentare forniscono principalmente le biomasse. Per biomasse s’intendono tutti i materiali di

146

origine animale e vegetale che non hanno subito alcun processo di fossilizzazione. A differenza dei combustibili fossili (come il petrolio, il metano e il carbone), le biomasse rientrano tra le fonti rinnovabili in quanto la CO₂, emessa dalla loro combustione per la produzione di energia, non costituisce un aumento dell’anidride carbonica presente dell’atmosfera, ma è la medesima che i vegetali e gli animali, prima di diventare biomasse, hanno assorbito per svilupparsi e che alla loro morte tornerebbe, comunque, nell’ambiente, attraverso processi degradativi della sostanza organica. Le emissioni prodotte dalle biomasse, quindi, rientrano nel normale ciclo del carbonio e non provocano squilibri tra CO₂ assorbita e CO₂ emessa nell’ambiente. Al contrario, il carbonio immesso in atmosfera dai combustibili fossili è carbonio fissato nel sottosuolo che non fa, quindi, più parte del ciclo del carbonio e che, attraverso la combustione, rilascia nell’ambiente una quantità di CO₂ “nuova”, con ripercussioni sul naturale equilibrio degli ecosistemi.90

Nel panorama del settore agroalimentare, oltre al ricorso alle biomasse, si può individuare un’ulteriore tendenza improntata all’ecosostenibilità e che consiste nell’affermazione di nuovi modelli di sviluppo e consumo, fondati su:

la difesa del territorio;

la valorizzazione della biodiversità;

la promozione delle tradizioni produttive locali; la sostenibilità ambientale;

forme innovative di scambio di beni e servizi.

Alcuni esempi, in questo senso, sono la produzione “Km zero”, in cui si riduce il trasporto dei prodotti alimentari; la filiera alimentare corta, che tende a valorizzare il consumo di prodotti stagionali e locali; l’istituzione di mercati di vendita diretta; la lotta agli OGM per ostacolare la delocalizzazione delle produzioni; politiche di etichettatura di origine della materia prima agricola con il territorio di provenienza.

Un ruolo strategico nella tutela dell’ambiente è ricoperto dal settore forestale, sia per l’attività di bilanciamento dei gas serra sia per la difesa

90

147

del territorio e della biodiversità. Con la delibera CIPE91

n.123/2002 si è approvato il piano nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra, in attuazione del Protocollo di Kyoto92

; tale piano sottolinea come buone pratiche agricole, che riducano i consumi energetici, possano contribuire alla riduzione delle emissioni, senza contare che il totale delle foreste italiane ha un potenziale di assorbimento di 10,8 MtCO₂93

, quantità pari quasi all’obiettivo nazionale di riduzione (11%).

7.3.3 Il settore tessile e dell’abbigliamento 7.3.3 Il settore tessile e dell’abbigliamento 7.3.3 Il settore tessile e dell’abbigliamento 7.3.3 Il settore tessile e dell’abbigliamento

Si è già accennato al fatto che la novità maggiore emersa nel settore tessile e dell’abbigliamento è quella del tessuto biologico. Il rilievo assunto dall’utilizzo delle fibre naturali è frutto di un orientamento a sostegno del miglioramento delle condizioni di vita sia di coloro che acquisteranno i beni prodotti con un tessuto biocompatibile sia degli agricoltori, a cui si permette di produrre ricreando un legame tra agricoltura e industria tessile. Nell’ultimo biennio sono state oltre trecento le imprese che hanno richiesto la certificazione di tessuto biologico. Un caso interessante è quello dell’

Industria Ambrosiana Filati

(

lafil

) che utilizza un particolare cotone peruviano che nasce già colorato

a cui l’impresa alterna la tintoria biologica dei tessuti basata su coloranti naturali provenienti dalle piante tramite procedimenti certificati. Un’altra tendenza è quella del riutilizzo di materiali riciclati, seguita dal

91

Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) è un organo collegiale del Governo, presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha una funzione di coordinamento in materia di programmazione della politica economica da seguire a livello nazionale, in http://www.cipecomitato.it.

92

Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale, sottoscritto da oltre 160 paesi nel 1997. Il trattato prevede, per i paesi aderenti, una riduzione delle emissioni inquinanti in una misura non inferiore al 5% rispetto ai dati registrati nel 1990 nel periodo 2008-2012, in http://it.wikipedia.org.

93

La sigla MtCO₂ è un’unità di misura che indica la presenza di CO₂ in tonnellate per metro cubo rilevate nell’atmosfera; fonte dati in Unioncamere, Symbola (2011, p. 78).

148

marchio bolognese

Momaboma

che, dal 2003, realizza prodotti creati con una lavorazione artigianale basata sul riciclo (Unioncamere, Symbola, 2011, p. 81)

.

7.3.4 Il settore del legno 7.3.4 Il settore del legno 7.3.4 Il settore del legno 7.3.4 Il settore del legno

Nel settore del legno la componente dell’eco-sostenibilità si è rivelata un importante fattore di competitività, specialmente sui mercati sensibili

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