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3.2 La regolamentazione dell’attività di microcredito nei principali Paesi Europei

3.2.3 Il Regno Unito

A differenza di Austria, Germania e Italia, in cui il segmento del microcredito è o era occupato prevalentemente dalle banche, in altri Paesi europei, come Belgio, Repubblica Ceca, Bulgaria, Francia, Romania, Svezia e Regno Unito, da tempo sussistono delle legislazioni che consentono a intermediari, non classificabili come bancari, di svolgere attività di prestito e quindi di operare anche nel settore dei microloans, purché questa non sia contestuale alla raccolta del risparmio, ancora prerogativa esclusiva degli intermediari creditizi. Da questo punto di vista, in Italia sono stati fatti degli importanti passi in avanti; con i nuovi articoli 111 e 113 del TUB, la possibilità di concedere microprestiti è stata estesa anche

158 Cfr. B. Balkenhol - Camille Guézennec, Document de Travail Le microcrédit professionnel en France

: quels effets sur l’emploi?, op. cit., p.14. Un prestito solidale è un prestito a medio termine erogato a una persona che vuole dare avvio o ricostituire un’impresa, senza la presenza di garanzie reali o personali. Tali finanziamenti possono essere concessi solo da organizzazioni specializzate in questo settore; nell’erogazione degli stessi si segue il così detto “approccio imprenditoriale”, dal momento che la finalità ultima di tali prestiti è la creazione di impresa, considerata come veicolo per lo sviluppo economico del territorio in cui si concretizzano.

129 ai così detti operatori di microcredito e ai soggetti giuridici senza scopo di lucro, limitatamente al microcredito sociale, contribuendo così alla nascita di numerose iniziative locali e nazionali, promosse da questi.

Nel Regno Unito esiste una legislazione frammentaria dedicata al microcredito; questa attività viene svolta prevalentemente da particolari istituti microfinanziari (MFIs) conosciuti con il nome “Community Development Finance Institutions” o più brevemente CDFIs159, i quali hanno l’obbligo di registrarsi nell’Industrial & Provident Societies Act, istituito nel 1965160. Al pari delle CDFIs, anche le Credit Unions161 hanno questo obbligo e nello svolgimento della loro attività sono disciplinate dal Credit Unions Act, del 1979; in base al Financial Services and Markets Act162, risalente al 2000, queste sono sottoposte all’autorizzazione, alla vigilanza e alla regolamentazione della Financial Services Authority (FSA)163. Nell’ambito dell’attività di prestito in generale, le Credit Unions non possono prestare più di 7.500 sterline, se hanno un eccesso di risorse rispetto all’attività di sostegno economico che viene fornita tradizionalmente ai soci; tale valore può essere superato e arrivare fino a 15.000 sterline, nel caso in cui ci sia un eccesso di risorse inutilizzate per i soci e solo se il rapporto tra capitale e totale dell’attivo

159 L’associazione di categoria a cui appartengono le CDFIs è chiamata CDFA, che è l’acronimo di

Community Development Finance Association. Poiché questi istituti non sono banche e sono esclusi dall’applicazione di buona parte delle norme contenute nel Financial Act, la propria associazione di categoria ha scelto di applicare loro delle regole di condotta che ne garantiscono il corretto funzionamento. Come si sostiene nell’Expert Group Report: “As an alternative to formal regulation, the FSA has been looking at self-regulation based on a Code of Practice published by the CDFA, a trade body for CDFIs. The Code should introduce many of the requirements which would be imposed by regulation. To be a satisfactory alternative to regulation, it must be binding on all members of the CDFA; and compliance should be monitored by a third party. It is hoped that this could deliver the same outcome as regulation, but without the burden of cost.”. Cfr. European Commission, Expert Group Report- The Regulation of Microcredit in Europe, op. cit., p.18.

160

È l’atto che istituisce e disciplina le Industrial and Provident Societies, che in UK rappresentano una particolare forma societaria.

161 Le Credit Unions sono equiparabili alle nostre società cooperative finanziarie. Esistono in Inghilterra

già dal 19° secolo e molte di esse si sono trasformate in banche. Essendo cooperative e quindi non avendo scopo lucrativo, operano sul mercato finanziario andando ad interessarsi a quei settori che le banche trascurano, come il sostegno finanziario ai soggetti in difficoltà economica.

162 È un atto del Parlamento inglese che istituisce la Financial Services Authority o FSA, che disciplina e

vigila sulle assicurazioni, sulle imprese di investimento e sulle banche.

163

L’articolo 1 del Financial Services and Markets Act definisce la FSA nel seguente modo: “1) La persona giuridica nota come la Financial Services Authority ("l'Autorità") ha le funzioni ad essa conferite da o ai sensi della presente legge. 2) L'Autorità deve soddisfare i requisiti in ordine alla sua costituzione riportati nell'Allegato 1. 3) L’Allegato 1 disciplina anche lo status dell'Autorità e l'esercizio di alcune delle sue funzioni.”.

130 supera il 5%, oppure fino all’1,5% del totale del valore delle azioni della cooperativa, se ci sono ancora disponibilità inutilizzate.

Le realtà dominanti nel contesto del microcredito inglese sono rappresentate dalle CDFIs e dalle commercial bank, le quali hanno un’incidenza elevata nel settore, essendo sostenute dalle garanzie dello Small Firms Loan Guarantee Scheme164, al quale dal 2004, a seguito di una sua revisione, possono accedere anche gli istituti di microfinanza sopramenzionati.

Le CDFIs sono disciplinate dal Costumer Credit Act, ovvero dalla legislazione dedicata al credito al consumo, e non dalla regolamentazione bancaria. Ciò avviene perché sono classificate come “Industrial and Provident Societies”, che rappresenta una forma societaria alternativa a quelle tradizionalmente utilizzate, e perché non appartengono alla categoria degli intermediari bancari abilitati allo svolgimento dell’attività bancaria, dal momento che possono erogare prestiti fino a 25.000 sterline ma non possono svolgere attività di funding e poiché costituiscono il proprio capitale attraverso l’emissione di azioni redimibili chiamate: withdrawble share capital165. Le risorse che utilizzano per la concessione dei finanziamenti provengono prevalentemente dalle disponibilità pubbliche, dalle donazioni volontarie delle Fondazioni, oltre che dallo Small Firms Loan Guarantee Scheme, qualora scelgano di farvi ricorso. Rappresentando delle realtà economiche del tutto peculiari, le CDFIs sono sottoposte alla vigilanza del FSA che individua delle regole di protezione dei consumatori a cui esse devono attenersi e che riguardano i seguenti argomenti: promozione finanziaria, professionalità e onorabilità, identificazione dei membri, antiriciclaggio, sistemi di controllo, principi aziendali, assicurazione, contabilità. Oltre a ciò, non essendo classificabili come banche e quindi avendo molte meno restrizioni in termini di regolamentazione, in base alle quali sono escluse

164 È un sistema di supporto per le PMI creato nel 1981 e sostituito il 14 gennaio del 2009 dall’Enterprise

Finance Guarantee o EFG.

165

Sono azioni che nel momento in cui vengono comprate conferiscono all’acquirente lo status di socio, potendo così partecipare alle riunioni annuali della società e oltre a poter ottenere altri benefici. Se si vuole liquidare la propria posizione, è possibile farlo in qualsiasi momento, ottenendo il rimborso del valore nominale. Si può diventare azionisti con un’azione da 1£ fino ad un massimo di 100.000£ (dal 6 aprile 2014).

131 dell’applicazione di alcune disposizioni contenute nel Financial Act, nello svolgimento delle attività di microprestito hanno molte più possibilità, riuscendo così a combattere in modo più efficacie l’esclusione sociale e a raggiungere i soggetti più bisognosi; tali istituzioni microfinanziarie erogano prestiti per finanziare l’avvio o la crescita di un’attività imprenditoriale o in forma autonoma oppure per fornire risorse a soggetti in difficoltà economica e sociale. Perciò nella prassi, anche nel mercato inglese, si riscontra quella dicotomia che abbiamo già avuto modo di osservare quando si parla di microcredito, senza che in questo caso sia formalizzata: non esiste una disposizione legislativa che distingue espressamente il microcredito socio-assistenziale da quello finalizzato all’imprenditoria166.

Ciò che colpisce maggiormente è che, rispetto agli altri contesti economici che abbiamo avuto modo di analizzare, da sempre considerati come più arretrati nel confronto con il mercato anglosassone che in tema di finanza vanta una lunga tradizione e fama, l’intensa attività degli operatori microfinanziari inglesi manca del tutto di una definizione legislativa di microcredito. Nel Regno Unito un microprestito è un prestito di importo ridotto, non superiore alle 25.000 sterline; in linea quindi con il generale dettato europeo, senza che però ci sia una qualche specificazione sulle finalità del credito, sui relativi importi o sui servizi ausiliari di supporto, che giocano un ruolo essenziale nel successo del rimborso dei prestiti stessi.

Le disposizioni normative che si sono susseguite in Inghilterra hanno avuto come obiettivo ultimo proprio quello di promuovere l’attività di microcredito delle Community Development Finance Istitutions. A tale proposito nel 2002 è stato introdotto nel Financial Act il Community Investment Tax Relief o CITR, con l’obiettivo di incoraggiare l’investimento nelle CDFIs. Il CITR prevede che le persone fisiche e le società che vogliano partecipare al capitale delle CDFIs

166 Anche in Francia manca del tutto una definizione legislativa di microcredito; tuttavia questa mancanza

è stata sopperita grazie alla creazione di un Gruppo di Lavoro, commissionato dal Ministero dell’Economia, che sulla base delle realtà operanti sul territorio francese in questo settore ha cercato di individuarne i caratteri essenziali. Ciò ha portato a distinguere il microcredito professionale da quello personale e nell’ambito del primo fra microcredito professionale tradizionale e quello a titolo di fondi propri.

132 possono farlo, beneficiando di un’agevolazione fiscale fino al 25% del valore della partecipazione sottoscritta; il beneficio è ripartito su 5 anni, a partire dall'anno in cui avviene l’investimento167.