Capitolo 3 L’immigrazione cinese in Europa
3.4 Storie diverse, propensioni comuni
3.4.1 Regno Unito
Secondo i resoconti compilati dall’Ufficio nazionale di statistica inglese nel 2011 la comunità cinese, con i suoi 433 mila individui disseminati in tutto il Regno Unito, rappresenta una delle più antiche e numerose collettività cinesi attualmente presenti in Europa20. Fino agli anni Ottanta, essa era composta per la maggior parte da immigrati originari della provincia del Guangdong che tuttora parlano il cantonese, variante linguistica che è rimasta predominante nel contesto inglese. Dagli anni Novanta, invece, gli arrivi iniziarono a diversificarsi nel momento in cui dalla madrepatria giungevano nuovi flussi di immigrati economici, assieme a studenti e a uomini d’affari. La comunità cinese del Regno Unito è dunque variegata, e include immigrati appartenenti a diverse tradizioni culturali e linguistiche.
L’arrivo dei primi immigrati si fa comunemente risalire al tardo XVIII secolo, ed è connesso irrimediabilmente alla politica espansionista inglese. La maggior parte dei cinesi, infatti, partiva allora soprattutto dal Guangdong e dall’area che circonda il delta del fiume
20 Cfr. MIRI SONG, The British Chinese: A Typical Trajectory of ‘Integration’? , in L.BALDASSAR,G.JOHANSON,N. MCAULIFFE, M.BRESSAN (a c. di), Chinese Migration to Europe, cit., pp. 65-80. I dati compilati dall’Ufficio di statistica cui si fa riferimento sono liberamente consultabili presso il sito ufficiale dell’istituto: Office for National Statistics, http://www.ons.gov.uk/ons/guide-method/census/2011/census-data/index.html [15-11- 2015]. Come è possibile notare, la cifra presentata dall’Ufficio inglese differisce ulteriormente dalle stime richiamate nella tabella 3.2., e si pone a metà tra quella indicata dall’Eurostat e l’altra calcolata da Latham e Wu.
123
delle Perle: si trattava di lavoratori a contratto e di marinai che, prestando servizio sulle navi della Compagnia delle Indie orientali, sbarcavano infine nei porti di Londra o di Liverpool. Questo primo nucleo raggiunse circa 5 mila unità negli anni antecedenti alla Seconda guerra mondiale21. Fino ad allora, infatti, i pochi cinesi residenti si insediarono prevalentemente nelle città portuali, dove si dedicarono ad attività quali la gestione di lavanderie e di negozi di alimentari. Alcuni di essi si sposarono con donne inglesi, raggiungendo un certo grado di integrazione.
Solamente dopo il 1945 la popolazione cinese iniziò ad assumere i suoi caratteri attuali di insediamento. Nel ventennio tra anni Cinquanta e Settanta, infatti, essa era composta da un gruppo relativamente omogeneo dal punto di vista della provenienza e della lingua, originario in larga parte dei territori speciali di Hong Kong. Molti erano contadini che avevano perso il lavoro a causa delle grandi trasformazioni in atto nella municipalità o che cercavano di allontanarsi dall’appena istituita Repubblica popolare, ma assieme ad essi partirono anche alcuni piccoli imprenditori, insegnanti e sarti. Accompagnati al cambiamento socio-economico che a breve avrebbe trasformato Hong Kong in uno dei centri mondiali del business, altri fattori chiave che determinarono l’incremento dei flussi migratori furono le politiche di apertura adottate inizialmente dal Regno Unito e la forte domanda di lavoratori che proveniva dai ristoranti etnici, il cui numero era in continua crescita soprattutto nelle maggiori città inglesi. I cittadini del Commonwealth furono accolti formalmente nel Regno Unito con il British Nationality Act del 1948. In quegli anni, dunque, si stabilì il nucleo della prima generazione della comunità cinese odierna: ristoranti e take-aways aprirono nelle aree metropolitane di Londra, Manchester, Liverpool e Cardiff, ma anche nei sobborghi urbani e nei centri più piccoli.
Tuttavia, dato che la quantità smisurata degli ingressi sfuggiva al controllo sistematico delle autorità, di lì a breve il governo inglese modificò ulteriormente la normativa. Nel 1962, infatti, fu emanato il Commonwealth Immigrants Act con il chiaro intento di porre delle restrizioni alla legge precedente: le frontiere rimasero aperte solamente ai cittadini del Commonwealth che potevano dimostrare di recarsi nel Regno Unito per motivi di lavoro. Sebbene l’intento delle autorità fosse quello di indebolire il volume dei flussi, la legge rafforzò invece il meccanismo della catena migratoria e il grado di dipendenza dei nuovi arrivati nei confronti dei datori di lavoro cinesi. Nel 1968, inoltre, la normativa fu modificata ancora in senso limitativo, prevedendo un numero massimo di 600 ingressi annui da tutti i territori delle ex colonie britanniche. Alla fine degli anni Sessanta, allora, la popolazione
21 CAROLINE KNOWLES, Young Chinese Migrants in London, London, Goldsmiths University of London, Runnymede Trust, 2015, p. 5.
124
cinese nel Regno Unito era costituita anzitutto da tre grandi gruppi: i primi marinai stabilitisi precedentemente alla Seconda guerra mondiale; il gruppo più recente di immigrati provenienti soprattutto dalla provincia del Guangdong e impegnati nel settore della ristorazione; infine, anche alcuni studenti e professionisti partiti a loro volta da Hong Kong, ma anche da Singapore e dalla Malesia.
Tabella 3.3. Immigrati cinesi in Inghilterra e nel Galles: occupazioni in base ai periodi di arrivo e al genere, 1981-2011
(Unità)
Prima del
1981 1981-2000 2001-2006 2007-2011 Totale
Totale Donne Totale Donne Totale Donne Totale Donne Totale Donne
Managers, direttori, funzionari 598 175 2.449 1.213 2.251 1.314 1.187 547 6.485 3.249
Lavoratori qualificati 539 238 5.186 2.612 5.527 3.012 3.415 1.634 14.667 7.496
Tecnici e professionisti 237 115 1.814 1.103 2.492 1.583 1.772 1.055 6.315 3.856
Quadri amministrativi, segretari 171 136 1.235 990 1.510 1.223 1.009 732 3.925 3.081
Commercianti 802 218 4.020 914 4.201 830 2.114 448 11.137 2.410
Addetti ai servizi 95 72 566 456 1.249 1.024 958 722 2.868 2.274
Addetti alla vendita, camerieri 194 145 1.304 942 1.760 1.249 1.458 1.005 4.716 3.341
Operai 92 28 360 112 384 129 297 89 1.133 358
Lavoratori non qualificati 295 182 1.433 953 2.312 1.476 2.679 1.742 6.719 4.353
Totale 3.023 1.309 18.367 9.295 21.686 11.840 14.889 7.974 57.965 30.418
Nota: i valori si riferiscono ai cittadini della RPC di età superiore ai 16 anni in possesso di un permesso regolare di soggiorno al momento del censimento.
Fonte: Office for National Statistics, Northern Ireland Statistics and Research Agency, National Records of Scotland, 2011 Census: Population estimates for the UK, London, Office for National Statistics, dati consultabili presso: http://www.ons.gov.uk/ons/guide-method/census/2011/census-data/index.html [15-11-2015].
Con l’inizio delle riforme in Cina, inoltre, l’emigrazione diretta nel Regno Unito continuò a crescere e a diversificarsi, mentre le politiche migratorie inglesi diventavano via via sempre più severe: particolarmente indulgenti verso il personale altamente qualificato, gli uomini d’affari e gli studenti, ma restrittive nei confronti dei migranti economici tradizionali e, ovviamente, degli irregolari. Era aumentato infatti il numero degli immigrati che, servendosi della catena migratoria, confluivano nella forza lavoro etnica occupata principalmente nelle nicchie economiche. Alcuni erano irregolari, quindi privi di documenti validi e dei permessi di soggiorno adeguati, altri ancora cercavano di accedere al paese avanzando una richiesta di asilo che, non rispondendo sovente alle condizioni previste dalla
125
normativa, veniva nella maggior parte dei casi rifiutata dalle autorità22. I dati raccolti dall’Ufficio di statistica inglese in occasione del censimento nazionale del 2011 e inerenti alla situazione occupazionale degli immigrati in Inghilterra e nel Galles forniscono invece un quadro sommario della condizione occupazionale dei cinesi maggiori di 16 anni regolarmente residenti e impegnati in un rapporto di lavoro (tab. 3.3). Secondo le stime, infatti, la maggior parte di essi, soprattutto gli uomini, sarebbe impiegata in ambiti professionali di vario tipo e nel commercio, che si afferma quindi come l’attività autonoma più redditizia.
All'opposto, un gruppo sempre più nutrito di cittadini della RPC è stato accolto nel Regno Unito mediante piani governativi, per motivi di lavoro o di studio. A questo proposito, il numero degli immigrati altamente specializzati e che occupano posizioni di responsabilità è aumentato sensibilmente, in maniera proporzionale al rafforzamento degli scambi commerciali e degli investimenti bilaterali tra i due paesi. Contemporaneamente, è cresciuto il numero degli studenti cinesi e asiatici che scelgono le università britanniche attratti dalla possibilità di perfezionare la lingua inglese, dal prestigio di alcuni atenei ma anche dalla facilità con cui sembrerebbe possibile ottenere un permesso di lavoro temporaneo dopo la laurea. Nel 2013 il Regno Unito ha riottenuto il primato europeo per il maggior numero di studenti cinesi iscritti, precisamente 81.776 secondo l’Istituto di statistica dell’Unesco, al quarto posto in assoluto nella classifica mondiale dopo Stati Uniti, Giappone e Australia23. Nel campo dell’internazionalizzazione delle imprese, invece, i dati compilati dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) rivelano che il Regno Unito è stato il paese europeo che ha ricevuto l’ammontare maggiore di investimenti diretti esteri cinesi nel 2012 – un flusso di 2,7 miliardi di dollari – e che nello stesso anno presentava un valore cumulativo di Ide cinesi pari a 8,9 miliardi di dollari, di poco inferiore a quello del Lussemburgo24.
Alcuni aspetti che caratterizzano l’insediamento cinese nel Regno Unito sono simili a quelli che si sono verificati in America settentrionale e in altre zone dell’Europa occidentale nell’ultimo mezzo secolo. Un po’ dappertutto, gli immigrati di prima generazione, tendenzialmente privi di conoscenze linguistiche ed estranei alla cultura dei paesi di destinazione, hanno avviato piccole imprese a sfondo etnico, soprattutto ristoranti e take- aways. Le seconde generazioni nate nel Regno Unito, invece, hanno stentato ad inserirsi nei
22 K.LATHAM,WU B., Chinese Immigration into the EU, cit., p. 38.
23 Informazioni ricavate dalla banca dati dell’Unesco, consultabile presso: http://data.uis.unesco.org/# [16-11- 2015]. Un prospetto interattivo e aggiornato al 2013 è accessibile al sito: http://www.uis.unesco.org/Education/Pages/international-student-flow-viz.aspx [16-11-2015].
24 I valori sono stati elaborati dal centro di statistica dell’UNCTAD utilizzando i dati messi a disposizione dal Ministero del Commercio della Repubblica popolare cinese (MOFCOM). Il prospetto è disponibile presso: http://unctad.org/en/Pages/DIAE/FDI%20Statistics/FDI-Statistics-Bilateral.aspx [27-10-2015].
126
tessuti dell’economia etnica, prediligendo occupazioni più retribuite disponibili presso il mercato del lavoro inglese. Nonostante la ristorazione e il commercio ad essa annessi siano ancora i settori economici predominanti, il numero dei giovani cinesi impiegati in ambito scientifico, medico o ingegneristico è in continuo aumento. Inoltre, gli immigrati cinesi e i loro discendenti sono in genere piuttosto integrati: spesso ricoprono anche posizioni di rilievo in ambito sociale e imprenditoriale, e sono frequenti i casi di matrimoni misti soprattutto tra donne asiatiche e uomini inglesi.
3.4.2. Francia
Come avviene puntualmente per il complesso degli immigrati, anche nei riguardi dei cinesi si rilevano diverse complicazioni al momento di interpretare le stime che vorrebbero valutarne la presenza in Francia. Ciò avverrebbe sia a causa dei criteri adottati al momento della raccolta dei dati demografici, ma anche perché nel 1975 l’Istituto di statistica e di studi economici (INSEE) smise di riconoscere gli stranieri naturalizzati e le seconde generazioni – i cosiddetti francesi per acquisizione – sulla base del loro gruppo etnico di origine, preferendo invece inserirli nei conteggi complessivi della popolazione. Nonostante Emmanuel Ma Mung abbia recentemente ipotizzato che il numero dei cinesi in Francia si aggiri tra le 300 e le 500 mila unità, le serie statistiche prodotte dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) individuano un complesso di soli 90.100 soggetti di cittadinanza cinese regolarmente presenti nel paese nel 2010. Negli anni Ottanta e Novanta i cinesi originari del sud-est asiatico costituivano oltre i due terzi del totale, mentre oggi, con la ripresa dei flussi dal continente, essi contano per meno del 50 per cento. Sebbene le maggiori aree di provenienza rimangano le province costiere della Cina, anche la Francia è diventata una meta importante per un’immigrazione più variegata composta anche da studenti – almeno 25.234 nel 2013 secondo l’Unesco – commercianti e imprenditori. La maggior parte, come anticipato, si concentra tuttavia nella regione di Parigi (tab. 3.4), ma esistono nuclei consistenti anche a Marsiglia, Lione e Lilla, mentre si registra contemporaneamente una tendenza a distribuirsi verso città medio grandi25.
Il primo insediamento della comunità cinese in Francia risale all’inizio del XX secolo: si trattava di venditori ambulanti provenienti dalle province dello Hebei, dello Shandong e
25 Cfr. EMMANUEL MA MUNG, Migrants of Chinese Origin in France: Economic and Social Integration, in L.BALDASSAR, G.JOHANSON,N.MCAULIFFE,M.BRESSAN (a c. di), Chinese Migration to Europe, cit., pp. 49-64.
127
dello Zhejiang che affrontavano il viaggio via terra per vendere pietre preziose e accessori ornamentali. Nello stesso periodo, alcuni mercanti delle province del Jiangsu, dello Zhejiang e dello Hebei aprirono dei negozi di prodotti cinesi a Parigi. A questi si aggiunsero i circa 3 mila lavoratori originari soprattutto del nord e del centro della Cina che, dopo essere stati impiegati nelle industrie francesi durante la Prima guerra mondiale, riuscirono ad evitare il rimpatrio e a stabilirsi nel paese. Negli anni Trenta, la maggior parte degli immigrati proveniva allora dalla provincia dello Zhejiang, ancora una volta dai distretti di Wenzhou e Qingtian, sebbene presto i loro arrivi abbiano iniziato a diradarsi a causa di un complesso di fattori quali la Grande depressione, l’invasione giapponese e la guerra civile tra nazionalisti e comunisti in Cina, la Seconda guerra mondiale e, infine, le restrizioni all’emigrazione imposte dal governo maoista.
Tabella 3.4. Parigi: residenti cinesi e altri stranieri divisi per classi d'età, 2007-2012
(Unità)
2007 2012
Cinesi Totale stranieri Cinesi Totale stranieri Totale Donne Totale Donne Totale Donne Totale Donne
0-15 5.889 2.669 314.133 293.774 6.178 3.135 323.021 158.998
15-24 4.260 2.265 293.774 157.031 3.961 2.274 303.202 163.072
25-54 14.329 7.824 1.026.502 524.687 15.562 8.860 1.024.579 589.820
Over 55 1.300 628 558.491 324.741 2.100 1.094 589.820 339.647
Totale 25.777 13.415 2.192.900 1.160.024 27.801 15.363 2.240.621 1.186.339
Nota: I partecipanti al sondaggio hanno definito in maniera soggettiva la loro nazionalità.
Fonte: Institut national de la statistique et des études économiques (INSEE), serie di dati consultabili presso il sito: http://www.insee.fr/ [15-11-2015].
Fino agli anni Cinquanta, i cinesi erano arrivati in Francia servendosi principalmente di due tragitti: via terra, a bordo della ferrovia transiberiana, e via mare, navigando su navi mercantili dirette nel porto di Marsiglia. Dopo il 1945, i cinesi dello Zhejiang si stabilirono nel III arrondissement noto come Wenzhoujie (quartiere di Wenzhou), avviando attività nei settori della lavorazione delle pelli e nella produzione di articoli decorativi. Un’ulteriore ondata giunse nel periodo tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli ultimi anni Settanta, quando i profughi di origine cinese che arrivavano dal Laos, dal Vietnam e, soprattutto, dalla
128
Cambogia si stabilirono prevalentemente nel XIII e nell’XI circondario, portando il numero complessivo della popolazione cinese a circa 100-120 mila unità.
Attualmente, la maggior parte delle attività economiche sono ancora concentrate nei cosiddetti tre “coltelli dell’industria”: ristorazione, lavorazione del pellame e abbigliamento. Tuttavia, anche a causa dell’impetuosa crescita sperimentata dalla Cina popolare, il modello economico e i settori di impiego si sono ormai diversificati. La ristorazione, comunque, è ancora il settore preponderante, che tuttavia ha dovuto innovarsi inserendo nuove soluzioni nel ventaglio dell’offerta culinaria, come menu giapponesi o alternative più ricercate della cucina cinese stessa. I venditori al dettaglio di articoli di cuoio, invece, sono tuttora numerosi nel III arrondissement, sebbene il sistema di produzione sia praticamente scomparso a causa dell’importazione dei medesimi beni a prezzi più convenienti dai laboratori di Prato e, specialmente, dalle industrie ad alta intensità di lavoro situate in Cina. Tale contesto ha avuto delle ripercussioni anche sul settore dell’abbigliamento, determinando un’evoluzione del pronto moda parigino: lavorando tessuti di importazione, i cinesi hanno ritenuto infatti più conveniente specializzarsi nelle confezioni di abiti da donna, così come nella stiratura e nella riparazione degli indumenti stessi.
Il settore attualmente più redditizio sembrerebbe essere quello del commercio di import-export e della vendita all’ingrosso e al dettaglio di merci di importazione quali prodotti alimentari e artigianali, stoviglie, utensili, ecc.; ma anche di componenti elettroniche destinate al settore informatico che vengono acquistate da Taiwan e dalla Repubblica popolare per poi essere assemblate e vendute nei negozi specializzati presenti oramai in tutti i distretti ad alta concentrazione di immigrati cinesi, ma soprattutto in Rue Montgallet. Altre attività che si sono affiancate ai settori di impiego tradizionali sono state l’apertura di agenzie immobiliari, gioiellerie, panifici, macellerie, scuole guida, ecc. Nel quartiere di Belleville, infine, chiamato dai cinesi Meilicheng (città stupenda), dove vive una concentrazione di immigrati di diverse nazionalità, la presenza dei cinesi è riscontrabile prevalentemente a livello commerciale piuttosto che abitativo: proprio qui sorgono i grandi supermercati che sono stati aperti soprattutto a partire dagli anni Novanta.
L’internazionalizzazione degli scambi commerciali ha provocato una situazione paradossale in cui la merce realizzata dai cinesi nell’ambito delle nicchie economiche europee ha dovuto misurarsi a sua volta con l’immissione sul mercato dei beni a basso costo prodotti in Cina e in altri paesi asiatici. Nella zona di Parigi, la situazione è peggiorata specialmente nel primo decennio del XXI secolo, quando, soprattutto ad Aubervilliers, fiorirono veri e propri centri commerciali specializzati nella vendita al dettaglio di prodotti made in China. Si
129
potrebbe allora ipotizzare un futuro indebolimento del meccanismo della catena migratoria, dal momento che esso non sembrerebbe più capace di garantire la presenza di un impiego ai nuovi immigrati. Per di più, le politiche migratorie francesi sono evolute nel frattempo in senso restrittivo, avendo come effetto indiretto l’aumento degli immigrati irregolari i quali vivono una condizione di vulnerabilità sia al cospetto delle autorità, sia nei confronti dei datori di lavoro cinesi e, talvolta, dei trafficanti che hanno prestato loro il denaro per effettuare il viaggio. Ciò nonostante, proprio allo scopo di rimediare alla condizione di irregolarità degli immigrati, cinesi e non, la Francia è stato uno dei primi paesi che dagli anni Settanta in avanti ha promosso cicli ricorrenti di sanatorie. Dal 1973 al 2006, infatti, il paese ha applicato almeno sei cicli di regolarizzazioni, il più importante dei quali, quello del biennio 1981-82, ha permesso l’uscita dalla clandestinità di circa 130 mila immigrati irregolari di origine cinese su un totale stimato di 150 mila26.
3.4.3. Germania
La Repubblica federale di Germania classifica come cittadini allogeni gli immigrati di prima generazione e coloro che hanno almeno un genitore straniero, e che pertanto possono vantare un background migratorio (tab. 3.5). Uno degli ultimi micro-censimenti effettuati dall’Ufficio federale di statistica – un sondaggio svolto periodicamente su un campione molto ristretto e ogni volta differente di popolazione – ha rilevato nel 2011 la presenza di 102.000 individui di origine cinese che presentavano un profilo corrispondente a quello appena descritto, tra cui 45.000 inseriti stabilmente nel mercato del lavoro, 7.000 in qualità di imprenditori e 32.000 come dipendenti. La maggior parte di essi era occupata nel settore della ristorazione, del commercio e dei trasporti (47 per cento), mentre un’altra parte lavorava nei servizi (38 per cento) e nell’industria manifatturiera (13 per cento). Riguardo alla provenienza, infine, il 40 per cento dei cinesi in Germania sembrerebbe originario della provincia dello Zhejiang, mentre un altro 40 per cento proverrebbe dal Guangdong. Altri gruppi arriverebbero invece dal Fujian, dal Jiangsu, da Shanghai e dalla Cina nord-orientale27.
26 K.LATHAM,WU B., Chinese Immigration into the EU, cit., pp. 24-25.
27 Cfr. MARGOT SCHÜLLER, YUN SCHÜLER-ZHOU, Chinese Investment Strategies and Migration – Does Diaspora
Matter? A Case Study on Germany, Badia Fiesolana, Migration Policy Centre (MPC), Research Report n. 8, 2013,
130
Tabella 3.5. Immigrati cinesi in Germania per generazione di insediamento, fascia d’età e genere, 2014
(Unità)
Totale 0-15 16-24 24-54 ultra 55
Cinesi Prima generazione (nata all'estero)
Donne 54.702 1.232 12.051 39.309 2.110
Totale 104.447 2.492 23.340 74.317 4.298
Seconda generazione (nata in Germania)
Donne 2.817 2.491 285 40 1
Totale 5.837 5.091 683 103 5
Totale Prima generazione (nata all'estero)
stranieri Donne 3.311.733 192.694 296.306 2.042.019 780.714
Totale 6.920.193 399.533 650.036 4.283.923 1.586.701
Seconda generazione (nata in Germania)
Donne 576.724 176.333 176.970 211.502 11.919
Totale 1.232.775 362.861 365.311 477.244 27.359
Fonte: Statistisches Bundesamt, Wiesbaden, dati accessibili presso: https://www-genesis.destatis.de/genesis/online [19-11-2015].
Per quanto concerne la distribuzione geografica, sarebbero alcuni Länder – in particolare la Renania settentrionale-Vestfalia, il Baden-Württemberg e la Baviera – in accordo con la tendenza distributiva della popolazione tedesca stessa, ad attirare il numero maggiore di studenti e di lavoratori cinesi. Tra le città, invece, quelle più popolate dagli immigrati sono Berlino, Amburgo, Bonn, Francoforte e Monaco28. A Berlino, dove alla fine degli anni Novanta si riscontrava un inizio di chinatown, i cinesi si sono stabiliti soprattutto nella Kantstraße, dove già negli anni Venti era possibile incontrare studenti e commercianti, mentre le persone di estrazione sociale più modesta si erano insediate nella parte orientale della città. Proprio lungo la Kantstraße sarebbe stato aperto il primo ristorante etnico già nel 1923, episodio che avrebbe iniziato una tendenza destinata a ricevere un forte impulso soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta. Oggi, accanto ai ristoranti, anche Berlino ospita attività più differenziate, come negozi di vario tipo, centri estetici, supermercati e agenzie di viaggio29.
28 K.LATHAM,WU B., Chinese Immigration into the EU, cit., p. 33.
131
Nel tardo XIX secolo un piccolo gruppo di marinai cinesi si stabilì nei porti di Amburgo e Brema, spostandosi poi verso le maggiori città, e in particolare a Berlino, dove alcuni di essi, seguendo una tendenza che abbiamo visto ripetersi similmente in tutta Europa. Nel 1900, queste città ospitavano quasi i due terzi di tutta la popolazione cinese presente che allora ammontava a sole 150 unità e che nel 1910 – l’anno in cui fu compilato l’ultimo