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Parallelamente al crescente rilievo delle attività e dei prodotti scientifici

rispetto al diritto, chiamato di frequente a stabilire una loro regolamentazione,

sono emersi ambiti in cui la scienza ha creato rischi e si è rivelata incapace di

controllarli. Di pari passo con l’avanzare della conoscenza scientifica, e con il

conseguente aumento delle innovazioni scientifico-tecnologiche, aumentano

infatti le situazioni di rischio e imprevedibilità cui la stessa scienza non è in grado

di dare risposta

161

; queste “nuove minacce”

162

per l’ambiente e per la salute si

traducono in problemi di ricerca di differente natura rispetto a quelli che la

scienza era tradizionalmente abituata ad affrontare. Accade così che abbiano

origine forme inedite di conoscenza scientifico-giuridica, di fronte alle quali la

comunità scientifica, allorché chiamata a pronunciarsi in relazione a una questione

che esiga una regolazione normativa, non sia sempre in grado di esprimere una

posizione certa e univoca, ma presenti una molteplicità di tesi parzialmente o

anche del tutto divergenti tra le quali i decisori politici dovranno poi scegliere

163

.

Molto spesso, dunque, non è possibile per la scienza offrire teorie ben fondate

basate sulla sperimentazione; essa può fornire solo informazioni scientifiche

“soft” che fungano da indicazioni per le decisioni politiche “hard” che devono

essere adottate per gestire i rischi ambientali e sanitari

164

.

Con l’espressione “incertezza della scienza”, da un punto di vista oggettivo,

ci si riferisce a diverse forme di indeterminazione del sapere scientifico derivanti

dalla complessità delle conoscenze, dalla mancanza o dall’insufficienza di dati,

dall’imprevedibilità degli esiti e dal carattere stocastico delle previsioni in molti

settori di indagine naturalistica. Le forme di incertezza scientifica cui si fa

convenzionalmente riferimento sono quattro: rischio, incertezza in senso proprio,

ignoranza e indeterminatezza

165

.

161 Da questo punto di vista, quindi, sarebbe lo stesso processo di produzione di conoscenza

a generare un continuo flusso di incertezze; v., in questo senso, H. NOWOTNY, P. SCOTT, M. GIBBONS, Re-thing Science: Knowledge and the Public in a n Age of Uncertainty, cit. Osservano a riguardo B.DE MARCHI,M.TALLACCHINI, Politiche dell’incertezza, scienza e diritto, in Notizie di Politeia, XIX, 70, 2003, pp. 3-12, la necessità, a fronte dell’ingenerarsi di nuove classi di rischi, di elaborare efficaci ‘politiche dell’incertezza’, che siano fondate sul riconoscimento dell’impossibilità di acquisire una perfetta conoscenza e un totale controllo dei rischi e che tengano altresì conto della ormai inevitabile necessità di informare e coinvolgere i cittadini nella discussione sui rischi.

162 S.F

UNTOWICZ, Scienza e decisioni di policy, in Notizie di Politeia, XIX, 70, 2003, pp. 24-36.

163

M.TALLACCHINI , Evidenza scientifica e formazione ambientale: la “co-produzione” di scienza e diritto, cit., p. 3.

164 S.F

UNTOWICZ, op. ult. loc. cit., pp. 24-25.

165 Si veda European Environmental Agency (EEA), Late Lessons from Early Warnings: the

Precautionary Principle 1896-2000, Environmental issue report, no 22, Copenaghen, 2001 (http://www.eea.europa.eu/publications/environmental_issue_report_2001_22/Issue_Report_No_2 2.pdf); cfr. European Commission, Joint Research Centre, European Science and Technology Observatory (ESTO) Project Report, On Science and Precaution in the Management of Technological Risk, Volume I, May 1999 (http://ftp.jrc.es/EURdoc/eur19056IIen.pdf), in cui si parla di «risk», «uncertainty», «ignorance» e «incertitude», ove quest’ultimo termine ricomprenderebbe al proprio interno le altre tre forme di incertezza, così come il concetto di

In condizioni di rischio considerato “certo” o “provato”, essendo questo –

come si è visto – la funzione della probabilità e della gravità del verificarsi di

certe conseguenze (effetti nocivi per la salute o per l’ambiente), derivante dalla

presenza di un pericolo

166

, le variabili caratterizzanti un problema sono conosciute

e la probabilità di esiti, positivi o negativi, è quantificata. Laddove ci si trovi in

condizioni di incertezza, invece, pur essendo noti i parametri di un sistema,

l’incidenza in termini quantitativi dei fattori in gioco non è conosciuta e,

conseguentemente, è ignota la probabilità di un evento

167

. Terza forma di

incertezza scientifica sarebbe rappresentata dall’ignoranza (c.d. unknown

unknowns), definibile come l’insieme dei dati non disponibili, la cui acquisizione

consapevole è subordinata alla scoperta di nuovi elementi conoscitivi: in essa

mancherebbe o sarebbe incompleta la conoscenza delle variabili rilevanti, e quindi

sarebbe impossibile ogni quantificazione

168

. Infine, l’indeterminatezza è

identificabile come quella particolare forma di incertezza che scaturisce

dall’interazione tra variabilità dei sistemi tecnologici e variabilità dei sistemi

sociali e che riassume il carattere tendenzialmente aperto e condizionale di ogni

«ambiguity» (p. 17). In dottrina, altra classificazione si ritrova in R.SMITH, B.WYNNE (eds.), Expert Evidence: Interpreting Science in the Law, London, routledge, 1989, ove si distingue tra quattro diverse forme di ignoranza: rischio, incertezza, ignoranza in senso proprio e indeterminatezza. Cfr. anche B. WYNNE, Uncertainty and Environmental Learnign: Reconceiving Science and Policy in the Preventative Pradigm, in Global Environmental Change, 1992, June, pp. 111-127.

Come sottolineato dalla Commissione (v. Comunicazione sul Principio di Precauzione, cit., p. 14), vi sono poi altre categorizzazioni dell’incertezza scientifica. Secondo un approccio più astratto e generalizzato, le incertezze sono distinte nelle tre categorie della distorsione, dell’aleatorietà e della variabilità reale (v., ad esempio, National Research Council – NRC, Science and Judgement in Risk Assessment, National Academy Press, Washington D.C., 1994); in altri casi ancora, invece, la categorizzazione avviene in termini di stima dell’intervallo di fiducia della probabilità del verificarsi e della gravità dell’impatto e del pericolo (vedi, fra gli altri, M. MORGAN, M. HENRION, M. SMALL, Uncertainty: A Guide to Dealing with Uncertainty in Quantitative Risk and Policy Analysis, Cambridge University Press, Cambridge, 1990)

166 Vedi supra, par. 3.

167 «The strict sense of the term uncertainty (…) applies to a condition under which there is

confidence in the completeness of the defined set of outcomes, but where there is acknowledged to exist no valid theoretical or empirical basis for the assigning of probabilities to these outcomes (…)», v. European Science and Technology Observatory, On Science and Precaution in the Management of Technological Risk, cit., p. 17. Secondo D. BODANSKY, The Precautionary Principle in US Environmental Law, in T.O’ RIORDAN, J. CAMERON (eds.), Interpreting the Precautionary Principle, London, Earthscan, 1994, pp. 203-228, l’incertezza è una ‘probabilità del secondo ordine’, poiché mentre in una situazione di rischio è possibile quantificare la probabilità di un evento, nell’ipotesi di incertezza sarebbe possibile solamente quantificare le probabilità relative di valutazioni alternative di rischio.

168

Cfr. European Science and Technology Observatory, On Science and Precaution in the Management of Technological Risk, cit., p. 17: « This applies in circumstances where there not only exists no basis for the assigning of probabilities (as under uncertainty), but where the definition of a complete set of outcomes is also problematic. In short, it is an acknowledgement of the possibility of surprises. Here, it is not only impossible to rank the options but even their full characterization is difficult. Under a state of ignorance (in this strict sense), it is always possible that there are effects (outcomes) which have been entirely excluded from consideration».

conoscenza, in particolare la sua determinabilità alla luce del determinato contesto

socioculturale preso a riferimento

169

.

Sotto un altro profilo, ovvero considerando la fonte da cui può avere origine

l’incertezza scientifica, sarebbero identificabili cinque diverse forme di incertezza

insite in ogni operazione volta a determinare l’esistenza di rischi che, seppur

logicamente distinte, emergerebbero ciascuna in un diverso stadio del metodo

scientifico e sarebbero tra loro cumulative

170

; esse deriverebbero da cinque

differenti caratteristiche del metodo scientifico, quali le variabili prescelte, le

misurazioni effettuate, i campioni individuati, i modelli utilizzati e le relazioni

causali impiegate

171

.

L’incertezza che permea il sapere scientifico, tuttavia, è anche di natura

soggettiva. All’interno dei giudizi scientifici possono infatti intervenire differenti

componenti valutative; in dottrina si è distinto, in merito, tra valori pregiudiziali

(bias values), che intervengono allorché gli esperti che formulano il giudizio

scientifico omettano dati o li intendano in modo scorretto al fine di addivenire ad

una certa interpretazione, contextual values, costituiti dalle preferenze personali,

sociali e culturali che orientano un giudizio portando a far prevalere determinati

valori rispetto ad altri e, infine, constitutive values, che identificherebbero il

favore riconosciuto dagli scienziati a determinate teorie o regole metodologiche

piuttosto che ad altre e che influenzerebbero, così, il giudizio scientifico

172

.

La presenza di dette componenti valutative all’interno dell’attività di

factfinding porterebbe inevitabilmente gli scienziati ad esprimere dei giudizi sui

dati e sulle informazioni da raccogliere, con la conseguenza che tali operazioni

non risultano mai neutrali (value-leden) e univoche, ma influenzate da diversi

valori e scopi.

Anche il carattere non value-free delle proposizioni scientifiche ha portato

necessariamente al superamento di quella visione acritica del sapere scientifico

come oggettivo e scevro da incertezze – che abbiamo visto aver caratterizzato per

169 Ibidem. 170

Vedi V.R. WALKER, The siren songs of science: toward a taxonomy of scientific uncertainty for decisionmakers, in Connecticut Law Review, 1990-1991, p. 567 ss., il quale individua come fonti di incertezza i cinque suindicati elementi del metodo scientifico, cui corrisponderebbero altrettante distinte forme di incertezza scientifica («conceptual uncertainty», «measurement uncertainty», «sampling uncertainty», «modeling uncertainty», «causal uncertainty», «epistemic uncertainty»). Cfr. anche ID., The Myth of Science as a Neutral Arbiter for triggering Precautions, in Boston College International and Comparative Law Review, 26(2), 1997, pp. 197-228.

171

V. Commissione delle Comunità europee, Comunicazione sul principio di precauzione, COM(2000) 1 def., punto 5.1.3. Viene rilevato altresì nel documento: «L’incertezza scientifica può derivare inoltre da controversie sui dati esistenti o dalla mancanza di dati. L’incertezza può riguardare elementi qualitativi o quantitativi dell’analisi. Una strategia più astratta e generalizzata, preferita da alcuni scienziati, consiste nel separare tutte le incertezze in tre categorie: distorsione, aleatorietà e variabilità reale. Alcuni altri esperti preferiscono categorizzare in termini di stima dell'intervallo di fiducia della probabilità del verificarsi e della gravità dell’impatto del pericolo.

172 Cfr. M.T

ALLACCHINI, Principio di precauzione e filosofia pubblica dell’ambiente, in C. QUARTA (a cura di), Una nuova etica per l’ambiente, Bari, Dedalo, 2006. Si veda, per la classificazione K.S.SHRADER-FRECHETTE, Risk and Rationality: Philosophical Foundations for Populist Reforms.

molto tempo la concezione dei rapporti scienza-diritto – in favore della

consapevolezza dell’impossibilità per la scienza stessa di fornire sempre delle

risposte. Taluno ha parlato, a riguardo, di “trans-scientific questions”

173

, ad

indicare, appunto, quelle problematiche che trascendono la dimensione scientifica

e che la mera conoscenza scientifica non è in grado da sola di risolvere; in questi

casi, dunque, gli esperti scientifici si trovano a dover compiere operazioni che

vanno al di là del metodo scientifico, con la conseguenza che il confine tra attività

scientifica e attività politico decisionale risulta piuttosto sfumato

174

.

L’incertezza ha rappresentato negli ultimi decenni uno dei profili di

maggiore rilievo che hanno caratterizzato l’evoluzione del rapporto tra scienza e

diritto e, parimenti, la regolazione dei rischi

175

, che sempre più frequentemente ha

avuto ad oggetto i c.d. ‘uncertain risks’, ovvero quelle situazioni in cui è

sospettata l’esistenza di potenziali pericoli, ma in cui mancano le prove

scientifiche a riguardo

176

. Il diritto è spesso chiamato ad intervenire su

173 Vedi A.M.W

EINBERG, Science and Trans-Science, in Minerva, 10, pp. 209-222. L’A., mutuando l’espressione di “repubblica della scienza” coniata da Polanyi per indicare il carattere auto-referenziale e intrinsecamente democratico della comunità scientifica (vedi supra, par. 1), parla di “republic of trans-science”, che presenterebbe i caratteri di una repubblica politica da un lato, e di una repubblica scientifica dall’altro, e che avrebbe come implicazione l’inevitabile coinvolgimento del pubblico («since the border between trans-science and science is elusive, it seems clear that the public will inevitably become involved in debate which possess scientific as well as trans-scientific components» (p. 221).

174 Vedi infra, par. 9.

175 Molti sono gli studiosi che, fin dalla fine degli anni ottanta, si sono soffermati

sull’importanza dell’incertezza all’interno dello scenario della c.d. science in policy (o science for policy), ovvero – come sopra visto – di tutte quelle situazioni in cui si fa ricorso alla conoscenza e all’expertise scientifici per scopi politico-regolamentativi, nonché all’interno del processo di risk analysis (vedi infra): si vedano, fra i primi, V.T.COVELLO, J.MUMPOWER, Risk analysis and risk management: an historical perspective, in Risk Analysis, 1985, Vol. 5, n. 2, pp. 103-120; J.F. SHORT, Defining, explaining and managing risk, in J.F.SHORT, L.CLARKE (eds.) Organizations, Uncertainties and Risk, Boulder, CO, 1992, p. 1 ss.; Westview. S.O.FUNTOWICZ, J.R.RAVETZ, Uncertainty and quality in Science for Policy, Dordrecht, The Netherlands: Kluwer, 1990; M. MORGAN,M.HENRION,M.SMALL, op. cit.; K.S.SHRADER-FRECHETTE, Science Policy, Ethics, and Economic methodology: Some problems of Technology Assessment and Environmental Impact Analysis, Boston, MA, 1985; più recentemente, v., ad esempio, H. NOWOTNY, P. SCOTT, M. GIBBONS, Re-thing Science: Knowledge and the Public in an Age of Uncertainty, cit.; T. O’RIORDAN, A.J. MCMICHAEL, Dealing with scientific uncertainties, in P. MARTENS, A.J. MCMICHAEL (eds.), Environmental Change, Climate and Health: Issues and Research Methods, Cambridge, UK: Cambridge University Press, 2002; H.N. POLLACK, Uncertain Science … Uncertain World, Cambridge, UK: Cambridge University Press 2003; A.VAESSEN, Uncertainty in texts, in M.B.A.VAN ASSELT,A.C.PETERSEN (eds.) Not Afraid of Uncertainty, The Hague, The Netherlands, 2003.

176 Cfr. M.E

VERSON,E.VOS (eds.), Introduzione a ID.Uncertain Risks Regulated, cit.: «this term is comparable with concepts of hazard and indeterminate risk used within the social sciences, but seeks also to capture the specific modern regulatory reality that non-quantifiable hazard must still be addressed by society, law and its regulators». Cfr., inoltre, ID., European Risk Governance in a Global Context, cit.; M.B.A.VAN ASSELT, E.VOS, B.ROOIJACKERS, Science, Knowledge and Uncertainty in EU Risk Regulation, in M.EVERSON,E.VOS (eds.), Uncertain Risks Regulated, cit., p. 359 ss.; M.B.A. VAN ASSELT, E. VOS, The Precautionay Principle and the Uncertainty Paradox, in Journal of Risk Research, 2006, 9(4), pp. 313-336. Talora, ad indicare i rischi nascenti in contesti di forte incertezza scientifica, si è parlato di ‘controversial risks’, vedi O.GODARD,

proposizioni scientifiche dal carattere indeterminato e a svolgere un ruolo che

mescola competenze scientifiche e normative allorché esso si trovi a dover

scegliere tra rappresentazioni diverse o alternative di fenomeni scientifici e a

distinguere, così, tra “buona” e “cattiva” scienza

177

. L’ineliminabile incertezza

della scienza e il “carattere sempre aperto” del cammino scientifico

178

rendono

particolarmente delicate le scelte di policy, poiché il decisore politico investito del

compito di intervenire giuridicamente per regolamentare i fatti scientifici, posto di

fronte ad una pluralità di previsioni eterogenee dovuta allo stato di incertezza

scientifica, dovrà scegliere la tesi da privilegiare in via normativa.

A fronte del riconoscimento dei limiti della scienza nel fornire dati

inconfutabili e della conseguente necessità di regolare una scienza

intrinsecamente incerta, il diritto si è trovato, da un lato ad esprimere valutazioni

sul sapere scientifico, dall’altro a giustificare anche la scientificità delle proprie

scelte. Si è così fatto strada, al fine dell’adozione di scelte normative in condizioni

di incertezza scientifica, un approccio di tipo cautelare-precauzionale

179

. Esso si

Social Decision-Making Under Conditions of Scientific Controversy, expertise and the Precautionary Principle, in C.JOERGES,K.H.LADEUR,E. VOS, Integrating Scientific Expertise into Regulatory Decision-Making, cit., pp. 39-72; cfr. ID., Social decision making in the context of scientific controversies. The interplay of environmental issues, technological conventions and economic stakes, in Global environmental Change, 1992, 2, pp. 239-249.

177 M.T

ALLACCHINI, Ambiente e diritto della scienza incerta, cit., p. 73;.

178 I

D., Evidenza scientifica e normazione ambientale:la “co-produzione” di scienza e diritto, cit., p. 3.

179 Tale approccio si è andato precisando come ‘principio precauzionale’ verso la fine degli

anni Ottanta del secolo scorso, in concomitanza con l’emanciparsi del diritto da un atteggiamento di soggezione alla scienza e con l’acquisita consapevolezza della necessità di dare positivo rilievo all’incertezza scientifica all’interno di policy-related issues. Il principio di precauzione, originariamente affermatosi nell’ambito della cooperazione internazionale volta alla prevenzione dell’inquinamento marino (tra i documenti rilevanti in questo ambito, si veda, ad esempio, Declaration of the Second International Conference on the Protection of the North Sea, Londra, 24-25 Novembre 1987) è stato consacrato a livello internazionale all’interno del principio 15 della Convenzione di Rio del 1992, che prevede che «quando vi è minaccia di un danno grave o irreversibile, la mancanza di una piena certezza scientifica non deve essere utilizzata come motivo per rinviatre l’adozione di misure (…) volte a prevenire il degrado dell’ambiente»; esso era tuttavia già presente dalla fine degli anni trenta all’interno dell’ordinamento tedesco, anche se è stato formalizzato in alcuni documenti solo a partire dagli anni settanta, come uno degli assi portanti della politica ambiente del governo federale. Nell’ordinamento comunitario – come già visto – il principio di precauzione è stato posto a fondamento dell’azione della Comunità in materia ambientale (art 174 del Trattato CE, oggi 191 TFUE) e, successivamente, è stato previsto dal reg. CE n. 178/2002 come principio generale della legislazione alimentare.

Un’analisi approfondita di tale principio non può ovviamente trovare spazio in questa sede; esso sarà comunque oggetto di studio nel proseguio della trattazione come strumento di gestione dei rischi, non solo ambientali ma anche alimentari, nel contesto dell’Unione europea (vedi infra, cap. 3, par. 7). Pare tuttavia qui opportuno rilevare come il principio di precauzione, quale criterio giuridico di intervento a fronte di situazioni di rischi potenziali, venga distinto dalla strategia prudenziale; pur comportando entrambi un’anticipazione della soglia di tutela, mentre l’applicazione del principio di precauzione appartiene, come appena detto, all’attività di gestione del rischio condotta in condizioni di incertezza scientifica tale da non consentire una valutazione completa di tale rischio, la strategia di prudenza sarebbe invece iscritta nella politica di valutazione dei rischi che è determinata prima di qualunque valutazione dei rischi stessi, v. Comunicazione sul

caratterizza nell’affermazione della legittimità (o, più raramente, della doverosità)

di un intervento, seppur in assenza, o carenza, di dati scientifici sufficienti a

dimostrare con certezza l’esistenza di un rischio, allorché si presenti la possibilità

di un danno alla salute o all’ambiente; si tratta, quindi, di una tecnica normativa di

“tutela avanzata”, che mira a tutelare un valore anche nel caso in cui, essendo il

rischio incerto o potenziale

180

, la lesione non sia attuale e non è detto che si

verificherà

181

.

Un approccio, quello precauzionale-cautelare, che riconosce l’incertezza

come una situazione ricorrente, non dipendente da circostanze contingenti, ma

rappresentante un normale stato di fatto in cui è spesso necessario assumere

decisioni

182

; esso, infatti, si fonda sulla consapevolezza che il diritto debba talora

anticipare la soglia della tutela, intervenendo «even before a causal link has been

established by absolutely clear scientific evidence»

183

. Il principio precauzionale,

come criterio politico-giuridico per l’adozione o la giustificazione a posteriori (es:

giurisprudenziale) di scelte normative e di gestione in condizioni di incertezza

scientifica, consiste dunque in un giudizio normativo di scientificità a favore

dell’esito scientifico maggiormente prudenziale

184

, giudizio che si traduce per i

responsabili politici non solo nella scelta della natura della decisione da adottare

ma, ancor prima, nella scelta tra due opposte alternative, ovvero quelle di agire o

principio di precauzione, cit., p. 13. Cfr., altresì, M.TALLACCHINI, Biotecnologie e diritto della scienza incerta, cit., p. 100 ss.

180 Come sopra accennato, la distinzione tra rischio certo o prababile e rischio incerto o

potenziale è alla base della distinzione tra i principi di prevenzione e precauzione. Il primo si riferisce alla necessità di agire in maniera preventiva di fronte ad un rischio conosciuto e scientificamente dimostrabile; il secondo, invece, postula un intervento finalizzato ad evitare che si producano effetti rischi che, in base ai dati scientifici e tecnici disponibili, risultano soltanto potenziali (infra, cap. 3).

181

Così P. BORGHI, Le declinazioni del principio di precauzione, in Rivista di diritto agrario, 2005, pp. 711-722.

182 K.S. S

HRADER-FRECHETTE, Methodological Rules for Four Classes of Scientific Uncertainty, in J. LEMONS (ed.), Scientific Uncertainty and Environmental Problem Solving, Oxford, Blackwell, 1996, pp. 12-39, ha parlato, a riguardo, di un passaggio da una scienza a due valori, limitata alla valutazione validità-falsità ad una scienza a tre valori, in cui ad essere oggetto di considerazione sono le ipotesi di incertezza e indecidibilità e in cui, quindi, viene in rilievo la questione dell’accettabilità-inaccettabilità del rischio.

Secondo S.O.FUNTOWICZ, Scienza e decisioni di policy, in Notizie di Politeia, cit., p. 25, tale incertezza può essere concepita come temporanea – ovvero teoricamente eliminabile qualora vi fossero il tempo e le risorse per ulteriori indagini – oppure come irriducibile, in quanto insita nella stessa natura della metodologia scientifica. Cfr. J.P.DUPUY, Complexity and Uncertainty a Prudential Approach to Nanotechnology, A contribution to the work in progress of the “Foresighting the New Technology Wave” High-Level Expert Group, European Commission, Brussels, March 2004, il quale rileva che l’incertezza scientifica non sarebbe epistemica, ovvero