CAPITOLO 5: IL RUOLO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI NEL SETTORE ENERGETICO
5.1. LE RELAZIONI INDUSTRIAL
Come è stato possibile comprendere, dal precedente capitolo, la situazione economica non sembra essere delle più virtuose. Con riferimento al mercato del lavoro, si continua a rilevare una carenza occupazionale, non mostrando cenni significativi di ripresa, nella prospettiva di breve periodo. La presenza di disoccupazione è un problema che si ripercuote nel sistema economico comportando la necessità di un intervento attivo da parte delle autorità e dei soggetti competenti, con lo scopo di ricercare una soluzione adeguata. Un ruolo importante viene, in questo modo, attribuito alle cosiddette relazioni industriali.
Come possono essere definite le relazioni industriali? Nel tempo, sono stati identificati vari concetti al fine di delineare questo aspetto, non arrivando, definitivamente, ad un’espressione univoca. Sono state identificate come un “procedimento sociale”, secondo Flanders e Fox, nel quale si converte il dissidio, generato tra le parti coinvolte, in un insieme di norme volte a ridurre lo stesso. Al contrario, una teoria più statica è stata quella definita da Dunlop, nella quale si riconoscono le relazioni industriali come un insieme di elementi, coordinati tra loro, allo scopo di identificare delle regole volte a contrastare il conflitto tra le parti sociali (63).
L’espressione “relazione industriale” nella sua analisi consiste nell’accorpamento di due parole: “relazione”, la quale definisce il legame tra i soggetti in via permanente, ed “industriale”, il quale delinea tutti i settori professionali, indipendentemente dall’appartenenza, o non, a quello manifatturiero. Se si dovesse definire l’espressione “relazioni industriali”, la si definirebbe, pertanto, come il legame che intercorre tra i soggetti operanti nel mercato del lavoro. Essa può essere intesa in senso stretto, riguardante solo datori di lavoro e lavoratori, oppure in senso allargato, comprendendo le associazioni sindacali. Tali soggetti, attraverso un sistema di norme adeguato, identificano gli strumenti idonei per risolvere un conflitto industriale. Le relazioni industriali sono, pertanto, costituite sulla base di vari elementi, quali attori, metodi, condizioni esterne e luoghi. Gli attori coinvolti sono le associazioni datoriali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e lo Stato.
107
Essi, nel rispetto delle norme vigenti, operano tenendo conto sia delle condizioni esterne, di tipo strutturale e politico, sia del luogo al quale fanno riferimento, come luogo di lavoro o settore di appartenenza. L’obiettivo delle associazioni datoriali e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori è quello di risolvere il conflitto in entrata. Questo è possibile attraverso l’utilizzo di alcuni strumenti, quali la regolamentazione individuale, la contrattazione collettiva o la Legge.
Lo Stato e gli enti pubblici sono una delle categorie di attori identificate e possono rappresentare sia la figura del datore di lavoro, per i lavoratori subordinati del settore pubblico, sia la figura del mediatore o del regolatore, nel sistema delle relazioni industriali. In quest’ultimo caso, la funzione consisterebbe nel concordare, modificare o eliminare le iniziative promosse dalle parti sociali.
Le relazioni industriali hanno cominciato ad esistere a seguito della Rivoluzione Industriale. L’Italia è stato uno degli ultimi Paesi ad inserirsi nei processi di tale periodo, a causa dell’atteggiamento restio dei soggetti nei confronti dei temi volti al cambiamento. L’avvio dell’attività industriale ha comportato la nascita dell’associazionismo con lo scopo di favorire il solidarismo fra i lavoratori. La prima difficoltà riscontrata riguardò il mancato adeguamento delle retribuzioni sulla base della variazione del livello dei prezzi. Ovviamente, questo ha comportato i primi dissidi tra le parti, sfociati, poi, in scioperi non sostenibili a lungo dalle economie locali. Un simile scenario ha permesso che assumesse sempre più rilievo il dialogo con le autorità, utile al fine di ricercare soluzioni in termini economici.
Uno degli aspetti essenziali al fine di raggiungere un equilibrato funzionamento della gestione aziendale riguarda quello di provvedere ad una corretta gestione del rapporto tra i soggetti del mercato del lavoro, vale a dire datore di lavoro e lavoratore. Essendo, come più volte accennato, il lavoratore la controparte più debole tra le due, è necessario sussisti un organismo che curi i suoi interessi. Un confronto tra le parti può essere un semplice momento di dialogo per il raggiungimento di un obiettivo comune, non dovuto per forza alla nascita di un conflitto. Instaurare un dialogo tra le parti sociali può rappresentare un momento costruttivo, al fine di adottare nuove strategie e tecniche aziendali. Le strategie adottate per equilibrare il sistema economico si sono rilevate, quasi nella totalità dei casi, come politiche di austerità fiscale e di flessibilità del lavoro. Esse, al contrario, hanno arrecato delle problematiche sfociate, poi, in una situazione di bassa competitività del sistema economico.
108
Le relazioni industriali sono utili al fine di incentivare la competitività ed il rafforzamento delle politiche orientate al progresso sociale. La competitività non ha un impatto rilevante solo ai fini aziendali, anzi, in visione più allargata ha un impatto sulla produttività di un Paese. La crescita della produttività, determinata dal prodotto interno lordo e dalla domanda estera, aiuta a sostenere l’occupazione e l’aumento in termini salariali. La domanda ha un impatto rilevante sulla crescita economica di un Paese.
Secondo l’ideologia di Adam Smith, la crescita del mercato interno dipende in primo luogo dall’andamento del livello salariale, solo successivamente da investimenti, spesa pubblica ed esportazioni nette, qualificati come elementi di cui si compone la domanda del mercato dei beni, in un’ottica di economia aperta. Un’economia aperta, dove avvengono scambi tra diversi Paesi, non comporta esclusivamente aspetti legati al mercato dei beni ovvero al mercato finanziario, ma produce effetti anche nel mercato del lavoro.
La globalizzazione ha infatti reso necessario il riconoscimento di un’organizzazione sovranazionale dei lavoratori, denominata C.A.E. (Comitato Aziendale Europeo) (64), la
quale non si occupa di contrattazione ma di identificazione dei diritti. Essa serve allo scopo di delineare in misura coesa i rapporti, in modo tale da legare la singola azione a quella complessiva.
Osservando le continue evoluzioni del mercato, l’insieme delle associazioni sindacali hanno concordato sulla necessità di porre in essere un aggiornamento al sistema delle relazioni industriali. Il 14 gennaio dell’anno in corso, le organizzazioni sindacali hanno accordato all’unanimità un nuovo modello contrattuale, denominato come “Un moderno sistema di relazioni industriali. Per un modello di sviluppo fondato sull’innovazione e la qualità del lavoro” (65). Un traguardo raggiunto da CGIL-CISL-UIL, le quali, in questo modo,
hanno dimostrato la loro importanza sul mercato. Secondo il segretario della CGIL, Susanna Camusso, il problema della disoccupazione non è attribuibile, come molti pensano, al livello troppo elevato dei salari, piuttosto al fatto che le imprese, negli ultimi anni, si sono concentrate troppo sulla competizione e poco sull’innovazione.
(64) Valentina Cagnin, “I comitati aziendali europei: luci e ombre della nuova direttiva CAE”, Dottoranda di
ricerca in Diritto europeo dei contratti civili, commerciali e del lavoro nell’Università Cà Foscari Venezia, Ricerche Giuridiche, Edizioni Cà Foscari, 2012
109