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responsabilità del soldato e rispetto del principio di autodeterminazione del paziente-soldato

Senza addentrarci nella complessa questione se sia preferibile passare da un’or- ganizzazione paternalistica a un’organizzazione consensuale delle Forze Armate e limitandoci al solo contesto medico militare, evidenziamo che se riteniamo valida la tesi secondo cui la medicina militare non è diversa dalla medicina civile sia in tempo di pace sia in tempo di guerra non possiamo accettare la posizione di coloro che giustificano eticamente la somministrazione ai militari di tratta- menti medici, sia già approvati sia sperimentali, senza chiedere loro il consenso informato. E suggeriamo che muovendo da questo paradigma etico che rispetta il principio di autodeterminazione del paziente-soldato si può continuare a man- tenere la sicurezza delle truppe e l’efficienza militare. Una preoccupazione che, come abbiamo visto, ha costituito l’obiezione principale all’idea di concedere ai pazienti soldati la libertà di scelta e i diritti che valgono nell’ambito non militare. Rivendicare, del resto, il rispetto per la scelta autonoma del paziente soldato non significa riconoscere al soldato il diritto di fare quello che più preferisce senza alcuna considerazione per il contesto professionale in cui la sua scelta si inserisce. C’è, cioè, una responsabilità professionale a cui anche il soldato è chiamato an- che quando deve valutare se acconsentire a un trattamento medico terapeutico o sperimentale. Vale a dire, nel calcolo dei costi e benefici il soldato non solo dovrà tener presente il proprio benessere ma anche le conseguenze che la sua scelta può avere in termini di sicurezza nei confronti dei propri compagni e in termini di efficacia nei confronti della missione. Come è emerso chiaramente da quanto riportato i militari fanno «parte di un gruppo di individui che dipendono gli uni dagli altri sia per la loro sicurezza sia per l’ottenimento degli obiettivi militari. La salute di un individuo non solamente è importante per quell’individuo, ma anche per coloro le cui vite possono dipendere da quella salute»16.

15 Ivi, p. 349.

16 W.J. FitzPatrick e L.L. Zwanziger, “Defending Against Biochemical Warfare: Ethical Issues In- volving the Coercitive Use of Investigational Drugs and Biologics in the Military”, in The Journal

Il paziente-soldato, pertanto, non può ignorare il valore che la sua condizio- ne di salute ha nella dipendenza reciproca che lo lega agli altri militari, e anzi all’interno del paradigma morale che stiamo sostenendo è tenuto a rendersene responsabile in prima persona. Il soldato, infatti, è un essere umano in grado di giudicare moralmente come tutti gli altri e capace di porsi la questione se sia giusto sottoporsi a un farmaco o vaccino sperimentale non solo alla luce dei rischi a cui può andare incontro lui stesso ma anche valutando i rischi a cui possono andare incontro i suoi compagni o i cittadini in caso di insuccesso della missione qualora decidesse di non accettare il trattamento medico. L’essere considerato una persona capace di decidere e di assumersi responsabilità riguardo a scelte in- torno alla propria salute, per altro, può favorire la crescita e il raffinamento delle proprie competenze morali e quindi ridurre i casi in cui i soldati decideranno di sottrarsi ad un trattamento senza aver preso in considerazione attentamente tutti gli aspetti rilevanti. Allo stesso tempo sentirsi rispettati e coinvolti di volta in volta in decisioni importanti che riguardano la propria salute e quella dei propri compagni può portare a far sentire i soldati maggiormente vicini agli obiettivi militari da raggiungere e a sentirsene maggiormente responsabili.17

Il rispetto del principio di autodeterminazione del paziente nel contesto mili- tare implica inoltre il dare una maggiore informazione ai soldati rispetto a quella che generalmente viene loro fornita. Per quanto si possa riconoscere l’esigenza di mantenere segrete alcune informazioni per motivi di sicurezza, si può pensare che il medico militare e gli ufficiali in comando possano sviluppare una capacità di informare adeguatamente il soldato in modo da metterlo nella condizione di poter decidere consapevolmente pur non potendo offrire un’informazione completa su alcune questioni. In fondo, anche nel contesto civile è impensabile che il medico fornisca una completa ed esaustiva informazione, si parla piuttosto di un’informa- zione appropriata e modulata sulla base della persona che di volta in volta si ha di- nanzi. Per altro, sebbene durante una missione si possano avere situazioni di emer- genza che non lasciano spazio per informare e ottenere il consenso, generalmente prima di una missione c’è tempo per dare questa informazione adeguatamente e chiedere ai soldati se accettano di sottoporsi a degli specifici trattamenti.

Un’ultima considerazione da tener presente è che affinché l’esercizio della pra- tica del consenso informato possa effettivamente consentire di rispettare la scelta

of Philosophy, Science & Law, 2003, 3, March, http://jpsl.org/archives/defending-against-bioche- mical-warfare-ethical-issues-involving-coercive-use-investigational-drugs-and-biologics-military/ (ultima consultazione 10 giugno 2014).

autonoma del paziente-soldato, tale pratica dovrà divenire parte integrante della relazione tra medico militare e paziente-soldato. Da un sondaggio fatto a soldati inglesi riguardo alla richiesta di fornire un consenso esplicito alla somministra- zione del vaccino contro l’antrace nella guerra del 2003 in Iraq è emerso come l’introduzione improvvisa di questa pratica esclusivamente per il vaccino contro l’antrace ha alimentato sfiducia nei confronti dei comandi e non ha consentito di apprezzare da parte dei soldati il valore che per loro poteva avere una tale pra- tica.18 Gli autori ricordano che in seguito alla Prima Guerra del Golfo parte dei

veterani inglesi che vi avevano partecipato iniziarono a soffrire di una malattia chiamata “sindrome della Guerra del Golfo” e nell’opinione pubblica si diffuse l’idea che la causa fosse legata al vaccino contro l’antrace a cui erano stati sotto- posti durante la guerra. Alla luce di queste preoccupazioni e considerato che dagli studi eseguiti non erano emerse evidenze che attestavano la correlazione tra il vaccino e la sindrome, nel conflitto contro l’Iraq del 2003 il Ministero della Di- fesa inglese decise di continuare a fornire ai soldati protezione contro la minaccia di armi biologiche attraverso il vaccino contro l’antrace dando però, in questa occasione, una dettagliata informazione sul vaccino ai soldati e chiedendo loro un consenso esplicito alla somministrazione. L’intento era quello di ripristinare un clima di fiducia tra i comandi e i soldati che era stato indebolito da quanto accaduto. Tuttavia, notano gli autori, «una tale politica si adottò solo per il vac- cino per l’antrace e non per tutti gli altri vaccini che quotidianamente venivano somministrati al personale militare». Dunque, venne interpretata come una pro- va che il Ministero della Difesa stava nascondendo informazioni sulla pericolosità del vaccino. Gran parte dei soldati «non credette alle informazioni che erano state fornite e pensò che quella era una strategia per continuare a costringerli a vaccinarsi contro l’antrace»19. Questo sondaggio consente di evidenziare non

solo l’importanza delle relazioni di fiducia nel contesto militare ma anche come l’applicazione sistematica del rispetto del principio di autodeterminazione del paziente-soldato richieda un ripensamento delle condizioni per concedere fiducia e mostrarsi degni di rispondere a essa sia nelle relazioni di cura sia in generale nei rapporti di dipendenza reciproca propri della vita militare. In questo nuovo scenario, un medico militare affidabile rispetterà la volontà del paziente-soldato e un paziente-soldato affidabile saprà valutare attentamente i vari interessi in gioco nel momento in cui decide intorno alle proprie condizioni di salute.

18 D. Murphy, C. Dandeker, O. Horn et al., “UK Armed Forces Responses to an Informed Consent Policy for Anthrax Vaccination: A Paradoxical Effect?”, in Vaccine, 2006, 24, pp. 3109-14. 19 Ivi, p. 3113.

POTEnziaMEnTO in aMBiTO MiliTarE: diScUSSiOnE di alcUnE QUESTiOni MOrali

Maurizio Balistreri