CAPITOLO 4: LA STRUTTURA FINANZIARIA DEL SETTORE
4.3 I RICAVI DA TRAFFICO
Euro 3. Sono sicuramente obiettivi ambiziosi, considerato il numero di mezzi appartenenti a questa categoria ancora in circolazione, ma sicuramente le risorse pubbliche destinate al settore possono contribuire notevolmente a raggiungere questo scopo.
Nel 2019, uno studio condotto da Cassa Depositi e Prestiti ha provato a calcolare gli impatti economici di questi investimenti. In particolare, si stima che tali investimenti potessero generare una crescita annua del PIL dello 0,2% tra il 2019 e il 2023, oltre che la creazione di 110.000 nuovi posti di lavoro. Lo scoppio della pandemia ha ovviamente limitato o addirittura azzerato questi potenziali impatti positivi ed ha anche rallentato il piano di investimento, con importanti risorse statali ancora inutilizzate. L’aspettativa è quindi quella di iniziare a intravedere questi benefici nel giro di 2-3 anni.
stati necessari in seguito al taglio dei finanziamenti pubblici verso il settore: tuttavia, dato che le entrate tariffarie rappresentato solamente il 30% dei ricavi complessivi di un’impresa di TPL, l’aumento dei prezzi medi non è stato in grado di neutralizzare gli effetti negativi del taglio contributivo.
Evoluzione del prezzo dei titoli di viaggio
Fonte: elaborazioni ASSTRA su dati ISTAT Dall’analisi dell’evoluzione dei prezzi dei titoli di viaggio e di quelli relativi ad altre public utilities come rifiuti, gas o energia elettrica, si nota come l’aumento del prezzo dei titoli di viaggio è inferiore rispetto agli aumenti registrati in altri settori, come mostrato nel seguente grafico.
Fonte: elaborazioni ASSTRA su dati ISTAT Intendiamo quindi sottolineare il grande impegno da parte degli Enti locali e delle aziende di trasporto pubblico a mantenere il prezzo dei titoli di viaggio a valori contenuti in modo da rendere i servizi il più possibile accessibili alla popolazione.
In Italia, tra il 2016 e il 2020, il prezzo medio del biglietto urbano è aumentato di circa il 10%, passando da 1,39 euro a 1,50 euro.
Fonte: ASSTRA
Analizzando il prezzo dei titoli di viaggio italiani ed europei notiamo un enorme gap: da questo confronto emerge, infatti, molto chiaramente, come il livello delle tariffe in Italia sia notevolmente inferiore a quello dei principali paesi europei. Tutto ciò, ovviamente, potrebbe causare un impatto più o meno diretto sulla frequenza e sulla qualità del servizio.
Prezzo biglietto singolo urbano
Fonte: ASSTRA Escludendo le città di Valencia e Madrid, in tutte le altri grandi città europee il prezzo del biglietto è maggiore rispetto a quello delle principali città italiane. Germania e Inghilterra mostrano il costo più alto per un singolo biglietto urbano.
Confrontando il prezzo degli abbonamenti, emerge ancora più chiaramente la differenza tra Italia e altri paesi europei. Infatti, a Londra un cittadino deve spendere circa 164 euro mensili per usufruire dei servizi di TPL, in Germania la spesa oscilla tra i 55 e i 111 euro in base alla città, mentre in Italia il costo è estremamente più basso, variando tra i 35 euro di Roma e i 42 euro di Napoli.
Il livello dei prezzi così basso è giustificato, da parte delle pubbliche amministrazioni, come la volontà di rendere il servizio accessibile a tutti, anche alle classi meno abbienti. Si prediligono quindi gli aspetti sociali piuttosto che quelli di redditività aziendale. Tuttavia, confrontando il prezzo dell’abbonamento mensile col reddito medio dei diversi paesi, risulta che in Italia vi siano ancora
grandi margini per modificare il prezzo del titolo di viaggio e mantenere l’obiettivo di rendere il servizio accessibile a tutti. Registriamo, infatti, nel nostro paese, un valore del 2,1% dal rapporto tra costo dell’abbonamento e reddito medio mensile, molto inferiore rispetto ai valori degli altri paesi europei.
Costo medio abbonamento/reddito medio mensile pro-capite
Fonte: ASSTRA Considerando tutte queste problematiche, risulta evidente che la redditività aziendale sia piuttosto bassa, anche e soprattutto a causa dello scarso sviluppo della voce “altri ricavi”, da cui le imprese potrebbero ottenere una buona parte del loro profitto. È probabilmente necessario, quindi, rivedere alcune strategie di gestione del TPL, in primis quella di determinazione delle tariffe.
Altro problema del settore del TPL italiano è rappresentato dalla scarsa efficienza con cui operano le imprese. Uno dei migliori indici per valutare il grado di efficienza è il grado di copertura dei costi operativi che l’impresa ottiene grazie alle entrate tariffarie, dato dal rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi. Il Decreto-legislativo 422/1997 ha stabilito il 35% come valore obiettivo per questo indice, che rappresenta anche un ottimo indicatore riguardo la capacità di un’impresa di rafforzare la sua posizione competitiva, in quanto più autonoma imprenditorialmente. Nel 2018, la media nazionale di questo indice ha raggiunto il 34,6%, registrando un aumento di 3 punti percentuali rispetto ai due anni precedenti e avvicinandosi considerevolmente al valore obiettivo. Si continuano ad osservare, però, notevoli differenze territoriali, con alcune grandi città che superano già da anni e abbondantemente il valore obiettivo, e altri territori che invece sono ancora lontani dal valore del 35%
dal rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi.
L’aumento di questo indice, molto spesso, è anche sinonimo dell’aumento della domanda e del miglioramento dell’efficienza aziendale. Si registra, infatti, fino al 2019 (anno precedente lo scoppio della pandemia) un progressivo aumento dei ricavi da traffico per le imprese. La crescita maggiore si è osservata nel Centro Italia (+15,4%) e nel Sud (+15,8%), zone dove però l’obiettivo del 35% era ancora lontano. Nel Nord del paese, invece, l’obiettivo è già stato raggiunto da più di 5 anni.
Molti esperti ritengono che una possibile soluzione a queste problematiche di redditività del settore del TPL possa essere rappresentata dall’applicazione del metodo del “price cap” per la determinazione del prezzo dei titoli di viaggio. Questo metodo prevede che il calcolo delle tariffe segue l’andamento dell’inflazione, in modo da ottimizzare le entrate per le imprese.