• Non ci sono risultati.

IV L'esperienza di ASA

6.2 La ricerca di ASA

ASA, acronimo di Art as Art, è portatore di significato che racchiude e sintetizza la poetica e la ricerca del collettivo:

152 Con “serata futurista” si intende uno spettacolo provocatorio, messo in scena da F. T. Marinetti, fondatore dell'avanguardia storica del Futurismo, all'interno della quale venivano letti manifesti futuristi, poesie ed eseguiti brani musicali appartenenti all'ideologia del movimento. Le serate avevano una nota provocatoria che generava caos tra il pubblico, causando delle vere e proprie risse che culminavano con l'arrivo della polizia. L'intendo dei futuristi era quello di compiere un'azione sovversiva che portasse alla ribalta il loro movimento artistico attraverso lo scandalo.

““Arte in quanto arte” scriveva Ad Reinhardt nel 1962, e proprio da questa sentenza comincia il nostro percorso.

Artasart è ispirazione, è consapevolezza ispirata da un quotidiano che spesso mortifica l’ esperienza artistica e priva della possibilità di poter scegliere, di concedersi un’ alternativa. Artasart è “pensiero educato”, poiché la creatività è prima di tutto fucina dinamica, cosciente e flessibile di idee.

Artasart è situazione e accadimento, vuole interessare i sensi e sollecitare adesione psicofisica. Artasart è condivisione e partecipazione, un progetto che nasce da uno scambio di idee e conoscenze e che intende instaurare relazioni con tutti coloro che ne faranno esperienza.

Artasart è espressione, libera, nuda, appassionata e sensibile.

Dalla performance musicale alla pittura, non c'è nulla che non possa essere raccontato.

Ma soprattutto Artasart sono le persone che scelgono di intraprendere questo percorso, una comunione di anime che si accompagnano e comprendono con lo scopo di comunicare, di mettersi in discussione e sperimentare tra i linguaggi del sentire, della visione e della relazione. Artasart siamo noi, insieme.”

ASA 153

Dalla spiegazione che gli stessi artisti offrono del loro nome, si intuisce che la ricerca di ASA è determinata dalla necessità di creare un'interazione con l'altro, dalla voglia di ricostruire un contatto non solo con il nostro intimo sopito, ma anche con chi ci sta attorno e si relaziona con noi nel nostro quotidiano. L'obiettivo diventa creare un'azione che generi un'esperienza legata all'umano e che non sia fine a se stessa, ma portatrice di significato e di domande.

Dopo gli “eventi” alla George Brecht154 che fanno parte del primo studio, ASA è transitato in un'arte

di tipo “relazionale”, se così si può dire, anche se loro stessi non amano definire troppo quello che fanno:

“...è difficile stabilire cosa può essere arte e cosa no e sono convinto che una definizione troppo netta rispetto ad un'azione o situazione possa essere castrante.” (D. Costa)

Con queste parole, Daniele Costa ci spiega che tutto ciò che ASA produce non nasce per essere definito arte, ma nasce dalla necessità di riportare alla luce dei concetti e delle situazioni che

153 http://artasartblr.tumblr.com/

154 George Brecht, fondatore del movimento Fluxus. Creatore degli Event. Sono entità realizzate che possiedono una vita propria. Negli “eventi” ci sono oggetti, spazio, tempo e possibilità di modulare e cambiare continuamente l'ambiente. Vengono definiti dallo stesso Brecht: "pezzi di teatro brevi ed elementari caratterizzati dalle stesse qualità alogiche dei dettagli degli happening (...). Gli 'events' non sono compartimenti, ma formalmente, se non espressivamente, equivalgono a singoli compartimenti di happening" .

viviamo tutti i giorni ma non “sentiamo”. Scopo del gruppo è svegliarci, staccarci dalla nostra routine, e regalarci nuovi interrogativi sui quali riflettere.

Ciò di cui si sono resi conto gli artisti, nel tempo, è che sicuramente la struttura interna del gruppoe la loro ricerca intellettuale si sta dirigendo verso un'azione performativa più consapevole. Il luogo, le azioni, gli oggetti con i quali costruiscono la “scena” delle performance, non sono casuali ma diventano portatori di significato e servono per generare una nuova coscienza, consapevolezza nel

partecipante che non si trova più in un contesto passivo ma abita, in quella occasione, un ambiente apparentemente neutro all'interno del quale può ricercare e rintracciare un senso che si rivela durante l'azione.

“Il novanta percento di quello che noi creiamo in un luogo è un immagine di quello che noi abbiamo in testa, ma che nella realtà viene trasposto in un modo completamente diverso, per quanto possiamo ipotizzare una determinata azione, nel momento in cui si interagisce con delle persone esterne ed ignare del nostro obiettivo di fondo, il dato che ne viene fuori non è calcolabile. Le persone si sentono libere di agire ed interagire e tale libertà non può essere né calcolata né del tutto programmata.” (D. Costa)

E' importante osservare come chi partecipa alle performance di ASA non è un soggetto casuale, ma viene scelto dagli stessi artisti in base all'interesse per quello che viene fatto e per la voglia di mettersi in gioco. Di solito il gruppo preferisce scegliere persone che non si conoscono tra di loro in modo da evitare influenze e inibizioni psicologiche durante l'azione, e ad essi viene chiesto di

essere il più spontanei possibili e vicini con se stessi.

“La nostra selezione, si basa sull'interesse che le persone dimostrano rispetto al lavoro che svolgiamo, con alcuni di loro si è creata una vera e propria collaborazione anche se tacita. É importante per noi capire che, chi partecipa alle nostre performance lo fa in modo sentito.“ ( Daniele Costa )

Il punto di partenza di ASA sono le persone che diventano esse stesse la vera e propria performance, questa caratteristica è centrale nell'esperienza del gruppo, che scelgono di affidarsi totalmente ai partecipanti delle loro azioni performative.

“...noi mettiamo nelle mani dello spettatore, che diventa lui stesso performer, la nostra idea e ricerca.” ( D. Costa )

Possiamo leggere un totale atto di fiducia da parte degli artisti che coraggiosamente abbandonano le redini del controllo e si affidano alla pura (in)coscienza dell'umano.

I ragazzi, nelle quindici performance, si sono confrontati con il loro stesso “ruolo”, cercando di capire che tipo di posizione assumere durante l'azione, per non “intaccare” lo sguardo dei partecipanti che si elevano a performer. Il loro modo di relazionarsi con l'altro cambia di volta in volta: se inizialmente avevano un'attenzione più diretta e da guida, nel tempo si staccano da questo tipo di contatto, ponendosi solo come “specchi dell'azione” o, come nel caso della performance #14, rimanendo delle vere e proprie assenze.

“Quella è stata forse, la prima performance in assoluto, dove noi non abbiamo guidato, e supportato in modo diretto il partecipante, ma lo abbiamo affidato a se stesso e al luogo che gli avevamo “costruito”.” ( C. Schievano – riferimento alla performance #14 ).