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Trasformazione: il cambio di status che avviene dopo il trasporto e che può acquisire una

2 4 La performance tra arte e vita

2. Trasformazione: il cambio di status che avviene dopo il trasporto e che può acquisire una

dimensione reale.

Nella fase che riguarda il trasporto, il performer e l'astante si trovano in una condizione mentale creativa e aperta al cambiamento, dal modo indicativo della realtà passano al modo congiuntivo delle possibilità, condizione che permette al performer di “agire” sull'astante da un punto di vista psico-fisico e razionale. In questo flusso libero di interazione la mente di entrambe le parti si ritrova libera nel poter comporre molteplici associazioni interiori e relazioni con altri performer. La fluidità e l'apertura che si verifica in questa circostanza potrebbe concludersi, dal punto di vista antropologico con la trasformazione, fase nella quale l'individuo attua un cambio di status permanente o momentaneo.72 Possiamo notare come il trasporto e la trasformazione, sono due fasi

che stanno alla base dell'esperienza, esse non corrispondono ad un genere di performance, ma sono delle condizioni che si verificano nel momento in cui avviene un “processo di dislocazione del corpo personale in uno spazio e in un tempo fittizi, sviluppato attraverso azioni di vario genere”.73

Come avviene nel contesto delle performing art, le attività svolte, spesso, si basano su azioni ripetitive le quali attraverso processi di manipolazione indotti dall'artista, coinvolgono anche l'astante. In queste circostanze la reiterazione di azioni definite, che replicano alcune situazioni svolte durante la vita quotidiana, innescano dei fenomeni di riconfigurazione neurale riferiti al modello della “plasticità hebbiana”74che influenzano la percezione dell'ambiente esterno. Questo

processo innesca delle modifiche cerebrali concrete poiché si struttura all'interno di un ordine di azioni familiari, che viene ricodificato attraverso emozioni e sentimenti diversi rispetto al contesto del sé abituale. L'esperienza che si costruisce, a prescindere dalla durata delle modificazioni psichiche che comporta, è vissuta in modo gratificante durante la performance, questo stato di benessere si riflette sull'esistenza quotidiana del singolo e nelle relazioni sociali che esso intercorre. Questo coinvolgimento che si sviluppa tramite l'azione riconfigura nella mente dell'individuo una 72 R. Schechner, La teoria della performance (1970 1987), Bulzoni, Roma cit., p.182

73 E. G. Carlotti, Teorie e visioni dell'esperienza "teatrale": L'arte performativa tra natura e culture. Torino: Accademia University Press, 2014.

74 J. Le Doux, Il Sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002.

nuova coscienza.75 Questa nuova coscienza che emerge attraverso l'atto, Damasio la spiega secondo

tale ipotesi:

“La coscienza inizia quando il cervello acquisisce il potere – il semplice potere, va aggiunto – di raccontare una storia senza parole che si svolge entro i confini del corpo, la storia della vita che scandisce il tempo in un organismo e degli stati dell’organismo vivente, stati che vengono continuamente alterati dall’incontro con oggetti o eventi dell’ambiente come pure da pensieri e da assestamenti interni del processo vitale. La coscienza emerge quando questa storia primordiale – la storia di un oggetto che cambia casualmente lo stato del corpo – può essere raccontata usando il vocabolario universale dei segnali corporei non verbali. Il sé apparente emerge come sentimento di un sentimento. Quando la storia viene raccontata la prima volta, spontaneamente, senza essere mai stata richiesta – e poi sempre, ogni volta che viene ripetuta – la conoscenza di ciò che l’organismo sta vivendo emerge automaticamente in risposta a una domanda mai posta. Da quel momento, comincia il nostro conoscere.”76

Quindi si potrebbe dire che un'azione cosciente rappresenta la nostra essenza, intesa come realtà individuale, che ci permette di considerare il nostro corpo non come “cosa fra cose” ma come la nostra possibilità di “essere-nel-mondo”, come sostiene Merleau Ponty77 riprendendo il concetto di

“In-der-Welt-sein” dedotto da Husserl. Infatti, attraverso il corpo noi comunichiamo in modo spontaneo, pre-logico, nei nostri movimenti e nei nostri comportamenti è impressa una memoria che viene rievocata in modo inconscio durante la comunicazione con l'altro creando un sistema di connessione intercorporale che Ponty descrive così:

“Tutto avviene come se l’intenzione dell’altro abitasse il mio corpo e come se le mie intenzioni abitassero il suo. Il testo di cui sono testimone traccia come il disegno punteggiato di un oggetto intenzionale. Questo oggetto diviene attuale ed è pienamente compreso quando i poteri del mio corpo vi si conformano e combaciano con esso. Il gesto è di fronte a me come un quesito, mi indica certi punti sensibili del mondo ove mi invita a raggiungerlo. La comunicazione si compie quando la mia condotta trova in questo cammino il suo proprio cammino. Così, io confermo l’altro e l’altro conferma me.”

Detto ciò, la connessione e comunicazione inter-corporale si configura come un processo rintracciabile nella performing art. La compresenza del performer e dell'astante, permette al primo 75 A. Pontremoli, Teorie e tecniche del teatro educativo e sociale, Utet, Torino, 2005, p. 8-11

76 A. Damasio, Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, 2000, Cit., p. 47

77 M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception. Parigi: Gallimard (tr. it. Fenomenologia della percezione, Milano, Il Saggiatore, 1965).

di ricreare quelle condizioni relazionali “originarie” nella mente del secondo, con lo scopo di produrre una communitas. Per communitas intendiamo quello stato nel quale non vi è una gerarchia sociale e l'interazione avviene attraverso l'immediatezza intesa come “l’essere l’uno con l’altro, un fluire dell’Io al Tu”78 nel quale – come ci tiene a sottolineare Turner – il soggetto mantiene la sua

individualità che viene inclusa in una collettività. In questo incontro fluido di corpi si crea così uno scambio di ruoli e relazioni, mediato dall'artista.

Questa mediazione tra artista e astante all'interno della performing art ha vissuto varie tappe che verranno codificate nel prossimo capitolo. Ciò che emerge in tale contesto è come effettivamente attraverso l'azione, che si svolge in un contesto performativo, si può ricostruire l'esperienza perduta del singolo che lo reintegra nella comunità. L'artista prende le forme di uno sciamano, che attraverso la performance costruisce una “partecipazione autentica”, basata su una reale relazione che avviene faccia a faccia e non mediata da un apparecchio tecnologico.

78 V. Turner, Anthropology of Performance. New York: PAJ Publications. (tr. it. Antropologia della Performance, Bologna: Il Mulino, 1993)