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Yoko Ono – Cut Piece

IV Il rapporto tra performer e spettatore nella performance art: Joseph Beuys, Yoko Ono, Marina Abramovic

4.2 Yoko Ono – Cut Piece

Yoko Ono nasce il 18 febbraio del 1933 a Tokyo in Giappone, la sua infanzia viene marchiata dalla guerra ed insieme alla famiglia si trasferisce in America, luogo nel quale inizia il suo percorso d'artista. Giunta a New York, entra in contatto con gli artisti delle nuove avanguardie e conosce George Maciunas, che in quegli anni fonderà il movimento dei Fluxus nel quale la Ono compie i suoi primi passi.

La produzione della Ono è eclettica dalla musica si passa alla performance art fino ai film sperimentali, nel tempo dimostra un temperamento audace che la porta a lottare contro il sistema, non

arrendendosi mai, nemmeno davanti alle critiche spietate poste da Brian Sewell nella rivista londinese London Evening Standard nel quale scrive di lei:

“Non ha creato nulla e non ha contribuito a niente, è semplicemente stata un riflesso del suo tempo... Penso che sia una dilettante, una donna molto ricca che sposò qualcuno che aveva del talento ed era la forza trainante dietro i Beatles. Se non fosse stata la vedova di John Lennon, adesso sarebbe stata totalmente dimenticata... Yoko Ono era semplicemente un parassita. Avete visto le sue sculture o i suoi quadri? Sono tutti orribili.”116

Le critiche di Sewell sono molto dure nei confronti della Ono, egli non è l'unico a schierarsi in modo così feroce su di lei, e questo perché l'artista ha sempre “accusato” la presenza accanto a lei del marito John Lennon, figura eclettica conosciuta inizialmente come membro del gruppo Inglese The Beatles e poi come attivista e cantautore, assassinato a New York l'8 Dicembre del 1980. Il rapporto tra la Ono e Lennon è simbiotico, essi non solo producono insieme molte opere musicali, ma combattono le stesse battaglie per i diritti dell'uomo. Famoso è il loro Bed-In (1969) un sit-in in un letto matrimoniale, che dura due settimane e si svolge tra Amsterdam e Montreal, quest'azione rappresenta un modo non violento per manifestare contro le guerre. L'affiatamento tra i due mette in ombra la figura della Ono considerata non come artista, ma come compagna di Lennon.

Le prime opere dell'artista giapponese risalgono alla fine degli anni '50 periodo in cui inizia a sviluppare un'arte di tipo concettuale che vede la realizzazione di un libro-opera dal nome Grapefruit (1964), una raccolta di pensieri espressi in forma di haiku che la stessa artista definisce come: "un manuale di istruzioni per l’arte e per la vita" .

In quegli stessi anni oltre a dedicarsi alla produzione di alcuni film sperimentali, la Ono realizza Cut Piece, una delle performance più significative del suo tempo che destruttura e ristruttura il rapporto tra performer e pubblico, portando a galla diversi contenuti sociali. La performance viene svolta per la prima volta nel 1964 al Yamaichi Concert Hall di Kyoto, per poi essere riproposta a Tokyo, Londra, New York e nel 2003 a Parigi. Questa performance è emblematica perché è soggetta a diverse interpretazioni che la vedono legata ad un'espressione femminista oppure ad un'azione liberatoria.

L'azione si svolge su un palcoscenico dove l'artista è seduta a gambe incrociate con accanto delle forbici, compito dello spettatore è salire sul palco è tagliare il vestito indossato dalla performer con la possibilità di portare con se il brandello. L'azione è d'impatto non solo per lo spettatore, che per la prima volta si ritrova ad agire in modo così libero e privo di regole sul corpo dell'artista, ma è un momento delicato anche per la Ono che sa benissimo di trovarsi in una condizione di vulnerabilità assoluta che da soggetto la farà diventare oggetto. L'atteggiamento del pubblico, inizialmente sconcertato ed inibito nel compiere quell'azione così poco conforme, si scioglie con il passare del tempo diventando complice di quello che si sarebbe rivelato un atto aggressivo. Ciò che importante considerare è che per l'artista non si tratta di ridurre a brandelli un vestito, che si posa su di un corpo femminile, il che lo rende di base provocatorio, ma è importante osservare il comportamento dei partecipanti. Il corpo dell'artista prende sempre di più le sembianze di un oggetto che vede il proprio culmine nel momento in cui uno spettatore decide ti tagliare, senza ritegno, le bretelle del reggiseno indossato dalla Ono costringendola a coprirsi il seno con le mani. Come scrive Peggy Phelan:

“In this performance Ono sat on a stage and invited the audience to approach her and cut away her clothing, so it gradually fell away from her body. Challenging the neutrality of the relationship between viewer and art object, Ono presented a situation in which the viewer was implicated in the potentially aggressive act of unveiling the female body, which served historically as one such ‘neutral’ and anonymous subject for art. Emphasizing the reciprocal way in which viewers and subjects become objects or each other, Cut Piece also demonstrates how viewing without responsibility has the potential to harm or even destroy the object of perception.”117

Come in ogni performance il grado di prevedibilità è pressoché nullo, l'artista può cercare di manipolare lo spettatore e condurlo verso l'azione da lui stabilita, ma non sempre è così. In questa performance la Ono offre allo spettatore un gesto di libertà, che si tramuta in un atteggiamento 117P. Phelan, Art and Feminism, Phaidon Press , London, 2012

sfacciato. Come si vede nel video che documenta l'azione, la passività dell'artista davanti a qualsiasi tipo di azione o provocazione verbale, potrebbe anche essere interpretato come la condizione della donna in una società ancora maschilista. Ma durante un intervista fatta da Carolyn Boriss-Krimsky la Ono chiarisce che questa performance nasce con l'intento di dare qualcosa allo spettatore, attraverso la libertà d'azione, non c'è nulla di definito e non vi è nemmeno un'accezione negativa o positiva di un determinato atteggiamento che si crea durante la performance.118 Lei stessa scrive:

“Instead of giving the audience what the artist chooses to give, the artist gives what the audience

chooses to take. That is to say, you cut and take whatever part you want; that was my feeling about its purpose. I went onto the stage wearing the best suit I had. To think that it would be OK to use the cheapest clothes because it was going to be cut anyway would be wrong; it’s against my intentions. I was poor at the time, and it was hard. This event I repeated in several different places, and my wardrobe got smaller and smaller. However, when I sat on stage in front of the audience, I felt that this was my genuine contribution. This is how I really felt. The audience was quiet and still, and I felt that everyone was holding their breath. While I was doing it, I was staring into space. I felt kind of like I was praying. I also felt that I was willingly sacrificing myself.”119

In quella situazione come scrive Edward Lucie-Smith:

“l’artista non crea qualcosa di separato e chiuso, ma piuttosto fa qualcosa per rendere lo spettatore più aperto, più consapevole di se stesso e del suo ambiente”120.

Mostrare in quegli anni il proprio corpo ed offrirlo liberamente al pubblico, ha un valore liberatorio, come se ci si stesse denudando del proprio sé, non solo per l'artista che in quel momento “subisce” l'azione, ma anche per lo spettatore che taglia i suoi vestiti. Si crea un rapporto simbiotico dove la Ono propone alle persone di attuare nei suoi confronti un gesto rivoluzionario, che può essere interpretato secondo la propria sensibilità.

La potenza di questa performance risiede nell'azione stessa e la rende adatta a qualsiasi tempo, nel 2003 l'artista giapponese decide di riproporla a Parigi per comunicare un messaggio di pace, in un momento in cui l'America ed il mondo iniziano una nuova battaglia contro il terrorismo. Nonostante 118http://www.a-i-u.net/multimedia_pioneer3.html

119Yoko Ono, “If I Don’t Give Birth Now, I Will Never Be Able To,” Just Me! The Very First Autobiographical Essay by the World’s Most Famous Japanese Woman, Tokyo: Kodansha International, 1986, 34–36

120G. Lacedra, Yoko Ono. La bambina dell'oceano diventa performer, articolo su Wall Strett International. 2014. http://wsimag.com/it/arte/9556-yoko-ono

il tempo sia passato e Yoko Ono in quell'azione ha 70 anni, negli occhi si legge ancora la fierezza di una donna che non si stanca di lottare per i diritti dell'uomo e del mondo attraverso la propria arte. A tutti quelli che quella sera a Parigi hanno partecipato alla performance l'artista li invita a spedire il lembo del vestito ad una persona a loro cara, in segno di fratellanza, dimostrando ancora una

volta che oggi è necessario essere più consapevoli di se stessi e del prossimo.