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ALLA RICERCA DI UNO SGUARDO SOMMARIO

Nel documento Il libro unico di Roberto Calasso (pagine 86-103)

Come accennato, Calasso correda gran parte dei libri dell’«opera in corso» di un repertorio iconografico da lui accuratamente scelto. È un processo che può in parte essere accostato a un compito, la selezione di immagini per le copertine, che in Adelphi ha svolto personalmente per lunghissimo tempo; lo racconta nell’Impronta dell’editore:

L’editore che sceglie una copertina – lo sappia o no – è l’ultimo, il più umile e oscuro discendente della stirpe di coloro che praticano l’arte dell’ecfrasi, ma applicata questa volta a rovescio, quindi tentando di trovare l’equivalente o l’analogon di un testo in una singola immagine.289

Questa delicatissima operazione analogica è stata declinata in modi diversi nei nove volumi dell’«opera in corso». Per i primi quattro non era inizialmente previsto un apparato iconografico, e ne rimane priva La rovina di Kasch; Le nozze di Cadmo e

Armonia, Ka e K., che non lo presentavano nella prima edizione, sono poi stati

ripubblicati con inserti figurativi nei più significativi snodi peritestuali (inizio di volume e di capitolo, elenco delle fonti citate, glossari, ecc.), secondo una modalità poi riproposta nell’Ardore; Il cacciatore celeste e L’innominabile attuale sono invece spogli. Diversi sono i casi del Rosa Tiepolo e della Folie Baudelaire, in cui le immagini dialogano direttamente con il testo, inserendosi nella narrazione. Proprio raccontando la genesi del primo di questi due volumi illustrati, Calasso spiegava in un’intervista del 2007 a Umberto Eco che, lungi dall’avere un valore meramente esornativo, le immagini contenute in questi libri hanno un portato ermeneutico di primaria importanza:

ECO. […] che bisogno c’era di figure? Il tuo libro in realtà è un modello di ekfrasi, ovvero di resa delle immagini col solo mezzo delle parole. Per l’edizione economica

289 IE, p. 21.

Glorificare il culto delle immagini (mia grande, mia unica, mia primitiva passione)

suggerisco di togliere tutte le illustrazioni. […]

CALASSO. Qui siamo diversi. Per te le immagini sono nomos, regola e ragione. Per me sono physis, hanno una natura e una storia loro propria.290

Per comprendere appieno il significato di questi corredi figurativi è necessario guardare all’«opera in corso» nella sua interezza. Soltanto così queste immagini si rivelano parti integranti del percorso che con i suoi nove volumi – a cui si deve aggiungere

L’impuro folle, anch’esso illustrato – Calasso desidera portare avanti. È perciò

fondamentale interrogarsi su quale sia il significato che Calasso attribuisce alle immagini in sé. È lui stesso a spiegarlo, in un saggio messo in appendice alla ricca riedizione delle

Nozze di Cadmo e Armonia uscita nel 2009 come pubblicazione fuori collana. Si tratta di

una terza versione del volume del 1988, già nel 2004 ripubblicato con immagini provenienti da raccolte antiquarie di vario genere (L’antiquité expliquée di Bernard de Montfaucon, l’Ausführliches Lexikon der griechischen und römischen Mythologie di Wilhelm Heinrich Roscher, Die Entführung der Europa auf antiken Kunstwerken di Otto Jahn e uno studio su Zeus di Arthur Bernard Cook). In questa nuova proposta, apparsa nel 2008 come strenna per il Monte dei Paschi di Siena e poi ripubblicata, Calasso porta il numero degli inserti da 12 a 384. Il bacino di selezione delle immagini è allargato alle arti di ogni tempo; ogni capitolo si apre con una xilografia dall’edizione aldina dell’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna (entrata nel catalogo Adelphi nel 1998) e il testo viene seguito da un breve saggio dal titolo Lo sguardo sommario. Questo scritto parla di un libro che Gottfried Benn racconta di aver sfogliato in caserma durante il secondo conflitto mondiale: una raccolta di figure femminili nell’arte europea. Da tale lettura, Benn viene colpito al punto da trarne una sezione fra le più ispirate del Romanzo

del fenotipo. In una lettera a un amico, Benn formula a riguardo un’ipotesi: alla base

dell’ispirazione letteraria c’è uno «sguardo sommario», cioè uno sguardo che «scarta i passaggi, toglie via i secoli, le filologie, le categorizzazioni».291 Quello che è successo a Benn, secondo Calasso, è di essere stato colpito, scorrendo le pagine del libro, dalla «massa visionaria» delle sue figure: «era un accenno al modo primario e primordiale in cui si manifestano e agiscono le immagini, precedente – in senso metafisico e psichico –

290 M. SMARGIASSI, Tiepolo, nuvole e serpenti, «la Repubblica», 18 maggio 2007.

291 NCA2009, p. 483. Il saggio che chiude il volume è riproposto anche in forma di articolo: R. CALASSO,

al loro disporsi in drappelli nei recinti della storia».292 Ogni nostro rapporto con le immagini si spiega, secondo Calasso, solo comprendendo come esse siano inscritte nella nostra conformazione psichica. Nell’«opera in corso», la mente viene a più riprese associata a una superficie liquida, sul modello di una scena contenuta nel Ṛg Veda in cui la materia mentale è presentata come indistinta distesa d’acqua;293 a questa fa eco una vicenda contenuta nel De antro nympharum di Porfirio che racconta come le Ninfe fecero dono ad Apollo delle «acque mentali».294 La fisionomia della mente è uno dei temi più importanti dell’«opera in corso», che tratterò in maniera approfondita nella seconda parte del lavoro; per il momento, accenno soltanto al fatto che questa visione “fluida” della mente influenza anche la concezione calassiana del pensiero. Dalle acque della psiche, infatti, in ogni momento e in maniera imprevedibile, possono emergere delle figure:

Prima di rivestirsi con un qualsiasi altro nome – fosse anche divino –, ogni immagine è un fantasma mentale. E, dopo aver circolato per il mondo assumendo epiteti, etichette, funzioni e poteri, e depositandosi in simulacri, alla fine torna a immergersi nel continuo mentale.295

La forma primigenia del pensiero, per Calasso, è proprio quella racchiusa nei profili che si stagliano improvvisamente sul fluido mentale; tale modalità si manifesta nella nostra capacità di intuire corrispondenze fra gli oggetti più disparati, di creare analogie, di andare oltre i dati sensibili. Il pensiero rivela quindi una natura fantasmatica, perché la mente è un luogo di epifanie, che sono una sua forma primordiale, ancora non articolata in parole. Uno dei tratti caratteristici dell’«innominabile attuale» è per Calasso proprio il mancato riconoscimento del portato cognitivo delle immagini; l’indifferenza generale nei confronti di tale portato motiva la fiera rivendicazione di autonomia delle immagini stesse indirizzata a Eco. A partire dalla seconda metà del Novecento, in effetti, l’attenzione per le immagini mentali è andata rafforzandosi, senza però che venisse scalfita la propensione ad assegnare alle immagini mentali un ruolo marginale, ausiliario, nei processi cognitivi. A tutt’oggi predomina la tesi per cui il fondamento del pensiero risiede nel linguaggio o

292 NCA2009, p. 485.

293 Cfr. Ṛg Veda X. 129.

294 Cfr. PORFIRIO, L’antro delle Ninfe, introduzione, traduzione e commento a cura di L. Simonini, Milano,

Adelphi, 1986.

comunque in forme della rappresentazione diverse da quelle iconiche. In un’intervista successiva alla pubblicazione della versione speciale delle Nozze, Calasso lamentava proprio l’insensibilità del mondo contemporaneo nei confronti delle immagini:

È un vecchio e un po’ comico luogo comune quello della “civiltà dell’immagine”. Che ha senso solo se si intende come “civiltà della produzione ininterrotta di immagini”. Mentre, se si parla della comprensione delle immagini, credo che la nostra dovrebbe essere considerata una delle civiltà più rudimentali.296

Vivendo in un continuo proliferare delle immagini, il nostro tempo ha perso la capacità di riconoscerle come simulacri, abitanti evanescenti della nostra psiche; esse vengono recepite come dati inerti e non indagate ulteriormente. In un certo senso allora, la rassegna di immagini pregnanti, accuratamente selezionate, nell’«opera in corso» mira a riaccendere nella mente del lettore, attraverso il potere delle figure stesse, una rete di connessioni che strutturalmente le appartiene. Noi non possiamo rinunciare a quel particolare tipo di pensiero meticciato con le immagini: la possibilità del pensiero analogico, insita nella conformazione della nostra psiche, ci è data permanentemente.

Questo potenziale infinito della mente, con la sua estrema pericolosità – può infatti portare il soggetto a perdersi fra i propri fantasmi – è da sempre al centro degli interessi di Calasso; nell’Impuro folle, il delirio del presidente Schreber è connesso al suo particolare rapporto con le immagini. L’influsso conturbante di quest’ultime deve agire anche sul lettore e per questo, fin dalla prima edizione, una serie di inserti figurativi inframmezza la narrazione, pur non mescolandosi a essa come nei volumi degli anni Zero: le immagini si trovano infatti su un diverso tipo di supporto – pagine in carta lucida e patinata che si inseriscono fra le consuete adelphiane, opache e dalla grammatura pesante –, accompagnate da una didascalia che indica il luogo del testo in cui sono state, per così dire, evocate. Questa modalità di rapporto col lettore è particolarmente congeniale all’«opera in corso» e massimamente adatta ai volumi più direttamente incentrati su quel “pensiero per immagini” che è il mito; così, la versione deluxe delle Nozze di Cadmo e

Armonia, pur nella singolarità del suo formato, è per Calasso la sola che corrisponda

296 A.GNOLI, Quando il mito creò l’immagine. Le nuove “nozze” di Calasso, «l’Espresso», 13 ottobre

davvero al testo:

Le Nozze nella versione con immagini è un libro impossibile secondo i criteri attuali (per i costi, il formato, l’impostazione), ma al tempo stesso quella forma era l’unica che corrispondesse al testo. Per l’autore, è un libro parallelo, una variazione del tutto autonoma rispetto al testo originale. Del resto, il rapporto con l’immagine effettivamente mi accompagna fin dal mio primo libro, L’impuro folle, che è del 1974 e già allora si presentava come un romanzo con immagini, anche piuttosto sconcertanti, intercalate al testo. Più tardi, con Il rosa Tiepolo e La Folie Baudelaire, quel rapporto sarebbe diventato ancora più evidente.297

Nel 2017, con la ripubblicazione dell’Impuro folle e il suo ingresso nella collana economica «gli Adelphi», le immagini entrano a contatto diretto con il testo, proprio come nei casi del Rosa Tiepolo e della Folie. Similmente a quanto avviene in questi tasselli più tardi dell’«opera in corso», nell’Impuro folle le figure interagiscono con il contenuto del libro in maniera originale e vi apportano un sovrappiù di senso, come è chiaro fin dalla prima fotografia che compare – un ritratto dello psichiatra tedesco Flesching, medico curante di Daniel Paul Schreber – della quale viene subito indicato il valore «allegorico».298 Spesso nell’«opera in corso» le fotografie dei protagonisti sono scelte per il loro portato emblematico; c’è in Calasso una sorta di fede fisiognomica, connessa alla rilevanza cognitiva che attribuisce alle immagini; nella Rovina di Kasch – in cui peraltro compare Lavater – si legge che «d’altra parte, ogni conoscenza è fisiognomica».299 I ritratti di Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, Renoir, Proust, Fondane, e molti altri ci accompagnano nella lettura della versione estesa della Folie, latori di significati che possiamo individuare soltanto scrutando i loro volti. D’altro canto, il confronto fra quello del direttore del quotidiano «Le Siécle» tanto odiato da Baudelaire e quello di Karl Krauss deve suggerire, per il solo tramite della differenza di sguardi, l’idea di una diversità ineliminabile nella loro Weltanschauung; lo stesso effetto straniante è ottenuto dall’accoppiamento del medagliere del generale Aupick col manoscritto del Mio cuore

messo a nudo di Baudelaire.300

Come accennato, Il rosa Tiepolo e La folie Baudelaire sono i primi libri dell’«opera

297 A.GNOLI, Quando il mito creò l’immagine…, cit.

298 Cfr. IF, p. 27: «la fotografia si rivela immediatamente allegorica: il Professore è il maligno Demiurgo-

Mediatore, pensoso e severo».

299 RK, p. 18.

in corso» a presentare un vero e proprio dialogo fra testo e immagine – si tratta, non a caso, di due volumi nati insieme301 –; essi rappresentano il momento di maggiore approfondimento del problema delle immagini nella modernità. Entrambi sono in qualche modo incentrati sulle opere di pittori “moderni”: se la Folie racconta il mondo degli Impressionisti e degli albori della fotografia, nel volume a lui dedicato Tiepolo è descritto come l’alfiere di una modernità di segno baudelairiano302 che precorre i tempi. Per Calasso «il vero moderno che prende forma in Baudelaire è questa caccia alle immagini, senza inizio né fine, pungolata dal “demone dell’analogia”»;303 la cifra del suo tempo, infatti, è lo slittare dei più importanti significati teologici, filosofici e scientifici nel puro regno dell’apparenza. Si tratta, ancora una volta, di quel processo di «emancipazione dell’estetico»,304 di chiara ascendenza nietzschiana, di cui Calasso si occupa diffusamente nella Letteratura e gli dèi. Durante il periodo che affonda le sue radici nel Settecento di Tiepolo, la società secolarizzata comincia con sempre maggior insistenza a dare spazio a un tipo di pensiero “digitale”, cioè operativo: privilegia, come spiegherò più approfonditamente, quel polo mentale che organizza la conoscenza in una serie di dati utili e scarta tutti quelli non finalizzati a uno scopo preciso, tralasciando di considerare il polo analogico. Un tema ricorrente nell’«opera in corso», essenziale nel Rosa Tiepolo e nella Folie Baudelaire, è proprio la centralità dell’analogia, processo mentale costitutivamente legato alle immagini, meccanismo per cui la psiche è invasa da una ridda di simulacri. Non a caso, Il rosa Tiepolo si apre con una citazione di Leibniz sulla «concatenazione delle cose dell’Universo»,305 mentre La Folie è dedicata al più acuto ricercatore delle “corrispondenze”, che vedeva nell’analogia la sola forma di conoscenza che potesse interessarlo: «se non c’è analogia, non c’è pensiero, non c’è modo di trattare, di elaborare l’“oscurità naturale delle cose”».306 Sono due libri intrisi d’arte e ricchi di riflessioni sulla pittura e sui pittori; soprattutto, essi rispondono, come e più dei volumi precedenti, a un criterio compositivo squisitamente analogico. L’opera e la vita del pittore veneziano, così come quelle del poeta dei Fiori del male, si intrecciano alle trame del loro tempo, si riverberano su quanto verrà dopo, o si scoprono nel solco di un passato remoto:

301 C. NICCOLINI, Calasso: «La Parigi di Baudelaire esiste ancora», cit. 302 Cfr. RT, p. 43.

303 FB, p. 27.

304 LD, p. 27. Cfr. però anche FB, p. 328: «giustificazione estetica dell’esistenza».

305 Cfr. RT, p. 13. 306 FB, p. 25.

pensiamo ai serpenti del Māhabhārata307 che Calasso rintraccia in Tiepolo, o ai cammei alessandrini popolati di dèi di Rimbaud.308 Il lettore è chiamato a partecipare dell’universo mentale dei protagonisti, accomunati in primo luogo dall’iconolatria. Tiepolo non è soltanto un pittore pieno di grazia: il più grande errore, secondo Calasso, è quello di leggerlo come un artista semplicemente “decorativo”.309 Tiepolo coltivava, secondo un’acuta definizione di Giorgio Manganelli, una «naturale reverenza verso l’immagine»;310 questa sua caratteristica lo accosta naturalmente, per Calasso, a Baudelaire, convinto assertore dell’«idolatria» dei poeti.311 Per il significato che abbiamo visto attribuire da Calasso alle immagini, una simile passione non può essere neutra: a essa corrisponde giocoforza un’intensa percezione dei propri stati mentali. Un amore viscerale per le immagini accompagna naturalmente grandi pittori come Degas, Manet o Ingres; quest’ultimo viene descritto da Calasso come completamente estraneo alla parola, tutto dedito all’immagine, oggetto di una «sottomissione servile al visibile».312 A tale sottomissione anche il lettore dev’essere indotto; perciò, come notato da Pietro Citati, tutto il libro del 2008 «è guardato da Baudelaire».313 Evidente è la ricerca dello sguardo del lettore, che deve lasciarsi invadere da queste figure, e riconoscerle; prendendo l’ispirazione da un maestro dell’ecfrasi come Baudelaire, Calasso cerca di praticare la stessa arte al rovescio, trascinando l’osservatore, con la scrittura e la giustapposizione di figure, in un vortice di richiami, creando «un ciclo di affreschi».314 Come ha scritto Rolando Damiani:

dalla sua esposizione ragionata di quadri, che sono analoghi “tableaux parisiens”, ci viene quasi una scienza ottica per avvistare il mistero dei “Fiori del male”, definibile come una tela di apparenze estetiche sulle quali si appiattisce, ma anche resiste

307 Cfr. RT, p. 132.

308 Cfr. FB, p. 291. 309 Cfr. RT, p. 17. 310 RT, p. 22.

311 Cfr. CHARLES BAUDELAIRE, Lettere, vol. I, a cura di Guido Neri, traduzioni di M. Canosa, N.

Muschitiello, A. Pasquali, G. Passalacqua, L. Xella, Bologna, Cappelli, 1980, p. 482.

312 FB, p. 108.

313 P. CITATI, Il mondo che vedeva Baudelaire, in «la Repubblica» 30 ottobre 2008. 314 E. RASY, Un «folle» del suo tempo, in «Domenica – Il Sole 24 ore», 26 ottobre 2008.

impresso, il loro implicito senso metafisico. 315

Anche il repertorio visivo della Folie viene notevolmente implementato nel 2011 da una seconda versione fuori catalogo per il Monte dei Paschi di Siena, stampata nel 2012 con 281 immagini a fronte delle 52 di partenza. Differentemente da quelle contenute nell’originale, le figure selezionate per la riedizione non appartengono soltanto al periodo interessato dall’intreccio del libro: dai rilievi egizi provenienti dalla tomba di Tutankhamon alle illustrazioni di Léon Spilliaert, esse seguono lo stesso criterio analogico che guida il movimento della narrazione: anche in questo caso, a evocarle non è quindi un’attinenza meramente contenutistica al testo, ma un’affinità che si sostanzia nelle immagini stesse, intraducibile a parole. A una serie di ritratti femminili del XIX secolo può così fare seguito una fotografia di Ellen Von Unwerth, celebre fotografa di moda contemporanea. Calasso invita il lettore a rintracciare il senso di quelle aggiunte in una noterella in coda agli indici:

Come già nel 2008 con Le nozze di Cadmo e Armonia, si trattava di espandere e articolare il repertorio di immagini intessute al libro e connesse ciascuna a uno o più dettagli del testo. Chi vorrà dedicarsi a questo gioco di corrispondenze, potrà farlo sapendo che in ogni singolo caso troverà una risposta.

Quanto al modo in cui le immagini vengono commentate nel testo, come nota Pierluigi Pietricola a proposito del Rosa Tiepolo, nelle descrizioni dei dipinti o degli affreschi presentati «Calasso non bada all’essenza visiva della scena descritta, quanto alla sua trasfigurazione psicologica»;316 ciò accade anche e soprattutto perché Calasso è un convinto assertore dell’autonomia di significato delle immagini e della loro capacità di nascondere sulla superficie, parafrasando Hofmannsthal,317 dei significati profondi.

In ciò consiste l’operazione di ecfrasi a rovescio posta in atto da Calasso: nello spogliare i dipinti del loro aspetto figurativo a favore di una trasmutazione letteraria che bada all’aura, alla tensione psicologica che vi è intorno e che promana dalle

315 R.DAMIANI, Fra le strade di Parigi per decifrare il mistero-Baudelaire, in «Il Gazzettino», 5 novembre

2008.

316 PIERLUIGI PIETRICOLA, Il mitico Tiepolo di Calasso. Un esempio di ecfrasi à rebours, in P.TARAVACCI-

E.CANCELLIERE (a cura di), «Ut pictura poesis». Intersezioni di Arte e Letteratura, Trento, Università degli Studi di Trento, Dipartimento di Lettere e Filosofia, 2016, pp. 299-310, spec. 309.

317 Cfr. HUGO VON HOFMANNSTHAL, Il libro degli amici, traduzione italiana di G. Bemporad, Milano,

opere d’arte esaminate.318

Calasso è consapevole, soprattutto, della componente esoterica della pittura, della quale ritiene Tiepolo un maestro: i Capricci e Gli Scherzi sono «quanto di più esoterico si concesse – scrive – l’epoca che più di ogni altra fu nemica del segreto».319 L’antinomia fra nascosto e manifesto è molto presente nell’«opera in corso», che è fortemente intrisa di esoterismo. Già nel 1971, prima quindi di iniziare il suo poderoso mosaico di testi, Calasso, commentando Adorno, ricordava che la categoria centrale dell’arte è l’enigma, e citava un passo della Teoria estetica: «tutte le opere d’arte, e l’arte nel suo complesso, sono enigmi; ciò ha irritato la teoria dell’arte fin dai tempi antichi. Il fatto che le opere d’arte dicono qualcosa e nello stesso tempo lo celano designa il loro carattere enigmatico nella prospettiva del linguaggio».320 A questa dimensione misteriosa alludono alcune delle figure contenute nella Folie Baudelaire del 2012: pensiamo, per esempio, alle numerose incisioni provenienti dall’Ars magna di Athanasius Kircher, scienziato e filosofo dalla cultura enciclopedica, appassionato di geroglifici egizi e avverso al razionalismo cartesiano; alla riproduzione della Tavola smeraldina, testo cardine delle dottrine ermetiche; o, ancora, all’Utriusque cosmi, maioris scilicet et minoris,

metaphysica physica atque technica historia di Robert Fludd, scienziato, alchimista e

occultista britannico del XVII secolo.

L’idolatria è per Calasso anche un elemento essenziale della letteratura assoluta, «come se la scrittura fosse innanzitutto un’opera di trasposizione da un registro all’altro

Nel documento Il libro unico di Roberto Calasso (pagine 86-103)