Mail Quadri 2.05.2020 ore 18.21 Nuovo testo
COSTO TOTALE
10. Ricondizionamento dispositivi medici
Mail Quadri 20.04.2020 ore 19.19 (nuova versione)
Parere RGS: mail ULE
29.04.2020 ore 21.16 (rdp 7169)
Mail Quadri 2.05.2020 ore
18.21 Nuovo testo
1. Fino alla cessazione dello stato di emergenza legato all'epidemia COVID-19, in deroga all’articolo 11 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, limitatamente ai casi di oggettiva carenza di dispositivi medici per il trattamento dei pazienti COVID-19, alle strutture sanitarie è consentito, sotto la loro responsabilità, il ricondizionamento mediante disinfezione o sterilizzazione dei dispostivi medici utilizzati per la terapia ventilatoria di pazienti COVID-19, previa adozione di procedure atte a garantire che la sicurezza e le prestazioni del dispositivo ricondizionato, in ragione delle caratteristiche costruttive e di operatività, nonché della sua destinazione d’uso, siano equivalenti a quelle del dispositivo d’origine. 2. Le procedure di disinfezione o sterilizzazione di cui al comma 1 devono avvenire utilizzando disinfettanti e sistemi che tengano conto delle caratteristiche e del materiale dello specifico dispositivo medico e devono essere validate da laboratori appositamente individuati dalle regioni e dalle province autonome.
3. La procedura di ricondizionamento validata dal laboratorio appositamente individuato da una regione o provincia autonoma può essere utilizzata, alle medesime condizioni, anche da un’altra regione o provincia autonoma.
4. Relativamente ai dispositivi medici per i quali sia stato attuato il ricondizionamento di cui al comma 1, le strutture sanitarie acquisiscono lo status di fabbricante di cui all’articolo 1, comma 2, lettera f), del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, senza l’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 13 del medesimo decreto legislativo.
5. L’utilizzo dei dispositivi medici ricondizionati ai sensi del presente articolo avviene previa adozione di misure idonee a garantire, al contempo, la sicurezza per la salute, la corretta funzionalità dei dispositivi medici interessati e l’adeguato monitoraggio degli utilizzatori.
Si disciplina il ricondizionamento mediante disinfezione o sterilizzazione dei dispostivi medici utilizzati per la terapia ventilatoria di pazienti COVID-19.
RGS: modifica RT
La proposta normativa è diretta a prevedere che nell’attuale situazione emergenziale possa essere consentito il ricondizionamento dei dispositivi medici mediante sanificazione o sterilizzazione degli stessi, in caso di carenza dei dispositivi medesimi e garantendo comunque standard di sicurezza.
Con riferimento alla relazione tecnica, si segnala che occorre sostituire l’inciso “con il personale e le risorse a disposizione previste a legislazione vigente” con il seguente “con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a
103 6. Fermo restando quanto previsto nei commi precedenti, ove ciò sia possibile, la
disinfezione o sterilizzazione può avvenire d’intesa con il fabbricante dei dispositivi disinfettati o sterilizzati.
Relazione Illustrativa
Occorre anzitutto segnalare che le modalità di utilizzo di un dispositivo medico fanno parte a tutti gli effetti delle specifiche tecniche in base al quale lo stesso è stato valutato dall'Organismo Notificato (terzo rispetto al Ministero della salute) che ne assevera la conformità alle vigenti norme, non ultime quelle che ne garantiscono la sicurezza.
Il riutilizzo di un dispositivo medico in deroga alle specifiche tecniche dello stesso è, pertanto, attività che necessita di presupposti straordinari, estrema perizia e precise responsabilità in capo a chi lo effettua, posto che ci si allontana da quello che è l’uso tipico del dispositivo stesso.
Ciò posto, da un punto di vista generale, si fa presente che il Comitato tecnico scientifico (CTS) istituito presso la Protezione civile ha espresso, in data 21 marzo 2020, un parere sulla questione, nel quale si legge: “In relazione alla richiesta sulle modalità di ricondizionamento di caschi da CPAP e le mascherine da NIV per ventilazione, si precisa che il ricondizionamento di dispositivi monouso deve tener conto di quanto previsto dal decreto legislativo n. 46/97 e pertanto è raccomandabile l’adozione di una norma che consenta il superamento seppur in casi eccezionali di quanto oggi previsto. Le attività di ricondizionamento dovrebbero comunque tener conto di quanto raccomandato dai produttori rispetto alle metodiche che garantiscono l’integrità delle stesse. Circa i metodi si raccomanda il conseguimento della decontaminazione con i prodotti che si usano per la decontaminazione degli endoscopi e successivamente la disinfezione di alto livello attraverso gas plasma di perossido di idrogeno. Anche la sterilizzazione con metodi basati su ossido di etilene appare come metodo idoneo. Rimane centrale che tali attività vengano indirizzate e coordinate dalla direzione sanitaria”.
Ciò detto, si rappresenta che nell’ordinamento italiano non vi sono norme che disciplinano esplicitamente la fattispecie.
Tuttavia, in un’ottica sistematica, non si può non rilevare che l'articolo 17 del Regolamento (UE) 2017/745 consente, entro certi limiti, il ricondizionamento dei dispositivi monouso, purché ciò sia consentito dal diritto nazionale.
Il secondo paragrafo di detto articolo chiarisce che il soggetto che ricondiziona un dispositivo monouso ne è considerato il fabbricante ed è soggetto ai relativi obblighi.
104 Il citato Regolamento (UE) 2017/745 è entrato in vigore il 26 maggio 2017, ma si
applica a decorrere dal 26 maggio 2020.
Nondimeno, si ritiene che lo stesso assuma rilievo in via interpretativa, poiché contiene il condivisibile principio che il ricondizionamento dei dispositivi si inquadra nell'ambito di una sostanziale rinnovazione degli stessi.
In disparte quanto sopra, la direttiva 93/42/CEE e il d.lgs. n. 46/97 (norme vigenti) non contengono specifiche disposizioni in materia.
Nel 2005 (dunque ben prima dell’entrata in vigore del citato Regolamento UE 2017/745), l’allora Ministro della salute si espresse nel senso dell'incompatibilità della pratica con l'ordinamento giuridico italiano in quanto il ricondizionamento di un dispositivo monouso implica l'alterazione delle condizioni che hanno portato all’originaria marcatura CE; ciò conferma la richiamata interpretazione dell'articolo 17 del Regolamento (UE) 2017/745: il ricondizionamento di dispositivi medici implica di fatto una rinnovazione. Si tratta, in definitiva, di un dispositivo medico differente da quello valutato dall'Organismo notificato.
La rilevanza dell'argomento ha fatto sì che a livello europeo si innovasse la direttiva 93/422/CEE con l'inserimento di un articolo 12-bis, "Ricondizionamento dei dispositivi medici" secondo cui la Commissione presenta, entro il 5 settembre 2010, una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla questione del ricondizionamento dei dispositivi medici nella Comunità.
Alla luce delle conclusioni di tale relazione, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio eventuali proposte aggiuntive che reputi atte ad assicurare un elevato livello di tutela della salute.
Con atto COM(2010) 443 del 27.08.2010, in adempimento al citato art. 12-bis, fu adottata la "Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla questione del ricondizionamento dei dispositivi medici nell'Unione europea, in conformità all'articolo 12-bis della direttiva 93/42/CEE", che sottolinea implicitamente che laddove la valutazione dell'Organismo notificato non abbia previsto il ricondizionamento, le responsabilità sono in capo ai soggetti che ricondizionano il dispositivo medico.
In ragione di quanto sopra, si ritiene che nell’attuale situazione emergenziale la pratica del ricondizionamento mediante sanificazione o sterilizzazione dei dispostivi medici possa essere praticabile solo se introdotta con norma di legge o con provvedimento equivalente.
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