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La riduzione del time to market.

BENETTON NELL’ATTUALE CONTESTO COMPETITIVO.

5.3 La riduzione del time to market.

Per questo motivo diverse imprese si sono focalizzate, già da svariati anni, nel tentativo di ridurre il time to market, adattando la modalità produttiva in ragione del tipo di prodotto offerto, per cui è previsto un ciclo lungo per i prodotti basici, e un ciclo breve per i prodotti a più alto contenuto moda.

Cosi facendo è possibile soddisfare il consumatore in maniera più rapida e concreta, in linea con quelle che sono le reali esigenze del mercato, non più tramite prodotti di sola qualità effettiva, ma soprattutto di alta qualità percepita, ossia di elevato contenuto moda. Ma per poter offrire una parte sempre più consistente di capi di tendenza, è necessario produrre diverse micro-collezioni nel corso della stagione, che rispondano a reali preferenze; doverosa è la considerazione che non è possibile rifornire i negozi di prodotti ad alto contenuto moda, e quindi molto rischiosi, ad inizio stagione, poiché un errore in questa sede nella previsione dei gusti dei consumatori, sarebbe troppo costoso

per la filiera. Da queste premesse di base si può facilmente capire l’importanza dei pronti e dei flash (collezioni create ad hoc per rispondere ad un’esigenza emersa nel corso delle vendite nella prima fase della stagione) e del rapido riassortimento di quei prodotti che hanno dimostrato di essere vincenti. Ma per raggiungere un simile obiettivo è necessario che la catena produttiva e logistica siano in grado di offrire sempre e comunque una risposta tempestiva al mercato e permettano di garantire un tempo di attraversamento ridotto del capo, dalla fase di creazione stilistica, secondo quanto riscontrato nel mercato, alla distribuzione.

Di seguito è presentato un grafico, ricavato da uno studio della “Bain & Company”, che espone il time to market delle aziende più veloci del settore moda (Zara, H&M, Esprit e Gap):

Ovviamente cicli rapidi e contenuti a livello di volumi risultano molto dispendiosi per l’impresa, ma il trade off è sicuramente vantaggioso, perché stimola il consumatore ad effettuare acquisti che con il sistema tradizionale non avvenivano.

In via residuale rimane comunque un canale di durata maggiore, ma utile in termini di efficienza, focalizzato su prodotti basici o continuativi, per i quali è possibile programmare la produzione ed effettuare lanci al buio.

Anche Benetton, sulla scia dei competitor, sta realizzando la divisione tra ciclo veloce di circa 4 settimane, basato sul commercializzato a margine limitato, e uno più lento ma in grado di sfruttare le economie di scala e i lotti produttivi ottimali con tempi di attraversamento di svariati mesi.

Inoltre l’azienda si è spinta verso la creazione di più collezioni infrastagionali, tenendo però il grosso della produzione correlata alle collezioni base (circa l’80%).

L’impresa si sta quindi rivolgendo verso le nuove modalità operative, pur continuando a riservare alla collezione prodotta sul make to order la parte più rilevante delle vendite, ma programmando, per un futuro prossimo, la diminuzione di questa percentuale. Sicuramente questa è una delle strade che Benetton deve percorrere per la riduzione dello svantaggio competitivo, ma la formula vincente necessita di altri ingredienti, e il gruppo trevigiano presenta dei vincoli strutturali piuttosto limitanti, che ne penalizzano la crescita e lo sviluppo.

Rimanendo focalizzati sulle scelte gestionali correlate alla questione lead time, è necessario affermare che il mercato si suddivide oggi secondo la scelta della modalità operativa, esistendone attualmente di tre differenti tipologie:

1. I prontisti, come Zara e Mango, che presentano ad inizio stagione una quota pari a circa il 20% del totale della collezione, con un processo produttivo delocalizzato in paesi nei quali è possibile impiegare manodopera a basso costo e caratterizzati da un time to market che si attesta rispettivamente sui 3 e 6 mesi; al tempo stesso questo tipo di aziende procede poi a integrare le uscite grazie all’utilizzo di “pronti” , ovvero capi caratterizzati da un time to market ristrettissimo e una produzione sviluppata prevalentemente nei laboratori geograficamente vicini all’azienda. Il contenuto moda è mediamente molto alto, superando anche il 60% nei pronti.

2. Le imprese che si concentrano invece su un numero elevato di collezioni, come Esprit e Max Mara, per le quali la percentuale di collezione presentata ad inizio anno raggiunge valori più significativi, quasi doppi rispetto a quelle di Zara (attestandosi a circa il 40% del totale collezione), con una produzione programmata e delocalizzata, ma con la concreta possibilità di integrare facendo ricorso a prodotti moda gestiti grazie al modello pronto.

3. Le imprese che lavorano secondo il modello “tradizionale evoluto”, ovvero con una percentuale significativa della collezione presentata ad inizio stagione (50% o più), con un time to market mediamente superiore rispetto alle altre imprese e con un ricorso limitato al pronto.

Nello studio che la società “Bain & Company” ha svolto con lo scopo di proporre soluzioni innovative agli imprenditori del settore, Benetton è inserita in questa terza tipologia di produttori, dimostrando di aver intrapreso la strada per la modernità, ma non avendo ancora rivoluzionato completamente la struttura delle collezioni come le due realtà di maggior successo sopra citate, Zara e H&M.

Spesso la possibilità di impostare una strategia come quella adottata dai prontisti è correlata alla disponibilità di una struttura distributiva di proprietà da parte dell’azienda confezionista, perché solamente in questo modo, con una lettura quotidiana dei dati di vendita effettivi (sell out), è possibile monitorare le evoluzioni del mercato ed innescare tempestivamente il processo produttivo.

Da questo punto di vista apparirebbero privilegiate H&M o Zara, appunto dotate di una struttura distributiva fondata su propri punti vendita, come Zara o H&M, che hanno infatti la possibilità di raccogliere costantemente informazioni nel corso della stagione di vendita e delineare il comportamento del consumatore, focalizzando la produzione sui modelli di successo, ovvero quelli che hanno incontrato il parere favorevole dei consumatori, eventualmente modificando o adattando il contenuto stilistico di quelli non graditi.

Tuttavia, dobbiamo ricordare che, nel settore, vi sono imprese che pur utilizzando il franchising e l’affiliazione commerciale riescono a strutturare una gestione efficiente e competitiva in egual misura, come accade nei negozi di proprietà, vedi il caso di Intimissimi.

Nel concreto, ciò che veramente fa la differenza è la possibilità di disporre di strumenti efficaci per la rilevazione e il monitoraggio dei gusti e delle preferenze del mercato e di soggetti capaci di valutare l’andamento dei consumi e comunicare all’impresa quelli che sono i prodotti maggiormente graditi; in quest’ottica, potrebbe essere molto utile strutturare anche un rapporto di partnership molto stretta con i rivenditori e gli agenti, per poter garantire una risposta rapida e tempestiva.

Comportamenti opportunistici o assenza di fiducia, rallentano il processo, impediscono una facile ed efficiente circolazione del flusso informativo, limitando gli interventi delle aziende confezioniste.

Un sistema informativo vincente, basato sulla lettura dei dati di sell out, rimane comunque il mezzo più idoneo per attuare i principi del fast fashion; tuttavia Benetton non ha visione di questi dati, ed è costretta a sfruttare altre metodologie per l’analisi delle tendenze del mercato. Questo tipo di informativa è infatti disponibile solamente su di una piccola percentuale di punti vendita, ovvero i negozi retail che il Gruppo possiede che rappresentano una risorsa preziosa per conoscere e disegnare collezioni realmente basate sulla domanda ma spesso insufficiente.

È evidente che questo costituisce uno dei principali limiti che ne ostacolano lo sviluppo a fronte di competitor europei con performance in continua crescita.

E’ comunque fondamentale ricordare che uno dei fattori che ha determinato il successo dei retailer internazionali sopra citati è senza dubbio l’economicità del prodotto. Il consumatore infatti, anche nel settore moda, appare molto sensibile alle variazioni di prezzo, soprattutto in ottica di prodotti ad alta qualità percepita ed elevato contenuto moda.

Benetton presenta prezzi mediamente superiori dei competitor, compensati da una maggiore qualità. Il mercato attuale sembra tuttavia premiare un’offerta basata su un assortimento molto ampio, su un elevato contenuto moda e sulla capacità di rinnovare continuamente le collezioni, il tutto gestito a prezzi contenuti, a discapito della qualità reale.

L’obbiettivo per Benetton è quello di adeguarsi ai prezzi alla concorrenza, riducendo però in questo modo i margini di profitto.