• Non ci sono risultati.

I riflessi dell’attuazione del federalismo fiscale sul prelievo pubblico in agricoltura

Prospetto 3.1 Criteri alternativi di distribuzione dei pagamenti diretti (2008) tra Regioni (%)

4. Implicazioni sul settore agricolo dei cambiamenti degli assetti istituzionali nazional

4.1 Il federalismo fiscale in agricoltura

4.1.3 I riflessi dell’attuazione del federalismo fiscale sul prelievo pubblico in agricoltura

Secondo quanto previsto dall’art. 38 dal decreto legislativo 68/2011, di attuazione del federalismo fiscale, gli enti regionali possano, a partire dal 2013, istituire tributi propri con riguardo ai presupposti non assoggettati a imposizione da parte dello stato. Tuttavia la possibilità di istituire nuovi tributi si scontra con la limitatezza delle basi imponibili sulle quali insistere, che spinge le Regioni a far leva principalmente sui tributi propri derivati5 e sulle addizionali per far fronte alla eliminazione dei trasferimenti statali. Tali forme d’imposizione, infatti, sono manovrabili territorialmente, consentendo la modulazione del gettito tributario in rapporto alle esigenze regionali. Tra i tributi i cui proventi afferiscono ai bilanci regionali, sono compresi l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e l’addizionale IRPEF, le cui aliquote possono essere modificate verso l’alto o verso il basso entro certi limiti6. Una manovra regionale, in tal senso, può ripercuotersi sul settore agricolo, alterandone il livello di pressione fiscale. Infatti, sia l’IRAP che l’addizionale IRPEF gravano sui contribuenti agricoli chiamati, al pari degli altri soggetti, al finanziamento della spesa regionale, agricola e non.

Anche a livelli inferiori di governo l’attuazione del federalismo fiscale potrà tradursi in una modificazione del carico impositivo in agricoltura. Infatti il decreto legislativo 23/2011, relativo al federalismo municipale, ha previsto la soppressione dell’ICI e dell’IRPEF con le relative addizionali comunali e regionali, dovute con riferimento ai redditi fondiari dei beni non locati, e la loro sostituzione con l’imposta propria municipale (IMU). Analogamente all’ICI, l’IMU avrà come base imponibile i redditi dominicali ma, a differenza di essa, non comporterà l’applicazione delle agevolazioni previste a vantaggio degli agricoltori

5 Per tributi propri derivati regionali si intendono quelle forme di imposizione istituite e disciplinate dalla legislazione statale ed il cui gettito è conferito alle regioni (art. 7 comma 1 lett. b legge n.42/2009).

6 Il decreto legislativo 68/2011 stabilisce che l’aliquota dell’addizionale IRPEF possa essere elevata, dal 2013, fino ad un massimo dell’1,4% per tutti i redditi e nel successivo biennio fino ad un massimo del 3% per redditi superiori a 15.000 euro. L’aliquota IRAP potrà essere anche ridotta purché la regione non aumenti l’addizionale IRPEF oltre lo 0,5%.

82 ed, inoltre, sarà applicata con un’aliquota pari a 7,6 per mille, modificabile territorialmente (art. 8 comma 5), più elevata dell’aliquota media (stimata) ICI pari al 6 per mille circa7. Per avere un’idea dell’impatto delle novità fiscali sul settore è possibile osservare il grafico seguente che confronta il gettito tributario dell’ ICI con quello, ceteris paribus, derivante dall’applicazione della nuova imposta8.

Fig. 4.3 - Il gettito ICI e’IMU nelle regioni italiane: una simulazione (anno di riferimento 2008), milioni di euro

Fonte: ns elaborazioni su dati Mef.

Dall’osservazione dei dati risulta evidente che, per tutte le regioni, limitatamente alle imprese individuali e alle società di persone9, l’applicazione delle novità fiscali si traduce in un incremento del gettito e in un aumento della pressione tributaria. In particolare, in alcune realtà territoriali l’incremento risulta più forte che altrove (Trentino, Molise, Umbria), ciò dipende dalla distribuzione territoriale delle basi imponibili e delle “agevolazioni” ICI10. In termini redistributivi i risultati della sostituzione dell’IMU con l’ICI, limitatamente alle persone fisiche titolari di partita IVA, viene mostrata nel grafico seguente che riporta, per ciascuna regione, il valore dell’indice di redistribuzione prima (R1) e dopo l’applicazione delle novità fiscali (R2)11.

8

L’insufficienza di informazioni statistiche non ha permesso di simulare gli effetti derivanti dall’applicazione della nuova imposta sui trasferimenti immobiliari e dalla possibile eliminazione delle agevolazioni sulla PPC. La simulazione è stata realizzata sugli ultimi dati disponibili (2008).

9

Non è stato possibile simulare l’effetto della sostituzione dell’ICI con l’IMU per le società di capitali per insufficienza di dati statistici.

10

Per un approfondimento della distribuzione territoriale delle agevolazioni ICI si rimanda a Cristofaro, Monda (2011) “La fiscalità di vantaggio nel settore agricolo: un’analisi regionale” Agriregionieruopa n.23 e Annuario dell’Agricoltura Italiana, anni vari. 11

Per quanto né l'ICI e é l'IMU siano tecnicamente delle imposte sul reddito, tali vengono considerate dalla letteratura economica; è interessante quindi chiedersi quali effetti abbia la sostituzione dell’IMU con l’ICI in termini di riduzione della concentrazione dei redditi, con riferimento agli imprenditori agricoli, identificati con le persone fisiche titolari di partita IVA. I risultati vengono mostrati nel grafico seguente che riporta, per ciascuna regione, il valore dell’indice di redistribuzione di Reynolds-Smolensky prima (R1) e dopo l’applicazione delle novità fiscali (R2).

83 Fig. 4.4 - L’impatto redistributivo dell’IMU (anno di riferimento 2008)

Fonte: ns elaborazioni su dati Mef.

Dall’osservazione dei dati risulta evidente che i valori assunti dall’indice di redistribuzione R1 sono sempre superiori a quelli registrati dall’indice R2, ciò significa che l’IMU contribuisce in misura minore rispetto all’ICI a correggere la sperequazione dei redditi in agricoltura. Infatti, nonostante la base imponibile sia la stessa per entrambe le imposte, l’applicazione delle agevolazioni ICI ne permette, in parte, l’abbattimento a favore degli operatori agricoli appartenenti alle classi di reddito più basse. Il risultato è di notevole importanza specie se considerato congiuntamente alla situazione di incertezza12 che grava sulle agevolazioni sulla piccola proprietà contadina. Tali agevolazioni hanno garantito agli operatori del settore agricolo (IAP e coltivatori diretti) l’applicazione di un’imposta “catastale” pari all’1% ed il pagamento dell’imposta di registro e ipotecaria in misura fissa (legge n. 220/2010 art.1 comma 41). Pertanto qualora esse dovessero cadere, a partire dal 2014, verrebbero sostituite con un’imposta sui trasferimenti immobiliari con l’applicazione di un’aliquota, pari al 9%, in grado di incrementare ulteriormente il carico impositivo sopportato dal settore.

85