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Riflessioni conclusive

Nel documento La tortura nei tempi moderni. (pagine 153-158)

abusi; soprattutto quando questi ultimi sono nella posizione di intralciare in qualche modo le indagini, è opportuno che siano temporaneamente sospesi o riassegnati210; le indagini dovrebbero sfociare nell’identificazione dei colpevoli e nella loro condanna211; infine, è necessario eliminare la possibilità che l’intervento della prescrizione diffonda l’impunità: gli atti di tortura e maltrattamenti e la partecipazione o complicità in tali atti dovrebbero essere perseguibili senza limiti di tempo212.

Il Comitato ONU contro la tortura ha considerato un aspetto a cui gli altri comitati non avevano prestato attenzione, nell’analisi dell’ordinamento italiano: la compensazione e riabilitazione della vittima.

Sebbene, come i soggetti passivi di tutti i reati, anche le vittime di tortura possano esperire azione civile per ottenere una compensazione, in Italia

non è previsto un programma specifico a salvaguardia dei loro diritti.

L’istituzione di un fondo ad hoc e la progettazione di un intervento di assistenza medica e psicosociale permetterebbero di soddisfare più efficacemente il dovere di cui all’art. 14 CAT213.

6. RIFLESSIONI CONCLUSIVE

210

Ivi, § 19, a).

211

Ivi, § 19, b) e Osservazioni Conclusive sull’Italia, (1995), cit., §§ 155, 157, d).

212

Osservazioni Conclusive sull’Italia, (2007), cit., § 19, c).

213

In sintesi, in Italia, episodi di maltrattamenti e tortura non sono purtroppo affatto sconosciuti. Posto che la Costituzione e molteplici accordi internazionali prevedono un espresso obbligo di incriminazione degli atti di tortura, posto che l’attuale sistema penale si è dimostrato inidoneo al compito e che alla Corte Costituzionale è interdetto agire a riempimento della lacuna, l’unica soluzione praticabile consiste in una modifica legislativa. Le Camere devono necessariamente procedere all’approvazione di un disegno di legge inteso ad introdurre il reato

specifico di tortura nel nostro codice penale.

Perché lo sforzo non risulti vano e la tutela non si riveli inefficace, è quanto mai opportuno che la descrizione del fatto tipico e la fissazione della cornice edittale siano preceduti da una riflessione accurata, condotta anche alla luce del materiale giurisprudenziale internazionale.

Capitolo 4

L’introduzione del reato di tortura in Italia.

1. LA NECESSITÀ DELL’INTRODUZIONE DEL

REATO DI TORTURA.

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, ratificata dal nostro Paese nel 1988, prevede che ogni Stato si adoperi per perseguire penalmente quegli atti di tortura delineati all’art. 1 della Convenzione stessa. Nonostante ciò, in Italia manca ancora oggi il reato di tortura.

Dal 16 al 23 giugno 2006 il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) ha effettuato una visita nel nostro Paese e alle sue osservazioni, ovviamente negative, il Governo italiano ha risposto così: «Con specifico riguardo all’inserimento e alla definizione formale del

delitto di tortura nel codice penale italiano, l’assenza di tale reato nel codice penale non significa affatto che la tortura in Italia esista. Se, da un lato, la tortura non esiste in quanto è una pratica del tutto lontana dalla nostra mentalità, dall’altro, alcune sezioni del codice penale puniscono severamente comportamenti di questo tipo, sebbene il termine “tortura” in sé non figuri nel codice stesso. Inoltre, stiamo prendendo in considerazione la possibilità, in relazione all’adeguamento del nostro sistema legislativo allo Statuto della Corte Penale Internazionale, di

introdurre il delitto di tortura nel nostro ordinamento, ricorrendo ad una definizione più ampia e inclusiva rispetto a quelle fornite dalle Convenzioni internazionali rilevanti in materia. Però, la sostanza non cambia, con o senza la parola “tortura” nel codice penale»214

Non sono necessari complessi studi di politica criminale, né tantomeno accurate indagini criminologiche, per dubitare della fondatezza delle suddette affermazioni: basta aprire le pagine dei quotidiani più diffusi per rendersi conto di come la tortura sia una pratica ben lungi dall’essere sconfitta, anche nell’Italia del XXI secolo215.

Basti qui ricordare che molti degli arrestati e dei fermati che si trovavano all’interno della caserma di Bolzaneto sono stati costretti a mantenere per tempi lunghissimi dolorose “posizioni di stazionamento” o a urinarsi e defecarsi addosso, sono stati picchiati violentemente e minacciati di stupro o di morte, hanno assistito impotenti alla distruzione di oggetti personali e al taglio di ciocche di capelli; e che nel corso dell’irruzione alla scuola Diaz i membri del Genoa Social Forum sono stati colpiti su tutto il corpo con calci, pugni e manganellate, chi perdendo dei denti chi riportando fratture alle costole, alle gambe, alle mani o ferite anche gravissime alla testa, per essere quindi trasferiti a Bolzaneto e qui marchiati come animali con un pennarello sulla guancia, di modo che fosse possibile distinguerli dagli altri detenuti216.

214

Tanto le Osservazioni del CPT quanto la Replica del Governo italiano sono reperibili in lingua inglese all’indirizzo http://www.cpt.coe.int/en/states/ita.htm.

215

A. COLELLA, La repressione penale della tortura: riflessioni de iure condendo, dpc 22 /7/2014.

216

È evidente l’importanza dei meccanismi di prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, imperniati sulla formazione degli agenti delle forze dell’ordine e del personale medico e sull’instaurazione di

sistemi di sorveglianza sui luoghi a rischio.

Non pare, tuttavia, che un’efficace azione di contrasto possa prescindere dal ricorso agli strumenti della giustizia penale: l’impunità dei crimini di tortura è, infatti, una delle cause principali – se non addirittura la principale – della loro persistente ricorrenza; e non sembra pertanto possibile rinunciare alla funzione di prevenzione generale cd. negativa (sotto forma di intimidazione o deterrenza) e cd. positiva (sotto forma di orientamento culturale, o di convalida normativa) esercitata dalla sanzione penale217.

Solo l’introduzione di una norma incriminatrice ad hoc, con una pena proporzionata al disvalore del fatto e destinata a trovare effettiva applicazione potrebbe infatti esercitare un reale effetto deterrente.

Come, però, dovrà concretamente essere formulato il nuovo reato di tortura?

Indicazioni fondamentali provengono, in proposito, dal diritto internazionale, e in particolare dalla Convenzione contro la tortura adottata in seno alla Nazioni Unite nel 1984 (CAT)218.

217A. COLELLA, La repressione penale della tortura: riflessioni de iure condendo,cit.

dpc 22 /7/2014

218

F. VIGANÒ, Sui progetti di introduzione del delitto di tortura In discussione presso

la camera dei deputati ; Parere reso nel corso dell’audizione svoltasi presso la Commissione giustizia della Camera dei Deputati il 24 settembre 2014, dpc 25/9/2014.

La mancata trasposizione nel diritto interno della CAT, e segnatamente – per ciò che qui direttamente rileva – dell’obbligo di criminalizzare le condotte descritte nel suo art. 1 è oggetto di continui richiami da parte del Comitato ONU contro la tortura, che ancora nelle sue conclusioni del 2007 sulla relazione sottoposta dal governo italiano reiterava “la sua previa raccomandazione che lo Stato parte proceda ad incorporare nel proprio diritto interno il reato di tortura e ad adottare una definizione di tortura in grado di coprire tutti i requisiti contenuti nell’articolo 1 della Convenzione.

Lo Stato parte dovrà inoltre far sì che questi reati siano puniti con pene appropriate che tengano nel dovuto conto la loro gravità, così come stabilito nell’articolo 4, paragrafo 2 della Convenzione”219.

2. POSSIBILE COLLOCAZIONE DELLA NORMA.

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