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Riforma del diritto societario, (Riforma Vietti), D.lgs n°6 del 2003:

CAPITOLO I : LA CORPORATE GOVERNANCE

3. L‟Evoluzione normativa in Italia dagli anni „90 ad oggi:

3.5 Riforma del diritto societario, (Riforma Vietti), D.lgs n°6 del 2003:

Con la riforma del diritto societario, conosciuta anche come Riforma Vietti 23, entrata in vigore il 1 gennaio 2004, si è realizzata una profonda opera di rinnovamento del Codice Civile del 1942 24. La riforma del diritto societario è ispirata ai principi dell'efficientismo dell'impresa, del primato del mercato, della semplificazione della normativa della società per azioni e della valorizzazione dell'autonomia statutaria. Tale riforma, in coerenza con la delega, riconosce un ampio margine di autonomia privata alle società chiuse, laddove individua invece parametri più rigorosi per le società aperte; tale distinzione riposa sulla premessa implicita che - come dice il professor Floriano

23 Michele Vietti, presidente del Comitato per la riforma del diritto societario

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Con il nuovo art. 2387 del Codice Civile, ha introdotto la nozione del requisito di indipendenza in capo agli amministratori. L'art. 2387 cod. civ. prevede che lo statuto di ogni società (anche non quotata) possa subordinare l'assunzione della carica di amministratore a requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, anche facendo riferimento quelli previsti a riguardo da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati. AI riguardo, il rinvio principale va fatto nei confronti del Codice di Autodisciplina delle Società Quotate di Borsa Italiana s.p.a. (nuova edizione marzo 2006), il quale al suo art. 3 disciplina i Principi e i Criteri Applicativi per la determinazione del contenuto dell'indipendenza. Peraltro, l'art. 2387 cod. civ. lascia margine a che lo statuto sociale rinvii anche ad altri codici di comportamento redatti da associazioni di categoria.

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D'Alessandro 25, - "finché il contratto sociale lega un gruppo ristretto di azionisti- imprenditori, è bene che questi provvedano da sé a tutelare i propri interessi, perché nessuno potrebbe farlo meglio di loro; quando invece la compagine sociale si allarga ad un più vasto ceto di azionisti risparmiatori, occorre l'intervento della legge a protezione di interessi diffusi e polverizzati che non saprebbero tutelarsi da sé, non, almeno, a costi ragionevoli". Con la nuova disciplina sono stati introdotti in Italia due nuovi sistemi di corporate governance: il sistema monistico e il sistema dualistico. Il d.lgs. 17 gennaio 2003, n°6 -successivamente modificato dal d.lgs. 6 febbraio 2004, n° 37- ha, infatti, inserito nel codice civile italiano gli articoli da 2409-octies a 2409-noviesdecies relativi appunto ai due modelli sopra menzionati. La riforma in parola, come abbiamo suddetto, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico la possibilità per le SPA di scegliere tra tre diversi modelli di governo societario: il tradizionale (preesistente alla riforma), il dualistico (di derivazione tedesca) 26 e il monistico (di origine anglosassone). Il dibattito sui tre sistemi di corporate governance si è arricchito e intensificato negli ultimi tempi a seguito della radicale rivisitazione degli assetti di amministrazione e controllo operata da importanti società del settore bancario, divenendo materia di confronto anche sotto il profilo operativo. La fusione di Intesa e San Paolo Imi è il primo esempio italiano, e forse il più importante, di passaggio dal modello tradizionale -imperniato su Consiglio di Amministrazione (o Amministratore unico) e Collegio Sindacale - al modello dualistico, articolato su un Consiglio di Sorveglianza e un Consiglio di Gestione. In Italia si sta, quindi, manifestando una forte tendenza a sperimentare concretamente il modello di gestione e controllo ideato in Germania e in uso in altri paesi europei come

25 Docente di diritto Commerciale all‟università La sapienza di Roma, presidente e consigliere di due

società finanziarie, autore di vari libri trattanti materie inerenti il diritto e famoso per essere stato presidente dell‟Iri per una sola notte (13 febbraio 1994), perché Umberto Bossi non accettava che la carica andasse ad un professore, avrebbe preferito un manager, e così fu.

26 Il modello dualistico italiano è diverso da quello tedesco, infatti in Germania il consiglio di

sorveglianza detto Aufsichtsrat svolge un ruolo non soltanto di vigilanza sul consiglio di gestione (Vorstand), bensì una funzione di alta amministrazione, o direzione strategica. Nel modello italiano sono affievoliti i compiti di alta direzione a favore di quelli di vigilanza propri del collegio sindacale. Ciò si è riflettuto anche sulla composizione di quest‟organo che, in Italia, non vede la presenza di rappresentanze dei lavoratori, come avviene invece nei consigli di sorveglianza delle società tedesche. Tali consigli vedono, talvolta, la presenza dei sindacalisti esterni che introducono nella gestione interessi politici, che potrebbero essere in contrasto con quelli connessi alla creazione di valore aziendale. Nell‟ordinamento tedesco non sembra essere così chiaro l‟obiettivo che deve avere un‟impresa, con la conseguenza che spesso ne emergono altri quali: il bene pubblico, la creazione di posti di lavoro, ecc che vanno ad influenzare o ad annacquare lo scopo principale di un‟impresa. Cfr. C. Romano, “Solo indipendenti nei consigli di gestione”, il Sole 24 Ore, del 30 gennaio 2007.

41 Francia e Olanda. Tali sistemi sono ora a disposizione degli operatori italiani, che li possono adottare per il governo delle loro società in alternativa al sistema tradizionale in cui la gestione è affidata ad un Consiglio di Amministrazione sotto il controllo di un Collegio Sindacale. La riforma in parola, ha visto il nostro sistema particolarmente favorito riguardo ad un importante tassello verso la formazione di un diritto societario europeo. L‟8 ottobre 2004 entrò infatti in vigore il Regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio dell‟8 ottobre 2001 relativo allo statuto della Società Europea. Quest‟ultima forma societaria, il cui utilizzo è previsto per iniziative di joint venture tra società di capitali appartenenti a diversi stati membri dell‟Unione europea, potrà essere organizzata sia secondo il sistema dualistico che secondo il sistema monistico. Sarà compito, quindi, di ciascuno stato membro adeguare il proprio ordinamento interno al fine di rendere entrambe le alternative possibili. L‟Italia si trova tra quelli stati che sono ora dotati di tutti gli strumenti necessari per qualificarsi come sede di Società Europee organizzate secondo l‟uno o l‟altro sistema di Corporate governance. Vediamo adesso quali sono le peculiarità dell‟uno e dell‟altro modello.

Il sistema dualistico nasce in Germania, nel 1870, quando fu introdotta la forma di governo societario detta anche “a due livelli”. Il modello porta con se caratteristiche che sono riconducibili allo stesso paese di origine, infatti, il sistema finanziario tedesco, caratterizzato da un livello di concentrazione del controllo delle imprese nelle mani di pochi azionisti, determina un sistema decisionale basato su logiche strategiche e di successo, più che della pura finalità indirizzata attorno alla valorizzazione dello

shareholder value. In aggiunta, la presenza di un mercato finanziario poco sviluppato,

accompagnato da crescenti necessità di capitale da parte delle imprese per adeguarsi alle richieste di un mercato in continua evoluzione, hanno ampliato il tasso di indebitamento delle società con ciò allargando il potere detenuto dal sistema bancario al cospetto degli altri stakeholder. Anche per tali ragioni, il sistema dualistico si caratterizza oggi per la presenza di un organo di controllo avente il compito di vigilare sulla gestione in vista del rispetto della legge e nell‟ interesse del bene comune al cospetto di una impostazione iniziale che prevedeva una funzione di controllo e di indirizzo e di un consiglio di amministrazione in cui sedevano gli azionisti, i banchieri della società e i principale uomini d‟affari locali. E‟ proprio con l‟introduzione di questo organo di controllo, come elemento di mediazione tra capitale azionario ed i soggetti a cui è

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affidata la gestione della società, che, si possono realizzare i molteplici interessi perseguibili dalle compagini sociali. Tale organo, esprime un giudizio sulle strategie della società e sulla loro corretta attuazione nel rispetto dei vincoli legali e strutturali. Le caratteristiche principali che contraddistinguono tale sistema sono:

 La funzione di gestione è attribuita al Consiglio di Gestione (Vorstand) , mentre la funzione di controllo spetta ad un consiglio di Sorveglianza (Aufsichtsrat), dove, solo quest‟ultimo, è espressione diretta del voto dei soci;

 L‟amministrazione ed il controllo della società non sono più improntati sulla netta separazione, tipica del modello tradizionale, tra l‟organo di gestione della società (l‟Amministratore unico o il Consiglio d Amministrazione) e l‟organo di controllo dell‟amministrazione (il Collegio Sindacale), entrambi nominati dall‟assemblea dei soci;

 Dissociazione tra proprietà (dei soci) e potere (degli organi sociali), poiché le più importanti funzioni, che nel modello tradizionale sono riservate ai soci, ossia ai “proprietari” della società, sono invece assegnate ad un organo professionale quale è il Consiglio di Sorveglianza;

 L‟assemblea dei soci non nomina (né può revocare) i soggetti incaricati di gestire la società, né approva il bilancio. Si ha, quindi, una sorta di sistema di derivazione degli organi sociali “a cascata”, nel quale l‟assemblea ha il potere di nominare e revocare i membri del Consiglio di Sorveglianza, che fondamentalmente è l‟organo di controllo, mentre è quest‟ultimo a nominare i membri del consiglio di Gestione, che è il vero organo di gestione dell‟impresa. Tra le ragioni principale per scegliere tale modello di gestione se ne annoverano alcune più importanti, quali:

 La separazione tra la funzione di gestione e di controllo che si assottiglia;

 Si snellisce la gestione sociale nella misura in cui alcuni compiti di amministrazione, prima spettanti all‟assemblea, spettano al Consiglio di Sorveglianza;

 L‟organo gestorio, cioè il Consiglio di Gestione, non dipende più di fatto dall‟assemblea, bensì dal Consiglio di Sorveglianza, poiché è quest‟ultimo ad avere il potere di nomina e revoca dei suoi componenti;

43  Il Consiglio di Sorveglianza svolge anche un controllo di merito sull‟operato dei gestori della società e, trattandosi di un organo composto da professionisti, il suo controllo è certamente più efficace di quello che viene svolto dal collegio sindacale nel modello tradizionale.

In sostanza, il modello Dualistico, realizzando la richiama distinzione tra proprietà e potere decisionale appare consigliato per:

1. Società nelle quali sono assenti soci interessanti alla gestione dell‟impresa; 2. Società in cui la composizione sociale è tale da beneficiare del filtro del Consiglio di Sorveglianza.

Ciò, in quanto, affidando la scelta ed il controllo gestionale dei gestori della società, così come il compito di approvare il bilancio sociale ad un organo professionale, si ha un sensibile alleggerimento del coinvolgimento e delle valutazioni imprenditoriali che sarebbero tenuti ad effettuare i soci stessi. In conclusione, nel sistema dualistico alla proprietà spetta solo stabilire le linee di programma economico della società (oggetto sociale), le modifiche di struttura della società (operazioni sul capitale, fusioni, delibere dell‟assemblea straordinaria) e la nomina del consiglio di sorveglianza. Per quanto riguarda invece, tutte le altre più importanti funzioni dell‟assemblea ordinaria, che nel modello tradizionale spettano ai soci e quindi alla proprietà, sono attribuite a quest‟ ultimo. Con questi limiti questo modello di gestione si addice soprattutto a quelle società in cui la gestione è affidata a manager autonomi e con poche interferenze dei soci. Un‟altra caratteristica presente nel paese di origine di tale modello è la forte partecipazione dei lavorati alla gestione strategica dell‟ organizzazione produttiva fatta valere attraverso l‟istituto della codeterminazione prevista secondo tre diverse fattispecie, ovvero:

1. Codeterminazione con un terzo dei rappresentanti; 2. Codeterminazione a “quasi parità”;

3. Codeterminazione “a piena parità”.

Le diverse forme di codeterminazione si applicano alle Spa e alle Srl secondo un parametro oggettivo riferito all‟entità dell‟organico in servizio. La partecipazione dei lavoratori al Consiglio di Sorveglianza è diversa in funzione della tipologia di

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codeterminazione: 1/3 per il primo caso, la metà dei membri dell‟organo di controllo per il secondo e soci e lavoratori nominati allo stesso numero di rappresentanti nella terza ipotesi. Il diverso sistema di codeterminazione genera forte influenza sul sistema di corporate governance. E‟ opinione piuttosto diffusa e condivisa che i rappresentanti dei lavoratori siano effettivamente portatori di contenuti informativi altrimenti non disponibili funzionali a vivacizzare le discussioni e il funzionamento del consiglio stesso. D‟altra canto, è giusto rilevare che la forte presenza dei lavoratori crei vincoli di non secondaria importanza talvolta lesivi dell‟efficienza dei lavori del consiglio. Peraltro la partecipazione dei dipendenti di grado gerarchico subalterno può condurre a riunioni del consiglio di sorveglianza non fortemente orientate al controllo ed alla discussione dell‟operato del management come invece potrebbe avvenire grazie all‟operato di un comitato di amministratori indipendenti. La composizione del consiglio di sorveglianza può esporre la società a rischi di fuga di informazioni riservate e di insider trading, ciò in particolar modo grazie all‟azione esterna dei rappresentanti sindacali. Da non sottovalutare poi, la partecipazione attiva del Consiglio dei finanziatori esteri. La rappresentanza del settore bancario nei consigli delle imprese industriali, assai superiore in Germania rispetto agli altri paesi Europei, si scontra oggi con l‟orientamento, ormai diffuso da parte degli istituti di credito, verso una minore propensione ad un coinvolgimento interno nelle imprese. Le prerogative del consiglio di sorveglianza sono più ampie nel contesto tedesco rispetto ad altri ordinamenti, tra i quali quello italiano. Lo stesso consiglio ha la possibilità di effettuare ispezioni e verifiche all‟interno della società consultando i libri e le scritture contabili ed accertando le consistenze patrimoniali. Nella connotazione offerta dal sistema italiano invece, laddove la nomina dei componenti spetta ai soci in seno all‟atto costitutivo e la durata della carica è inderogabilmente maggiore di tre anni, spettano al Consiglio di Sorveglianza:

 La nomina del Consiglio di Gestione;

 Il controllo e la vigilanza sull‟organo di gestione;  L‟approvazione del bilancio;

45 Si può immediatamente constatare una notevole attenuazione della capacità di verifica e controllo erogabile dallo stesso organo a seconda del paese in cui viene utilizzato il modello in questione; a fronte di ciò, permangono comunque in capo all‟organo gestorio i seguenti compiti:

 L‟obbligo di riferire annualmente al Consiglio di Sorveglianza in merito alla pianificazione aziendale presentando una situazione previsionale e gli eventuali scostamenti;

 L‟obbligo a presentare situazioni consuntive riportanti l‟andamento della redditività aziendale;

 La produzione trimestrale di un rapporto sull‟andamento della società;

 L‟informativa al Consiglio di Sorveglianza degli affari che possono avere una rilevanza significativa per la redditività o la liquidità d‟impresa.

Il sistema monistico, di derivazione anglosassone è il secondo modello alternativo di

governance, disciplinato nel codice civile dagli artt. 2409- sexiesdecies – 2409- noviesdecies. Individua all‟interno dello stesso Consiglio di amministrazione, un organo

di gestione e un organo di controllo, denominato “Comitato per il controllo di gestione”, composto da amministratori non esecutivi indipendenti che esercita le funzioni attribuite al Collegio Sindacale nel modello tradizionale. Tale sistema favorisce la circolazione delle informazioni tra l‟organo di controllo e quello di gestione in quanto i membri del comitato di controllo sono resi partecipi delle decisioni gestionali proprio perché fanno parte del Cda e sono chiamati a votare sulle singole deliberazioni. In questo modo hanno la possibilità di acquisire un elevata conoscenza dei meccanismi gestionali della società e sono posti in condizione di svolgere con maggior efficacia la loro funzione di controllo. Le figure dell‟amministratore indipendente e del controllo interno non sono nuove nella disciplina tradizionale: infatti già il Testo Unico della Finanza e il Codice di autodisciplina delle società quotate ne hanno definito il significato. Tuttavia, a parte la somiglianza terminologica, si deve osservare, che il Comitato per il controllo sulla gestione non coincide affatto con l‟audit committee previsto dal Codice di autodisciplina. Infatti, quest‟ultimo organo ha sempre svolto l‟importante ruolo di

interfaccia tra il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale. Invece, nel

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sindacale. Al riguardo, è opportuno evidenziare che l‟introduzione di questo modello di

governance ha già suscitato molte critiche a causa della pericolosa commistione tra la

funzione gestoria e quella di controllo, esercitate entrambe all‟interno del consiglio di amministrazione. Vediamo come si caratterizzano questi organi.

Consiglio di amministrazione: Nel sistema monistico il Consiglio di amministrazione deve necessariamente avere carattere collegiale, dovendosi individuare al suo interno anche i membri del Comitato per il controllo sulla gestione. Almeno un terzo dei componenti deve avere la caratteristica di “indipendenza”( come definita dal nuovo art. 2399 del codice civile) e almeno uno degli amministratori “indipendenti”, designato nel “Comitato per il controllo sulla gestione”, deve essere “Revisore contabile”. Per assicurare la composizione sopra descritta, il consiglio dovrà necessariamente essere costituito da almeno cinque elementi nelle società non quotate e da almeno otto elementi nelle società quotate. La principale innovazione apportata in tale ambito consiste nel fatto che almeno un terzo dei membri del Consiglio deve possedere i requisiti di indipendenza, stabiliti per i sindaci, oltre a eventuali altri requisiti disposti dallo statuto o da codici di comportamento predisposto da associazioni di categoria (quale quella dei dottori commercialisti), ovvero previsti dal Codice di autodisciplina. Al Consiglio si applicheranno, in quanto compatibili, tutte le norme dettate per gli amministratori del sistema tradizionale, dagli art. 2380 bis a 2395. Il consiglio di amministrazione è deputato:

 alla gestione strategica e di pianificazione, riservata collegialmente al consiglio di amministrazione con il suo tradizionale funzionamento basato sul principio delle decisioni a maggioranza;

 alla gestione operativa, nell‟ambito della pianificazione adottata, delegata ad uno o più dei componenti del consiglio di amministrazione (amministratori delegati e comitato esecutivo);

 al controllo sulla legalità e sull‟efficienza organizzativa, amministrativa e contabile, affidata ad un “comitato per il controllo sulla gestione”, costituito da almeno due componenti del consiglio di amministrazione (tre componenti per le società quotate), ai quali non siano attribuite deleghe e non facciano parte dell‟eventuale comitato esecutivo.

47 Comitato per il controllo sulla gestione: Il vero elemento innovativo del sistema monistico consiste nell‟istituzione, nell‟ambito dello stesso Consiglio di amministrazione, di un Comitato cui viene affidata l‟importante funzione del controllo interno. L‟introduzione di questo modello di governance, stravolgendo i canoni della tradizionale bipartizione e separazione delle funzioni di gestione e di controllo, non ha mancato di suscitare molte critiche. Le principali caratteristiche del Comitato per il controllo sulla gestione, concernono:

 la nomina e la revoca dei suoi membri. Salvo diversa disposizione dello statuto, la nomina e la revoca dei membri del Comitato è affidata al Consiglio di amministrazione che ne definisce peraltro anche il numero. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, invece, il numero dei componenti del Comitato di controllo non può essere inferiore a tre. A ben vedere, e al fine di garantire una maggiore indipendenza dei membri di tale Comitato, sarebbe stato preferibile che la loro nomina e revoca avvenisse da parte dell‟assemblea dei soci e non del Consiglio di amministrazione. Questo per evitare di creare una situazione paradossale dove l‟organo controllato (il Consiglio di amministrazione) nomina e revoca i membri dell‟organo di controllo (il Comitato per il controllo sulla gestione), con evidenti perplessità circa l‟effettiva indipendenza di questi ultimi;

 i requisiti soggettivi dei membri del Comitato. Essi devono essere amministratori non esecutivi, in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto, nonché dei requisiti di indipendenza già previsti per il Consiglio di amministrazione. Almeno uno dei suoi componenti deve essere scelto fra gli iscritti nel Registro dei revisori contabili;

 le competenze funzionali del Comitato. Il Comitato per il controllo sulla gestione svolge le seguenti principali attività:

 elegge al suo interno, a maggioranza assoluta dei suoi membri, il presidente;

 vigila sull‟adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sull‟idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione;

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 svolge tutti gli altri compiti che gli vengono affidati dal Consiglio di amministrazione, relativamente ai rapporti con i soggetti incaricati di

svolgere il controllo contabile (la società di revisione).

Rispetto al Collegio Sindacale del modello tradizionale, le principali differenze possono essere così individuate:

1. il Comitato per il controllo sulla gestione non può in nessun caso svolgere funzioni di controllo contabile, che devono essere attribuite a un revisore, persona fisica o società di revisione, iscritto presso il registro istituito presso il ministero della Giustizia;

2. al Comitato per il controllo sulla gestione è espressamente attribuita una funzione di raccordo rispetto al sistema dei controlli interni della società, sul